Premio Racconti nella Rete 2014 “Il misantropo” di Massimiliano Bruni
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Ormai ci siamo. Mi sto preparando da una settimana. Ho ripassato mentalmente ogni metro del tragitto, studiato il momento giusto per aprire la porta e schizzare via, senza incontrare anima viva. Ho trascorso gli ultimi due giorni davanti alla finestra. Semi nascosto dalla tenda blu elettrico di raso, perfetta per schermare i raggi solari e rimbalzare gli sguardi indiscreti. Non è stato facile spiare l’esterno del mio condominio: infilare l’occhio in uno dei fori di cui è composto il disegno a forma di giglio che adorna il centro della tenda e stare lì, per ore, memorizzando movimenti, aperture di negozi, passeggiate di sconosciuti con cane al seguito.
Faticoso sì, ma necessario. D’altronde, per riuscire bene, tutto deve essere organizzato fin nei minimi dettagli, non posso permettermi errori. Il sacco comincia davvero a emanare un cattivo odore. Non ce la faccio più. Non pensavo che i resti potessero puzzare così tanto. Me ne devo disfare alla svelta. Il fetore, tra l’altro, potrebbe arrivare al naso di quel rompiscatole del vicino. La porta del suo appartamento dista solo pochi centimetri dalla mia, e figurati se quel vecchio incartapecorito, sempre pronto alla zuffa verbale, si lascerebbe scappare una così ghiotta occasione. Cercherebbe subito delle spiegazioni, venendomi a disturbare. E in seguito, ne approfitterebbe per fare domande su domande. No, lo devo evitare. Mi conviene fare mente locale, ripercorrere ogni singolo particolare.
Allora, Clara aprirà il negozio di scarpe solo fra venti minuti. È puntuale, quindi, non un minuto in più. Vincenzo, invece, si prende più tempo, forse perché vende orologi; perciò, lui, non è un problema. Ecco che arriva Giulio, con quel cane pulcioso. Inizia il solito giro del cortile, ci impiega tredici minuti esatti, a volte meno, se quella specie di ratto a pelo lungo non ha da fare roba grossa. Tra due minuti scenderà quella svampita di Sara che va dal suo nuovo moroso, l’albanese. Ma anche se ritardasse, lei non mi preoccupa. È talmente presa dai suoi recenti incontri sessuali, che non si metterebbe certo a far domande, e filerebbe via. Eccola, infatti. Tutta in tiro per quell’immigrato, chissà se lui ce l’ha un lavoro. Bene, è l’ora.
Prendo il sacco sulle spalle; non pensavo fosse così pesante e quanto puzza! Per fortuna abito al piano terra. Esco a fatica di casa, tre passi e apro il portone d’ingresso del palazzo. Do uno sguardo rapido. Non c’è nessuno. Tutto fila come previsto. Comincio a camminare, curvo sotto il carico dell’involucro nero che reggo per metà sulle spalle e l’altra sulla schiena. Sono un genio, ho immaginato tutto, alla perfezione, un film già visto. Pregusto l’attimo in cui potrò liberarmi di questa zavorra, e tornarmene beato nel mio dolce rifugio. Un momento. Cazzo, e quello che ci fa a quest’ora, qui. Non doveva essere in vacanza, quell’idiota. No, no, no. Non posso crederci; il peggiore di tutti, non lui, non ora. Forse non si è accorto di me. Provo a fare il distratto; guardo l’orologio, con la mano sinistra prendo il cellulare dalla tasca, gli do un’occhiata; come se mi servisse a qualcosa, il cellulare, potrei anche buttarlo. Un tempo sì, squillava sempre. Ma un tempo avevo anche una ragazza, amici, hobby. Ora no, non più.
Macché, è tutto inutile. Sento i suoi occhi puntati su di me, mi esamina. Sembra uno squalo che, una volta avvistata la preda tanto agognata, come un treno ci si dirige contro, aprendo le fauci, già pregustando l’eccitazione che seguirà il primo morso. – Pedroni – mi dice – Ciao Damiani – rispondo. – Da quant’è che non ti vedo… – continua lui, con quel sorriso finto da ebete. Forse riesco a evitare il discorso, simulo cordialità. – Sapevo che eri in vacanza, ma a quanto pare sei già tornato – gli butto lì, con atteggiamento falsamente interessato. – Sì, ero al mare, mi annoiavo a morte. Mia moglie è sempre là. E tu che… – Ecco. Ci siamo. Il bastardo si annoiava. Certo, non aveva nessuno da tormentare. Sento che lo sta per dire. Sono nudo, indifeso, ormai. Completamente alla sua mercé. Sono condannato. Finito. – E tu che fai?… Hai trovato lavoro? – mi chiede Damiani.
Vigliacco, infimo della più bassa specie degli umani. Ho preparato tutto per una settimana. Ho studiato, analizzato le abitudini di quelli che vivono o lavorano in questo ammorbante complesso immobiliare. Gente che conosco da una vita. Gente che mi ha visto crescere. E che da due anni a questa parte, ogni volta che mi incontra, ogni giorno, prima che mi rinchiudessi in casa dalla vergogna, ha solo una domanda per me: – Pedroni hai trovato lavoro? – E la mia risposta, da due anni a questa parte, è sempre la stessa: – No, ancora niente… Damiani – E ora che sei contento, ora che hai soddisfatto la tua morbosa curiosità, ora che hai posato su di me il tuo sguardo pieno di compassione, disprezzo, godimento, lasciami andare a buttare via i resti, ormai in putrefazione, di una settimana di pranzi e cene solitarie. Il piano è fallito, ma tu, caro Damiani, puoi star tranquillo, e tornare a casa felice, pensando a quanto sia inutile quel misero disoccupato del Pedroni!
Bel racconto con stile e con tanta buona dose di ironia. Mi ponevo tante domande ed è questa attesa della novità e della sorpresa che tiene vivo l’interesse del lettore. Ci sono le manie e i pregiudizi di un popolo. Bravo.
Emanuele.
Grazie Emanuele, sono contento che il racconto ti sia piaciuto, i tuoi complimenti mi hanno fatto molto piacere, d’altra parte si scrive anche per questo…
E io che avevo pensato a un cadavere da occultare! Decisamente, ho letto troppi gialli. Comunque un bel ritratto di persona solitaria.
Angela
Grazie Angela… beh l’intento era quello:)