Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Il destino della pubblica amministrazione” di Emanuele Ratti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

«Buon giorno, signora Laura, può avvertire per cortesia il Sindaco che sono arrivato. Ho  l’appuntamento con lui.»

Così l’architetto Gerosa si rivolse all’impiegata appena entrato nell’Ufficio Segreteria, il locale adiacente all’Ufficio del Sindaco.

«Il Sindaco è dal Segretario Comunale, l’avverto subito. Architetto, mi segua per cortesia», rispose Laura e, da protagonista del proprio ruolo, fece accomodare il professionista nella sala degli incontri e informò il Sindaco.

Compose quindi un numero breve sul telefono della sua scrivania e  dopo un attimo «Ciao Giorgio, vieni nell’ufficio del Sindaco dove c’è l’architetto Gerosa. Incomincia tu la riunione  poi il Sindaco vi raggiunge».

Il geometra Giorgio Bosisio sistemò il ricevitore e informò Patrizia, la segretaria, «Vado di sopra per la pratica Casiraghi. Non passarmi nessuna telefonata, per favore».

Con il registro dei pareri della Commissione Comunale per l’Edilizia e il fascicolo della richiesta edilizia dei signori Casiraghi, il tecnico comunale uscì dall’ufficio sentendo in sé una certa apprensione pensando a come dovesse affrontare la discussione con l’architetto Gerosa e, salendo le scale, sentì nello suo stomaco gli effetti della bolla acida della rabbia.

Da dieci anni il legislatore di Roma lavorava alla riforma della pubblica amministrazione per conferire agli eletti dal popolo la guida politica del Comune e per affidare ai dirigenti la gestione amministrativa degli uffici; in questa ottica le pratiche edilizie andavano discusse all’Ufficio Tecnico.

Il disappunto del tecnico nasceva dal fatto che molti Sindaci interferivano nel disbrigo delle pratiche comunali per conseguire il successo personale e facevano capire ai destinatari delle autorizzazioni la ‘prima regola del consenso’: “Quando voti, ricordati di quanto hai avuto”, mentre lasciavano ai Segretari Comunali la definizione degli indirizzi politici. In realtà, le procedure erano curate dai Responsabili degli uffici con correttezza e molti Sindaci manipolavano le aspettative dei cittadini.

«All’approvazione della legge Bassanini i Segretari Comunali e molti Sindaci hanno brindato perché le responsabilità, o se vuoi le colpe, dei procedimenti per l’accoglimento delle richieste spettano ai dirigenti comunali mentre loro possono continuare l’arte dell’illusionismo», diceva l’amico Ildefonso, assessore d’un comune di ottomila abitanti.

Giunto nell’ufficio del Sindaco, Giorgio trovò il Gerosa in completo grigio, seduto alla scrivania. I due si conoscevano dai tempi dell’adolescenza vissuta nello stesso paese; c’era stima reciproca ma Giorgio provava soggezione nei confronti dell’architetto che era stato Responsabile dell’Ufficio Tecnico di un grosso Comune, quindi aveva maturato una notevole preparazione tecnica  ed amministrativa.

«Ciao Giorgio, come va?»

«Bene, Franco». Il tecnico comunale volle limitarsi agli aspetti tecnici per coprire il disagio della sudditanza psicologica.

«Sono venuto per conoscere il parere della Commissione Edilizia sulla richiesta dei signori Casiraghi.»

Giorgio aprì il registro della Commissione Edilizia e lesse: «Parere ambientale: favorevole; parere edilizio: sfavorevole in quanto non è rispettata la distanza di metri dieci tra le pareti finestrate dei fabbricati, come prevista per la zona edilizia».

Si trattava di un progetto di quattro villette unifamiliari di due piani, disposte ai vertici di un quadrato di otto metri  di lato, con le facciate collegate tra loro da tralicci di ferro. La struttura di ferro serviva per considerare gli edifici un tutt’uno e escludere il parametro della distanza; era uno dei tanti accorgimenti, per superare la normativa, supportato da alcune sentenze del Consiglio di Stato che toglievano il sonno ai Responsabili dei Settori Tecnici dei Comuni.

«Giorgio devi tenere presente che le villette sono collegate dai tralicci per cui vanno considerate come un unico edificio.»

«I tralicci non escludono le verifiche ai fini della distanza.»

«La Commissione Edilizia integrata dagli esperti ambientali ha però espresso parere ambientale  favorevole; Giorgio, trovo che ci sia una contraddizione di fondo nei due pareri.»

Il tecnico comunale si aspettava quella frase e espresse la sua considerazione: «Sappiamo come sia difficile motivare un parere ambientale sfavorevole perché non si possono contrastare le scelte progettuali».

L’architetto Gerosa era un progettista alla costante ricerca di nuove linee e materiali,  utilizzava sapientemente le lamiere per la copertura, i blocchi di cemento per le murature e i serramenti isolanti, il tutto doveva valorizzare le costruzioni e dare vivibilità all’ambiente.

Giorgio lo sapeva perché da vent’anni, nei paesi della zona, il Gerosa caratterizzava gli edifici con uno stile personale, accettato dai committenti e dalle Commissioni Comunali per l’Edilizia e nella progettazione di edifici pubblici il professionista dava importanza alla funzionalità e all’estetica. Molte  opere del Gerosa erano pubblicate su riviste del settore.

«Non c’è contraddizione nei due pareri, il parere edilizio è sfavorevole perché non è rispettata la misura dei dieci metri mentre l’impostazione ambientale è ritenuta valida», Giorgio concluse la frase con nervosismo.

La discussione continuò senza approdare a qualcosa di concreto; era ‘una partita a tennis virtuale’ dove la norma era la palla colpita con le racchette dell’utilità.

In molti Comuni la partita veniva giocata ‘in doppio’, nelle aule dei Tribunali Amministrativi Regionali, con a fianco un avvocato esperto in questioni urbanistiche e amministrative; molti comuni rinunciavano alle cause legali per non vedere sprecate risorse economiche e allora si spiegava l’espressione diffusa di “i ricchi ottengono tutto”.

C’era un’atmosfera di stallo quando  il Sindaco entrò in ufficio.

«Buon giorno architetto Gerosa.»

Sorridente, il Sindaco strinse la mano al professionista che,  alzandosi dalla poltroncina, contraccambiò il saluto con calore: «Buon giorno signor Sindaco».

Il saluto evidenziava il rispetto che deve permeare gli aspetti della vita civile, quello dovuto a chi occupa incarichi istituzionali e quello rivolto al privato da parte di chi detiene il potere amministrativo.

Il dialogo prese subito i modi affabili e i toni confidenziali.

«Mentre ti aspettavamo abbiamo discusso e non abbiamo trovato un punto d’intesa» e poi, rivolto al tecnico comunale, il Gerosa proseguì «Devi sapere, Giorgio, che un tuo collega ha accettato un progetto dove le distanze tra pareti finestrate erano ridotte a otto metri».

«Si vede che le norme edilizie di quel Comune lo consentono. Sappiate che non firmerò mai il permesso di costruire con quegli elementi progettuali», rispose risoluto il Bosisio.

«Spero che il privato non ci denunci e non ci chieda i danni» fu il commento del Sindaco, preoccupato dell’indice di popolarità.

«Se applicassimo il D.M. n. 1444/1968» suggerì il tecnico comunale che aprì un libro e lesse: «… sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate …».

Nell’aggiungere «All’interno delle lottizzazioni è possibile derogare alla distanza dei dieci metri», il Bosisio trovò espressa sul volto del Gerosa la condivisione del procedimento.

«Con la legge regionale n. 23/97, in cinque mesi, può essere adottato e approvato un piano attuativo che preveda edifici a distanza di otto metri e la cessione di aree ad uso pubblico. Il piano attuativo con valenza di permesso di costruire consentirebbe di iniziare i lavori dopo quattro mesi dall’avvio della procedura», concluse il tecnico comunale mentre l’architetto e il Sindaco con gli occhi si comunicavano l’accettazione della proposta.

Forte del suo mandato professionale, il Gerosa sbloccò la situazione dicendo: «Parlerò con i miei clienti e vi farò sapere».

Nella stretta di mano, il Bosisio sentì tutta la stima del professionista. Il rischio ricorrente in siffatte situazioni era il ricorso a un ostruzionismo del tipo: “tu non mi dai una cosa, io ti creo un problema”. C’erano nei due tecnici la consapevolezza della loro onestà intellettuale e la convinzione che su tutto dovesse prevalere la credibilità della pubblica amministrazione.

Fu così evitata la contrapposizione che il cittadino cerca sempre quando crede di ricevere un torto dalle decisioni del Comune e si dà la possibilità di tutelarsi o di vendicarsi su alcune persone con il deposito in tribunale di denunce e di richieste di rimborso danni.

Due mesi dopo, fu presentata al protocollo del Comune la richiesta di approvazione d’un piano attuativo, con valenza di permesso di costruire rispettoso delle norme, e il progetto fu approvato nei tempi stabiliti.

La  vicenda è una delle tante che coinvolgono il Comune e i cittadini ed è la conferma che va percorsa la strada del confronto leale per garantire la sopravvivenza e l’efficienza della pubblica amministrazione.

 

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15 commenti »

  1. Ho letto il tuo racconto. Hai scelto termini tecnici, costrutti “burocratici”, citazioni di articoli e iter da ufficio che calzano come guanti da lavoro su misura. Rendi l’idea, la rendi bene eccome. Sembra di essere nella stanza ad ascoltare, storditi come davanti alla vera burocrazia, quella di cui sovente si ignora il mondo, le regole e il linguaggio. Ma l’etica sopravvive! Un saluto!

  2. Cari amici, permettetemi di fare la presentazione del mio racconto. Credo che non sia vietato e forse è raccomandato per farlo conoscere e consentire un eventuale dibattito. Già il titolo mi mise in crisi, partii con “Amministrare, governare con giustizia”, ma volli semplificare in “Il destino della pubblica amministrazione” e credo di aver ridotto o annullato qualche interesse. Ora preferisco il titolo originale.
    Di questi tempi si parla tanto di Giustizia, la s’invoca o la si demonizza. Da parte mia, come tecnico comunale in pensione, ho l’aspettativa di correttezza e di servizio da parte di coloro che occupano gli “sportelli” e le stanze del potere. Le pubbliche amministrazioni sono ritenute da molti come strutture inutili, dispendiose o formate da dipendenti fannulloni e da politici interessati alla carriera e alle bustarelle. Non è così! Le poche mele marce, in aumento nonostante “MANI PULITE”, fanno rumore per il lavorio dei “vermi” che sminuzzano la credibilità di noi tutti e la cartamoneta che si sposta senza aumentare la produzione e gli investimenti e che finisce nelle tasche di pochi.
    Parlando del racconto faccio presente che le riforme sono state volute, giustamente, dal legislatore per rendere più efficiente la macchina burocratica; non è quella, ricordate un episodio di Asterix e Obelix impegnati in un palazzo di Roma ai tempi di Giulio Cesare a salire e scendere le scale alla ricerca di una stanza. La burocrazia e’ un problema del terzo millennio e qui voglio ricordare che sono gli uomini, i dipendenti, gli amministratori e i cittadini utilizzatori che dovranno trovare la soluzione per il bene di tutti.
    Emanuele.

  3. Per me, questo tipo di racconto, dovrebbe trovare posto nella categoria “fantascienza”, tanto lontano da noi si pone. Ma anche nel “fantasy” non stonerebbe vista la situazione raccontata. Il mondo del burocratese/normativo/legislativo ha delle regole e tu le hai riportate tutte. Sarebbe bello che qualcuno si prendesse l’onere di fornire una soluzione invece di limitarsi a dire “non si può”.

  4. Roberto condivido le tue affermazioni e hai suggerito come affrontare il problema: qualcuno deve fornire la soluzione invece di limitarsi a dire “non si può”. La richiesta del cittadino va presa in esame una volta sola e poi fatta completare dando le indicazioni necessarie. Prima della riforma le richieste dei cittadini potevano essere prese in esame dagli uffici tante volte senza essere concluse; passavano mesi e mesi prima che il cittadino ottenesse le autorizzazioni. Grazie e ciao.
    Emanuele

  5. Racconto scritto molto bene, ma certamente di non facile comprensione per i non addetti ai lavori. L’attenzione all’aspetto tecnico in alcuni punti va a scapito della tensione narrativa. Comunque un racconto ben strutturato!! Complimenti e in bocca al lupo!!!

  6. Laura, ti ringrazio per il tuo commento, devo convenire che badando troppo all’aspetto tecnico della questione ho sacrificato la tensione narrativa tra i protagonisti. Grazie di cuore.
    Emanuele.

  7. un vero ritrattino della burocrazia italiana. A causa di legami familiari nelle professioni legali, mi è spesso capitato di accompagnare parenti nei tribunali e negli uffici della pubblica amministrazione: il grigiume dell’ambiente è reso benissimo.

  8. Più che un racconto, la copia fedele degli atti di un ufficio comunale. E’ più una specie di autobiografia di un momento del tuo lavoro, o forse di come avresti voluto fosse il tuo lavoro. Rende lampante il perché sia così difficile riuscire ad ottenere ragione di una qualsiasi richiesta presentata in un qualsiasi comune, perché il tuo è il ritratto che si adatta a tutte le cornici. Più che un racconto scritto con mestiere, è un racconto “di mestiere”.

  9. Giuseppe, condivido la tua affermazione riguardo il grigiume dell’ambiente. Per fortuna avendo lavorato in comuni con popolazione non superiore a cinquemila abitanti io ho avuto realtà diverse. La vicinanza con il cittadino ti dà le motivazioni per essere puntuale e aggiornato nelle questioni. Non puoi mettere la giacca sulla sedia e andare al bar per il caffè. Ti abboni a riviste o programmi online per avere le risposte ai quesiti urbanistici e alle problematiche dei lavori pubblici, poi t’accorgi che conta di più dare un certificato o mandare l’operatore ecologico a pulire un tratto di strada. I due tecnici, il professionista e il dipendente pubblico, sono figure positive e sono quelle che, con gli addetti ai vari uffici, salvano la situazione perché vogliono dare una prestazione dignitosa mentre agli “eletti preme accontentare gli elettori”, questa equazione non è sbagliata in definitiva e vale per tutti i comuni, dai quaranta abitanti in su.
    Emanuele.

  10. molto realistico posso confermare 🙂
    complimenti

  11. Cara Francesca, possiamo dire con forza, “provare per credere”. Possiamo dire che:” (Dipendente) Pubblico è bello per il rapporto che si ha con il pubblico rispettoso e sincero. Con quello ringhioso e rognoso, rispettabile pure ma da prendere con le pinze, finisci per servirlo con dignità per dimostrare il tuo ruolo di servizio pur sapendo che se fosse lui al tuo posto, ti distruggerebbe. Da pensionato, dopo quarantun anni di lavoro di cui trenta da geometra comunale, ti dico, se sei in attività, “Resisti e resisti, nonostante tutto”.
    Grazie Francesca e un caro saluto.
    Emanuele.

  12. Giovanni hai visto giusto, il racconto è un episodio che ogni geometra comunale può avere vissuto. Da tecnico comunale ho conosciuto diversi Sindaci e Segretari Comunali, chiamati ora Direttori Generali, se vuoi come miei Superiori o come Superiori dei miei colleghi. Moltissimi sono persone rispettabilissime, un Sindaco donna, una Sindachessa usa la sua “Indennità di Sindaco” per far fronte ai bisogni segnalati dai Servizi Sociali del suo Comune, un Direttore Generale tratta con umanità i suoi impiegati. Non sono casi isolati. Sono più numerosi i casi in cui un Sindaco voglia fare il responsabile dell’ufficio tecnico comunale per il muro di cinta dell’amico dell’amico del cognato, il responsabile dell’Ufficio Anagrafe per dare la residenza a tutti, anche agli animali o fare il responsabile del Servizio Finanziario per pagare prima le fatture del cognato della nipote dell cugino dell’amico…. Sono bravi a fare il Responsabile delle loro decisioni ma fatte firmare ai responsabili d’ufficio, altrimenti ti tolgono l’incarico di responsabile. Capisci Giovanni, ti strappano le mostrine, degradandoti sul campo e ti spezzano la matita. Questi sono “i Mastini del Potere”, dopo tutto sono loro ad essere stati scelti dagli elettori. Questa tipologia di Amministratori (?) o d’amministratori è diffusa, loro si sentono i …feudatari del loro territorio, non mancando di ciambellani e di giullari. E il volgo che fa? Si adatta, si accontenta di andare bene per tutte le cornici, in attesa che giunga l’Imperatore o le Riforme. Speriamo nelle Riforme.
    Con affetto, Emanuele.

  13. Un racconto preciso e scrupoloso di una realtà “molto italiana”…

  14. Ecco Emanuele, dopo lunghe peripezie sono riuscita a leggere questo tuo racconto! Molto sinceramente, se da una parte non sono rimasta entusiasta dello stile che hai usato, dall’altra ti faccio una valanga di complimenti perchè sei riuscito a rendere benissimo l’idea…magari per i non addetti ai lavori certi concetti saranno risultati nebulosi, ma è esattamente così che è la realtà! La nostra pubblica amministrazione non sta semplificando un bel niente e questo è il risultato! Te lo dico con cognizione di causa perchè mentre tu sei in pensione, a me invece mancano ancora diversi anni (faccio un lavoro simile al tuo) ed ho paura che di rospi dovrò ingoiarne ancora parecchi.
    Con tanto empatico affetto,
    Ismaela

  15. Finalmente riesco a leggere il tuo racconto, Emanuele. E’ ben scritto. Reale più che realistico, non fantascienza. Anch’io lavoro all’interno di un’Amministrazione comunale e, prima, ho fatto parte della sua Commissione Igienico Edilizia. Conosco quindi le annose interpretazioni della normativa, di leggi e procedure interne cui ti riferisci.
    Tu sei riuscito, con un’aderenza al vero che spiazza, a rendere perfettamente le “”partite a tennis virtuale” dove la norma è la palla colpita con le racchette dell’utilità.” Bravo!!! Bella anche la descrizione dell’animo del protagonista che evolve da “gli effetti della bolla acida della rabbia” dissolti nel corso della narrazione nella proposta risolutiva che ottiene soddisfazione e stima di progettista rogante e sindaco.
    Molto bello anche il tuo delineare quel confronto leale e quell’attività intellettuale, tutta umana, che sottende l’efficienza della macchina amministrativa.
    Perfettamente calzante l’immagine-similitudine nel tuo commento, dei “vermi” che sminuzzano la credibilità. Bravo Emanuele!
    Raffaella

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