Premio Racconti nella Rete 2014 “Lo spazzolino in attesa” di Francesco Saccà
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Dal diario di Barrapesante Gringhello di Santiago
QRA: Pablito
Guido lo stesso Sei Ruote da più di dieci anni. E non me ne sono ancora stancato. L’autostrada, quella che noi Camionari amiamo chiamare la Grande, racconta un sacco di storie. Per coloro che hanno scelto di vivere in solitudine, e anche per coloro che dicono di averlo scelto senza pensarlo davvero, non è solo una buona compagna di viaggio. E’ una Sceriffa, una mamma.
Ci siede accanto con un libro di fiabe e legge ad alta voce. Ad altissima voce. Sì, perché il più delle volte non ci è concesso nemmeno un piccolo Pit Stop Carica Pupille. Abbiamo appena un’ora di tempo per Caffè Carica Elettrolitica, Rustichella Carica Batteria, Pipì Scarica Elettrolitica e Popò Scarica Batteria. Solo i più bravi riescono ad avere sulla propria tabella di marcia cinque minuti di Sigaretta Scarica Tensione.
Io invece fumo al volante, nella classica posizione Braccio Fuori Finestrino da autista di Barrapesante, il mostro di strada che i conducenti delle stupide Barremobili chiamano “camion” ed io chiamo autocarro. Furgonato di grande portata. Motore Diesel 16.000 cm³?. ? 8500 Kg di PTT su tre assi. Una scopa, denari e settebello.
Quassù al posto guida è il solo modo per aprir bocca. O meglio è il solo per me. Per quello che ne so i cari utilizzatori del linguaggio CB che viaggiano lungo la mia stessa tratta, dopo l’una di notte, cadono nel silenzio. A quest’ora la Grande si riempie di nomi propri che rispondono solo alla chiamata della QRA familiare. E la radio si muove solo sul mio binario, quello del Gringhello di Santiago, lo scapolo della A3 dal DNA cileno.
Guai a toccare il Mike se incrocio qualcuno che guida alla mia stessa altezza. Un solo colpo di clacson per salutare “2 stelline-FRANCESCO-2 stelline” e mi hanno dato dell’Antenna Spezzata per una settimana. Non avrei mai pensato che per un Sette Tre, un banale ciao insomma, sarei diventato un operatore non in regola.
Cambia poco. L’appellativo di Gringhello l’ho scelto da me. Non sarà grazie alle altre Barrepesanti che riuscirò a trovare la mia Young Lady . E in tutta sincerità meglio rimanere scapoli e contenti piuttosto che fare amicizia con una manica di Cicorie, sempliciotti che non sono altro!
Parliamoci chiaro, la donna dei sogni dei Camionari di vecchia generazione non è a casa ad aspettare che tornino, è lì appesa al posto dello specchietto retrovisore centrale, così come mamma l’ha fatta, a dir loro che è dicembre. Di parecchi anni fa.
La verità è che sulle frequenze della Salerno-Reggio Calabria non si sente una storia d’amore felice da quando è andata in onda quella di Pietro e Giulia, conosciuta come “Natale a Rosarno”.
Era dicembre 2006, ma per gli amanti della Pirelli era ancora il 2000 di Laetitia Casta.
Dall’Autogrill di Beppe arrivò uno dei messaggi più belli che fosse mai stato recapitato da un Old Man, un radioamatore per eccellenza. E infatti non fu un OM a recapitarlo ma la sua YL, Giulia. O come preferiva chiamarla Pietro, Alfetta.
“QTC Pietro! Niente Incontro In Verticale. Sono in Grande Acca. Da 25 a 50? 88! Over.”
Che sta per: “Ho un messaggio per te Pietro. Non possiamo vederci di persona stasera. Sono in ospedale. Vuoi sposarmi? Baci! Passo.”
Nella vita di un Camionaro un figlio in arrivo e una proposta di matrimonio non possono che stare al primo posto, seguite subito dopo da un Gratta e Vinci vincente di almeno quattro zeri.
E infatti nel giro di due ore l’area di servizio si riempì più di quando il vecchio Barrapesante Culone vinse un milione di euro e si guadagnò il suo soprannome e l’opportunità di lasciare il suo Trabacco di trasportatore di arance rosse siciliane per potersi dare alla coltivazione. Di arance rosse siciliane ovviamente.
C’erano così tante Barrepesanti che avrebbero fatto invidia persino agli organizzatori dell’ultimo raduno dei “Giganti del Mediterraneo”. Per l’occasione si era presentato anche Gianni Ippi, il più anziano dei Camionari, a bordo del suo Catamarano, un Iveco che doveva risalire perlomeno al 1968 dato il numero di fiori multicolor che crescevano sulle fiancate.
In più una serie di Barreleggere in fine servizio arrivarono direttamente dalla Piccola, la Statale, e portarono con loro tre volanti dei Puffi e due degli Scarafaggi. L’Arma viaggia su altre lunghezze d’onda perciò non avevano la minima idea di cosa stesse succedendo.
Questa è la scena che mi si parò davanti al mio arrivo, dopo una volata di 45 minuti direttamente da Cosenza: da un lato circa trenta autocarri, luci accese, stelle, alberi di Natale e tanti auguri; dall’altro circa trenta uomini, sigarette accese, cappotti e tanti caffè espressi, uno ogni dieci gentilmente offerto da Beppe. Due per l’esattezza, perchè un altro ogni dieci spettava di diritto a lui, più in ansia di chiunque altro. L’ultima persona ad aver visto Giulia prima che arrivasse l’ambulanza e la stessa che le aveva concesso di mandare il messaggio via radio.
Fu il Pit Stop più lungo che un insieme di Camionari avesse mai fatto. Un incontro di gruppo mai visto prima che non aveva nulla a che fare con quei Verticaloni improvvisati per il campionato di Serie A o per gli sconti sul Diesel.
Un silenzio innaturale per dei grezzi come noi. Che si ruppe solo all’arrivo di una risposta sul RTX di Beppe: “Sono uno Sceriffo”
Quando mezz’ora dopo un uomo basso sulla trentina con barba e capelli neri e folti scese dal suo Scania, non avrei avuto bisogno delle urla dei miei vicini per capire chi era. Con l’aria di chi aveva appena fatto un bellissimo sogno, sembrò non rendersi conto della mole di gente che lo aveva aspettato nel mondo reale. Si diresse verso la toilette e una volta oltrepassata la porta con l’omino senza gonna ne uscì fuori correndo e tornò dritto al posto guida. Gli unici segnali che lanciò prima di partire furono un 73 oscillando la mano a destra e a sinistra, e un limite di velocità posto ad 80 che si staccò per la forza con cui aveva premuto l’acceleratore.
Per me quella fu l’unica volta in cui vidi la Barrapesante di Pietro, soprannominato il Muto. Fu anche l’ultima volta che lo vidi, ma di sicuro non l’ultima in cui sentii parlare di lui.
Prima di allora nessuno sapeva molto di Pietro a parte il fatto che fosse uno di quelli del “turno di notte”. Pochi al di fuori di Beppe potevano dire di conoscerlo, perchè qualunque fosse la sua tratta, la sua unica fermata per i vari CCE, RCB, PSE e PSB era la stazione di Rosarno, il paese suo e della sua Alfetta. E qui non succedeva mai che lei non si facesse trovare ad aspettarlo, e quando sbagliava lato della carreggiata non si faceva scrupoli ad attraversare le quattro corsie della Grande con “salto dello spartitraffico” per raggiungerlo dall’altra parte.
Era un modo tutto suo di portarlo fuori strada, quando questa risultava troppo noiosa, senza provocargli alcun incidente. Così quando erano le otto lei era lì per una cena a lume di candela, se era un po’ più tardi prenotava una sala film-sgabuzzino di cui era a conoscenza solo Beppe e se era più tardi ancora lo aspettava nel bagno degli uomini, per lavarsi i denti insieme a lui e augurargli la buonanotte.
Da allora, ogni volta che un gruppo di Camionari deve rimettersi in marcia dopo una sosta a Rosarno, in onore al Muto, ricordano la sua storia e dimenticano di salutarsi con il codice più utilizzato in linguaggio CB, il 144, per intenderci la “buonanotte” il “dormi bene” e il “sogni d’oro”.
Proprio come adesso sto facendo io.
Buonanotte camion della A3. E’ il Gringhello di Santiago che parla, e non vuole che il Mike risponda.
QRZ! QRZ! C’è qualcuno in frequenza? C’è qualcuno in frequenza?
Roger, nessuno.
Perfetto.
QRX. Sospendo la trasmissione. E vi rivelo un segreto. Non mi rimane che questo.
Per quanto non mi dispiaccia affatto essere un Gringhello, non c’è giorno in cui il cartello di una stazione di servizio nelle vicinanze non mi ricordi ciò che, Pietro il Muto vide in quel bagno e che Beppe considera un gioiello che ancora oggi a nessuno è permesso toccare.
Uno spazzolino da viaggio appoggiato sul lavandino, le setole coperte di dentifricio e accanto un biglietto: “Stasera non potrò lavarmi i denti con te. Buon 144 amore, e sogni d’oro”.
Per quanto oggi continui ad amare il mio Renault Truck più di ogni altra cosa, non c’è giorno in cui non desideri avere qualcuno che mi aspetti al capolinea, che sia il destinatario di un messaggio inviato da me.
Carico merci. Partenza. Arrivo. Scarico merci. “Una firma qui e puoi andare, Pablo”
Andare a casa a lavarmi i denti.
Quanto è bella un’abitudine, se serve a rendere più accettabile un’altra abitudine.
Con questo nuovo racconto confermi la tua notevole abilità narrativa e la capacità di disegnare storie diverse, singolari, vite fuori dall’ordinario.
Bravo.
Grazie mille Mara!
Il soggetto è fuori dalla mia esperienza, pur comprendendo la vita dura dei camionisti, che costituiscono una categoria speciale di lavoratori. I loro sacrifici e le loro abitudini li isolano lungo le autostrade e nelle aiuole di sosta. Queste Barrapesanti sembrano avere un destino segnato dai bisogni corporali e dalle riparazione dei veicoli. Non mancano gli utilizzatori del CB. Ci sveli un mondo variopinto e pulsante. Grazie.
Emanuele.
C’è sempre un cuore che batte, anche là dove meno ce lo aspettiamo. Che tenera la scena dello spazzolino in attesa in un mondo fatto di Barrepesanti, autostrade, Autogrill e codici vari. Davvero originale, Francesco.
NIL BK
Angela