Premio Racconti nella Rete 2014 “Il mondo di Sògna” di Milos Fabbri
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Il suo corpo emanava il profumo della notte, era ancora in pigiama e se ne stava ferma sul pianerottolo. Avvicinai il volto al suo collo ed inalai, mi riempii i sensi di quel desiderio che ormai da tempo mi possedeva.
Il suo occhio mi guardava, ci fissavamo spesso per brevi istanti, ed io ero certo che anche lei aveva i miei stessi desideri.
Le presi il volto fra la mani e cercai di avvicinarla alle mie labbra, ma il suo collo si irrigidì ed oppose resistenza, indietreggiò; e non si lasciò baciare. Ci scambiammo un sorriso e proseguimmo tra i soliti gesti, nell’indifferenza di tutto il dintorno.
Sògna cercò di affrettare il passo, ma il tentativo fu vano, il treno era appena partito. Entrò alla stazione col respiro affannato ed un poco sudata, faceva caldo. Quando vide partire, dall’unico binario, l’unico treno del giorno, posò il piccolo zaino a terra ed alzò lo sguardo al cielo osservando le nuvole che si muovevano lente, sorrise e chiuse gli occhi. Rimase in quella posizione fino a quando sentì il respiro tornare regolare. A quel punto inalò una grande quantità d’aria, si gonfiò le guance, e rifece uscire tutta l’aria il più velocemente possibile.
Raccolse lo zaino ed uscì dalla stazione lasciandosi alle spalle le risa delle persone che la stavano osservando.
Erano le tre del pomeriggio, ed era la terza volta, in tre giorni, che Sògna entrava alla stazione l’attimo dopo in cui era partito il treno.
In verità, tutti nel paese erano convinti che lei nemmeno sapesse dove era diretto quel treno: forse nemmeno lo voleva prendere. Da tempo Sonia era stata emarginata dalla comunità, in pochi si potevano permettere di avvicinarsi ad una sognatrice come lei. In molti temevano la sua sbadataggine, la sua innocenza, purezza, semplicità. Era una ragazza con la testa fra le nuvole, e fu ribattezzata dalla comunità di San Protetto: Sògna.
Successe che una mattina, proprio nel momento in cui una nuvola offuscò timidamente il sole e Sògna stava ferma alla bancarella della frutta, le si avvicinò un bambino con aria colpevole. Le disse di essere stato lui a imbucarle quella lettera. Il ragazzo era dispiaciuto, teneva la testa bassa. Nell’attimo in cui posò i suoi occhioni su di lei, le vide una lacrima scivolare sulla guancia; ma non cadde, rimase bloccata dal sorriso che ne seguì.
“Come puoi tu, così piccino, aver scritto quella lettera?”
“Non l’ho scritta io, l’ho trovata in un cassetto, in cucina, penso fosse della mamma.”
Sògna gli posò una mano sui capelli, lo accarezzò, e senza più fare la spesa se ne tornò a casa.
Aprì il cassetto dove teneva custodita la lettera, prese il biglietto fra le mani e si avvicinò alla finestra. Il foglio diceva così:
La prego mia cara signora di recarsi questo pomeriggio alla stazione, si porti con sé un indumento maschile, maglietta e pantaloni, perché probabilmente, arriverò tutto nudo. Come si conviene in queste presentazioni. La prego, mi accolga con calore.
Con passione, Re Altà.
Sògna aveva preso seriamente quella richiesta, non ci vedeva nulla di strano se non quel: mi accolga con calore.
Guardò fuori e lasciò posare i suoi ricordi sulle nuvole di passaggio, non c’era nulla da fare, non se ne volevano andare. Si ricordò dell’uomo che le aveva promesso amore eterno, ma ben presto la lasciò sola con l’amarezza della delusione. Si ripromise di non farsi più ingannare. Ma quando vide avvicinarsi un incauto innamorato, gli spalancò le braccia e lo lasciò entrare; dimenticando ogni dolore. E si prese una bella insolazione.
Le ci volle tempo per rialzarsi, e ora, le sue forti ali la tenevano sempre a debita distanza da ogni rapporto. Si era rifugiata in un mondo tutto suo, lontano da ogni sentimento.
Finito di pranzare si ranicchiò qualche minuto fra le sue ginocchia. Raccolse i pensieri e li mise dentro lo zainetto insieme a una maglietta rossa e un pantalone marrone da uomo. Uscì di casa e si incamminò senza fretta alla stazione.
Si accomodò su di una panchina, l’unica, ed attese. L’orologio, guardandola incuriosito, scandì silenzioso le tre del pomeriggio. Il treno si fermò, nessuno salì, ma senza che Sògna se ne accorgesse, un uomo era sceso dal treno e le si avvicinava. Finalmente lo notò. Era nudo, sorridente, e si fermò davanti a lei, ad una altezza imbarazzante.
Sògna si alzò di scatto, prese dallo zaino gli abiti piegati con cura e senza, quasi guardarlo, glieli porse. Lui li prese con fare lento, li posò sulla panchina, ed abbracciò Sògna. La tenne stretta, forte a sé, si scaldò un poco del suo calore e solo allora si vestì.
“Ciao, io sono re Altà, signore delle terre dimenticate. Anche tu mia cara un tempo facevi parte di questo regno, ma per vari motivi, ne sei voluta fuggire. Molti pensano che sia più facile nascondersi in un posto sconosciuto, tipo qui, a San Protetto, ma questi pensieri, cara, sono illusioni. Non c’è bisogno di fuggire dalla realtà per sognare; ma soprattutto bisogna rimanere nella realtà per vivere e smettere di nutrirsi di sogni. Vieni con me, ti voglio mostrare qualcosa” e le porse la mano aperta, rivolta alle nuvole.
Sògna lo fissava negli occhi, presa da un senso di disorientamento si aggrappò, si lasciò condurre.
La giovane coppia attraversò la piazza di San Protetto tenendosi la mano, Serena se ne stava appoggiata con la schiena a una colonna del loggiato, li vide passare e li seguì con la testa come un gufo curioso; c’era in loro, nel profilo non ben definito, qualcosa di magico. Qualcosa che Serena aveva conosciuto ma più non ricordava. Alzò lo sguardo al cielo, ed osservando l’unica nuvola di passaggio, sorrise, vedendo che inseguiva i due amanti.
Camminavano lungo il corso come se si fossero conosciuti da sempre. Sògna non sospettava ciò che sarebbe accaduto, ma percepiva che qualcosa di nuovo stava succedendo. Re Altà si fermò davanti ad una porta marrone.
“Vieni cara, siamo arrivati.” Le aprì l’uscio lasciandola passare. Sògna salì le scale e arrivata sul pianerottolo entrò nella stanza che le si affacciava davanti, già aperta. Re Altà richiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò a un grande specchio.
“Vieni qui vicino e guarda.”
Sògna vide la sua immagine riflessa nello specchio, si guardò per qualche secondo, e pensò che non era nemmeno male, quello che vedeva riflesso. Re Altà capovolse lo specchio, Sògna ora, vide sempre sé stessa ma diversa. Vide una donna triste, col volto cupo e le lacrime agli occhi. Si spaventò. Re Altà le prese la mano dicendole di non temere; quella era lei, la sua verità. Aveva tentato di nascondersi fra le nuvole, lontana dal sole. Ma non sapeva che qualche raggio, seppur debole, ci raggiunge sempre. Allora Sògna iniziò a capire cosa volesse il suo messaggero, perché era sceso da quel treno e perché le stesse mostrando tutto questo. La sua, non era una missione di pace, era venuto per distruggere il suo mondo: San Protetto.
In paese la gente cominciava a preoccuparsi, erano tre giorni che non smetteva di piovere e la diga non avrebbe retto tutta quella pressione. Sògna si era lasciata andare a un pianto che aveva tenuto soffocato per troppo tempo. Rivide nel riflesso del vetro della finestra una bambola. Quella bambola con cui avrebbe voluto giocare, ma che suo padre, per paura che si rovinasse, non le aveva mai affidato. Sògna guardava la pioggia cadere, non riusciva a far cessare le lacrime. Re Altà era seduto sul sofà e la osservava in silenzio, aspettava, attendeva di capire quanto tempo ci sarebbe voluto.
Alla fine la diga si incrinò e l’acqua cominciò ad invadere le strade e salire sui pianerottoli delle case. Molti erano fuggiti, ma per chi era restato non c’erano buone prospettive.
L’acqua raggiunse il livello della finestra in cui Sògna, più non sognava ma ricordava, e più rammentava il dolore passato più un poco si placava la sua sofferenza. Distolse lo sguardo dal vuoto accorgendosi di una piccola imbarcazione che si avvicinava. C’era un uomo sopra che tentava di raggiungerla. Appena arrivato a tiro, si trattenne con forza allo stipite della finestra e disse a Sògna di saltare su. Lei rimase qualche secondo immobile poi, vide re Altà che si era alzato e la stava raggiungendo.
“Vi condurrò io” e aiutò Sògna a salire nell’imbarcazione. Dopo essere salito anche lui, indicò a Incanto la via da seguire.
Le nuvole si stavano diradando, nel cielo apparivano chiazze azzurre ad annunciare il bel tempo. Le terre dimenticate apparivano, agli occhi di Sògna, come qualcosa di meraviglioso, conosciuto, ma molto nascosto fra i suoi ricordi.
Incanto le prese la mano ed accostò il volto al suo petto, sentiva il cuore battere, si ricordò dell’amore, di quell’amore che aveva perduto e che ora, le sembrava di ritrovare.
Re Altà alzò la mano destra, l’imbarcazione si fermò. Tutti e tre posarono i piedi in un prato fiorito, c’era un gran miscuglio di colori, nessuna nuvola in cielo, e poco distante si vedeva prorompente il castello.
“Vedete” ed indicò l’orizzonte davanti a loro, “queste sono le mie terre, qui dimorano tutti coloro che sanno essere felici; donne e uomini che non si sono accontentati dei loro sogni – che per natura sono solo proiezioni – ma hanno voluto vivere. Voi vi eravate persi; tu Sògna ti sei nascosta cercando protezione dentro di te, allontanando tutti, ma hai visto il risultato; e tu caro Incanto, dopo aver affrontato un lungo viaggio alla ricerca della tua vera casa, eccoti arrivato”.
Sògna e Incanto si presero per mano e insieme entrarono nel castello, c’erano i preparativi per una grande festa. Sògna entrò nella sua stanza. Incanto rimase fermo a guardarla, poi salì di un piano e si accomiatò.
Più tardi, quando dal cortile si sentirono le prime voci, la prima musica, si rincontrarono.
Incanto scese la prima rampa di scale e si fermò di fronte alla porta di Sògna. Bussò.
Lei aprì la porta e uscì. Il suo corpo emanava il profumo del sole, era avvolta da un bel vestito bianco e se ne stava ferma sul pianerottolo. Incanto avvicinò il volto al suo collo ed inalò, si riempì i sensi di quel desiderio che ormai lo possedeva.
Il suo occhio lo guardava, si fissavano, e Incanto era certo che anche lei avesse i suoi stessi desideri.
Le prese il volto fra le mani e cercò di avvicinarla alle sue labbra, senza opporre resistenza, senza indietreggiare, si lasciò baciare. Si scambiarono un sorriso e proseguirono, tra nuovi gesti, nell’indifferenza di tutto il dintorno.
Ma che bello! Un Sògno. Un po’ Alice un po’ Parnassus, ma anche niente di tutto questo. Originale.
Una favola per adulti? E’ il racconto della solitudine di una giovane donna. Originali alcuni passaggi: l’arrivo nudo di Re Altà, lo specchio che dà un’immagine diversa quando si capovolge e la grande pioggia, quasi la purificazione di tutta la terra. Sembrano elementi di una cultura che si contrappone alla cultura della comunità di San Protetto (?) e Sonia raggiunge la felicità accettando l’amore di Incanto.
Interessante.
Emanuele.