Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Una amicizia imprevista” di Mita Feri (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

C’era una volta un nano, che lavorava in una compagnia di artisti girovaghi.

Il suo ruolo era intrattenere il pubblico come giullare, ma siccome era molto volonteroso e desiderava mettersi alla prova con gli strumenti musicali, osava sempre qualcosa in più.

Era diventato con il tempo un abile cantastorie e un eccellente suonatore di strumenti a fiato: ci metteva tutto il suo impegno, nel dimostrare la sua bravura.

Ma molto spesso alcuni spettatori si soffermavano sul suo aspetto fisico e ridevano per la sua bassa statura. Lui se ne rattristava: aveva come l’impressione che i suoi sacrifici e la sua ricerca di perfezione nello stile artistico, non fossero ricompensati.

Un giorno non ce la fece più e, stanco di essere preso in giro, mollò lo spettacolo in un batter di ciglia e decise di andare via per cercare fortuna, altrove.

Cammina, cammina, arrivò nei pressi di un grande castello e si chiese di chi fosse. Mentre si avvicinava, nei campi trovò dei contadini che lavoravano faticosamente per raccogliere il grano che era giunto a maturazione e indorava tutte quelle distese, lasciando negli occhi di chi lo guardava un senso di splendore mai provato.

Chiese loro a chi appartenesse il castello che si intravedeva laggiù al limitare del campo.

Gli spiegarono che era di un gigante e che anche quei terreni appartenevano a lui.

Gli dissero che era un uomo molto burbero e scortese e che avrebbe fatto meglio a non presentarsi se non invitato, poiché il gigante mal sopportava le visite inattese.

Il nano, che era invece molto determinato e anche un po’ testardo, nel vedere quelle facce tristi e un po’ timorose, pensò che capitava giusto a proposito: c’era bisogno di portare un po’ di buonumore in quel regno ed in questo mestiere, lui era davvero un maestro!

Non sapeva però cosa inventarsi per chiedere il permesso di oltrepassare il ponte levatoio per poi entrare, ma aveva fatto così tanta strada, che era stanco e non se la sentiva proprio di tornare indietro al paese più vicino per cercarsi un giaciglio e riposare, così riprese il cammino e giunse in prossimità del castello.

Pensò a come poter entrare e siccome era piuttosto astuto, decise che avrebbe potuto approfittare di un passaggio, nascondendosi in un carro dei mercanti, nel momento in cui questo si trovasse in procinto di oltrepassare il ponte levatoio del castello. Era certo, in considerazione della sua bassa statura e del suo minuto carico di oggetti e abiti, stipati dentro una piccola valigia colorata, che sarebbe riuscito ad eludere le guardie e intrufolarsi agilmente sul carro, senza destare troppi sospetti.

Perciò si appostò dietro a un canneto, ben mimetizzato fra il fitto fogliame, in modo da osservare i movimenti all’ingresso del castello, per individuare il momento più opportuno per dare corso ai suoi piani.

Trascorse tutto il pomeriggio ad osservare quanto accadeva intorno all’ingresso del castello: non giunse anima viva.

Notò solamente che ogni tanto le guardie smontavano dal loro servizio e venivano nuovamente sostituite.

Intanto il sole era basso all’orizzonte, colorava il  paesaggio intorno di un intenso rosso rubino e si preparava a scendere la sera. Il nano avrebbe trascorso un’altra notte senza un riparo, sotto il cielo stellato e la magia di tanti insetti luminosi che apparivano e scomparivano: le lucciole.

Per fortuna che era estate: non avrebbe sofferto di freddo e il canto dei grilli poi, gli avrebbe tenuto compagnia fino a quando non si fosse abbandonato al sonno e ai suoi sogni.

E quella notte sognò una tavola riccamente imbandita con ogni sorta di prelibatezza e di piatti sopraffini: doveva tenere a bada la sua fame, per il digiuno prolungato, ma nei sogni, il suo desiderio di rifocillarsi si esprimeva con una tale prepotenza, tanto da sembrare una sensazione reale.

Ad un tratto si svegliò di soprassalto e si accorse di essere diventato preda delle zanzare che, numerose, sostavano in quell’area umida a ridosso del fossato, dove scorreva placido il canale che circondava il castello.

Ogni puntura era diventata un palloncino rosso che gli procurava prurito e più si grattava, più il fastidio aumentava.

Il nano si rese conto che doveva andarsene di lì, non sopportava più quella tortura improvvisa.

Intanto il leggero chiarore dell’alba si iniziava a scorgere ad est, per poi lasciare il posto ad una meravigliosa aurora, che incendiò il cielo: ne rimase stupefatto, non aveva mai assistito al sorgere del sole e non aveva mai visto niente di più bello.

In tutta la sua vita, non si era mai soffermato a guardarsi attorno: si era dedicato unicamente al lavoro e a lagnarsi per i suoi crucci.

Questa nuova esperienza gli permetteva di conoscere degli aspetti diversi del mondo e lui era desideroso di avventurarsi verso l’ignoto e, strano per lui, non si sentiva affatto a disagio, anzi, gli sembrava di avere maggiore energia e di covare una forza nuova.

Dal nascondiglio, vide arrivare il primo carico di merci su di un asino e poi un altro e poi un altro ancora. La vita nel castello si ridestava!

Che fosse proprio quello il giorno del mercato? L’occasione sarebbe stata propizia per presentarsi alla gente del luogo, nel suo costume di pagliaccio e giocoliere.

Doveva stare all’erta e prepararsi all’incursione. Approfittò di un momento di distrazione delle guardie e, svelto come un fulmine, penetrò all’interno di un barroccio, coperto di un grosso telo, dal retro.

Che profumino! Che meraviglia!

Era pieno di contenitori di latte fresco e di piccole forme di formaggio, dall’odore prelibato e stuzzicante.

Non resistette e ne assaggiò una e poi due e infine una terza e non disdegnò neanche di annaffiarlo con quella candida bevanda che sembrava appena munta.

Che delizia per il suo palato! Anche lo stomaco lo ringraziò, per questo inatteso e gradito spuntino. Il nano si sentiva un poco in obbligo verso il suo ignaro trasportatore, ma adesso non c’era tempo per pensare a come sdebitarsi: il carro si era fermato e lui doveva uscire, senza essere visto.

Raccolse il suo piccolo bagaglio di sogni e saltò giù rapidamente, senza essere scoperto.

La piazza iniziava a pullulare di gente, dapprima solo i venditori ambulanti, che esponevano le loro mercanzie e chiamavano a gran voce gli abitanti, poi molti visitatori si unirono a quel gremito gruppo di persone, ai colpi di martello del fabbro, agli squilli di tromba delle sentinelle.

-“E’ venuto il momento di farsi vedere e sentire!” –

Pensò il nano, che nel frattempo aveva indossato il suo costume da giullare e si apprestava a intonare le melodie delle sue storie popolari, aiutandosi con il suo flauto che nelle sue mani sembrava diventare magico.

Non vi nascondo che non faticò affatto a radunare gente attorno a sé, tanto era bravo.

Soprattutto i bambini si divertivano a osservarlo per la sua abilità come giocoliere e si stupivano dei suoi trucchi e giochi da prestigiatore.

Fu davvero un successo di pubblico, tanto che in poco tempo il suo cappello, posato a terra per raccogliere qualche omaggio, si riempì di ogni sorta di leccornie: piccoli frutti, qualche biscotto e persino qualche monetina.

La residenza del gigante non era molto distante da quella piazza e tutto quel movimento e quelle note armoniose, giunsero fino al suo palazzo.

Da dietro le tende di una finestra, per non farsi scorgere, il gigante, che passava per essere un uomo estremamente austero e taciturno, aveva teso le sue potenti orecchie, per capire da dove provenisse quella musica: non riusciva però a vedere chi la suonasse, tanta era la folla attorno.

Chiamò allora il suo fidato servitore e gli ordinò di andare a vedere cosa portasse tanto scompiglio nella sua piazza, intimandogli di condurre davanti a lui l’autore, di siffatta confusione!

Il nano da parte sia fu lieto di essere invitato al palazzo del gigante e pensò che per lui sarebbe stato un grande giorno,  anche se i modi bruschi del servitore, non gli facevano presagire le migliori intenzioni.

–         “Eccovi servito, mio sire!” – Disse il servitore, strattonando il nano che indugiava all’ingresso del castello, un po’ intimorito dalle dimensioni di quell’uomo che gli si era parato di fronte: non aveva mai visto davvero nessuno così alto.

–         “Chissà quale aria si respirerà da una simile altitudine.” Pensò perplesso ed esterrefatto, tra sé e sé.

E lasciatolo in mezzo alla sala, il servitore ricompose il suo mantello, che lasciava trasparire una grossa gobba. Poi si voltò e sparì dalla loro vista, richiudendo il portone dietro di sé, con un grosso boato.

Ci fu un attimo di esitazione e di silenzio.

Mentre il gigante scrutava il piccolo essere che aveva davanti, cercando di capire se fosse una formica o cos’altro, il nano colse l’occasione per guardarsi attorno e scorgere una possibile via di fuga, se le cose si fossero messe male.

Non mancò di ammirare la magnificenza del palazzo, riccamente adornato e con delle maestose tende a drappeggio, che però, con quella tonalità cupa , oscuravano la luce.

–         “Chi siete voi e come avete osato portare scompiglio nella mia piazza?” –

Disse con voce grossa e tagliente il gigante, cercando di incutere timore nel piccoletto.

–         “Sono un giullare e sono al vostro servizio mio sire!”–

Lo sorprese lui, ostentando un coraggio insperato, quasi come in segno di sfida.

E, approfittando della titubanza del gigante, che lo osservava con sconcerto, aggiunse, per nulla intimorito da quel suo vocione:

– “Ho fatto tanta strada perché ho saputo che desiderava allietare le sue giornate. Sono pronto a dimostrarle ciò che so fare e se questo non fosse di suo gradimento, mi meriterò di tornare da dove sono venuto ….. ma la prego, sia gentile e mi metta alla prova!”-

–         “Oh, Oh, Oh!”- Fece il gigante, incredulo, per la sfrontatezza del piccoletto, poi proseguì:

–         “Vedo che non ti manca una buona dose di spiritosaggine! Pensi forse che io mi possa far mancare qualcosa di divertente? Ho avuto alla mia corte i più rinomati artisti, gli spettacoli più strabilianti!”. –

–         “Non ne dubito sire, lei merita senz’altro il meglio, ma io sono qui per onorarla e renderle omaggio con tutta la mia umiltà!” E si inchinò davanti a lui.

Il gigante lo osservava incuriosito, nessuno si era mai rivolto a lui con tanta spontanea devozione, anzi, sentiva  che sia i suoi sudditi, che tutti gli altri, avevano per lui, solo un freddo rispetto.

Era forse il timore che nutrivano nei suoi confronti, per i suoi modi bruschi le sue dimensioni fuori dalla norma? Spesso se lo domandava e se ne rattristava, perché in fondo, questo era il motivo per cui si era isolato a vivere in solitudine: lo infastidiva, anzi, non lo sopportava proprio di riconoscere negli occhi degli altri, il senso del disagio per lo stare in sua compagnia.

Del resto, lui era anche rinomato per essere una buona forchetta, ma non aveva mai fatto alcun male, a nessun essere vivente!

Nonostante ciò, nessuno aveva mai osato proporsi per entrare nelle sue grazie, per una semplice amicizia per esempio. Tutti coloro che talvolta gli facevano visita, si comportavano come se si sentissero in obbligo verso di lui, per una tale ragione o per un’altra, ma mai per ricambiare l’amicizia in modo disinteressato e spontaneo, quella stessa che comunque il gigante talvolta provava a concedere. Non si poteva negare che fosse generoso di cuore, solo che con tutto quel tempo trascorso a discorrere fra sé e sé, il suo carattere si era fatto un po’ più scontroso, tutto qua. Guidato più dall’istinto che dalla ragione, il gigante si rivolse al nano:

-“Ebbene, esegui per me il tuo repertorio migliore e se mi piacerà, ti permetterò di restare alla mia corte, altrimenti ti spedirò indietro, al tuo indirizzo!”-

Il piccolo uomo non perse tempo, era ansioso di riprendere a lavorare, per potersi permettere qualche boccone più sostanzioso e prese a suonare con tutta la grazia di cui era capace, intervallando la musica con qualche gioco da prestigiatore e qualche altra abilità da giocoliere. E mentre lo spettacolo si animava sempre più, il gigante sciolse tutte le sue riserve e cominciò a battere le mani, divertito, chiedendogli di continuare ancora.

Il nano fu contento e fece quello che il gigante gli aveva chiesto, fino a quando non fu stanchissimo e si fermò, sempre, con il permesso del gigante. E lui non si era mai divertito tanto, così lo invitò a cenare con lui, al suo tavolo riccamente imbandito.

Il  nano ebbe come l’impressione che il suo sogno si avverasse, ma non finì qui, perché il gigante fu talmente entusiasta di averlo con sé, che lo fece soggiornare al palazzo reale, per tutto il tempo che il nano desiderò. Divennero così ottimi amici.

 

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4 commenti »

  1. Proprio una fiaba con nani e giganti! Forse la prima parte troppo descrittiva non fa procedere gli avvenimenti e i bambino vogliono sopratutto fatti,azioni”e dopo?” Carina a che se prevedibile l a seconda parte.Buon fortuna

  2. Grazie mia cara, anche se posso dirti che ci sono bambini e bambini. Ce ne sono alcuni che possiedono un’immaginazione più delicata, di solo stupore ….. è variegato il mondo dei bambini e conoscendoli, so che ogni loro sguardo o cenno in più ricevuto per una parola semplice che loro trovano magica è per me, che li intrattengo, fonte di immensa gratitudine ……. una goccia di ricchezza che va a colmare il mio cuore che spera per loro e per la loro crescita, che sia più serena e accogliente possibile, in un mondo che spesso emargina chi possiede, suo malgrado, delle difficoltà di apprendimento!

  3. Anch’io, come iaia, ho sentore che occorra maggior movimento in questo testo che ha tutti gli elementi del racconto per bambini. Mi rimetto al tuo giudizio, Mita. Ciao.
    Emanuele

  4. Quando due diversità si incontrano e mettono a disposizione le proprie qualità a favore dell’altro non può che nascerne qualcosa di buono.
    Una bella fiaba.
    Angela

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