Premio Racconti nella Rete 2014 “La mosca” di Claudio Oliva (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Era una mattina di una luminosa giornata di estate.
Si annunciava calda e benevola per piante e animali.
La frutta era matura e l’aroma che da essa proveniva attirava una grande quantità d’insetti.
Fanla il ragno aveva intelligentemente tessuto la sua robusta e fitta ragnatela tra due rami che avevano un’incredibile quantità di profumatissime pesche.
La rugiada del mattino che stava lentamente evaporando, la faceva sembrare un diadema argentato.
Gli insetti alati volavano incessantemente intorno all’albero e si posavano su quei frutti che erano ormai giunti a un livello di perfetta maturazione, cibandosene.
Naturalmente la signora ragno sapeva tutto questo e sfruttava a suo favore la situazione.
Quell’estate era particolarmente benevola, e grazie a un periodo primaverile favorevole la natura era stata particolarmente generosa.
Fanla aveva quindi capito che potendo contare sulla situazione favorevole, la sua prole, a meno di episodi nuovi e sfortunati, poteva essere allevata senza difficoltà.
C’era quindi un buon numero di cuccioli di aracnide che stava riposando nel nido.
La signora ragno lo aveva incollato con perizia al tronco principale dell’albero di pesco sigillandolo bene ai lati e lasciando solo una minuscola apertura.
Ogni tanto Fanla sentiva i fili della tela vibrare e correva per impacchettare la sfortunata creatura che vi si era andata a invischiare.
Lo faceva quasi di malavoglia, e cercava in ogni modo di far soffrire il meno possibile la creatura di cui si doveva cibare.
Fanla aveva rispetto per tutto ciò che la circondava.
Quando riusciva a catturare quello che sarebbe diventato il suo cibo e quello dei suoi piccoli, cercava di immedesimarsi in quella sfortunata creatura.
In qualche maniera la rispettava e la ringraziava.
In quel momento era ferma a osservare il nido.
Era sempre attenta a correre dai suoi piccoli in caso di pericolo.
Anche quando doveva correre sulla tela, era sempre vigile.
Sentì una vocina che la chiamava: “Buongiorno signora ragno, posso disturbarla un attimo?”
Fanla osservò i dintorni ma non vide altri ragni.
“Chi parla? Chi sei? Fatti vedere…”
“Sono io, sono qui sul ramo vicino alla tua ragnatela. E’ molto bella…”
Fanla vide una mosca che alzava le zampe davanti facendo chiari segnali.
“Grazie, ma… una mosca?”
“Si, sono una mosca, il mio nome è Dira, piacere, lieta di conoscerti.”
“Lieta… di conoscermi? Una mosca è lieta di conoscere un ragno? Non credo sia mai successa una cosa del genere!”
“Comprendo che questa situazione sia molto particolare ma potrei conoscere il suo nome?”
“Beh… si… insomma… il mio nome è Fanla, piacere mio. Cosa posso fare per te?”
“Sei molto gentile, come pensavo. Posso chiederti qualche minuto del tuo tempo?”
“Beh… si… se nessun… insetto cade nella mia tela e debba correre credo non vi siano problemi.”
“Ti ringrazio. Vorrei condividere con qualcuno che mi possa comprendere questi momenti.”
“Momenti? Quali momenti?”
“Gli ultimi momenti della mia vita.”
“Perché dici questo? Vuoi forse suicidarti?”
“No, questo no. Nessuna mosca che si rispetti cerca il suicidio. Semplicemente giunge al termine del tempo che le è concesso.”
“Cosa stai dicendo? Spiegami meglio, mi sembri molto tranquilla, non una mosca che sappia di dover morire!”
“Sono ormai giunta al termine dei dieci giorni di vita che mi è concessa. Ho deposto molte uova, quasi mille, cercando di inserirle all’interno di frutti ben maturi in cui le mie larve, i miei figli, potessero nutrirsi, e crescere e vivere. Ho cercato di adempiere i miei doveri di genitore quanto meglio potevo anche se la mia specie è ovipara e non si occupa direttamente della sua prole. So perfettamente che le uova che ho deposto non saranno destinate a diventare tutte mosche adulte. Alcune non diventeranno nemmeno larve, ma questa è una legge naturale e non posso far nulla per modificarla. Anche se come madre ne soffro, certamente.”
“Quindi sai di essere alla fine ma non hai nulla da rimproverarti? E’ quanto volevi dirmi?”
“No, non è tutto, anzi, quanto ho detto sino ad ora era necessario in qualche modo a liberarmi di un peso, a riconfermare a me stessa di aver fatto tutto il necessario e quanto era mio dovere fare.”
“E… dimmi, ormai hai fatto nascere curiosità in me: cosa desideri, cosa cerchi?”
“Come ti ho detto il mio tempo qui è terminato. Ora, conscia di questa verità, devo scegliere. Posarmi a terra quando le ali non risponderanno più ai miei comandi, e morire lentamente. Il mio corpo sarà rielaborato e rientrerò a far parte del tutto. Oppure…”
“Oppure? Continua, stai dicendo cose allo stesso tempo dolci e terribili: affronti la morte come qualcosa d’inevitabile ma con la stessa tranquillità stai dicendo che anche nella morte vi è una scelta.”
“Si, esatto. Posso scegliere. Ma ho bisogno d’aiuto.”
“Da me? Un ragno che aiuta una mosca? Non credo sia mai accaduta una cosa del genere…”
“Forse si e forse no. Io devo morire, io voglio in qualche modo morire. Voglio rientrare nel circolo della vita e ripresentarmi. Ma voglio scegliere come riciclarmi. Credo di essere anche presuntuosa ma vorrei tentare. Sarebbe una piccola vittoria sull’inevitabile.”
“E come potrei aiutarti? Io… un ragno… in fondo sono un tuo nemico o alla meno peggio un essere che desidera il tuo corpo per cibarsene.”
“Bene, posso esporti il mio pensiero, o almeno tentare di farlo, anche se comprendo che sarà per me complicato raggiungere la tua anima: vorrei tentare di farlo; con te.”
“Parla, ti ascolto.”
“Ho osservato molto attentamente il tuo comportamento. Sei una madre esemplare, una creatura che opera in tutto e per tutto per il bene della sua prole e per questo motivo sei da lodare. Tutti dovrebbero seguire il tuo esempio. Tessi la tua ragnatela con amore e precisione. Pare addirittura che tu preveda dove verranno a formarsi le gocce di rugiada a comporre uno splendido gioiello e rallegrare così chi la osserva. Sei un’artista che lavora con la tela e componi magnifici quadri.”
“E questo fa di me un soggetto che può aiutarti a perseguire il tuo desiderio?”
“No certo, non sarebbe sufficiente. Tu sei un ragno ed è questo che conta. Tu puoi nutrirti del mio corpo e puoi far si che i tuoi piccoli ne usufruiscano a loro volta.”
“Ma… allora… intendi dire che…”
“Penso tu abbia compreso il mio pensiero. Credi sia una pazzia? O una demenza senile di una mosca vecchia e logora? O semplicemente un atto di prepotenza ed egoismo, una ribellione imbecille verso la natura?”
“Non saprei… non credo di aver mai ponderato questi pensieri…”
“Credo che tutti al giungere alla soglia del termine della vita elaborino queste considerazioni nella propria mente. Anzi, dico una cosa in più: credo che qualsiasi creatura camminando verso la fine del suo tempo può provare una sensazione di ritorno alle origini primordiali. Prova desiderio di fine e rinascita.”
“Quindi desideri morire?”
“No, desidero rinascere, il mio corpo desidera rinascere: desidero nella mia pazzia morire in modo dolce, costruttivo e rinascere.”
“E quale sarebbe questa tua scelta? In che modo vorresti lasciare questo mondo?”
“Vorrei chiedere appunto il tuo aiuto. Sarebbe un cambio a te favorevole. Potresti nutrirti del mio corpo e anche i tuoi cuccioli potrebbero.”
“Ti offriresti a me? Per le ragioni che hai descritto in precedenza?”
“Si, e credo che si possa aggiungere ancora qualcosa al mio discorso. Credo che le opere spesso e volentieri, riflettano l’animo interiore di quelli che ne sono autori. Alle volte è necessario osservare attentamente per coglierne le sfumature più intime. In ciò che fai tu, per come agisci, per come vivi, per come accudisci alla tua prole, credo tu sia una persona dall’animo gentile. Una persona che non desidera il male e il dolore altrui ma se ha obbligo di uccidere lo fa per non morire e per non far morire i propri figli.”
“Sono senza parole…”
“In questo caso non fai che confermare i miei pensieri. Se accetterai, io mi verrò a posare docilmente sulla alla ragnatela e tu potrai avvolgermi con il tuo filo. Poi mi rilasserò e tu potrai inserire nel mio addome il tuo veleno, mi addormenterò serenamente e poi cosa succederà sarà affar tuo.”
“Io… ho solo una domanda: perché?”
“Forse è egoismo. Preferisco una morte dolce, a un’agonia inutile. Quando un essere vivente è giunto al termine o non può più determinare le azioni della sua esistenza, credo sia utile prenderne atto. Fino a che hai ancora capacità di decidere e fare, è opportuno porsi delle domande e giungere alle giuste conclusioni.”
“Sono molto confusa, ma se è questo è il tuo desiderio non vedo perché io debba negare una possibilità in più ai miei piccoli.”
“Ecco, lo vedi? Ragioni sempre in funzione dei tuoi piccoli.”
“Ma… credo che tutti lo facciano…”
“No, non tutti. Ho osservato altri che non rispettano per nulla il prossimo. In questi dieci giorni ho annotato tale comportamento soprattutto negli umani. Una razza tremenda. Alle volte non rispettano nemmeno la loro prole. Incredibile che la natura abbia potuto creare un tale abominio.”
“E’ la prima volta nella mia esistenza che mi trovo in grande difficoltà: la preda arriva si incolla alla ragnatela, si dibatte un po’, io arrivo la avvolgo, inietto il veleno. Pochi secondi e posso permettere ai miei piccoli di nutrirsi. Mai avrei pensato di vivere una simile situazione: un suicidio.”
“Un suicidio? Non lo ritengo tale. E’ una scelta. Ti prego di valutare con attenzione la mia richiesta e di dire si alla mia richiesta di aiuto.”
“Si, accetto. Posati dove vuoi.”
“Mi poserò vicino al nido, così i tuoi piccoli non avranno difficoltà a nutrirsi e tu non avrai difficoltà a controllarli.”
“Sei una mosca molto particolare sai?”
“Non mi sono mai giudicata ma colgo la tua valutazione come un complimento.”
“In tal modo doveva essere inteso.”
“Grazie, vengo da te.”
La mosca volò verso la ragnatela.
Si posò con le zampe proprio vicino al nido.
Attraverso la seta si potevano osservare i piccoli ragni. Alcuni addormentati alcuni svegli e pronti.
Dira si mise a zampe all’aria, incollando le ali alla tela. Da quel momento non avrebbe più avuto possibilità di fuggire.
Fanla le si avvicinò con calma.
“Sei ancora in tempo a decidere diversamente. Se vuoi posso liberarti e lasciarti andare.”
“No, per favore fai ciò che devi. Non opporrò alcuna resistenza.”
Un ragnetto più agitato degli altri uscì dal nido: “Mamma, mamma! Ho fame! Presto uccidi questa mosca!”
“Fermo e zitto! Questo essere che tu chiamo mosca è uno degli esseri più particolari che io abbia potuto vedere su questa terra. Ora la mamma la ucciderà ma con tutta la dolcezza possibile. Anche se in verità in qualsiasi uccisione non è possibile utilizzare questa parola. La morte può essere dolorosa, o meno, ma mai dolce. Anche se il soggetto non soffre, lascia sofferenza a chi rimane in vita e ha amato il defunto.”
“Scusa mamma ma ho tanta fame!”
“Si, lo capisco, ma questo è un caso particolare.”
“Cos’è un -caso particolare-?”
“Lo capirai quando sarai grande.”
Fanla si pose al di sopra di Dira.
“Posso ancora chiederti una cortesia?” chiese Dira.
“Certamente, se posso.”
“Non avvolgermi con la tua seta, non subito. E se vuoi, metti una zampa vicino alla mia, prima e durante l’iniezione, mi farebbe molto piacere e mi conforterebbe nel trapasso.”
Fanla posò una zampa vicino a quella di Dira. La osservò ancora mentre Dira spingeva con forza la sua zampina contro la sua quasi a voler cercare maggiore conforto.
“Ora?” chiese Fanla.
“Si. Grazie, sei una grande amica.”
Fanla fece l’iniezione mortale.
Dira sentì fluire il veleno all’interno, mentre veniva colta da un torpore che prendeva possesso del suo corpo.
“Grazie Fanla. Sii felice e ricordati che oggi hai compiuto un atto lodevole e degno di tutto rispetto.”
“Grazie a te Dira, Mi hai insegnato più cose tu in questi pochi minuti che molti altri esseri che ho incontrato prima di te. Serberò per quanto mi resta da vivere il tuo ricordo nel mio cuore.”
Dira chiuse i suoi innumerevoli occhi e lasciò per sempre questo mondo.
“Mamma, non ho più fame. Rientro nel nido.”
Il ragnetto rientrò nel suo bozzolo mentre altri fratelli e sorelle si accingevano a cibarsi del corpo di Dira, ignari di quanto era accaduto poc’anzi.
Questo singolare racconto è stato capace di suscitarmi forti emozioni e coinvolgimenti. E’ proprio vero: se nelle quotidiane relazioni si riuscisse a condividere un reciproco rispetto, la nostra “razza tremenda” forse potrebbe ancora salvarsi.
Racconto davvero singolare,qua e là compare forse un intento didattico,educativo che un po’ rallenta,ma l,’argomento è davvero titanico per grandi e piccoli.In bocca al lupo!
E’ un racconto potente, inizialmente frazionato, ma via via prende vita e corpo in immagini in cui ci si ritrova “umanamente” in ciò che accade ai due personaggi, così ben delineati e resi vivi dalle parole di Claudio. Forse un po’ inizialmente pesante per bambini più piccolini, sicuramente capace di risvegliare le emozioni dei più grandicelli…e dei genitori. Un bellissimo lavoro.
Ringrazio tutti per i sinceri, ottimi e costruttivi commenti.
Ogni parola è utile per illuminare la vicenda e i sentimenti dei personaggi, i dialoghi sono magistrali. L’argomento è tosto e difficile per tutti; per i ragazzi forse serviva un dialogo “semplificato”. Complimenti Claudio.
Emanuele.
Per inciso, il racconto è stato si inserito nella sezione per “bambini”, forse per la particolare scrittura discorsiva, ma non su mia espressa richiesta.
Da parte mia è dedicato a tutti coloro che vogliono riflettere sull’argomento principale trattato, lasciandosi andare ad una serena analisi di quanto può o potrebbe accadere ad ognuno di noi.
Con in più un pizzico di spezie che non guasta mai in ogni piatto.
Un grazie sincero ad Emaunele.