Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Ottativo passato” di Arturo Belluardo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

“Picchia me! Prendi me!” e afferrai la gamba di mio padre.

Mia madre era in ginocchio, le mani raggrinzite sul ventre, liquido colava dagli occhi, naso, bocca. Ferma, immobile, neanche tremava.

Stridendo i denti ed urlando rosso, mio padre mi strappò via, mi buttò dentro uno scaffale, libri caddero: Salinger, Dostoevskij, Kafka.

Li spostai senza rispetto e mi riavvinghiai alla violenza,.

“Picchia me! Prendi me!” ero capace solo di ripetere quella litania, sperando servisse.

Infilai le mani tra la cintura e la schiena, appendendomi con tutto il peso.

Mio padre si girò: le sopracciglia sembrava impedissero alla vena della fronte di esplodere; con un ringhio, mi afferrò per le spalle, mi scosse a tremiti, a farmi cadere i vestiti come bacchiasse olive. Quelle scosse mi impedivano di parlare, provai, ma mi morsi la lingua.

Mia madre, però, su una striscia luminosa di lumaca, era arrivata fin sotto la finestra.

“Picchia me! Prendi me!” riuscii a gridare, stendendomi fiacco ai suoi piedi.

Mio padre sfiatò, quasi fosse un’orca alla fine della sua furia assassina, e mi scostò delicatamente.

Ma un grido dilaniò: “Aiuto! Mi ammazza! Aiuto! Aiuto!”

Mia madre, spalancata la finestra, capelli crespi schiaffeggiati dall’aria, ululava il suo dolore.

La furia rimontò e mio padre alzò un passo con le mani curve in avanti, cercando un collo da soffocare.

“Picchia me! Prendi me!” e gli strinsi i piedi; mio padre incespicò, batté il ventre sul davanzale interno, perse l’equilibrio, precipitò.

Mia madre fu lesta ad abbracciarmi, a chiudermi gli occhi con le mani, a sussurrarmi “E’ tutto finito. E’ finito tutto.”

 

Utinam. Voglia il cielo che.

 

Staccai con forza le mani di mio padre dal viso e mi affacciai a guardare in strada: pochi passanti accerchiavano quello che era mia madre, supina sull’asfalto, i gomiti e le ginocchia scomposti in angoli ottusi, i capelli sfregiati da rosso henné.

Come tutti i pomeriggi, finito il pranzo, mio padre aveva iniziato a picchiarmi; motivo, pretesto, non ricordo, forse avevo fatto piangere per l’ennesima volta quel rompicoglioni di mio fratello.

Questa volta però l’ira gli era penetrata fin dentro le ossa: mi aveva acchiappato per una caviglia e fatto volare contro la libreria. Ricaddi di schiena, battendo la testa, tra una pioggia di volumi. Gridai.

Mia madre corse nella stanza, le braccia stese a compasso, i palmi rivolti verso di lui.

“Picchia me! Prendi me!” urlò.

“Ma se no che fai?” sbavò mio padre e mi rovesciò addosso l’intera scaffalatura.

Tutto si fece più confuso, non riuscivo a tenere gli occhi aperti, quasi a respirare. Voci, rumori secchi, come qualcosa che si spezzava, cerchi rossi, urla. Un urlo.

“Se non lo lasci in pace, mi butto di sotto!”

Riuscii a scostare dalla faccia “Espiazione” di McEwan e ad aprire appena palpebre gonfie di lacrime e dolore.

Vidi mia madre a cavalcioni sul davanzale della finestra, una gamba di qua ed una gamba nel vuoto.

“Mamma” mormorai.

Mia madre si girò triste a guardarmi.

E perse la presa.

 

Utinam. Voglia il cielo che.

 

Nelle lingue antiche, sanscrito, greco, latino, il modo ottativo veniva usato per esprimere il desiderio, un uso che si è perso nella nostra lingua.

Mi chiedo quale potrebbe essere il modo del ricordo, il modo del sogno.

Ho letto un bellissimo racconto di Delmore Schwartz, intitolato “Nei sogni cominciano le responsabilità”.

E qui mi assumo la responsabilità.

Almeno qui, almeno adesso, mamma, ti ho salvato.

 

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13 commenti »

  1. Il modo del sogno possiamo inventarlo noi. Così da poter definire il desiderio che si fa immagine e prende corpo nelle nostre fantasie. Così da poter riscrivere in uno spazio onirico ciò che in realtà non possiamo cambiare.
    Così come hai saputo fare tu, in questo bellissimo racconto.
    Tanta disperata bellezza in poche concise parole raramente mi è capitata sotto gli occhi.
    Grazie.

  2. Il mondo del sogno, il mondo del ricordo, il mondo della scrittura. Questo brevissimo e intensissimo racconto ci spiega le ragioni dello scrivere meglio di un trattato.
    Davvero bello.

  3. Io, commosso, ringrazio tutti… è molto bello sentirsi accolti con queste parole da persone sconosciute; fa bene al cuore e da’ fiducia

  4. Il tuo racconto mi ha lasciato senza parole. Non riesco e non voglio aggiungere altro perché il tuo racconto, da solo, esprime già tutto. Complimenti Arturo per questo penetrante e coraggioso scritto.

  5. Brevi e concisi. Sembrano esercizi per verificare la conoscenza delle regole della scrittura. Non ho la preparazione per dare un voto ma credo che l’apprendista scrittore (è un complimento, credimi) voglia stupire noi partecipanti a Racconti nella Rete 2014 e, secondo me, ci è riuscito. Due scene drammatiche, dove le fasi e le circostanze sembrano confondersi, dove il desiderio di vita e la difesa della madre (“Prendi me, prendi me”) si scontrano con la violenza del padre. Sono momenti difficili che lasciano molta confusione in chi le vive e viene messa in discussione la testimonianza resa dai protagonisti.
    Emanuele.

  6. Scelta di campo del figlio che preferisce salvare la madre piuttosto che il padre violento, con la responsabilità di quello che tale scelta comporta. Bel racconto, chiaro e conciso, molto forte nelle tinte. Una domanda: ma come fai a conoscere l’ottativo?

  7. Molto appassionato e appassionante però – mi dispiace, sono quella dei però – la spiegazione finale la toglierei.
    Un testo non va spiegato perché altrimenti si ammette di non essere stati capaci di esprimere tutto con la narrazione.
    Ma siccome mi sembra che tu ti sia spiegato benissimo – sono pallosa, lo so ma io bado alle solite regole e qui ci sono tutte: incipit interessante, sintassi e grammatica corrette, storia valida, metafore originali, schema narrativo più che valido – l’ultimo UTINAM vale mille parole anche senza la traduzione.
    Se poi qualcuno non capisce o non sa cosa sia l’ottativo (io, sinceramente mi ero dimenticata che esistesse, pur avendo fatto studi classici rinfrescati all’epoca del liceo di mia figlia) interpreterà a modo suo: il materiale per immaginare c’è eccome.
    Bravo.
    Ciao

  8. Grazie infinite ai commentatori, soprattutto per aver avuto la voglia e la pazienza di leggere il mio raccontino; aggiungo due “spieghe”, anche se non si dovrebbero mai dare… Questo “esercizio” voleva essere un omaggio ad “Atonement” di McEwan (che è citato nel racconto) e focalizzarsi sul desiderio/potenza della scrittura, tale da poter alterare il ricordo e da riscrivere una storia accaduta. L’ottativo l’ho sempre adorato dai tempi del Liceo Classico e mi dispiace che nel linguaggio moderno si sia perso, ha una sua allure dorata. Il tempo del desiderio, il tempo del sogno, il tempo del ricordo, il tempo della narrazione, non sono, alla fine, lo stesso tempo?

  9. Bravo Arturo. Ci vuole coraggio per sperimentare nuove trame narrative.

  10. Meraviglioso(racconto) .aggettivo surreale , sognante, per la situazione dilaniante e terribile ,ma piena di grondante dolcezza .

  11. Arturo Belluardo… chi era costui? Leggo sul sito del Premio Calvino:

    TESTI SEGNALATI DAL COMITATO DI LETTURA ? XXIX EDIZIONE

    Arturo BELLUARDO (1962), IL BALLO DEL DEBUTTANTE
    “per il fresco, divertito e parodistico racconto delle rocambolesche avventure tra Sicilia e quarta sponda di un giovane che si scopre gay durante l’era fascista”

    Il nome mi suona familiare senza peraltro riuscire a collocarlo in nessuna cerchia parentale o amicale… Ma io l’ho sentito già, ti pare, ho chiamato un figlio Galileo come potrei dimenticarmi di un Arturo…

    Cerco su google e in un clic ti trovo qui, dove ti avevo lasciato due anni fa: il racconto dell’ottativo che tanto mi era piaciuto per la rievocazione nostalgica del tempo delle mele.
    Ma tu non ci sei più, sei già arrivato a Torino: complimenti Arturo, spero che questo per te sia soltanto l’inizio di una piacevole impresa.

    Ciao.
    Cristina.

  12. N.B.: per altro ho comprato CARTONGESSO, primo premio al Calvino nel 2012. e mi è sembrato pesante assai. Poi ho comprato Eduardo Savarese, Non passare per il sangue (SEGNALATO), ed è stato un vero godimento (anche l’incontro con lettura).
    Quindi…

  13. Cara Cristina, grazie di cuore. Ci vediamo a gennaio 2017 in libreria?

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