Premio Racconti per Corti 2014 “Mellonta tauta” di Mauro Camplone
Categoria: Premio Racconti per Corti 2014Sapete, quei vecchi telefilm un po’ di serie bì che ci vogliono spaventare in poltrona… a me infatti è venuto stando in poltrona. Ma leggevo il giornale.
– Allora, dobbiamo camminare ancora molto? – dirà l’uomo in divisa, con tono di imperioso spazientimento
– Eccoci, Generale: è qui dentro – risponderà mite il primo degli accompagnatori, aprendo una porta a diaframma; il Generale farà un passo avanti, ma l’uomo vestito di bianco lo fermerà rispettosamente:
– A non meno di tre metri, Generale; lei lo sa: non abbiamo ancora completato l’indagine e potrebbe essere…
– Sì, sì – taglierà corto il militare, avanzando e spostando col petto il braccio teso di traverso in fronte a lui – sappiamo tutti quello che si deve fare! Avanti, vediamo, e intanto mi dica rapidamente cosa avete scoperto –
Il corpo disteso nella camera a bolle avrà un colorito azzurrognolo che, in alcune parti, tenderà a sfumare in una tonalità rosea; il macchinario collegato starà emettendo una serie di dati in ologramma. Gli uomini si fermeranno alla distanza di sicurezza, il Generale appena oltre.
– Generale, l’organismo è umano –
– Va bene, e poi? – chiederà secco il Generale
– L’abbiamo trovato in una piramide egizia a 45° 37’ 39’’ 36 Nord e 09° 19’ 35’’ 76 Est.
– A quelle coordinate? L’Egitto era molto più a sud!”
– Eppure, Generale, si trattava di una piramide egizia; forse a quel tempo gli immigrati dal continente Africano avevano creato comunità talmente radicate sul territorio da ricostruire anche edifici tipici della loro cultura; non sappiamo effettivamente molto di quel periodo storico e…
– Va bene, va bene – interromperà il generale con un gesto – ma ora voglio sapere come fa ad essere ancora vivo.
Il tecnico in bianco sembrerà impacciato, si volterà verso gli altri che lo guarderanno nervosamente restando muti e dunque si rivolgerà al Generale:
– Signor Generale, noi… stiamo facendo tutte le analisi, lo studio è in corso e contiamo di poter presentare i risultati del… i primi risultati entro… probabilmente… la prossima settimana, forse anche prima. Crediamo… prima di domani potremo… avremo l’esito dell’ossigenazione dei tessuti profondi nelle zone ipostatiche e speriamo di… non sarà questione di molto, ma il caso è estremamente complesso, lei vede, un organismo ancora vivo dopo quattrocento anni di sepoltura, è… è… stiamo cercando, si rende conto anche lei che noi…
– Professore – sbotterà il militare: – io non devo render conto di nulla: è lei che rende conto a me. Non starò a spiegarle l’interesse del nostro settore per questa scoperta. Le analisi non potranno prendere più di alcune ore, attendiamo i risultati entro questa sera; dovete essere completi ed esaurienti, ripeto: – e il Generale scandirà le parole fissando il Professore in modo molto significativo: – completi ed esaurienti.
– Signor Generale – dirà il Professore con tono ansioso – dobbiamo essere prudenti; una forzatura dell’indagine potrebbe compromettere il metabolismo residuo di questo essere; abbiamo bisogno di più tempo, rischiamo…
– Voi non dovete rischiare – alzerà la voce il Generale – voi dovete riuscire! Questo è il dipartimento di eccellenza, non è così? Bene: ora si tratta di dimostrarlo! Questa scoperta è troppo importante per aspettare: il Presidente del Comitato di Controllo ha le ore contate perché la sua malattia non aspetta e le informazioni sulla sopravvivenza a termine indefinito di un organismo umano ci servono adesso, non tra una settimana! È chiaro, Professore? È chiaro a tutti, signori? – dirà il Generale facendo scorrere lo sguardo sui cinque uomini alle spalle del Professore.
– Signor Generale, c’è un altro problema… – dirà il Professore, parlando con difficoltà; il Generale starà per andarsene, ma si fermerà e si volterà a guardarlo con espressione irritata.
– Lei conosce… – dirà il Professore – lei conosce quella storia, come dire… quella… voce sul capo di uno Stato dell’epoca di questo organismo, la storia di un uomo molto pericoloso per il mondo, portatore di un contagio psicologico che… – il Generale farà un passo verso il Professore, atteggiando il volto ad una incredula aggressività
– Ma che cosa mi sta raccontando?… Non vorrà mica riferirsi alla Leggenda della Penisola, vero?!
– Generale, abbiamo il dovere di…- cercherà di dire il Professore, ma il Generale gli sarà ormai davanti, lo sovrasterà con la sua mole chinandosi su di lui quasi volesse schiacciarlo sotto di sé:
– Professore, glielo dirò solo un’altra volta – dirà, calcando il tono sull’avverbio ”altra” – lei deve darmi quello che le ho chiesto, oggi, prima di essere deferito alla Corte dello Stato per grave imperizia e mancata collaborazione. Lei è uno scienziato! – continuerà poi sollevandosi in tutta la sua altezza – non può dare credito alle leggende come una ragazzina! – il Generale farà una pausa tesa, poi con tono grave e vibrante, dirà: – Si metta al lavoro, Professore, e non perda più tempo: riprenderemo questo argomento, ne stia certo, appena saremo usciti da questa emergenza; restiamo increduli del fatto che i nostri migliori scienziati passino il loro tempo a collezionare le favole dei secoli passati invece che pensare al bene sociale! Buon lavoro, Signori! – e ciò detto, il Generale si volterà rapidamente, allontanandosi lungo il corridoio illuminato e quindi sparendo oltre un diaframma che si richiuderà alle sue spalle con rumore di soffio.
I sei uomini in bianco resteranno muti e fermi per qualche istante, poi uno di loro dirà: – Professore, cosa facciamo? – il Professore alzerà uno sguardo spento verso l’assistente
– Lo ha sentito.
– E se è lui? – La voce dell’assistente avrà un tono stridulo di spavento
– È sicuro, che è lui – dirà a mezza voce un altro
– Ora non facciamoci prendere dalla suggestione: – interverrà un altro assistente – potrebbe non essere lui. Dopotutto il Generale ha ragione: si tratta poco più che di una leggenda – il Professore si volterà a guardarlo con volto stanco e serio:
– Una leggenda? Lei sa bene che se ancora oggi, a quattrocento anni da quell’epoca, un Generale può dirigere la nostra ricerca solo allo scopo di salvare la vita ad un semplice amministratore dello Stato già condannato dalla sua malattia e contro l’interesse di tutti gli abitanti del pianeta, con gran probabilità lo si deve all’azione di quell’uomo che limitò la libertà di tutti i suoi contemporanei con un infernale lavoro di condizionamento psicologico. Il semplice fatto che esistano ancora l’esercito e gli amministratori umani in quest’era completamente informatizzata, è il segno che quell’epoca retrocesse il futuro possibile, e lo farà ancora chissà per quanto tempo. E la nostra ignoranza su quel periodo storico, non si fonda sulla cancellazione di ogni documento esistesse? Chi e perché ha impedito lo studio storiografico del ventunesimo secolo? Cosa accadde davvero allora, che le generazioni a venire non dovessero sapere nell dettaglio? Abbiamo solo fonti orali, che sono le fonti delle leggende, e così è facile denigrarle a mito folle. Solo la scienza potrebbe dirci quanto c’è di vero in quelle voci, ma la scienza, senza dati e documenti, resta cieca.
– È vero: sappiamo tutto sui dinosauri, e niente di quel periodo – dirà con uno sbuffo di riso amaro uno degli assistenti. Il Professore resterà assorto a capo chino. Un altro assistente, con la fronte sudata ed il volto acceso, dirà:
– Ma potrebbe non essere lui… l’immortalità… in quel secolo primitivo non potevano avere una conoscenza così profonda della riconversione cellulare: solo oggi noi riusciamo, e parzialmente, a rallentare l’invecchiamento di colonie cellulari organizzate, ma per questo… allora di certo non potevano saperne di più!
– No – risponderà un terzo assistente – ma la Leggenda racconta di tanti rimaneggiamenti su quel corpo quand’era vivo; tanti che potrebbero essere avvenute, probabilmente per caso, chissà quali reazioni biologiche di riconversione. D’altronde, se dobbiamo dar credito alla storia, alla… leggenda, essa dice che anche allora cercavano di farlo vivere il più possibile, di ringiovanirlo… qualcosa evidentemente è successo. Ed ora siamo qua, e qualcosa dobbiamo fare. Noi.
– Ma cosa possiamo fare, Professore? – ripeterà uno degli assistenti – se non seguiamo il programma alla lettera saremo… – il Professore abbasserà il capo, accigliandosi; la sua voce sarà un mormorìo dolente
– Noi, qui, siamo già perduti. Non da oggi ci tengono d’occhio. Ma le nostre famiglie… dobbiamo mettere al sicuro almeno loro, per quanto ci sarà possibile…
– Aspettate un momento – uno degli assistenti che fino a quel momento era rimasto in silenzio interverrà improvviso – ma di cosa stiamo parlando? Noi qui dobbiamo riportare alla vita quell’organismo, è questo che faremo, vero? Siamo medici: abbiamo il dovere di…
– Il dovere di contagiare un’altra volta l’intera umanità con il virus che forse ha distrutto per sempre il progresso sociale? – dirà bruscamente un altro – vuoi dire questo?
– Ma insomma – risponderà il primo con tono allarmato – cosa stiamo dicendo dunque? Volete ucciderlo forse? No, dite chiaramente: voi volete ucciderlo?
– Nessuno qui vuole uccidere nessuno – dirà un altro assistente facendosi avanti e agitando una mano – ci stiamo interrogando se sia il caso di riportarlo in vita, piuttosto – L’assistente che avrà fatto la domanda guarderà il collega con stupore e spavento
– Questo vuol dire uccidere! Lì abbiamo – dirà indicando col braccio teso in direzione della camera a bolle – un organismo vivo in stato di coma profondo e senza le nostre cure, a questo punto del riattivamento metabolico che gli abbiamo provocato, quell’essere… quell’uomo, non potrà sopravvivere!
Il professore interromperà i suoi assistenti con voce autorevole e affaticata:
– Signori… signori: restiamo calmi e, soprattutto, uniti. Dobbiamo agire come fossimo noi, un organismo. Il problema è anche capire se i risultati di questa ricerca saranno realmente utili per la società. Porteranno beneficio, o provocheranno un’altra deviazione verso una forma di controllo politico restrittivo delle libertà? Non dimentichiamo gli omicidi e le sparizioni di tanti oppositori a questo… questo regime, come secoli fa si diceva. Pensiamo che la sopravvivenza del Presidente del Comitato di Controllo sarebbe di aiuto al progresso della comunità, o piuttosto la sprofonderebbe di nuovo in un pozzo di arbitrio? Chi, se non il Presidente, impedisce la funzione automatica dei meccanismi di giustizia avocando a sé, e solo a sé, il giudizio? E questo essere che riporteremo, forse, alla vita, è davvero l’amorale della Penisola, divenuto immortale? Se fosse così, potrebbe essere lui ad uccidere il Presidente del Comitato di Controllo, per sostituirlo al comando. Quell’uomo era capace di tutto. Noi ora siamo qui; ed abbiamo il dovere di decidere anche in base a queste considerazioni, per il bene dell’umanità.
– Non… non ci credo che lei parli così, Professore! – dirà l’assistente che aveva preso parte con più slancio alla discussione – è… è lo stesso ragionamento dei medici sterminatori di quella etnìa di quattro secoli fa, proprio il periodo immediatamente antecedente quello di cui nulla sappiamo: quei cosiddetti medici avevano rinchiuso in recinti degli altri uomini, considerandoli una malattia sociale! E perciò li uccidevano in massa, credendosi così dei benefattori del mondo! Ma questa… questa è follia, Professore! –
Un altro assistente cercherà di intervenire per calmare il collega, ma questo riprenderà a parlare concitatamente, togliendosi il corto soprabito bianco e lanciandolo in un angolo: – io sono un medico, non un assassino! Ho solo il dovere di salvare la vita! Non sta a me intervenire su basi sociologiche! Io non so nulla di sociologia, né m’interessa saperne! Ma io ho il potere di far vivere e vi giuro che lo eserciterò! Non permetterò che qualcuno impedisca a quell’organismo di tornare alla vita autonoma, a costo di denunciarvi tutti, compreso lei, Professore, al Comitato di Controllo!
– Il Comitato sa già ogni cosa; saranno qui tra qualche attimo – dirà il Professore – e lei lo sa. Dobbiamo sapere cosa fare noi, adesso. Signori: ognuno di voi deve decidere per se stesso; parlate tutti –
– Io – dirà un assistente – proprio perché sono un medico e non un assassino, non voglio essere causa della morte di tanta gente solo per salvare un organismo non ancora completamente vivo, e molto probabilmente pericoloso. Dunque propongo di staccarlo dalla camera a bolle. Ora.
– Anch’io – dirà il collega presso di lui.
– Sì… anch’io – dirà un altro.
– Lei? – chiederà il Professore al giovane medico di fronte a lui
– Io… non so, Professore. Sono confuso… forse ci stiamo suggestionando davvero… chi ci dice che… e poi noi abbiamo compiti precisi, qui… non siamo nel Comitato di Controllo, noi… quando ho intrapreso questo ruolo io non credevo…
– Non c’è tempo per le discussioni – lo fermerà un assistente – devi decidere adesso, abbiamo pochi minuti per…
– Voi non siete medici, siete degli esorcisti! – la voce dell’assistente che si era separato dal gruppo esploderà imrovvisa – credete alle favole come una volta credevano al Diavolo, a Dio e ai fantasmi! Siete pazzi! Volete commettere un omicidio! La vita è sempre da salvare, in ogni sua forma! Non è lo stato metabolico di un organismo od il suo grado di sviluppo che può orientare la scelta: non c’è una scelta, perché si tratta comunque di un organismo vivente, che sia in stato di vita latente, assistita od autonoma e piena! E’ comunque vivo, perdìo!
– Calmati per favore, e rimettiti questo camice o sarai registrato come inefficiente dal Sistema – gli dirà un collega porgendogli il soprabito bianco
– Non m’importa! Voglio che ci sia un’ispezione subito e voglio che vi arrestino immediatamente!
– Metti il camice, o te lo metto io
– Non mi toccare, assassino! Ti definisci un medico, tu? Siete delle belve! Siete peggio di loro!
– …Professore, la camera a bolle sta emettendo dati! – una giovane tecnico si sarà affacciata da un ingresso del corridoio e avrà finto di non considerare la scena che le si sarà presentata; arrossendo vistosamente, si sarà rivolta al Professore. A quelle parole, tutti gli uomini si muoveranno rapidi fuori dal corridoio.
– Ridammi il camice – dirà al collega l’assistente ribelle
– Ora no – gli risponderà il collega, conscio che senza il camice nessuno sarà riconosciuto dal Sistema e dunque non potrà operare in alcun modo.
– Ridammelo, porco assassino! – i due medici rimarranno indietro, lottando all’imbocco del corridoio mentre gli altri entreranno nella sala della camera a bolle.
Nella sala, pericolosamente vicini alla camera a bolle, il Generale ed un altro uomo, di spalle, staranno parlando
– …è lui – si sentirà dire, come un gorgoglìo, la voce del Generale; l’altro uomo annuirà dopo qualche attimo; i quattro medici, vedendoli, si arresteranno di colpo; il Generale si volterà:
– Ah, eccola qua, Professore!…
– Come… cosa fa qui, Generale: da dove è entrato, perché non mi hanno…
– Le presento il direttore della Divisione Strumenti, nonché Capo Progettista dell’ultima versione della camera a bolle, Professore; direttore, ecco il Professore che dirige, o sarebbe meglio dire dirigeva, il Centro Ricerche Sanitarie, l’organo più importante del Comitato, naturalmente dopo la Divisione Strumenti – dirà il Generale, concludendo con una sorta di sorriso
– Non potete stare così vicino, rischiate di inquinare i dati… dovete… – la voce del Professore sarà flebile quanto il suo sguardo sarà fisso e sgranato; il Generale lo guarderà appena, parlandogli con un tono per lui insolitamente beffardo
– Non abbia timore per noi, Professore, e ancor meno per l’organismo, che sta certamente meglio di lei; Professore: sarà felice di sapere che il Presidente del Comitato di Controllo è deceduto meno di due ore fa; la crioconservazione è stata già attuata, come sarà fatto anche nel suo caso, di modo che, il giorno che sarà possibile, entrambi possiate venire riportati alla vita e la sua sapienza possa essere ancora utile al Presidente, beninteso se egli, od altri – il Generale volterà appena la testa nella direzione della camera a bolle – lo vorrà. Ora il direttore della Divisione Strumenti la sostituirà nella gestione del Centro cosicché lei ed il suo team di specialisti possiate riposarvi dopo un così impegnativo lavoro svolto. L’organismo qui davanti a noi è troppo importante… vero, direttore? – dirà voltandosi, sempre con quel sorriso, verso l’uomo accanto a lui – …troppo importante per non avere tutta l’attenzione che, chi ha problemi di squadra, non è certo in grado di dedicargli. Adesso, Professore: vuole cortesemente dare il suo camice al direttore della Divisione Strumenti?