Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Cara” di Donato Continolo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014
 
Noetto dell’Acqualarga nacque in una cittadina in riva al mare, da Noemi Dellasù e Carletto dell’Acqualarga.

 

Figlio unico di madre figlia unica e di padre figlio unico. Anche lui era figlio unico. I genitori, indecisi sul nome

da dare al primo ed unico figlio, scelsero di combinarne i propri.
Di Noemi vennero prese le prime tre lettere e di Carletto le ultime tre.
Noetto crebbe in riva al mare, quel mare, ma più in generale l’acqua, che lo condizionò per tutto il resto della
sua vita.  Sin da piccolo mostrò la sua passione con vivacità e creatività, costruendo con qualsiasi pezzo di carta
a sua disposizione, barchette di varie dimensioni che poi lasciava o meglio, perdeva, ovunque.
A 10 anni, con gli strumenti del padre, modesto artigiano costruttore di barche e barchette in legno, costruì una
piccola piroga. Il varo ebbe esiti disastrosi.
Per un pò di tempo la sua mania di costruire qualcosa che galleggiasse, si placò con grande sollievo del padre, che
vedeva nelle sue iniziative un vero pericolo per lui e per la famiglia.
La sua fantasia esplose di nuovo verso i 15 anni. Fu l’età in cui realizzò il primo sogno della sua vita.
Costruire una zattera!  Ma, una vera che galleggiasse.
Il sogno di poter veleggiare sulle acque della laguna e sul mare che adorava tanto, stava per realizzarsi.
Ma, anche questo tentativo ebbe esiti disastrosi e anche traumatizzanti.
Dopo alcuni metri dal varo, la navigazione fu bruscamente interrotta.
La zattera sembrò sciogliersi come burro al sole. Tronchi da una parte e funi, corde e teli dall’altra.
Mentre, nuotando raggiungeva il molo dal quale era partito, notò su di esso che, la capretta tibetana ed il porcellino
mignon sghignazzavano senza ritegno ne pudore.
– Immagina se  fosse piovuto!- sottolineò la capretta tibetana.
Noetto s’adombrò, ma fece finta di nulla. Li ignorò. Così come ignorate per qualche tempo, furono le sue aspettative
di navigare. Una battuta d’arresto, forse salutare.
Ma, se avesse voluto, avrebbe potuto utilizzare qualcuna delle barche costruite dal padre.
Intanto studiava con profitto al liceo scientifico. Si delineava in tal modo anche il suo futuro.
Le materie scientifiche lo affascinavano, soprattutto quelle relative alle costruzioni tecniche, così come i suoi rapporti
con gli animali. Arredavano la sua stanzetta, liberi di volare ovunque, un cardellino ed un pappagallo ara.
Un criceto, un volpino ed una gattina completavano il quadretto interno. Ogni mattina poi, puntualmente si presentavano
una capretta tibetana ed un piccolo porcellino mignon, ma proprio mignon, per augurargli la buona giornata.
Il vasto giardino che circondava la sua casa era animato da cani e cagnolini, conigli, fagiani, pavoni pony, vitellini, tacchini,
galli, galline, tartarughe ed anche uno struzzo ed un piccolo canguro.
Insomma una ridente e graziosa fattoria di campagna…ma in riva al mare,  governata in tranquilla armonia.
Durante le sere d’inverno, non avendo con chi parlare se non con i suoi genitori, incominciò a ripetere i versi degli animali che erano in sua compagnia e, lentamente, lentamente, s’avvide che ad ogni suo verso, loro, gli animali, rispondevano con altri.
Ne codificò il significato ed incominciò a dialogare con loro anche se le espressioni, erano più che elementari ma, sufficienti per farsi capire. Con grande sorpresa, scoprì che  l’abbaiare del cane, conteneva versi ed espressioni fonetiche che potevano essere comprese anche dal pony o dallo struzzo. In tal modo poteva comunicare anche con quest’ultimi.
Pareva che tutto il mondo animale avesse un unico linguaggio espressivo.
Una specie di insperato esperando. Fu l’ incredula e magnifica scoperta per Noetto.
Dopo quella scoperta non si sentì più solo e per lui si apriva veramente una  nuova realtà di vita.
Il periodo del  liceo scientifico passò in fretta e venne il tempo dell’università.
Si iscrisse con grande soddisfazione dei genitori alla facoltà d’ingegneria navale ( non poteva essere altrimenti!).
Facendo tesoro delle parole che il padre gli ripeteva quasi ogni giorno: – Finchè c’è acqua, c’è bisogno di barche. Anche con
un diluvio universale. Non cambia niente!- poi continuava, – e non quelle che faccio io di tanto in tanto ma, toste e
grandi imbarcazioni per portare le persone in salvo!-.
A proposito di imbarcazioni, a 20 anni  finalmente adulto, Noetto tentò ancora con  la zattera.
Questa volta il varo fu più felice dei precedenti, ma con esiti sempre disastrosi.
La zattera che costruì era più grande e ben più congegnata delle altre precedenti.
Un fasciame costruito intorno al quadrato, la proteggeva dalle onde (se modeste!). Due alberi fungevano da sostegno
e supporto alle vele. Le funi, tutte catramate, erano ben strette intorno ai tronchi. Completavano la dotazione della
zattera, due panche trasversali usate come sedili e, per l’occasione, la capretta tibetana ed il porcellino mignon, vollero
partecipare al varo in modo ufficiale.
-Ma questa volta ve ne state buoni e zitti-, intimò Noetto, facendoli accomodare su di una panca.  I due assentirono
Tutto sembrava procedere per il meglio quando, dopo qualche decina di metri dalla riva, un violentissimo temporale con
un’ incredibile bomba d’acqua, si abbattè sulla zattera, distruggendola completamente.
A stento il trio si salvò.
Ma, giunti a riva, il porcellino mignon e la capretta tibetana incominciarono ad inveire contro Noetto.
-Te lo avevamo detto di non fare il varo oggi.  La cicogna ci aveva avvertito che c’era una burrasca in giro. E tu, niente. Sei
andato in mare proprio oggi. Altro che nuvola passeggera!  Ed ora cosa si fa?- chiesero in coro.
Mogi, mogi, ritornarono a casa.
Per riprendersi dalla delusione, Noetto il giorno dopo, andò allo zoo. Pensieroso si appoggiò sul bordo della staccionata del
recinto degli elefanti. Di tanto in tanto rispondeva a qualche verso del falcone, dell’aquila, delle caprette, dei cinghiali e, con
sua grande sorpresa, ci fu anche il saluto di uno degli elefanti. Poi risposero gli ippopotami, la tigre, il leone, la giraffa.
In un batter d’occhio si diffuse tra gli animali una strana euforia. Non capitava tutti giorni che un essere umano potesse parlare
con loro. La sorpresa li stupiva e li rendeva  increduli. Ma erano tanto contenti.
Incominciarono a dialogare tra di loro in un vociare caotico sempre più ad alta voce.
Il guardiano impaurito non sapeva cosa fare.
-La prego, Signore, si allontani dal recinto. Può essere pericoloso stare lì- e reagì con questa richiesta rivolta a Noetto.
-Ah, c’è sempre quello stupido rompipalle del guardiano che non capisce niente- disse l’elefante, capo del gruppo,
rivolgendosi verso Noetto.
Il quale preferì andare via, e salutandoli, promise di ritornare per passare qualche ora spensierata con loro.
Se ne andò raccomandando di non fare troppo chiasso altrimenti il guardiano poteva impaurirsi di nuovo.
A casa, nella sua stanzetta, ripensava sempre alla sua zattera da costruire ed al linguaggio con i suoi amici animali,  che si arricchiva di nuovi suoni ed altrettante espressioni. Intanto continuava a studiare per laurearsi.
Ma…
Una mattina di primavera, una delegazione dei suoi amici, composta dalla sempre presente capretta tibetana e dal porcellino
mignon, con la presenza anche del tacchino e del canguro, si presentò nella sua stanza.
-Beh, cos’è successo?- chiese sorpreso Noetto, vedendoli così impettiti, formali ed alquanto preoccupati.
Esordì la capretta tibetana dopo aver avuto l’assenso degli altri:  -Abbiamo pensato che tu con la tua zattera non concluderai
un bel nulla. Noi  vogliamo andare nell’altra isola che sta di fronte alla riva e vogliamo rimanerci un bel pò di tempo-.
Noetto s’impressionò. Si chiedeva tra sè, dove avessero imparato così bene tutte quelle frasi e chi avesse spiegato loro
anche la fonetica.
Si ricordò che già qualcuno prima di lui avesse avuto a che fare con fiabe e racconti nei quali gli animali parlavano tra di
loro e con gli esseri umani. Allora, non c’era da stupirsi!
-Sì, va bene, ma come si fa? – tagliò corto Noetto per toglierseli davanti.
-Noi abbiamo pensato ad una chiatta. Per essere precisi, -continuò la capretta- proprio quella di Gino il nostro vicino di casa.
Te la può prestare per un giorno, tu ci accompagni e poi….se vuoi, puoi rimanere con noi, o ritornare da solo di nuovo qui-.
E Noetto pensò all’isola, alla chiatta, ad un giorno spensierato da passare con gli amici.
Ma perchè poi, quella richiesta di partire il giorno dopo? E non seppe trovare nessuna risposta.
-Ci stò- asserì ugualmente. Poi, continuando, assicurò loro che sarebbe andato in giornata a chiedere la chiatta a Gino.
Gino, nel vederlo dopo tanto tempo, e nel sentire la sua  richiesta, fu veramente sorpreso ma, conoscendolo bene, non
ebbe difficoltà a prestargli la chiatta.
La mattina seguente, mentre Noetto la dirigeva  verso il piccolo molo d’attracco e, avvicinandosi sempre di più alla riva,
notò, che era occupata integralmente dai suoi amici.
-No, non poteva essere!  Cosa ci fanno tutti quanti lì?- esclamò sorpreso ed incredulo.
Erano tutti lì in attesa, la capretta tibetana, il porcellino mignon, sempre loro, e poi tutti gli altri  amici tra i quali  anche una
buona parte -se non tutti- gli altri amici dello zoo.
Lentamente s’avvicinò al molo per l’attracco e, dopo aver legato la chiatta al paletto, si mise le mani in testa in un gesto di sconsolata rassegnazione.
-Ehi, capo, non ti preoccupare, ci pensiamo noi a sistemarci – esordì la capretta tibetana.
Ed il porcellino mignon concluse con un’affermazione:. Sai capo, si è sparsa la voce, e così….ora siamo tutti quì!-.
Poi, filò via di corsa, temendo la reazione di Noetto.
Quindi, la capretta tibetana che sembrava aver preso in mano la situazione, iniziò a chiamare nome per nome tutti gli
altri amici. Doveva essere lei al comando dei quella sgangherata brigata!
E Noetto, con le mani ai fianchi, osservava l’ingresso degli animali sulla chiatta. Dopo un pò smise anche di salutarli.
Aveva in mente una domanda: ma sarebbero andati tutti sulla chiatta?
Ma tanto, in fondo in fondo, si trattava di un piccolo e breve trasbordo forse di qualche ora. Niente di cui preoccuparsi!
Nel vedere tutti i suoi amici riuniti lì su quella chiatta, si rammaricò un tantino: quella chiatta poteva essere benissimo una
arca. E non volle pensare ad altro! Per lui era e rimaneva solo una chiatta con tutti i suoi amici più cari.
La chiatta ondeggio per un poco.
A quel movimento, Noetto si scosse da quel torpore, anche perchè gli si parò di fronte un elefantino.
-E tu che ci fai qui?- gli chiese.
-Niente, niente Noetto. Ho sentito che si partiva e allora ho pensato bene partecipare anch’io-.
-Ah sì, e papà lo sà?-
-Sì,  mi ha detto che di te ha fiducia!-
-Va bè, ma fai attenzione, c’è già Pippo l’ippopotamo che è abbastanza pesante. In due, se non fate attenzione, col vostro peso,
andiamo subito giù-.
Poi, dovette gridare e non poco per far sentire dal canguro. Non la smetteva di saltare.
-E’ la prima volta che faccio un viaggio in barca – si rivolse a Noetto- e sono molto contento.
-Va bene, va bene, ma fai attenzione, altrimenti andiamo tutti a fondo-, replicò Noetto.
Di tanto in tanto si sentivano piccole frasi estrapolate dalla confusione che si era creata ed alcuni movimenti apparentemente incomprensibili.
Il formichiere ad un tratto esclamò: -Ho fame!- e diresse il suo sguardo verso un gruppo di formichine che immediatamente si si spinsero verso la prua.
Alcuni insetti incominciarono a guardare con sospetto i giri, sempre più concentrici, che le rondinelle facevano intorno a loro.
Le mosche si dispersero tra di loro ed andarono il più lontano possibile dai ragni e dai rospi.
Veramente piccolezze rispetto alle insidie del viaggio che avevano deciso di fare.
La giraffina si incaricò di scrutare l’orizzonte ed avvisare dei pericoli.
Insomma c’era un gran fermento intorno a Noetto che mai avrebbe pensato a quel viaggio per mare in quelle condizioni.
-Allora si va! Si salpa- disse Noetto a conclusione di quel via vai d’animali!|
E intanto, scrutando il cielo che era diventato sempre più scuro e sorprendendosi delle onde che incominciavano ad essere più
alte, sulla mano di Noetto cadde una prima goccia d’acqua, poco dopo  un’altra ed un’altra ancora.
-Tranquillo, tranquillo – disse la capretta tibetana rivolgendosi verso Noetto.
Nel sentire quella frase, Noetto, ripetè sotto voce: -Sempre lei, sempre lei, l’impicciona!-.
-E no, proprio no! credo che avremo un bel temporale- disse Noetto, avviando il motore della chiatta.
E di rimandò la capretta tibetana, gli rispose; – E’ solo qualcosa nuvola passeggera. Me lo ha detto la mia amica la cicogna-.
E si sbagliò!

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1 commento »

  1. E’ proprio sfortunato, Noetto, nella navigazione non ha avvenire. Ha per amici solo gli animali e i suoi genitori sono assenti dalla sua vita. Originale racconto che, forse usando il paradosso, vuole mandare un messaggio: il destino di ognuno è legato alle scelte dei nostri genitori e da esso non possiamo svincolarci. Triste e amaro.
    Emanuele.

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