Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “L’incredibile avventura di un poeta ‘post-moderno'” di Carla Menon

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Milano, venerdì 17 ottobre 1995

In un cassetto della scrivania dello studio, avevo l’abitudine di conservare tutti i testi che scrivevo: poesie, brevi racconti, persino lo incipit di una sceneggiatura teatrale alla quale avevo dedicato molte sere dopo il lavoro, ma la trama era poco convincente, perciò Kate, la mia fidanzata, mi suggerì di accantonare il progetto e cimentarmi invece con il genere poetico che, a quanto pare, era quello nel quale dimostravo di essere più ferrato.

Umberto Ripamonti, noto editore di un’importante casa editrice di Torino ***, del resto, mi era sembrato entusiasta nel leggere alcune delle poesie che gli avevo mostrato, la prima volta, che mi ero presentato nel suo ufficio, ma da alcuni giorni, sono arrivato al punto di dubitare se valga ancora la pena di continuare a credere alle promesse di un editore arrogante e irriverente .

Così, una mattina, esattamente quindici giorni dopo il mio ultimo colloquio, mi ero vestito di tutto punto, deciso più che mai a presentarmi nel suo ufficio, quando sentii suonare alla porta: era il postino che doveva consegnarmi un pacco. Il mio pensiero fu di guardare immediatamente la provenienza e, infatti, non mi sbagliai: era il pacco che attendevo da giorni.

La bozza del mio libro era finalmente arrivata.

Strappai quasi di brutto il pacco al postino che mi guardò in malo modo, anche se tentai di porgergli le mie scuse. Fu inutile. Scese le scale, imprecando contro di me. Non aveva torto di sicuro, ma ero troppo curioso di vedere la prima stesura del mio libro, che in quel momento mi comportai da perfetto maleducato.

Invece la mia trepidante attesa si tramutò ben presto in una delusione profonda. Scartai velocemente il pacco, tirai fuori un manoscritto di circa cinquanta pagine e, vinto dalla curiosità, iniziai a leggere la prima pagina, poi la seconda, la terza…Non volevo crederci. I testi erano pieni di refusi di ogni genere: un vero e proprio disastro. Dovevo in sostanza rifare tutto, versi assurdi che mai e poi mai mi sarei immaginato di scrivere, risaltavano sulle pagine bianche, come se uno stampatore insensato avesse voluto divertirsi alle mie spalle.

  “ … il cuoco della passione brucia … il mio muore / tifo per te… creatura/ dura …” invece di “…il fuoco della passione brucia…il mio cuore/ vivo per te… creatura / pura…”.

 “ una mela appesa al muro…una stesa di rossi papaveri…ricordo di una moria già finita… .” Invece i miei versi dicevano: “ una tela appesa al muro…una distesa di rossi papaveri…ricordo di una storia già finita …

“…tassato il temporale / odo la tua voce librarsi nel melo…/ la mia salire a poco a poco   / . In realtà i versi originali dicevano: “…passato il temporale/odo la tua voce librarsi nel cielo…/ la mia svanire a poco a poco…/.

La disperazione stava prendendo il sopravvento, ma ebbi comunque la forza di aprire il mio computer portatile e di inviare immediatamente una mail al tipografo, per chiedergli le ragioni di un simile abbaglio nello stampare la bozza del mio libro.

17 ottobre, ore 16.00

Ho ricevuto questa mattina la prima stesura di stampa del mio libro e mi duole assai di doverle comunicare la mia delusione nel constatare la quantità e, soprattutto, la stranezza degli errori riscontrati. Vorrei che lei potesse rivedere attentamente quanto le ho segnalato e provvedesse al più presto alla correzione.

Conto di ricevere una sua risposta, che mi auguro positiva, quanto prima.

Cordiali saluti, Ambrogio Scrivani.

Ambrogio, incollato al monitor del computer, attese con trepidazione l’arrivo dell’avvenuta lettura del suo messaggio e, non appena si accorse che era stato letto, tirò un sospiro di sollievo. Bastava attendere ancora un po’ e il tipografo gli avrebbe risposto, scusandosi del danno che gli aveva causato e dichiarandosi disposto a rimediare subito.

Infatti, come prevedeva, arrivò una seconda mail, che Ambrogio aprì immediatamente, curioso di conoscere la risposta dello stampatore.

17 ottobre, ore 16.30

Mi rincresce moltissimo signor Scrivani che lei mi abbia segnalato una serie di errori che io, sinceramente, non riconosco di aver fatto. Proprio adesso ho riletto le sue correzioni, ma la informo che deve trattarsi di un malinteso. Un tipografo esperto e serio come me non ha certamente il tempo di divertirsi a stravolgere i testi degli autori. Non so chi accusare, ma la assicuro, se lei è disposto a inviarmi le correzioni apportate al testo, che il suo libro sarà pubblicato senza alcun errore.  Un’ultima cosa: sarebbe opportuno che non informasse l’editore dell’accaduto. Stia tranquillo che la faccenda andrà risolta a breve.

Non sia impaziente, mi raccomando.

Saluti da Rodolfo, lo stampatore.

 

Ambrogio, dopo aver letto con attenzione la mail, si sentì sollevato. Si trattava di attendere soltanto qualche giorno e poi il libro sarebbe stato pronto per la stampa definitiva. Nel frattempo, si decise a rispondere finalmente ai messaggi registrati nella segretaria del telefono e, con sua grande sorpresa, notò che Kate gli aveva inviato ben cinque messaggi. Provò a rintracciarla sul cellulare, inutilmente. Stanco di sentire la voce della segreteria telefonica, si sdraiò sul divano, chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla musica di una canzone degli anni sessanta, che sua madre amava cantare tutte le volte che suo padre rincasava dal lavoro e lo abbracciava forte come se fosse stata la prima volta. Sulle note di quella canzone, Ambrogio si addormentò.

24 ottobre 1995

 E’ trascorsa una settimana e non ho ancora ricevuto alcuna notizia dal tipografo. Eppure era stato convincente nella risposta che mi aveva inviato. Spero soltanto che non mi abbia preso in giro, facendomi intendere che avrebbe rimediato subito mentre, chissà, avrà pensato che un libro di poesie può anche attendere. In fin dei conti chi sono io? Un perfetto sconosciuto, di cui mai la stampa s’interesserà a scrivere un articolo sul mio libro. Forse è il caso che gli riscriva, anche se non vorrei fare la figura del rompiscatole.

 

 

Assorto nei suoi pensieri, Ambrogio stava sorseggiando un caffè, quando squillò il telefono.

Alzò la cornetta e la sorpresa fu tale che per qualche minuto dimenticò di aver lasciato il computer acceso. Un’importante azienda, specializzata nella vendita di pezzi di ricambio per automobili, gli stava proponendo un colloquio di lavoro. Respingere sarebbe stato da pazzi, anzi, considerando che da poco era stato licenziato, per esubero di personale, dalla ditta per cui lavorava, si trattava di una pura follia ma Ambrogio aveva altri pensieri per la testa.

Così, senza nemmeno giustificare il suo rifiuto, chiuse la telefonata, dirigendosi immediatamente nello studio.

Un nuovo messaggio era arrivato! Il tipografo gli aveva inviato una mail. Si trattava soltanto di attendere qualche minuto e avrebbe potuto leggere finalmente le sue poesie.

 

24 ottobre ore 14.30

 

Egregio Sig. Scrivani, le scrivo per informarla che è sopraggiunto un piccolo problema. In questo periodo siamo sommersi di lavoro e il direttore ci ha informato che dobbiamo occuparci di stampare le opere di alcuni autori famosi, che assisteranno a un importante convegno che si terrà, in primavera, qui a Torino. Per tale motivo non credo di poter mettere mano al suo libro prima di un mese. Nell’attesa, le suggerisco di rivedere anche le altre pagine della bozza che non compaiono nel file che mi ha inviato, in modo tale che, una volta in possesso di tutto il materiale, potrò iniziare il lavoro di correzione.

Cordialmente, Rodolfo lo stampatore.

 

Scrivani non ci voleva credere, Com’era possibile che non avesse ricevuto tutta la bozza? Controllò subito nella posta, inviata una settimana prima, il file del libro e, una volta aperto, lesse con attenzione tutte le pagine, constatando che non ne mancava nessuna. Sembrava che qualcuno avesse ordito un complotto contro di lui.

No, ci deve essere dell’altro- rifletté tra sé Ambrogio, il tipografo non me la racconta giusta.

Forse è il caso che scriva al direttore in persona. Sono arcistufo di aspettare, e pensare che il libro doveva uscire nelle librerie prima di Natale invece… Potrei telefonare in redazione, mah e se poi trovo quell’antipatica zitella della segretaria di Ripamonti? E’ capace di mandarmi di brutto a quel paese. E’ un’autentica arpia quella donna. Secondo me si è innamorata del direttore, ma lui nemmeno la considera, abituato a frequentare avvenenti ragazze dalle curve mozzafiato. Altro che convegno, sono sicuro che il benemerito direttore sarà impegnato in qualche “convention segreta” con la sua amante.

 E se provassi a sentire Kate? Lei è sempre molto cauta, diversamente da me.  Senz’altro saprà consigliarmi se è il caso che mi rivolga all’editore in persona o debba attendere ancora qualche giorno.

Rifletté Ambrogio. In realtà, impulsivo e testardo come sempre, aveva già iniziato a scrivere la sua terza mail, ma questa volta il destinatario era il direttore Umberto Ripamonti in persona.

***

                                                                                                           24 0ttobre, ore 17.00

Egregio signor direttore, vorrei che mi chiarisse come sia stato possibile che lei non si sia accorto dei bizzarri, per usare un eufemismo, errori presenti nella bozza del mio libro.

So che non ha molto tempo da dedicarmi, ma conto sulla sua stimabile professionalità, di cui mi fornirà prova, provvedendo, nel più breve tempo possibile, alla rettifica di quanto indicherò nella copia che le invierò via mail. Se mi fossi presentato nel suo ufficio, naturalmente previo appuntamento fissato con la sua segretaria, avrei quasi certamente tardato la consegna.

Certo di una sua risposta, nell’attesa le porgo i miei più cordiali saluti.

Ambrogio Scrivani.

 

L’avvenuta consegna mi fu confermata quasi subito.  Ero curioso di sapere  quale scusa il direttore Ripamonti avrebbe inventato, pur di scusare il suo tipografo.

Nel frattempo continuai a leggere le poesie, ma la delusione mi avvinse a tal punto che appoggiai il manoscritto sul tavolo dello studio e cominciai a camminare come un folle su e giù, senza accorgermi che Kate era sulla porta che mi stava osservando, sbalordita di vedermi in quello stato.

Fortunatamente Kate conosceva talmente bene il suo fidanzato da consentirgli un simile sfogo, soprattutto in un momento così particolare della sua vita. Era stato da poco licenziato da un’importante società che si occupava d’import-export con i paesi dell’Est europeo e, a quanto pare, si prospettava un periodo nero per lui. L’unica consolazione che gli rimaneva era la pubblicazione del suo primo libro. Ci teneva così tanto che ormai Kate, tutte le volte che cenava a casa sua, sapeva che quello sarebbe stato l’unico argomento della loro conversazione .

“ Non rispondi nemmeno più ai miei messaggi, vero Ambrogio? Mi sembri fuori di te. Dimmi immediatamente che cosa ti è successo o, se preferisci, me ne vado subito e quando ti ravvedrai, ripasserò.” Erano giorni che Kate gli ripeteva queste parole ma Ambrogio sembrava interessato soltanto a due cose: il suo libro, che con ogni probabilità non sarebbe stato mai pubblicato e quel maledetto monitor del computer  sempre aperto alla pagina di posta elettronica, in attesa di veder comparire un nuovo messaggio. Non appena era avvisato del suo arrivo, cliccava subito sull’icona dei messaggi arrivati ma nulla che lo interessasse, nemmeno la mail che il suo amico Fortunato gli aveva inviato dall’Argentina. Riportava la data del 20 settembre e Ambrogio si decise finalmente di aprirla,proprio il 24 ottobre, forse spinto dalla delusione o forse unicamente voleva trovare conforto in un amico che non rivedeva da anni.

Buenos Aires, 20 settembre 1995

Carissimo Ambrogio, temo che quando leggerai questa mail ti stupirai che il tuo ex compagno di liceo, si sia ricordato di te dopo così tanti anni. Infatti, sono trascorsi ben otto anni dall’ultima volta che ci siamo incontrati e tu eri ancora alla ricerca dell’anima gemella, mentre io stavo per convolare a nozze con una ragazza argentina di nome Dolores, bellissima, ma purtroppo infedele all’inverosimile. Durò solo due mesi il mio matrimonio e nonostante il supporto della sua famiglia, che non approvava le sue continue scappatelle, mi dovetti arrendere. Divorziai dopo sei mesi, sicuro che non mi sarei mai più accasato. Invece, amico mai, come dicevi sempre tu, mai dire mai. Infatti, sto per sposarmi di nuovo con una modella italiana che ho conosciuto l’ultima volta che sono venuto in Italia, precisamente a una sfilata di moda a Milano. Ricordo che anche tu l’avevi adocchiata, ma poi hai incontrato Kate, anche lei molto bella, anche se tu all’inizio non parevi molto coinvolto, ma poi… Mi auguro che stiate ancora insieme, magari con qualche pupo che ogni sera ti fa arrabbiare perché non vuole prendere sonno. Ora però voglio che tu mi scriva per farmi sapere come stai e soprattutto se hai poi deciso di scrivere quel famoso libro di poesie. Conto di leggerlo quanto prima.

A presto, il tuo affezionatissimo Fortunato.

Il famoso libro di poesie stava diventando un incubo per il povero Ambrogio, avrebbe voluto rispondere all’amico che tutto stava procedendo al meglio, invece era consapevole che le cose stavano diversamente. Fino a  che il direttore Ripamonti non si fosse deciso a rispondere alle sue mail e rassicurarlo che i refusi segnalati da lui erano stati corretti, non si sarebbe dato pace. La ragione per cui la risposta tardava ad arrivare, nonostante l’indirizzo di posta elettronica l’avesse controllato più volte, non gli era chiara e più i giorni trascorrevano, più Ambrogio diventava irascibile, insopportabile con tutti, persino con Kate, ormai abituata ai suoi attacchi di nervosismo, ma nessuno più di lui poteva comprendere come ci si sente quando ti sembra che il mondo ti stia per crollare addosso e non sai che pesci pigliare.

L’ennesimo refuso riscontrato lo fece uscire quasi di senno, prese il manoscritto e lo scaraventò sul pavimento, come se avesse voluto liberarsi di un peso che lo stava logorando, giorno  dopo  giorno, sempre di più.

“ …Mi sei parsa nella luce del mattino/ callida. Ho provato un colore così forte, ruggente…”.

All’improvviso Ambrogio cominciò a tossire forte come se gli mancasse l’aria, si sbottonò il collo della camicia e iniziò a camminare su e giù per la stanza.

“Possibile che il direttore non si fosse accorto di aver letto un testo senza senso? Diamine, ricordo benissimo di aver scritto pallida e non callida, dolore e non colore, struggente e non ruggente. Se solo sapessi il nome dell’individuo che si è permesso di rovinare in questo modo le mie poesie, giuro che non gliela farei passare liscia. Razza d’imbecille…” Pensò Scrivani.

…?In lontananza le tette ammantate di neve, tariate dai faggi del sole…”.

“Non è possibile, questo è troppo, voglio sapere chi ha stampato queste pagine, caro signor direttore. Mi crede un fesso? Ci sono almeno sei, sette refusi assurdi che solo un incompetente ha potuto fare. Tette ammantate, io ricordo benissimo di aver scritto vette… baciate dai raggi del sole, non tariate dai faggi…”.

 “… come stelle radenti i tuoi occhi / sono merle preziose / le gole che vorrei rivedere…/”.

“Ora basta ne ho abbastanza, che emozioni possono suscitare nel lettore simili versi?” “…come stelle cadenti/ i tuoi occhi sono perle preziose/ le sole che vorrei rivedere…/.”  “Questi sono i versi che avevo scritto”. Pronunciò a voce alta Ambrogio, deciso a riscrivere immediatamente un’altra mail all’editore.

                                                                                                           12 novembre1995

 

Mi rincresce dover scriverle l’ennesima mail, non so se chiamarla benemerito direttore o definirla un editore da quattro soldi, che si diverte a prendere in giro la gente, anzi credo proprio che ci stia provando gusto a tenermi sulle corde, credendo che io sia un povero deficiente che ha perso il lume della ragione. Ebbene si sbaglia di brutto, sa.   Oggi ho deciso di sfogare tutta la mia rabbia contro di lei, che non si degna nemmeno di rispondere alle mie mail, anzi suppongo che non appena vede comparire il mio indirizzo di posta elettronica, le cestina immediatamente. Ne sono ormai convinto, perché non ho ricevuto nessuna risposta da parte sua, nemmeno una volta. Cristo, che intenzioni abbia non lo so, ma di una cosa sono sicuro. Se entro una settimana lei non dovesse rispondermi, mi presenterò nel suo ufficio, senza alcun preavviso e poi vedrà… Ah, Ah, Ah, direttore di m..da.

Vada pure a quel paese, ormai non me ne frega più delle buone maniere, soprattutto con persone che non le meritano affatto.

Ambrogio Scrivani, uno scrittore profondamente amareggiato.

 

Un clic sull’icona invia messaggio e l’ennesima mail era stata spedita. In ogni caso, doveva cercare un altro modo per riuscire a mettere in contatto l’editore. Escluso il telefono, al quale non rispondeva mai, era consapevole che non gli rimanevano molte possibilità per mettersi in contatto con l’editore.

In realtà Umberto  Ripamonti stava tramando a sua insaputa un piano diabolico: la pubblicazione del suo libro con tutti i refusi era già pronto sulla scrivania per essere mandato in stampa. L’editore, infatti, aveva provveduto a liquidarlo senza nemmeno rispondergli, di persona, una sola volta.

Solamente un gelido messaggio, inviato dalla sua segretaria, nel quale s’informava il signor Scrivani di smetterla di infastidire sfacciatamente l’editore e di considerare il contratto annullato, definitivamente.

Era evidente che voleva vendicarsi a tutti i costi di Scrivani, che lo aveva assillato per settimane con le sue mail, pensando in questo modo di fargliela pagare per sempre.

Ma la ruota della fortuna, questa volta, sembrava avesse scelto proprio Ambrogio Scrivani, che invece era all’oscuro di quanto stava succedendo, ormai rassegnato a veder sfumato il suo sogno di scrittore di poesie.

 Qualche settimana più tardi, poco prima di Natale, Ripamonti aveva fatto inviare alle librerie più importanti d’Italia il libro di poesie di Scrivani, determinato a completare la sua vendetta, senza immaginare che la divulgazione del libro con tutti i refusi lasciati apposta dal tipografo, su sua richiesta esplicita, si trasformasse in un vero e proprio caso editoriale.

 La diffusione in internet di alcune pagine, per pubblicizzare il libro, carpì l’attenzione di un noto giornalista di un’importante testata nazionale, che, senza indugio divulgò la notizia in un suo articolo nel quale celebrava Scrivani come un poeta postmoderno, uno scrittore originale, capace di ironizzare sulla sua arte. Un autentico fenomeno in grado di rappresentare una perfetta parodia della società contemporanea.

Una rivincita inaspettata che Ambrogio, nonostante stentasse a credere che per ripicca dell’editore, avesse all’improvviso acquistato il successo sognato per anni, accolse come una premonizione del destino.

 D’ora in avanti avrebbe affrontato gli eventi con la stessa vena comica che traspariva dai suoi versi o, almeno, fino a quando il successo ottenuto, con la vendita del libro, glielo avrebbe consentito.

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6 commenti »

  1. divertente e originale!

  2. Bella e divertente intuizione. Le lettere scritte a macchina, che vanno e vengono nel racconto, creano attesa riga dopo riga. Una vicenda surreale e originale, a partire dal titolo.

  3. Il finale è divertente e compensa il ritmo che risente del fermarsi sulle situazioni e sulla delusione del poeta. Dopo tutto questo è umano.
    Emanuele.

  4. Davvero spassoso. Fa sorridere molto. Il finale imprevedibile riscatta il protagonista dalle cattiverie subite. Magari nella vita accadesse ciò.
    Angela

  5. Storia originale. Si sente l’inquietudine, per usare un eufemismo, di Ambrogio.
    Vista che tutto mi sembra perfetto, dall’ottimo incipit accattivante, alla precisione delle descrizioni per tramite di una pregevole sintassi (non sprecherei fiato altrimenti!), permettimi un appunto: non so se è un espediente volontario ma hai cambiato continuamente il narratore – prima persona poi terza poi di nuovo prima e poi di nuovo terza. Poi hai usato un presente – ma da alcuni giorni, sono arrivato al punto di dubitare… – e poi di nuovo il passato. Poi hai messo i pensieri di Ambrogio in corsivo e questo non collima con lo stile dell’incipit che è narrativo non è un flusso di pensieri come i successivi in corsivo. Questo mi suggerisce l’ipotesi che tu abbia messo mano più volte al racconto per una serie di ripensamenti stilistici non sempre seguiti da controllo accurato.
    Perdona la sincerità e la pignoleria, mandami pure a quel paese ma, visto che il racconto è pregevolissimo, e penso che possa diventare superlativo, non ho potuto tacere.
    Ciao e in culo alla balena (W i lupi)

  6. Mi ero dimenticata: ovviamente mi piace molto lo stile narrativo coi pensieri alternati alla corrispondenza sempre più fitta e sempre più stizzita e l’invenzione dei refusi: sublimi.

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