Premio Racconti nella Rete 2014 “Homo Homini Lupus” di Alessia Martalo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Erano proprio dietro di loro, ormai gli stavano addosso da svariati chilometri, ma nessuna delle due parti dava segni di cedimento. La nebbia, quella notte, era densa e compatta, eppure lui e Ivan vedevano distintamente dietro di sé i fari dell’auto che li inseguiva senza sosta.
Marcello decise di non spegnere la sirena, non per il momento almeno, pensò potesse tornargli utile più avanti, dopotutto una vettura da paramedico che sfreccia a tutta velocità con il lampeggiante acceso non avrebbe dato troppo nell’occhio. Più arduo sarebbe stato spiegare per quale motivo fossero braccati dalla polizia.
Ivan, quella femminuccia isterica, non faceva altro che continuare a girarsi per controllare quanto fossero vicini.
“Cazzo, Ivan, vuoi calmarti un momento? Non c’è bisogno di agitarsi così tanto.”
Ivan lo guardò con un’espressione sbigottita. “Ma l’hai capito o no in che razza di guaio ci siamo cacciati? Meno male che doveva andare tutto per il meglio!”
“E filerà tutto liscio, vedrai. Devi darmi la possibilità di pensare però, e soprattutto devi smetterla di muoverti come un epilettico e urlare come una checca!”, gridò spazientito.
“Hanno preso Matteo, non dimenticarlo.”
“Lo so, maledizione, che ce l’hanno loro, eccome se lo so!”
Per quanto ne sapeva, in realtà, poteva benissimo essere già morto. Era successo tutto così in fretta: uno sparo e il suo socio era finito a terra. In quel preciso momento, Marcello stava richiudendo la portiera, pronto a mettere in moto e fuggire il più velocemente possibile. Matteo evidentemente si era attardato e non era riuscito a salire a bordo in tempo per schivare il proiettile di quel maledetto poliziotto sbucato dal nulla. È stata una decisione fulminea, quella di scappare.
“Credi sia ancora vivo?”, gli chiese Ivan.
Bella domanda, pensò Marcello. Anche Matteo aveva addosso il giubbotto antiproiettile, anzi, per la verità non voleva nemmeno indossarlo. Diceva che si notava eccessivamente, attirava troppo l’attenzione. Ma chi accidenti poteva esserci in giro a notte fonda in quel paesino arroccato sui monti? Era tutto calcolato, non avrebbero corso nessun rischio, tutto sarebbe andato liscio se quel dannato poliziotto non fosse intervenuto. Come diavolo aveva fatto a scoprirli?
“Senti un po’, quel bastardo da dove è saltato fuori? Lui e il suo compare, eh? Non abbiamo fatto nessun errore, giusto? La macchina era parcheggiata nella stradina laterale e il lavoro al supermercato è stato pulito. Non riesco a capire cosa diavolo…”
Ivan lo interruppe, con l’aria di chi aveva già capito tutto. Che pivello. “Te lo spiego io com’è andata. Qualche idiota del palazzo di fronte deve aver chiamato la polizia. Uno stronzo maledetto che non riusciva a dormire e invece di prendersi un bel sonnifero ha pensato bene di prendere un po’ d’aria sul balcone.”
Marcello fece una smorfia, mentre sterzava all’improvviso per svoltare a sinistra al bivio. Sperava di seminarli, ma quei due non demordevano.
“E come hanno fatto ad arrivare lì così presto? Non mi convince…”
“Ok, pensa a guidare ora e a salvarci il culo. Chi cazzo se ne frega di come abbiano fatto ad arrivare tanto in fretta! Magari erano già in zona per arrestare qualche spacciatore.”
“Nel paesino di Heidi? Non credo proprio.” ribatté lui. Forse Matteo era ancora vivo, pensò. Indossava il giubbotto, un gentile omaggio della talpa, e, visto che i poliziotti non mirano mai alla testa, c’erano buone probabilità che fosse vivo. Forse era caduto a terra di proposito per rallentare il loro inseguimento.
“Ascolta un po’, tu hai visto quando hanno sparato a Matteo? Dove l’hanno preso?”
“Cazzo, ora che mi ci fai pensare… All’inizio ho creduto che avessero sparato in aria, come fanno sempre, no? Poi però ho sentito un grido e l’ho visto a terra. Ma non penso che l’abbiano preso, aveva il giubbotto, giusto?”
“Non lo so, non ne ho la più pallida idea. Adesso fammi pensare.” Non potevano continuare quella folle corsa, attraverso quei dannati paesini di montagna. Per di più la strada si faceva sempre più difficile, con tutte quelle curve, e, per quanto ne sapevano loro, i due guastafeste potevano già aver chiamato i rinforzi. Alla prossima curva, un bel posto di blocco e fine dei giochi.
Serviva un piano.
2.
“Non avevi detto che si sarebbero fermati? Che, dopo lo sparo, ti avrebbero soccorso? Begli amici, davvero.” Marco alzò gli occhi sullo specchietto retrovisore incrociando lo sguardo dell’uomo che era disteso sul sedile posteriore. Non ne poteva più di inseguire quei due idioti che, peraltro, sapevano guidare piuttosto bene, nonostante la strada particolarmente complicata.
“Che cazzo vuoi che ti dica? Sarebbe stato tutto più semplice, certo, però così è anche più divertente, no?”
“Intanto modera il linguaggio tu. Sei pur sempre al cospetto di due funzionari di polizia”.
“Corrotti fino al midollo.”
“Taglia corto, Matteo. Spremiti le meningi e dicci dove potrebbero essere diretti.”
Come poteva saperlo? Da quelle parti c’era il nulla assoluto. Si sarebbero arresi? In quel caso, doveva scappare, allontanarsi il più velocemente possibile da lì. Marcello l’avrebbe ucciso a mani nude un traditore come lui. Ma lui aveva un piano.
“Lo sapevo, maledizione, lo sapevo che non avrei dovuto farmi coinvolgere, è stata una pessima idea. Una pessima fottutissima idea. Dovevi sparare a quegli altri due, non a questo idiota, così prendevamo i soldi ed era finita lì.”
“Non era questo il piano e tu lo sai bene, Angelo. Sentite cosa faremo ora: li blocchiamo, proprio lì avanti, oltre quella curva, e recuperiamo la refurtiva. Poi li spediamo in carcere e raccontiamo che i soldi sono finiti nel lago.”
“E se ci finiamo noi nel lago? Come accidenti speri di riuscire a bloccarli? Vanno troppo veloce quei bastardi!”
“Aspetta, aspetta! Gira a sinistra, lì in quella stradina…”
“Ma così li perdiamo, dove porta quella strada? È mica una scorciatoia?”
“Mi hai detto di pensare a dove potrebbero essere diretti. Ora lo so, stanno andando dalla donna di Ivan, abita in una casa isolata lì oltre la curva.”
“E va bene, facciamo come vuoi. Prega che funzioni altrimenti…”
3.
“E adesso che diavolo sta succedendo?” Ivan si girò verso il suo socio e gli lanciò un’occhiata interrogativa. Possibile che la polizia si fosse arresa? Non funziona così di solito.
“Ma porca… Avranno trovato una scorciatoia. Adesso ce li ritroviamo davanti alla prossima curva. Prepara la pistola.”
Quell’abitazione, in cima alla collinetta, faceva proprio al caso suo. Disabitata e in posizione isolata. Quei due ritardati ormai dovevano essersi accorti dell’inganno e, se li conosceva almeno un po’, a quell’ora avevano già invertito la marcia ed erano partiti al loro inseguimento.
“Hai capito il bastardo? Ci ha fregato!”
“Che razza di bastardo! Lo dicevo io che non potevamo fidarci di lui. Tu lo conoscevi? No! Io lo conoscevo? Ma certo che no. Uno stronzo spuntato fuori dal nulla… Come accidenti è riuscito a fotterci il malloppo da sotto il naso? Ce l’aveva lui la borsa, no, quando stavamo scappando?”
Marcello lo interruppe con un brusco gesto della mano. “Vuoi smetterla una buona volta? Dobbiamo cercare di recuperare i soldi ora. Poi vedremo cosa fare. Non dimenticare che loro sono almeno in tre.”
Iniziò con Angelo. Non che meritasse di morire per primo, fu semplicemente il caso a decidere. Arrivati in quello spiazzo, dove si trovava la sedicente casa della donna di Ivan, i due poliziotti scesero dall’auto per trovare un posto adatto dove nascondersi. Poveri imbecilli, non sapevano che il malloppo era già al sicuro, nelle sue mani. Li avrebbe fregati tutti, gli sbirri e quegli altri due idioti.
Quando i cadaveri sarebbero stati rinvenuti, presumibilmente diverso tempo dopo, tutti avrebbero pensato ad un inseguimento finito male: i ladri sparano ai poliziotti e viceversa. Semplice e lineare. E che i rapinatori erano in realtà tre e non due l’avrebbe saputo soltanto lui. In quanto al denaro, chissà per quale motivo, era sparito nel nulla. Durante il lungo inseguimento, uno dei rapinatori l’aveva gettato fuori dalla macchina e si era inabissato per sempre nel lago, con buona pace delle assicurazioni che avrebbero sborsato fino all’ultimo centesimo.
Spostò i due cadaveri e li riposizionò in macchina e, a quel punto, si mise in attesa. Sarebbero arrivati molto presto. Bei soci che si era trovato. Così mentecatti da non domandarsi nemmeno quale fosse la provenienza di quei giubbotti antiproiettile e soprattutto chi fosse l’informatore segreto, la talpa che aveva reso possibile il colpaccio al supermercato, proprio nel giorno in cui arrivavano gli incassi di tutti gli altri punti vendita della provincia.
Rimase acquattato sul sedile posteriore dell’auto, pronto a saltare fuori al minimo rumore. Malauguratamente per lui, non fece in tempo a impugnare la pistola quando, all’improvviso, comparve il volto di Marcello sopra di lui, attraverso il finestrino semiaperto della vettura. Fu questione di un attimo e poi, intorno a lui, tutto si scurì.
“Che figlio di buona donna! Ha pure avuto il coraggio di ammazzare due poliziotti…”
“Due poveracci che non avevano capito un accidente. Avevano i soldi in macchina sin dall’inizio e non ne avevano la più pallida idea. Sarebbe bastato piantargli un proiettile in testa e si sarebbero goduti il denaro per tutta la vita.”
Marcello ripose tra le mani di Matteo la pistola che aveva appena sparato. Un caso di omicidio-suicidio, del quale polizia e mass-media avrebbero parlato per settimane.
C’era un problema, però: i rapinatori dovevano essere almeno due.
Quando Marcello puntò l’arma contro il suo socio, l’espressione allibita di Ivan per un attimo lo fece sorridere.
Bang.
Intricato e intrigante. Ha saputo tenermi col fiato sospeso.
Angela