Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “La gabbia” di Sara Salomoni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Quando lui tornò a casa con la grande gabbia vuota, lei capì all’istante, senza bisogno che lui dicesse niente.

Così andò in bagno, si fece una lunga doccia, poi si vestì col suo abito più bello, si pettinò e si truccò come il giorno del loro matrimonio. Dopo, si fece coraggio e andò in salotto, dove lui l’aspettava.

Si era seduto sul divano, con la gabbia posata sul pavimento accanto a lui, e rideva davanti alle immagini di un vecchio telefilm americano.

“Vieni tesoro”, le disse.

Lei si avvicinò a lui. Lui si alzò dal divano, l’abbracciò un’ultima volta e la baciò sulla fronte.

“Mi mancherà la tua fronte calda”, le disse.

Lei annuì e disse:

“Già”.

Poi, lui aprì la porta della gabbia. Lei si abbassò appena ed entrò. Lui richiuse la porta e la assicurò con un lucchetto, di cui gettò via la chiave fuori dalla finestra.

Lei guardò il marito aprire i vetri, lanciare la chiave, richiudere i vetri e andarsene in camera da letto a dormire.

Rimase al buio, in salotto, dentro la gabbia per tutta la notte.

Il mattino dopo, il marito si svegliò di cattivo umore. Il materasso era così rigido che, senza un adeguato contrappeso dalla parte opposta, si sollevava e lo faceva rotolare verso il bordo del letto, costringendolo ad aggrapparsi ad un lembo di lenzuolo per non scivolare.

Passò le prime tre notti aggrappandosi, poi decise che così non poteva andare avanti.

La moglie ogni tanto gli diceva:

“Potresti farmi uscire dalla gabbia e farmi dormire nel letto, almeno di notte”, ma lui non l’ascoltava.

La tensione era tanta che si era persino dimenticato di darle da bere e da mangiare, in quei tre giorni. Lei non si lamentava, ma lo stomaco le faceva male e la bocca le sembrava di sabbia.

 

Il quarto giorno, quando il marito tornò a casa, c’era una donna con lui.

La moglie la guardava dalla gabbia e la donna guardava la moglie e l’uomo era allegro e faceva acute risatine dopo ogni frase che diceva.

La donna gli disse:

“Non dovresti darle da mangiare? Sembra affamata”.

L’uomo guardò la moglie nella gabbia e disse:

“Fai pure” e se ne andò in camera da letto.

La donna andò in cucina e prese della carne cruda dal frigorifero; poi riempì un bicchiere d’acqua dal rubinetto e porse tutto alla moglie, attraverso le sbarre della gabbia.

“Buonanotte”, le disse.

Poi andò anche lei in camera da letto e si chiuse la porta alle spalle.

La moglie rimase, come ogni notte, sola e al buio dentro la sua gabbia in salotto. Questa volta però aveva carne e acqua e allora mangiò tra le lacrime e bevve mischiando i due liquidi, quello del bicchiere e quello che le scendeva giù dagli occhi, e così non riuscì a dissetarsi.

 

I giorni iniziarono a passare tutti uguali. La donna ormai viveva nella casa della moglie e del marito e dormiva nella camera da letto ogni notte, facendo da contrappeso all’uomo sul materasso.

La moglie mangiava quello che le dava la donna ogni sera e beveva acqua e lacrime, che le lasciavano la bocca di sabbia, senza dissetarla mai.

La gabbia era sporca e i piatti con i resti della carne cruda si accumulavano, tanto che la moglie decise di distribuirli in modo da creare un secondo piano, rialzato rispetto alla base della gabbia.

Con i bicchieri aveva fatto delle torri, impilandoli uno sull’altro, e fingeva di essere al centro di una piazza in miniatura e di poter ammirare costruzioni di immensa bellezza da una posizione privilegiata.

Il marito aveva ripreso a guardare vecchi telefilm americani seduto sul divano, vicino alla gabbia, ma non le aveva più rivolto la parola.

L’unica persona che le parlava era la donna che viveva con loro e che le dava la buonanotte ogni sera. Le diceva soltanto una parola, ma per la moglie era più che sufficiente.

Poi, un giorno, la donna se n’era andata.

Aveva preso le poche cose che si era portata con sé in quella casa ed era uscita, senza dire niente all’uomo, che guardava distrattamente la tv, mentre parlava al telefono con qualcuno.

La donna si era voltata verso la gabbia, aveva guardato la moglie, ma non le aveva detto niente. Erano le cinque del pomeriggio e la notte era ancora lontana.

 

Dopo la partenza della donna, il marito non aveva portato più nessuno nella loro casa.

Erano passati i giorni e poi le settimane. Dopo un po’ di tempo, la moglie era morta di fame e di sete nella gabbia. L’uomo non se ne accorse finché il cane dei vicini non si mise ad abbaiare furiosamente ogni volta che passava davanti alla sua porta sul pianerottolo.

“Che ha il vostro cane?”, chiese una volta l’uomo aprendo la porta.

I vicini furono investiti dall’odore nauseabondo di un corpo in decomposizione e, coprendosi il naso con la manica della giacca, si fecero strada dentro la casa seguendo gli strattoni del cane che tirava il guinzaglio.

Videro la donna con gli occhi e la bocca aperti riversa dentro la gabbia, con le torri di bicchieri che le oscillavano addosso, sdraiata su un letto di piatti.

Chiamarono la polizia, i pompieri e l’emergenza sanitaria. Arrivarono tutti contemporaneamente e si accalcarono dietro le schiene dei vicini e del cane, che guardavano gli occhi sbarrati della moglie morta.

 

Il cadavere fu rimosso dalla gabbia grazie all’intervento dei pompieri. La polizia chiese spiegazioni al marito, che si limitò a scuotere la testa. Così la polizia se ne andò senza formulare accuse e porgendo all’uomo le più sentite condoglianze.

L’emergenza sanitaria si occupò del cadavere, che fu chiuso dentro ad un sacco, poi dentro l’ambulanza, poi dentro ad una bara di mogano e poi, finalmente, calato nella terra.

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2 commenti »

  1. Sara, dopo le prime righe mi son detto: “Meno male che non è ancora nata la donna che accetta di essere rinchiusa in gabbia”, poi ci hai fatto vedere nel racconto una situazioni che si verifica, poche volte per fortuna. Si sono preoccupati i vicini dell’assenza della donna? Questa è la domanda da farsi. Le famiglie sono chiuse nei loro ambienti e non si interessano più dei vicini cercando l’alibi nel farsi i loro affari e nel rispettare la riservatezza degli altri. E’ la famiglia un luogo di sofferenza, procurata anche con la violenza.
    Triste e amaro.
    Emanuele.

  2. Grazie per il tuo commento, Emanuele… I vicini non si sono assolutamente preoccupati dell’assenza della donna: è il loro cane, infatti, che porta alla scoperta del suo corpo ormai senza vita. Nessuno sembra preoccuparsi di lei, soprattutto il marito, che è la persona che nella storia dovrebbe esserle più vicino. Solo l’altra donna, fintanto che abita insieme a lei e all’uomo, la nutre e le dà da bere. Poi però, quando se ne va, la abbandona crudelmente a se stessa, consapevole del destino al quale andrà incontro. Penso che tu abbia colto esattamente il senso di quello che volevo dire e mi fa molto, molto piacere. Anche se sembra una storia surreale, come hai giustamente osservato, purtroppo questa è una situazione che a volte si verifica.
    Un saluto,
    Sara

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