Premio Racconti nella Rete 2014 “Pianerottoli e altri sospetti” di Carmen Verde
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Al 18 di via Colleoni, di giovedì pomeriggio, si guardava la TV dalla Ferri, terzo piano.
Non era la soddisfazione di un bisogno materiale, ché il televisore ce l’avevano tutte in casa, ci mancherebbe. Tanto più che tra un dolore di sciatica, un brontolio di stomaco o un pizzico di tosse, era impossibile sperare di vedere una trasmissione dall’inizio alla fine. Su quelle seggiole disposte ad anfiteatro, però, le ore volavano come niente. Cavatesi lo sfizio di un giro di telecomando, dopo che a turno avevano fatto fare le piroette ai programmi sullo schermo, le amiche si salutavano tutte contente. Alle sette precise.
Quel pomeriggio, però, Linda Crespi volle portare lo scompiglio.
«Sentite, ve lo devo dire… La Topai… non è stata morte naturale! L’hanno uccisa!»
Un omicidio? Proprio lì, in via Colleoni? Era passato poco meno di un mese dai funerali di Gina Topai, quinto piano. Una cosa improvvisa, nemmeno la soddisfazione di far arrivare l’ambulanza nel palazzo. La notte s’era coricata e il giorno appresso non s’era svegliata più. Vassoi e caffè erano andati e venuti a dozzine, quella mattina, dalla casa della defunta. Crocchi su tutti i pianerottoli: ha saputo della Gina? stava tanto bene! la fine arriva quando meno te l’aspetti. Tempo ventiquattr’ore, la vicenda s’era bell’e chiusa, funerale compreso. A una certa età, la morte è un fatto di cattivo gusto. Un delitto, però, cambiava tutta la storia.
«Il signor F…» La Crespi puntava ora il dito verso il balcone dirimpetto. «L’ha uccisa lui, la Topai!»
Disposte a ventaglio dietro i vetri della finestra, quel pomeriggio le vicine si misero di punta a spiare il davanzale dell’inquilino del quarto piano, con lo zelo investigativo appreso dagli sceneggiati di Maigret. Mentre il giorno s’affondava a poco a poco nell’oscurità, con il passare dei minuti, nelle loro fantasie il sospetto lievitava come un ciambellone. L’intero palazzo non era oramai che un vestito cucito stretto stretto addosso al signor F.. Che intanto, ignaro delle dieci pupille aghiformi puntate a cannocchiale sul balcone di casa sua, tirava giù la tapparella, fomentando i cattivi pensieri.
«È stato lui… è stato lui…» lampeggiava la dentiera della Crespi dietro la tenda di mussolina. E infilava una serie di punti di sospensione, mentre le amiche aspettavano ansiose. Ch’aveva visto? Come faceva a esserne così sicura? Silenzio. La signorina Linda Crespi non si spiegava. Rispondeva a spizzichi e bocconi alle vicine che volevano conoscere tutto per filo e per segno.
«Lo volete proprio sapere? Non è che poi vi spaventate?» disse quando, finalmente, si sentì pregata al punto giusto. Scrutava le amiche a una a una, al di sopra dei grandi occhiali quadrati.
«Più di questo? Avanti, Linda, ché così fa morire pure noi».
«La buonanima m’è venuta in sogno» rivelò, mezza soffocata, pallidissima in viso. E baciò la croce d’argento che portava al collo.
«Gesù Gesù!» mormorò Elide Spaziani, e il pensiero le andò al libretto postale che teneva nel primo cassetto del comò. Un delitto per furto! Sì, poteva essere! Meno male che non la sganciava mai, la catenella alla porta.
«Un sogno! Ma che pazzia è questa?» sbottò la Scacchi, secondo piano, che quel giorno, come tutti i santi giorni, aveva la luna di traverso. Dondolava la gamba, indisponente.
«Ah, sì? So’ pazza?» La signorina Crespi ebbe un fremito, offesa. «Quand’è così, allora scusate tanto,» disse e, come una molla, balzò su dalla sedia. Due lacrimoni le affiorarono agli occhi, le dita allacciate attorno alla borsetta come volesse strangolare qualcuno. Già presentiva l’arrivo del malore, il cedimento delle caviglie.
Dovette indovinarlo la padrona di casa, che difatti, in quell’istante, con un cipiglio di disapprovazione, allungò il collo dalla poltrona con la spalliera alta: gli svenimenti, sul tappeto di seta cinese, erano vietati nel modo più perentorio! «Da brava, Linda, su. Si metta a sedere,» fece la Ferri col più amabile dei sorrisi. «Senza offesa, ma… tante volte fossero stati i peperoni? È capace, sa? Alla sera, restano pesanti.» Girò la testa prima a destra, poi a sinistra, cercando il consenso delle vicine, che però fecero finta di niente. Maleducate.
Con un sorrisetto gelido, la Crespi tirò fuori dalla borsa una pagina di giornale tutta stropicciata. «Ecco qua,» disse, sventolandola sotto il naso delle condomine. «48, 18, 90 e 4. Sulla ruota di Roma.» Il buio addensava livore sulle sue guance scavate.
«Embè?» fece la Scacchi, ancora diffidente. Ma l’esca aveva funzionato. La gamba di quella vipera era rimasta ferma a mezz’aria, mostrando il soprattacco di gomma, nuovo nuovo.
«È chiarissimo!» disse Linda. Poi, rivolgendosi soprattutto alla Funiciello che, napoletana di tre generazioni, di cabala se ne intendeva: «48, morto che parla. 18, il civico del palazzo. 90, la paura. E 4, il quarto piano… quello dell’assassino! Mannaggia a me, mannaggia. Se giocavo, prendevo la quaterna.»
«Bisogna chiamare la polizia,» s’agitò la Ferri, sistemando i cuscini zebrati sulla poltrona. «Magari arriva pure la televisione!»
«La polizia? Ma lo sa che a via Poma, dopo l’omicidio di quella ragazza, i prezzi delle case sono scesi del trenta per cento?» La Spaziani si sfregava nervosamente la gonna. Altro che quaterna. Il suo appartamento si trovava sullo stesso pianerottolo della vittima. Proprio di fronte. Non solo erano venticinque anni che non dormiva, ci voleva pure ‘sto pensiero. Gesù Gesù!
Il borbottio della Crespi la richiamò alla realtà. «Ho paura, ho paura,» bisbigliava, segnandosi e agitando la testolina di mosca. «Qui ci sono di mezzo i morti!»
«A me me fanno cchiù paura ‘e vive.» Con un colpo secco, Teresa Funiciello richiuse la custodia degli occhiali e si alzò, allungandosi il pullover sui pantaloni della tuta che le facevano il sederone. C’era una regola non scritta per cui, qualunque fosse l’argomento, qualunque piega prendesse la conversazione, l’ultima a parlare doveva essere lei. Anche quel giorno perciò, dal posto di comando della seggiola centrale, Teresa Funiciello non mancò al suo dovere. Faceva parte, la gentile signora, dell’assai pericolosa squadra delle lettrici dei Gialli Mondadori, e un’occasione così mai se la sarebbe lasciata sfuggire. «Bisogna agire con la massima calma. Non una parola a nessuno, picceré,» ammonì, guardando in tralice la Ferri. «Per ora, lo terremo d’occhio quello lì. L’assassino lascia sempre una traccia. Che so, un capello, un mozzicone di sigaretta…». E già andava consultando, a memoria, tutta la sezione ‘Agatha Christie’ nella libreria del corridoio.
Dalla TV arrivò la sigla del telegiornale. S’erano fatte le 8.
«Pora Gina…» La Crespi sospirava, mentre le amiche si salutavano sul pianerottolo. Le guardava in faccia tutte, cercando un pretesto per trattenersi ancora. C’era, in quel suo sguardo acquoso di cateratta, come una richiesta di solidarietà. D’un tratto, si sentiva in pericolo. Forse, arrivando a casa, avrebbe trovato l’assassino in attesa dietro la porta. E da lì in avanti, chissà cosa poteva accadere. Le sarebbe toccato star sempre sul chi vive. Magari pure cambiare casa. Alla sua età! Ma, per puntiglio – sissignore, per puntiglio! – aveva voluto tenere testa a quella fanatica della Scacchi. Dondolasse pure la gamba, quella lì. Già si vedeva col tailleur color cipria, e pure il filo di perle, andare al Commissariato a testimoniare. Con tutto il palazzo che le batteva le mani. Brava! Brava la signora Crespi!
Come Dio volle, gradino dopo gradino, raggiunse la soglia di casa. Si guardò alle spalle, prima di chiudere a doppia mandata la porta e infilarsi le belle pantofoline di camoscio. Non poté dormire quella notte. Tremava a ogni rumore. Nonostante la luce accesa, la camera da letto rimaneva piena d’ombre per i troppi mobili e per la babilonia di immaginette alle pareti, quasi tutte provenienti dal Convento delle Orsoline. La Crespi le prendeva di nascosto, quando andava a sentire la messa. Che rubati e rubati! Come se i Santi non fossero di tutti. Quella era roba del Signore, mica delle Orsoline.
Insomma, quella notte la signorina Linda si girò e rigirò nel letto, nemmeno più tanto sicura che quella che aveva sognato fosse proprio la Topai. Lei d’altronde, senza occhiali, non è che ci vedesse tanto bene. Un pensiero tira l’altro, sempre ringraziando nostro Signore, si fece giorno e la Crespi s’alzò. Ma nemmeno mise i piedi nelle pantofole che subito squillò il telefonò. Esitò nel rispondere, dato che nessuno la chiamava mai, ma quando finalmente si decise a sollevare la cornetta: «Signora Scacchi…» s’emozionò, nel sentire la voce della vicina. I dubbi della notte avanti scomparvero in un baleno. «Come dice? Pora Gina, sì sì… No, nessun ripensamento, è sicuro. Lui, lui… F., quarto piano, interno 9, sì sì… Un caffè? Ma volentieri» La Crespi, intanto, passava mentalmente in rivista tutto il guardaroba. Da come si stavano mettendo le cose, le andate al commissariato diventavano minimo minimo due. E se la Ferri aveva ragione, da un momento all’altro poteva arrivare pure la televisione.
Mescolanza di registri linguistici , presenza di vocaboli appartenenti al lessico “familiare” e una trama a tratti picaresca : senza dubbio originale anche se il plot è un po’ troppo ricco di particolari rispetto alla lunghezza del testo.
Un bel racconto di genere dove l’attenta costruzione dei dialoghi conferisce freschezza e vivacità espressiva ai personaggi, caratterizzandoli in maniera accurata.
Delizioso.
Un racconto con effetto amabilmente “vintage”, e una lingua italiana che svolge, semplicemente, il suo lavoro: comunicare.
Racconto accattivante,
con strizzatina d’occhio al giallo.
Divertente e ben scritto.
molto ben scritto! Descrizioni e dialoghi da assaporare
Fresco, ironico e leggero. Proprio bello.
Scrittura molto divertente, ma ammetto di esserci rimasto un po’ male. Avrei voluto saperne qualcosa in più
Un racconto spigliato, ironico e che narra facilmente, senza fatica. L’autrice si diverte nel divertire raccontando, con un sano (e sufficiente) distacco nei confronti di quello che scrive e di come lo scrive. Molto divertente l’uso del cognome Topai.
Una non può nemmeno morire in pace, senza essere bersagliata dalle malelingue. C’è il morto, il sospettato, i pettegolezzi, in un’atmosfera spiritosa e con personaggi ben delineati.
Il finale è volutamente sospeso…l’autrice non l’ha scritto ma arriveranno i Ris.
Corrigenda: “CI SONO il morto, il sospettato ecc…”
@Francesco Saccà
Grazie Francesco della tua lettura e del tuo commento! In effetti, di quel 18 di via Colleoni, c’è moltissimo ancora da sapere… E chissà, con un po’ di fortuna, forse a breve potrebbe arrivare il seguito 😉
@sergiosessini
Grazie, Sergio. Onorata della tua lettura e dei tuoi complimenti. Ho adocchiato anch’io una tua storia, che tra un po’ “commento” 🙂
@ carla menon
Grazie Carla di essere stata la prima a leggere i Pianerottoli! Ai “registri linguistici” tengo parecchio, per cui grazie per averlo notato e commentato. Ammetto anche di avere un debole per i particolari. Li ricerco, mi aiutano a procedere, anche in un testo breve… Secondo me, è rigirando adagio adagio in padella una storia, che si compie il rito dello scrivere. E a proposito di storie, ho dato una sbirciatina alle tue. Complimenti!
I “Pianerottoli” ringraziano Roberto Montenero. Nulla fa brillar di più una storia (e, insieme, il suo solerte scrittore) quanto veder sbocciare, inatteso, il complimento di un lettore. 🙂
Ho letto e sorriso! Sembra di vederle… Cosi’ diverse e desiderose di andare oltre i pianerottoli e l’abitudine. Il racconto e’ avvincente. Crea l’aspettativa di un seguito. Di sapere di cosa puo’ essere capace questa combriccola attempata. Magari hanno ragione! Delizioso.
@ acinom
Grazie, acinom! Il mio cuore saltella!
@domari
Lancio in aria un G R A Z I E per domari a nome dei “Pianerottoli”. Ditelo come volete, ma una storia è semplicemente felice quando un lettore le fa un complimento così.
Veramente ben scritto questo racconto, divertente e scorrevole, mi ha strappato più di un sorriso. I personaggi sono caratterizzati con grande abilità e i dialoghi sono costruiti benissimo.
Anch’io però avrei desiderato conoscere il seguito. Potrebbe essere un perfetto inizio per un romanzo.
@Serena Paoli
Grazie Serena per la la tua lettura e per l’efficace riassunto della storia! Lasciando per ultime proprio le petulanti signore che sgomitano per avere l’attenzione del lettore dall’inizio alla fine… tac!, ecco che tu trovi la maniglia che apre la porta sul retro del racconto. Il chiacchiericcio, lo spiffero della maldicenza che, in quattro e quattr’otto, può fare di un uomo un “sospettato” (e per un sogno di cui nemmeno la sognatrice, alla fine, è più tanto sicura…). .. Finale in sospeso? Per ora! 😉
@maurizio polimeni
Grazie, Maurizio! Contenta che il racconto ti sia piaciuto.
La strizzatina d’occhio al giallo c’è, ma è solo un gioco.
E’ come una di quelle corde da bucato sottili sottili che, quando stanno tese, sono poco più che trasparenti, ma sotto di loro gettano parecchia ombra…
Grazie della tua lettura, l’ho ricambiata con piacere!
Molto carino, leggendo ci si immagina la scena di un gruppo di zitelle pettegole che sparlano di qualsiasi cosa, mi ha ricordato uno di quei vecchi film in bianco e nero alla Totò. Scrittura interessante e uso di vocaboli particolari. Anche la sospensione del finale ci può stare. Complimenri Carmen
Molto simpatico e divertente! Pare di vederle le cinque comari, come in un film degli anni che furono….scorrevole anche l’alternarsi dei dialoghi che danno vivacita’ al racconto! Brava! Però anch’io attendo il seguito……;-)
@ moramora
🙂 Anch’io trovo divertente il nome Topai.
In genere, per “battezzare” i personaggi , parto cercando i cognomi con la giusta connotazione geografica e poi… gioco un po’, provando a legare il nome alle vicende delle personaggio.Topai è un cognome presente a Roma, dove è ambientato il racconto, in più allude alla sorte della condomina, che nella storia fa appunto “la fine del topo” (andando a morire, senza possibilità di scampo, dietro la porta chiusa del proprio appartamento).
Ci sono anche altri più o meno ameni riferimenti… ma sono legati alla possibile evoluzione della storia, perciò per quelli bisognerà aspettare ancora un po’. 😉
Intanto, grazie moramora per il tuo commento… e per il tuo spirito d’osservazione!
@ Mara Ribera
Ma graziegrazie Mara!
Una fortuna e un onore per i “Pianerottoli” incontrare una lettrice che ha voglia di leggerne il seguito! Ti dirò che il tuo commento devi averli resi particolarmente audaci perché, subito dopo, giurerei di averli sentiti canticchiare:
¶ ¶ noi siamo piccoli,
ma cresceremo ¶ ¶
(e allora, ¶ virgola! ¶
ce la vedremo! ¶ ¶)
🙂
A presto!
(anche perché ho adocchiato un tuo racconto)
@ Chester
Eh, per ora, lo gliommero non si districa.
Tra sbalzi di pressione arteriosa e impennate di colesterolo del tipo grasso, le investigatrici brancolano nel buio. Compresa la signorina Linda Crespi, abile costruttrice di deliri onirici.
Magari hanno ragione…
…oppure no 😉
Intanto, grazie a Chester per la visita ai Pianerottoli.
@ Francesca Romano
Che meraviglioso complimento che mi fai! Totò è il principe della lingua inventata, delle pinzallecchere…. il divertimento puro fatto con le parole! E allora, per la sospensione del finale, oso e prendo in prestito proprio una battuta di Totò: «Che cosa importa/ dove porta/ la porta?! In qualche parte/ porta!» (Figaro qua… Figaro là, 1950)
😉
Grazie mille, Francesca!
Che allegra combriccola queste vicine di casa. Ho riso più di una volta durante la lettura. Adoro i finali aperti, Brava.
@ Simonetta Gentile, Francesca Romano, Liliana Murru
Al 18 di via Colleoni è scoppiata la baraonda. Comari e zitelle a chi?? La Funiciello ha alzato di scatto il sopracciglio, la Crespi dal nervoso s’è rinsecchita peggio di una mela cotogna e la padrona di casa ha persino abbandonato la poltrona dalla spalliera alta. L’autrice, però, ha ottenuto d’autorità il silenzio nel salotto. E da quel silenzio, insieme a tutta l’allegra combriccola dei Pianerottoli, RINGRAZIA Simonetta, Francesca e Liliana! 🙂
Un grazie di cuore per la vostra lettura e per i vostri commenti!
🙂
Ha ha ha, sei troppo forte Carmen. Avverti le allegre comari – ma che non si offendano eh – che stanno per arrivare i RIS e che il Capitano ricorda un po’ Alessandro Preziosi. Secondo me ne avranno da parlare… altro che sopracciglia alzate!
Gustosissima pietanza,
(di ricetta molto rara):
Carlo Emilio, in mesticanza,
col sapor di Piero Chiara.
Tibi congratulor!
Ode dei “Pianerottoli” al poeta dagli Otto Asterischi.
S’ode a destra strusciar di pianelle,
a sinistra bollir di brodino:
d’ambo i lati s’assal l’assassino!
(Ne vedrete ancor delle belle…)
🙂
Poesiola (in onore di altro grande lombardo) per ringraziare e ricambiare i complimenti in rima ricevuti da Otto Asterischi!
Gadda e Piero Chiara sono i miei autori preferiti! Ricorderò i tuoi versi per sempre, Monsieur Astérisques….
Mi è piaciuto e mi ha divertito … alcune espressioni le ho trovate esilaranti e le porterò con me per un sorriso personale. Ti aspetto ancora per nuovi diletti/delitti…insomma ti aspetto presto, davvero brava!
@rubino_72
Grazie Rubino d’aver sostato, divertendoti, su questi Pianerottoli! Il portoncino a due ante del 18 di via Colleoni si spalanca in un sorriso 🙂
Grande racconto, Carmen !! E’ un condensato di vita di cortile o meglio, di ringhiera, degno del teatro di Peppino e Totò per come hai saputo delineare i personaggi cioè le personagge. La matita dell’umorismo si è imbevuta dei caratteri un po’ noir alla francese, pur rimanendo assolutamente italico nelle sue cadenze e caratteristiche. La napoletanità a volte evidente ed a volte palese, la capacità di appartenere comunque a qualunque latitudine lo rende realistico da qualsiasi angolazione lo si guardi.
Un tratteggio vivace e mordente che ce lo fa vivere come se fossimo seduti accanto ai personaggi.
Beh Carmen che dire….non mi sorprendi affatto! Ho sempre saputo che sapevi scrivere bene ma qui ….hai superato te stessa!!! L’ho capito appena ho iniziato a leggerlo, perchè quando riesci ad immaginare e vivere le scene che vengono raccontate…beh significa che è scritto come Dio comanda!!! Dovizia di particolari ed un linguaggio vivo.
Complimenti sinceri Carmen
@Karen
Che bello vederti arrivare in visita ai Pianerottoli, Karen! Sistemate a semicoro dietro la tenda di mussolina, le condomine del 18 di via Colleoni salutano e ti ringraziano. Con mille civetterie! 🙂
@ Giovanni Fioret
Grazie Giovanni per il commento e per l’apprezzatissimo dono linguistico delle “personagge”, stramba, anarchica espressione che non si lascia trovare sui dizionari e che ha dentro l’intuizione e la fantasia di uno scrittore. La prenderò in prestito. Parecchie volte 😉
La prima cosa che si nota leggendo questo racconto è il livello alto della qualità generale. La storia è molto ben scritta, i dialoghi sono brillanti e mai banali, i personaggi sono figure reali, per quanto divertenti, che molti di noi hanno avuto modo di incontrare almeno una volta nella vita. La storia prende fin dall’inizio e lascia, nel finale, con una gran voglia di andare avanti. Ed è questo quello che dovrebbe sempre fare un racconto: lasciarti sospeso sull’abisso della narrazione.
@ apicc
Grazie per il tuo bel commento! Lo dice pure mia madre che ho il vizio di lasciare le porte aperte 😉 Per come la vedo io, alcune storie narrativamente si concludono senza bisogno di un finale. La struttura che volevo dare ai “Pianerottoli” era quella del chiacchiericcio, che ha la conclusione sospesa come regola prima. Detto questo, confesso che un seguito c’è… ma non è solo un giallo 😉
Con trentanove commenti e risposte, davanti, mi trovo in difficoltà cercando di non ripetere le frasi di chi mi ha preceduto. Gustosa descrizione del circolo femminile in casa privata, un gruppo di comari pettegole che ha bisogno di rinnovare gli argomenti all’ordine del giorno. Bella caratterizzazione dei personaggi. Chissà come si comporterebbero con il commissario Maigret, alla Gino Cervi.
Emanuele.
Un racconto semi comico che si traveste da giallo e colpisce nel segno.
Brava nel delineare i personaggi, soprattutto quello di Linda Crespi (simpatica l’immagine della camera da letto piena di immaginette sacre rubate) e nell’utilizzare linguaggi diversi.
Complimenti Carmen
marco
Chiusi balconi e televisori, le condomine del 18 di via Colleoni corrono a salutare e a ringraziare di cuore Emanuele Ratti e Marco Bugliosi.
La signorina Crespi, che dispone di acqua santa proveniente addirittura dal santo sepolcro, pare si sia messa in testa di benedire a uno a uno gli scrittori di Racconti nella Rete.
E chi la ferma! 😉
In bocca al lupo a tutti!
Complimenti Carmen, vittoria strameritata, sarò felice d’incontrarti a Lucca!
Complimenti Mara. Ero convinta di avere commentato prima ma rimedio subito: la dentiera della Crespi e il sederone della Funiciello rendono vivida l’immagine delle pettegole sfaccendate e affaccendate nel parlar male e a vanvera degli altri. Particolari sparsi qua e là tratteggiano bene le persone: i soprattacchi nuovi, i cuscini zebrati. Sembra di vederle a pensare cosa mettersi per quando arriveranno quelli della TV.
Brava
Cristina
Scusa CARMEN!!!!
Stavo leggendo il commento della Mara e mi sono confusa: sono proprio rimbischerita, sarà la delusione della non vittoria o il caldo o l’artereosclerosi. O TUTTE E TRE!!
SCUSA ANCORA: CARMEN.
Complimenti Carmen, sarà un piacere incontrarti a Lucca. A presto, Liliana
Grazie Mara e complimenti di cuore a te e ai tuoi racconti! Arrivederci a Lucca e…. keep in touch! 🙂
Grazie della tua lettura e dei tuoi complimenti, Maria Cristina!
Macchè rimbescherita!!… Io ricordo ““La Cristina (che) è tutta i’ su’ babbo”, e che arriva in cima “senza fermarsi mai” (citazioni da “Ritorno all’isola” di Maria Cristina Vezzosi :-))
Perciò, le affaccendatissime condomine del 18 di via Colleoni s’affacciano alla finestra e ti gridano in coro: BUONA FORTUNA, CRI! Ce ne vuole sempre un po’, anche quando si ha talento.
Ti abbraccio.
Carmen
Complimenti per la vittoria Carmen.
Ci vediamo a Lucca
marco
Bel racconto, piacevole e divertente, con quel pizzico di mistero che intriga; e se la mitomane signora Crespi avesse davvero ragione? Verrebbe voglia di saperlo. Che ne dici Carmen di accontentare i tuoi lettori? Un saluto. Francesca
Ciao Carmen, mea culpa ma ancora non avevo letto il tuo racconto. Devo essere sincero, l’ho trovato davvero sorprendente, soprattutto nel dipinto e linguaggio delle signore anziane. Fotografa esattamente, in modo più vero del vero, un certo mondo casalingo, fatto di terrore della noia, di una certa dose di ignoranza atavica, religiosità superficiale e una spruzzata di egoismo e avidità. Il tutto senza tralasciare aspetti più positivi, come la voglia di mantenersi, in qualche misura, vivi, e magari trovare il modo di affogare in queste riunioni che sono così tipiche e avvengono in mooolti condomini, un passato di monotonia e a volte di squallore che la vita ha reso troppo amaro, tra una spesa al mercato e l’ennesima porzione disumana di pasta al forno della domenica.
Sembra di essere lì, di stare in mezzo ai personaggi, e mi piace anche la punta di giallo della storia, nonostante non sia un genere che ami.
Brava brava!
A presto,
Luca
Per certi versi mi hai ricordato il De Crescenzo degli inizi (Così parlò Bellavista, Oi Dialogoi). Affresco divertente e divertito di un microcosmo condominiale tratteggiato con ironia e grande maestria evocativa. Funziona tutto in questo racconto, i personaggi ben caratterizzati, l’intreccio, le atmosfere (alla Agatha Christie di ‘noaltri’), il ritmo… Spero davvero di poter tornare presto sui pianerottolo del tuo condominio per vedere come va a finire. Intanto ti invito a farti un giro nella mia New Capri (“La Torretta di Guardia” è il titolo del racconto), sarei davvero curioso di conoscere il tuo parere.