Premio Racconti nella Rete 2014 “La Caramella” di Massimo Cavarai
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014“Ti piaccio? Sono bella?”
Novant’anni il prossimo gennaio, capelli corti bianchissimi, si aspetta una sola risposta:
“Sì!”
Risposta difficilissima per la donna più giovane in piedi sulla soglia del proprio appartamento perché la sua vita rimbalza tra due pilastri incrollabili: il “forse” e il “non lo so”.
Unica soluzione rapida consentita è lo scrollare della testa in avanti in segno di assenso, nella speranza che ciò basti a placare la vivace coinquilina che mostra il nuovo cappotto.
Invece:
“Sono bella o bella bella?”
Già, perché tra le varie possibilità di raggiungere il superlativo assoluto, Linda, l’anziana signora, aveva scelto la ripetizione dell’aggettivo. Per lei il sole non era caldo, ma caldo caldo, oppure il vento forte forte, e l’inverno freddo freddo.
Questo vezzo infantile, all’inizio della loro relazione, risultò essere l’unico tratto di tenerezza dell’arzilla vecchietta che per il resto aveva la lingua come un coltellino affilato sempre pronto a colpire.
Quando Andrea, finalmente uscita dalla casa materna al compimento dei quarant’anni, si era installata nell’appartamento accanto subì l’immediato taglietto di benvenuto:
“Ci abiti te adesso nell’appartamento a fianco?”
“S’, signora” aveva risposto Andrea aprendosi in uno splendido sorriso nella speranza di impostare subito un rapporto di buon
vicinato.
“Sicura sicura?
“Ma sì”
“E come ti chiami?”
“Andrea”
“Perché hai un nome da uomo? hai qualcosa che non va?”
“No…” rispose Andrea sorpresa da un’accoglienza così dura, e cercò di spiegare che Andrea nel mondo è un nome da donna e solo in Italia…
“Sei sposata?”
“No” disse la giovane non più giovane seccata da questo test di ingresso.
“Fidanzata?”
“Nemmeno”
“Ci devi avere qualcosa di strano strano, io non sbaglio mai!”
“E lei è sposata?” chiese Andrea cercando di virare il discorso ad altra direzione.
“Tu sei scema scema! Io sono ‘signorina’!” Disse Linda entrando in casa “ma se tornassi indietro la darei via per una caramella!” aggiunse sbattendo la porta.
Andrea sentì vibrare in sé il sistema simpatico e il parasimpatico, e la odiò in un micro secondo!
“Quella stupida vecchia!” pensò “stupida, stupida!”
E avendo notato il vizietto dell’anziana a ripetere le parole prese a chiamarla Linda Linda, per dispetto.
Nel corso del tempo il loro rapporto si mantenne in equilibrio sul filo dell’insofferenza.
Durante i mesi estivi tornare a casa per la ‘ragazza’ era diventato una specie di incubo: sapeva che dopo aver salito il primo piano, dopo aver percorso il lungo corridoio, pianerottolo per i quattro appartamenti che vi si affacciavano, e dopo aver girato l’angolo del muro, avrebbe visto lei, la vecchia, statica, marmorea, inesorabile, seduta sulla seggioletta divorata dalle ampie natiche.
Lì, in cima alle scale.
Non semplici scale, ma scale antiche in peperino grigio, “basse basse strette strette” le descriveva Linda, che in una sola zampata coprivano lo spazio di un intero piano.
La dolce nonnina, denominata tale non per meriti sul campo ma per lo stesso motivo per cui si attribuisce l’oscar alla carriera, cioè l’imminente dipartita, non mancava mai di pizzicare la vicina.
“Perché non ti viene a trovare mai nessuno?”
“Non è vero” si difendeva Andrea “ho moltissime amiche: andiamo a cena fuori, a teatro…”
“Infatti! Tutte donne! Ecco perché hai un nome da uomo! Come farai… Io, se tornassi indietro… per una caramella!” replicava Linda Linda evidentemente in preda al rimpianto, distogliendo sguardo e attenzione immediatamente dopo aver pronunciato la sentenza.
E Andrea la odiava, quella stupida vecchia che si intrufolava nella sua vita senza nemmeno il pudore di chiedere permesso!
Cosa ne poteva sapere lei! Intanto bisognava trovarlo qualcuno disposto ad investire in caramelle!
E poi lei aveva un segreto, un terribile segreto che più passava il tempo più diventava indicibile.
No, non si trattava di una preferenza sessuale per altre donne, magari! Avrebbe risolto.
Peggio, molto peggio: Andrea è vergine!
Ma non vergine così per dire, un po’ qui è un po’ lì, un po’ sopra un po’ sotto, come d’altronde accade a tutti noi.
Lei è vergine vergine!
Una vergine post traumatica.
Insomma, accadde che raggiunta l’età di venti anni le amiche le combinarono uno scherzetto.
Essendo nota la sua pudicizia e la sua ritrosia ad accostarsi all’altro sesso, forse a causa di un padre militare e di una madre religiosissima, le organizzarono un incontro ravvicinato con Ennio, ragazzo esperienziato e di sicuro effetto.
La convinsero che ormai era arrivato il momento di provare, che tutte lo avevano fatto e che lui era l’uomo giusto.
Omisero, però, di informarla sul nomignolo di cui il giovane godeva: era infatti noto come Ennio il cacchione.
Dopo tenere effusioni che i due si scambiarono in una macchina generosamente fornita dal comitato per la redenzione delle vergini, effusioni che, onestamente, risultarono meccaniche in quanto preparate a tavolino con le amiche per non sfigurare, Andrea, al momento dell’incontro ravvicinato con l’oggetto misterioso, fu presa da sgomento. La possanza e l’imponenza di quell’oggetto era tale che, effettuato un rapido calcolo, la ragazza escluse, terrorizzata, la possibilità che ‘esso’ potesse entrarle da qualsiasi parte, proprio a lei che aveva già mostrato nel tempo una certa riluttanza a ficcarsi perfino i cotton fioc nelle orecchie.
Di fronte all’esperienza diretta la reazione fu trifase:
A – si domandò: è necessario?
B – si rispose: non se ne parla proprio!
C – la fuga fu immediata.
Da quel giorno tra sé e l’oggetto ormai svelato la ragazza costruì un muro di agli, peperoncini e croci di legno, e per il resto della vita non si infilò nemmeno più le dita nel naso!
“Allora? Sono bella o bella bella?”
Linda Linda impaziente continua a girare su sé stessa come una trottola a fine corsa.
Non basta scuotere la testa, si dice Andrea, bisogna prendere una posizione:
“Sei bella bella” dice infine convinta e convincente.
“Tanto tu che ne capisci!” afferma Linda Linda andando verso la sua porta “tu fai con comodo, quando sei pronta vieni, ti preparo il caffè. Ti lascio la porta aperta, sto in cucina, t’aspetto buona buona.”
Come sono cambiate le cose!
È accaduto alla fine dell’estate.
Tornando a casa con il solito affanno per il temuto incontro Andrea gira l’angolo del muro, ma in cima alle scale non c’è nessuno. “Meglio” pensa.
Più tardi, la sera, suona alla porta Anna, la donna che accudisce Linda, avvertendola che la signora si trova all’ospedale dell’isola, e ha chiesto di lei. Sì proprio di lei.
Il giorno successivo Andrea va all’ospedale controvoglia, la cerca, la trova: il letto sotto la finestra con lei dentro, improvvisamente piccola.
“Dammi del tu” ordina Linda “siediti”.
“Buongiorno… Ciao, cosa è successo?”
“È successo che sono vecchia, e il tempo se n’è accorto. Solo io non mi sono accorta che lui correva via. Sono andata in pensione a cinquantacinque anni. Adesso ne ho quasi novanta! Sola, da trentacinque anni!
Io non sono cattiva, sono tanto arrabbiata. Almeno fossi morta prima… Non diventare come me, si può sempre fare qualcosa. Magari cambia nome, secondo me è quello… Io, se tornassi indietro… volevo dirti solo questo”.
Fortunatamente dopo alcuni giorni è uscita, adesso sta bene, tra meno di un mese festeggeranno il suo compleanno, e chiamarla Linda Linda da dispetto è diventato come intonare una breve frase musicale.
Ora prendono il caffè insieme, vicine vicine.
La porta è socchiusa, Andrea la apre chiamando:
“Linda Linda è pronto il caffè?” ma viene bloccata da Anna.
Se vuole vederla… è di là, sul letto, è accaduto stanotte, se n’è andata. Zitta zitta.
Scende le scale, Andrea, protetta da uno strato di freddezza, un peso sul respiro e un piombo sul cuore.
Le gambe la conducono verso la piazzetta circolare alla fine della strada.
Siede su una delle panchine di marmo per accorgersi, un istante dopo, di aver scelto proprio quella su cui di solito sostavano Linda Linda e la sua badante.
Un uomo, sicuramente di un’altra città data l’attenzione che rivolge alla fontana centrale del seicento, viene attratto dalla figura armoniosa ed elegante di Andrea, dal suo ampio cappotto scuro con il collo sorretto da un unico bottone laterale che fa emergere il bellissimo viso dagli zigomi alti a sostegno di due grandi occhi scuri leggermente truccati, dal naso forte sopra labbra incredibilmente carnose.
Va verso la panchina e con una educazione che si è persa nel tempo le chiede, prima di sedersi:
“Permette?”
Andrea sembra non spostarsi dalla dimensione altra a cui ha affidato cuore e respiro che non hanno smesso un secondo di correre troppo velocemente, e con un semplice gesto della testa glielo consente.
L’uomo inizia ad armeggiare con la tasca del giaccone, e ne trae una scatolina gialla con su scritto ‘limone e ginseng’.
“Caramella?” dice rivolto alla donna.
Quella parola strappa Andrea dalla trance e tornata alla realtà si rende conto che Linda Linda le mancherà.
Tanto tanto.
Poi si volta verso lo sconosciuto, ne guarda il volto ben disegnato, i capelli folti lievemente grigi, le mani rassicuranti. Nota la propria, di mano, e la vede avanzare, magnetizzata, verso la scatolina gialla, mentre, da qualche parte del suo essere, avverte che, questa volta, potrebbe avvenire l’ impossibile.
Sorride.
“Sì, grazie”.
Mi è piaciuto “tanto tanto” questo racconto. Ironico, dolce, a tratti esilarante. Uno stile leggero che cattura e un finale efficace.
Ero convinta che fosse l’opera di una donna, invece quando a lettura ultimata ho scorso la pagina verso l’alto, ho letto con mia grande sorpresa il nome dell’autore: Massimo.
Complimenti. 🙂
Bel racconto; scorrevole, leggero, vivo, anche se lo tocca la morte. Bello come le due donne sono riuscite a parlarsi.
Quadretto dolce-amaro,
scrittura efficace.
Epilogo a lieto fine,
perché talvolta
non è poi tanto male accettare
caramelle da uno sconosciuto.
Meglio tardi che mai.
Bravo Massimo.
😉
d’accordo con Mara sul fatto che pensavo fosse scritto da una donna quindi,
a parte i miei complimenti per la tua sensibilità e profondità, te li faccio anche per il tipo di scrittura,
coinvolgente ma scorrevole e piacevole da leggere.
Bella bella. Racconto particolare con finale dolce come una caramella.Bravo