Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Flash back notturni di Marina” di Marta Toraldo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

A mezzanotte, quando poi il buio cala in un nuovo giorno e il mio cuore geme di fantasie astratte, impalpabili, inconoscibili dalla parte concreta che taglia a metà e dimentica, non rende possibile; alle sei del mattino era tutto così deserto … Cominciai a respirare la vera sensazione di solitudine che già mi costituiva da qualche tempo … . A contatto con i suoni del primo mattino in tante strade deserte, non c’era nessuno, solo la mia ombra riflessa che pensando tra sé, si allungava nei suoi passi avanti e indietro. Sapevo che ero rifiutata dai più, che ero in cerca di fantasie reali… di sogni che mi cacciassero fuori dai miei tormentati pensieri, era qualcosa più grande della mia stessa portata, la punta dove i miei limiti arrivavano mi rendeva vulnerabile, come se volessi fermare un tappeto e salirci… Come se volessi distruggere e allontanare l’irreparabilmente perso. Cancellare per una volta certa parte della mia esistenza, per poi proseguire sotto il buio delle tenebre d’acciaio, il cupo senso delle mie inquietudini, idee platoniche di un erotismo ricercato, sotto i blocchi di fango di una deserta fattoria in cerca di un grido… nel più desolato oblio, il richiamo! Quel richiamo di cui nessuna voce rispose, sorda ad ogni disperato impeto fuggitivo eros. Fuggitiva immagine o illusione … del pensiero, sorda ai suoni del mio animo spaurito e incapace di fiatare ad alta voce ciò che sconvolge, muta pensando a queste immagini, frutto di una parte di me, stupefacenti e oppresse da una normale banalità che uccide tagliando il soffio del mio respiro senza pause. Non so dove guardare, il vuoto mi appartiene, nulla mi interessa diceva fra sé Marina: le sole cose che mi piacciono sono il divertimento, lo sballo. Un drink consumato mi attrae, vedere un attimo dopo una macchina capovolta in mezzo alla strada mi spaventa, perché il mio cuore dentro è rimasto quello di una bambina, una bambina indifesa scossa da paure, ma desiderosa di iniziare un lungo viaggio, per questo mondo appena scorto e osservato fatto di tante realtà, la realtà degli avvocati, degli altolocati, medici, liberi scrittori, giornalisti e un’ altra faccia quella del mondo degli affari mangiasoldi, ladri, etilisti, drogati, liberi di fare tutto , di sconvolgente, e noi stiamo a guardare. Guardare dentro il sogno di tanti ragazzi c’è solo il successo, il denaro e tanta popolarità che da loro una sicurezza capace di buttare giù tutte le certezze che gli adulti hanno. È il rumore di una moto assordante, odore di una sigaretta consumata nel grigio più nero, il rumore di una musica ritmata e martellante condisce le serate di divertimento, uno sballo a base di cocaina, canne, cocktail esplosivi che costruisce istanti brevi di euforia, e dopo rimorsi più grossi della loro stessa vita. Ed io, Marina, sedicenne mi sento così protagonista di questa realtà, anche se la posso scorgere a distanza, solo a poco la percepisco. Per me è importante sapere quello che sarò un domani, quello che avrò capito, quello che potrò dare alle persone che mi somigliano. Mi affido ancora al passato, fino a che la mia mente e il mio corpo non se ne distaccheranno. Essere adulti, liberi è un mestiere un po’ complicato. Mi guardo di riflesso, accenno pochi sguardi felici a momenti e in altri celati di insoddisfazione. Le parole mi ritornano in testa, quando rivedo una mia amica che dopo essere stata una serata in discoteca al “Vertigo”, mi guarda e mi dice che un giorno aveva ballato a più non posso, un bicchiere di troppo, quella sera aveva conosciuto un ragazzo fantastico, che gli aveva detto di sparire dentro un bagno, e adesso si ritrovava incinta mettendosi nei guai; lui era così carino, talmente tanto, da fargli girare la testa. Ed io ripenso alla mia insoddisfazione, che cosa vorrei precisamente solo certezze, solo successo, solo gioia. Solo, non esiste come parola per descrivere ciò che vorrei , volere è una parola troppo grossa, troppo evidente che non può non essere desiderata da nessuna adolescente in procinto di diventare una donna. Non mi piace il mondo dello spettacolo di veline e schedine sbeffate, che si espongono per sopravvivere, perché oltre ad essere delle strafiche non hanno nulla da dire. Tengo molto alla mia famiglia anche se a momenti non ci sopportiamo proprio. A volte vorrei essere in un posto fantastico, così speciale che mi protegga da tutto, ma non posso devo esplorare il mondo perché mi appartiene. Basta sentirmi bene con me stessa per luccicare di speranza e mi basta un attimo, un momento negativo per star giù per giorni. Quando mi succede penso a questo posto immaginario che mi accoglie e la faccio finita. Frammenti di canzone mi strappano un sorriso appena accennato, io penso che se avessi quel che desidero, tutta la mia vita cambierebbe in una rapidità impressionante, potrei uscire da un buco di esplorazione e passare all’attacco, senza passare a fare considerazioni su nulla, voglio solo viverle e non è una conquista tanto facile. Dovrei ricominciare da zero tutto quanto e non abbandonare più nulla. Tutti vorrebbero camminare con la gioia dentro, per aver realizzato i loro sogni, le loro aspettative tutto attorno avrebbe un significato. Questo è fondamentale, solo capirlo è un mistero a volte, ma il mio sguardo a poco a poco si spegne perché è annoiato stufa di vedere sempre le stesse facce, gli stessi posti. A volte piango e penso perché mai nulla possa cambiare, a volte rido di gioia e vedo tutto con le lenti rosa, insomma una varietà di sentimenti incorniciano il mio volto, la mia anima, che a momenti manda respiri di gioia e in altri la mia mente si chiude. — Marina non vorrai cacciarti nei guai vero! — è la frase più ricorrente che ripeteva fra se e che poi scordava l’attimo dopo. Marina aveva, poi, conosciuto un ragazzo a scuola, di lui , poi si era invaghita al primo sguardo, seduto accanto al suo banco. Il suo sguardo verso i suoi occhi che apparivano in superficie languidi di saggezza e di sentimentalismi … i suoi, aspri, diretti, giudici palesi con quei paraocchi, che non sanno vedere dentro me … solo in apparenza intriganti. La mia curiosità ancora adolescenziale e priva di totali e pratiche esperienze nel settore sei tu l’unico a saperlo, l’unico a capire cosa fare, cosa volere, cosa cercare, in una fugace relazione, intensa e priva di profondi sentimenti se non una esplorazione di piaceri per me sconosciuti ancora incontaminati. Il suo respiro dittatore del mio spirito che tenta di contaminare la mia semplicità, con il suo casanovismo da diciassettenne, con gli ormoni fuori controllo che forse hanno ora preso il posto della testa, spenta che si accende solo in altre doverose e importanti situazioni della vita. Il mio sorriso quello angelico e quello un po’ colorito di diabolica e normale curiosità… voler esplorare le novità e le occasioni di questa età ma, incatenata dalla mia schiavitù, le mie insicurezze, il mio ineffabile remare indietro ai miei pensieri senza senso, ma tristi non mi fa vedere il sole dei tuoi occhi, la luce della luna disco della notte, il mare cristallino ma inquinato da un’ingente massa di turisti, ragazzi e scorrere di situazioni. Ho pensato se avesse un senso sentirsi visibilmente vistosi, popolari di fama e di onori per poi sprofondare in normali e piatte situazioni. Essere visti, toccati, conosciuti, invidiati, il sogno di ogni ragazza ormai diventato stile di esserci e di esistere non per sé stessi, perché lo vogliamo o no, siamo racchiusi in un complesso indispensabile contenitore lungo le scelte della vita, la società che non sa essere una via di sbarco per noi giovani viandanti.. ma ci raccoglie nel suo tutto insoddisfacente di reali emozioni, di vere ragioni per cui noi avevamo in passato e combattevamo. La proprietà comune che siamo noi come osservati dagli altri, giudicati, destiamo ad essi la loro attenzione: critica superficiale che a volte è come in un sortilegio bloccata a fossilizzare la nostra immagine. Una necessità di pensare alla felicità con l’amore carnale e i bisogni materiali, una vita vista essenzialmente dal di fuori conoscendo negli adolescenti e giovani un effettiva malattia dello spirito. Priva di attributi esistenziali, la nostra essenza sta prendendo la soddisfazione personale come materialità, come appagamenti ovunque.. con le nostre idolatrie: guadagno al lavoro ed efficienza massima; il successo facile, nella vita sessuale ed affettiva, quando usciamo per strada, forse quando sogniamo torniamo ad essere dei bambini innocenti. Un vago desiderio di erotismo fruga la mia mente e occupa le mie paure di temuta e combattuta voglia… ancora tengo stretto a me un rifugio di infanzia… che sento rigettare dall’esterno e crescere come spasmodico senso di protezione… che tenta di sgabbiarsi, di uscire come un gabbiano con le ali spiegate.

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