Premio Racconti nella Rete 2014 “Dialogo tra un Diverso e la sua Coscienza” di Mattia Stango
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Vagava per i boschi senza una meta precisa, completamente immerso nei pensieri che la sua mente generava copiosi, come l’acqua di una cascata. Era un’abitudine che aveva fin da ragazzo. La prima volta era capitato quando aveva 17 anni. Aveva litigato con suo padre a causa del suo problema più grande. Agli occhi della gente potrebbe sembrare una stupidaggine, in quanto altamente diffusa tra i giovani, una questione di poco conto, ma per lui non è mai stato così. È un fardello che piano piano, giorno dopo giorno, lo divora da dentro, perché incapace di reagire: Lorenzo era un ragazzo adiposo, pingue. Nel linguaggio comune, volgare, rappresenta colui che viene definito “grasso”, “obeso”. Quella sera, Lorenzo, se la ricorda molto bene. Tra lui e il padre si era scatenata una furibonda discussione, che aveva avuto come epilogo la rottura di un quadro, causata dalla forza con la quale Lorenzo aveva sbattuto la porta di casa. Lui e la sua famiglia abitavano in una piccola casa indipendente appena fuori dalla città, circondata da un fitto esercito di pini e lecci secolari, che il ragazzo stesso aveva soprannominato “la foresta scacciapensieri”. Quel luogo rappresentava il suo migliore amico. Il suo rifugio. Sapeva tutto di lui, anche gli aspetti più intimi della sua vita. Quando si trovava lì, ogni barriera si frantumava, potendo mostrarsi per ciò che era realmente. Nelle cortecce di quegli alberi era impressa la vera essenza del ragazzo. Lui sapeva di essere diverso o, forse, pensarlo era solo una scusa; una mera giustificazione alla sua paura più grande, quella di mostrare agli altri la sua vera natura. Egli infatti credeva, erroneamente, che diverso volesse dire necessariamente sbagliato.
Ora ha 20 anni, ma le cose non sono cambiate molto. L’unico aspetto differente è il fatto che, da tre anni, non vede più i suoi genitori. E adesso lui è di nuovo la, nella “foresta scacciapensieri”, a pochi metri da casa sua. Aveva un estremo bisogno di pensare, di respirare aria pulita e sapeva che quello era il luogo più consono a sfamare questa sua voglia di libertà. Decise di addentrarsi nel cuore di quella “selva oscura” – per utilizzare un’espressione dantesca. Era terribilmente buia, tetra, ma al suo animo procurava solamente luce. Ad un tratto, si fermò. Uno strano rumore penetrò nelle sue orecchie. Realizzò immediatamente che non era un suono animale, una melodia selvatica. E nemmeno umana. Dopo qualche secondo, si rese conto che non proveniva dall’esterno, ma da dentro di se. Un bianco abbagliante accecò momentaneamente la sua vista e, non appena riacquistata, mise a fuoco una bellissima creatura, celeste.
«Chi sei?», chiese Lorenzo, la voce provata dall’improvvisa assurdità della situazione.
«Ma come…non mi riconosci? Sono la tua coscienza»
«La mia coscienza? – si interruppe per un istante, incerto sulle parole da utilizzare di fronte a cotanta bellezza e maestosità – Che cosa vuoi da me?»
«Oh, ragazzo mio! Non capisco se la tua domanda è data dal tuo essere ebbro di forti emozioni a causa dalla mia presenza, oppure, se è semplicemente frutto della stoltezza della tua anima…». Mentre attendeva la risposta del giovane, Coscienza scendeva lentamente verso terra, fino ad appoggiare i piedi scalzi sul suolo. «Dimmi, ragazzo…cos’è che ti affligge in maniera così evidente? Cosa ti porta tutta questa sofferenza, carica di pensieri nefasti?».
«È l’impotenza, signora Coscienza…la sensazione di non poter fare nulla per cambiare la mia situazione…».
L’espressione di Coscienza si fece grave in volto, sguardo tipico di una dea adirata e ammonitrice. «Mio giovane fanciullo…è proprio questo il tuo problema! Ciò che ti rovina non è la consistente mole del tuo corpo opulento, ma l’anoressia che ha colpito inesorabilmente l’organo della tua intelligenza». Parole dure, queste, per Lorenzo. Forse perché sapeva che Coscienza professava il vero. «Ciò che non va in te, ragazzo, è il tuo costante vivere crogiolandoti nel tuo dolore…tu sei vittima di te stesso, oramai…». Coscienza si bloccò un momento, un attimo che ad Lorenzo parve lungo come l’infinito. Era completamente assorbito dalla bellezza di quella creatura e gli sembrava impossibile che così tanto splendore potesse essere parte di lui, che fosse uscito da un corpo che lui aveva sempre considerato come brutto e informe. «Ma dimmi, figliolo, cos’è che ti ha portato realmente a rifugiarti in questo posto così buio e pieno di insidie? Le mie sensazioni mi suggeriscono una brutta lite con una persona a te cara…sono queste mie impressioni errate?».
«No, signora Coscienza…sono tornato qui, in questa foresta, perché è il luogo più prossimo all’abitazione della mia famiglia, che ho abbandonato tre anni fa, dopo aver affrontato una pesante lite con mio padre, proprio riguardo alla questione che che più mi fa soffrire…si è rivolto a me con termini offensivi, accusandomi del fatto che se sono come sono è solo colpa mia, perché non ho mai cercato realmente di reagire per provare a migliorarmi…e il mio cuore, già appesantito perché costretto a sopportare questa mia condizione, ha subito così un altro duro colpo…forse troppo forte per me da poterlo sconfiggere…».
Mi sento di poter affermare – con certezza oserei dire matematica – che, dopo aver udito queste parole, chiunque avrebbe provato compassione, spinti dal biasimabile desiderio di aiutare il prossimo al fine di far stare meglio noi stessi. Egoismo, ipocritamente travestito da Altruismo. Lei invece no. Non solo Coscienza non mostrava alcuna partecipazione emotiva nei confronti della situazione di Lorenzo, ma il suo volto dipinse un’espressione di puro rifiuto, che lasciò il ragazzo completamente spiazzato e privo di qualsiasi difesa.
«Lorenzo… – era la prima volta che Coscienza chiamava per nome lo sventurato che si trovava dinanzi, quasi come se volesse riaddolcire l’atmosfera. «…tu parli come se la tua condizione fosse definitiva e priva di soluzioni…e tutto ciò mi provoca infinita amarezza!». Interruppe momentaneamente il suo discorso, per avvicinarsi il più possibile a Lorenzo, quanto bastava per poterlo guardare negli occhi e leggere nella sua anima attraverso di loro. «Il mio tempo qui si è ormai concluso e devo fare ritorno dentro di te, dove mi è dovuto stare…ma prima di andarmene, voglio dirti una cosa…ricorda che la vita non è un vicolo cieco, una strada a senso unico, ma è un insieme infinito di vie da percorrere, alcune giuste e altre no…e qualche volta, certo, il rischio è proprio quello di trovare un muro e di sbatterci contro, ma l’importante è fermarsi, guardarsi dentro e prendersi un attimo per se stessi; e giunti a quel punto, sono solo due le possibili soluzioni: lasciarsi sopraffare e divorare dal dolore della sconfitta oppure, dopo essere rinvigoriti grazie alla voglia di riscatto che cresce poderosa dentro ognuno di noi, lasciarsi alle spalle i fallimenti, alla ricerca di un’insigne vittoria».
Improvvisamente, la “foresta scacciapensieri” s’illumino a giorno, fino ad accecare la vista di Lorenzo. Quando riaprì gli occhi, la signora Coscienza non c’era più e l’ambiente era di nuovo sprofondato nel buio, ma l’animo e il cuore del ragazzo brillavano di luce propria. Tutto era più chiaro dentro di se ed era ormai lampante, per lui, quale fosse la strada giusta da percorrere. Rivolse lo sguardo in alto, sorridendo, per ringraziare la creatura che l’aveva fatto rinascere, come se fosse una dea ritornata alla sua dimora celeste. Subito dopo, punto lo sguardo in direzione della casa dei genitori, la mente forte e il cuore grande, deciso che la sua nuova vita dovesse cominciare proprio da lì.
Fantasioso,
quasi un testo teatrale.
Concordo con Maurizio (come spesso accade).
Racconto fantasioso e ricco di dialoghi efficaci. Lessico elegante e ricercato.
grazie mille a tutti e due!!
Il dialogo interiore è il mio pane quotidiano quindi mi ci ritrovo totalmente. Veloce ed efficace, un sogno. Bello, grazie.
La luce della conoscenza permette di orientarsi nelle strade della nostra vita. E’ stato il momento cruciale di molti giovani che hanno finito di riconoscere a loro stessi il diritto di decidere perché nei loro padri non credevano o non ottenevano consigli utili. Mattia ci dai l’occasione per far riflettere i genitori e sopratutto i padri.
Emanuele.