Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Come una rondine” di Lucia Finelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Ogni anno aspettavo la mia stagione preferita, la primavera, con la stessa ansia di quand’ero bambina. Adoravo svegliarmi in campagna col canto del gallo ed il cinguettio degli uccellini; aprivo la finestra e mi inebriavo di profumi veri, i fiori, l’erba ancora bagnata di rugiada, ma, soprattutto, impazzivo per le rondini, così numerose, autonome ed allegramente esuberanti. Arrivavano le rondini: era primavera! Ogni anno si verificava il miracolo: all’improvviso comparivano, come per magia, e riempivano il cielo con le loro voci euforiche, colmando il mio cuore di gioia.

Da casa mia avevamo una posizione privilegiata, dominante: la valle sottostante era una distesa gialla, oro vero, profumato, con chiazze lilla, il tutto intramezzato dagli smeraldi vivi dei prati. Uno spettacolo unico! Tutto ai nostri piedi. E, dulcis in fundo, le acque chiare e trasparenti del fiume con i suoi ciottoli piatti e bianchissimi. Sembrava proprio lo scenario di un film. Da lontano, si sentiva il gorgoglio delle acque simile al suono di mille arpe, e, da vicino, era difficile resistere ad un piccolo tuffo ghiacciato e rigenerante.

Io, in verità, rimanevo incantata per ore ad osservare i nidi delle mie amiche rondini; ammiravo l’affetto, con cui le madri imboccavano i propri piccoli e gli insegnavano a volare. Mi sembrava impossibile e, invece, ogni volta, i piccolini spiccavano il volo e andavano via, in alto, nel cielo. Provavo un sentimento misto di invidia ed ammirazione verso quegli uccelli. Avrei voluto avere tanto una madre capace di insegnarmi a volare, e, in fondo al mio cuore una vocina continuava a ripetermi che, un giorno, anch’io avrei spiccato il volo.

Quel giorno è arrivato!

Alle 6 del mattino, nel finto silenzio della città, mi sono alzata come un automa, ho indossato il mio vestito preferito, color turchese, ho fatto una carezza ai miei quattro adorabili figli, un rapido sguardo a quell’incosciente di mio marito, steso sul divano, ancora vestito dalla sera prima, passata chissà dove, un giro per la mia bellissima casa, ho toccato la foto dei miei genitori con due giovani sposi innamorati, e poi, con la mia solita calma, ho aperto il balcone della cucina, ho fatto un bel respiro inebriandomi di mare, e, senza pensarci troppo, ho aperto le braccia. E, via, un salto nel vuoto, un volo d’angelo senza neppure una prova in piscina, alla ricerca delle mie amate rondini, felici nel vento.

Non saprei dire se è stato bello oppure no. E’ stato un attimo, anche se ho rivisto tutta la mia vita, momenti belli e brutti, persone che non incontravo da anni: il film della mia vita, quello che avrei voluto sempre girare!

Dopo quell’attimo è calato il buio totale, nero come la pece. Allora ho gridato, perché ho paura del buio, ma non è successo nulla. Ero lì spalmata sulla nuda terra, ma non sono rimasta sola a lungo; nel cadere, devo aver fatto un gran tonfo, per cui i primi vicini spioni non si sono fatti attendere. C’erano tutti: l’insonne del secondo piano è arrivato per primo, mentre la pettegola del primo piano non si è lasciata sfuggire un’occasione d’oro; si è dovuta fermare, suo malgrado, l’atleta del palazzo, che, ogni mattina, corre per “farsi il fisico”, e, poi, quella poveraccia del palazzo di fronte, l’insegnante precaria, la quale, per lavorare, corre pure lei, ma per andare alla stazione facendo chilometri di strada, ogni santo giorno! Tre ore di treno, all’andata e al ritorno; una pazzia, anche se, a vederla, sembra felice. C’erano i soliti immancabili turisti giapponesi diretti anche loro verso la stazione, con quelle odiose macchine fotografiche, pronte a fermare momenti e luoghi, ma non me, che non dovevo essere uno spettacolo molto bello! Mi ha colpito una giovane donna della mia età, parecchio simile a me, che mi guardava sconvolta, allibita e carica di commiserazione. Mi ha urlato qualcosa, ma non ricordo bene cosa o forse l’ho dimenticato. Era disperata, ma non riuscivo proprio a capirne il motivo; io ero finalmente libera, felice, senza inutili pensieri quotidiani, affanni, preoccupazioni, ansie, vane occupazioni. Avevo una vita nuova, vera, autentica. Sicuramente qualcosa di meglio rispetto alla mia vita precedente.

Non ho rimpianti o almeno credo di non averne. In realtà, non penso a niente; cammino, anzi volo come una rondine, come sospesa in un limbo e mi sento leggera. Vago per il mondo, ma non capisco in quale parte di esso. Non credo sia la mia città, perché è tutto così bello, pulito, ordinato e colorato. Sembra un paese delle favole: il cielo è di un azzurro intenso, terso, il sole c’è, ma non fa caldo. Improvvisamente, non è più buio. Un clima perfetto! Non ci sono strade né rumori, il silenzio più assoluto, quasi insopportabile. Non cattivi odori, ma nuvole di profumo viaggiano morbide, stordendo i miei sensi; è un profumo unico, mai sentito prima, vagamente somigliante alla violetta, che penetra nelle narici, passa per la gola e arriva fino al cuore, riscaldandolo.

Non c’è lo smog che ti brucia la gola e ti ammala i polmoni, niente sudori umani disgustosi né schifosi escrementi di animali di padroni maleducati e neppure fumi di cucine puzzolenti. E’ tutto così disumanamente perfetto.

Non ci sono altri essere viventi; sono sola, come sempre, ma, almeno, qui, non c’è nessuno che mi dia fastidio, che m’insulti con parole, sguardi e comportamenti spiacevoli. Finalmente, non avverto più il disagio terreno.

Per terra, giace il mio corpo inerme, piccolo, fragile, irriconoscibile, circondato da tanti corpi vivi, almeno all’apparenza. Sono più viva io di molti di loro, così morbosamente curiosi, avidi di notizie, avvoltoi pronti a fotografare e scrivere pezzi di vite rubate, senza nessun permesso!

Guardo da lontano il mio corpo e provo tanta pena: gente che piange, che si dispera per me. Non si accorgono che sono viva, al sicuro. Passa il tempo ed aumentano le persone intorno al mio esanime corpo: polizia, ambulanza, si scatena l’inferno in quella strada! Girano il corpo e provo orrore; il viso è completamente deformato, non sono io! Non posso avvicinarmi, ma vedo tutto, impotente. Vorrei tranquillizzare tutte quelle persone, ma, ahimé, non ci riesco. Ci provo con tutte le mie forze, ma non mi sente nessuno. Sono trasparente ormai, eppure così viva, per la prima volta.

Aspetto impaziente che qualcosa accada, ma non accade niente. Capisco che devo allontanarmi da quel posto che non mi appartiene più. E’ giunta l’ora di volare con le rondini lontano da qui. Mi alzo in volo, ma, andando in sù, il mio sguardo cade su un volto, affacciato a quel balcone: è la mia figlia maggiore, che ha scoperto tutto. Resto immobile, pietrificata, in balia degli eventi. La vedo lì, calma, senza lacrime agli occhi; d’improvviso rientra in casa, chiudendo bene balcone e persiana esterna.

Sono troppo curiosa e sfrutto la mia immaterialità per intrufolarmi in casa mia. Tutto mi appare più chiaro: la mia piccola grande donna vuole proteggere i fratelli minori, vuole sottrarli a quella scena orribile! E’ veramente ammirevole: ha solo tredici anni e si comporta come una perfetta mammina premurosa, proprio come faccio io. Apparecchia la tavola in soggiorno, nel lato opposto della casa, prepara una succulenta colazione, con latte, biscotti, pane, burro e marmellata, e succo d’arancia. Poi si lava, si veste e, mentre attende il risveglio naturale dei più piccoli, si adagia sul divano in compagnia del suo inseparabile libro.

E’ tutto così tragicamente perfetto, finché il silenzio non è rotto dall’urlo disumano del più piccolo dei miei figli, che si è svegliato e comincia a piangere per la fame!

Per fortuna, anch’io mi sveglio di soprassalto. L’incubo è finito! Sono un bagno di sudore, il cuore mi batte all’impazzata, ho difficoltà a capire dove mi trovo, e, intanto, il piccolino continua a strepitare. Scalza, mi precipito nella sua cameretta, lo tiro su dal lettino e lo stringo al seno, così si calma. Una piacevole brezza marina proviene dalla cucina, dove per sbaglio il balcone è rimasto aperto dalla sera prima. Con il mio dolce pupo al seno mi dirigo lentamente verso quel luogo: è tutto a posto; sul tavolo c’è il solito vasetto di fiori col biglietto d’amore, che mio marito lascia per me ogni volta, prima di partire per il suo lavoro di pilota. Ha anche apparecchiato la tavola e caricato la macchinetta del caffè, il mio amorevole compagno.

Sistemo il piccino nel suo seggiolone e mi godo il panorama fantastico della mia casa sul mare, salutando contenta le mie amiche rondini, rinviando il nostro appuntamento.

E’ l’alba di un nuovo giorno! E io sono molto fortunata a farne parte integrante. Un giorno, non sarò più su questa terra, ma non sarà una tragedia. Quel giorno, a tutti i miei cari, vorrei ricordare una bellissima preghiera di Sant’Agostino che così testualmente recita: “Se conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo, questi orizzonti senza fine, questa luce che tutto investe e penetra, non piangeresti se mi ami. Sono ormai assorbito nell’incanto di Dio, nella sua sconfinata bellezza. Le cose di un tempo sono così piccole al confronto. Mi è rimasto l’amore per te, accompagno il tuo cammino con una tenerezza dilatata che tu neppure immagini. Vivo in una gioia grandissima.

Nelle angustie della vita, pensa a questa casa dove un giorno saremo riuniti oltre la morte dissetati alla fonte inesauribile della gioia e dell’amore infinito. Non piangere se veramente mi ami.”

Semplicemente stupenda! E la mia vita continua . . . .

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3 commenti »

  1. Lucia, “Semplicemente stupenda!…” è la tua narrazione. Bravissima e hai illuminati i desideri e le aspirazioni di vita con una bellissima preghiera di Sant’Agostino. La vita terrena deve essere funzionale alla vita eterna.
    Ciao Emanuele

  2. Racconto delicato e profondo. Dovremmo tutti riflettere molto di piu’ sul senso della vita e meditare sul momento in cui dovremo lasciarla. Sempre tenendo presente che già sulla terra, noi prepariamo la nostra eternità. E questo a prescindere dall’avere o no la Fede. Anche per preparare un mondo migliore a chi ci seguirà. Complimenti. Marinora

  3. Ringrazio vivamente per i commenti ricevuti, forse più profondi dello stesso mio racconto, che, comunque, é stato scritto con il cuore.
    Grazie ancora.
    Lucia Finelli

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