Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Insurrezione debole” di Lorenzo Campanella

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Questo racconto è il soggetto di un mezzo dramma civico, d’innamoramento e di mortificazione.

Falsificare è bello, se la corruzione fa possedere i sensi.

Giovanni viene condotto in commissariato, dopo essere stato ammanettato.

Il Commissario Guglieri guarda Giovanni ed inizia l’interrogatorio. Prima di ciò, Giovanni bisbiglia ad un gendarme: “Vorrei che non fosse messa per iscritto qualsiasi dichiarazione, può dirlo al Commissario?”

Il sottoposto si avvicina al Guglieri, riporta quanto richiesto, il Commissario si volta verso Giovanni, poi verso l’Appuntato: “Appuntato, iniziamo l’interrogatorio, non c’è tempo da perdere.”

Da quel momento un dialogo serrato, uno di fronte l’altro, il rappresentate della Legge in piedi, il soggetto da punire seduto, un tavolo fa da divisore sovrano.

–          Lei sarebbe il Sr Mauritani Giovanni?

–          Si, sono io.

–          Bene. Iniziamo. Mauritani lei è stato condotto in questo commissariato perché ci sono gravi indizi a suo carico, ma che dico indizi, intere ed epocali azioni le pendono sulla testa. Penso che il miglior avvocato non potrebbe fare altro che appellarsi alla clemenza della Corte e sperare profondamente  sul miracolo giudiziario.

–          Mi permetto di dissentire. Sono arrivato qui di mia spontanea volontà. Io rispetto le Istituzioni.

–          No, lei non le rispetta. Ma a chi la vuole raccontare questa cosa?
Mauritani, mi stia a sentire. Lei è stato ritrovato a compiere gravi azioni, se vuole le rinfresco la memoria.
Mi risponda: È a conoscenza delle gravi azioni a suo carico? Le ha compiute?

–          Non ne sono a conoscenza.

–          Può spiegarmi perché secondo lei è stato condotto in Commissariato?

–          Perché?
Mah, forse rammento alcuni motivi. Io come altri sono un pericolo perché la penso diversamente dalla massa. È il libero pensiero a provocare timore.
Sono arrivato qui perché ho praticato il libero pensiero e lo dico tranquillamente.

–          Mauritani mi faccia la cortesia di non evadere dal tronco del discorso!
Lei a parte la retorica è stato trovato a bruciare la bandiera. Bruciare una bandiera è esercitare libero pensiero?

–          Non sapevo che bruciare un pezzo di stoffa fosse un reato.

–          Secondo le leggi di questo Stato per lei è previsto, non solo un periodo di detenzione, ma anche la confisca parziale di beni se il suddetto reato è connesso ad altri capi d’imputazione.

–          Secondo le leggi della mia Coscienza un funzionario che detiene una carica pubblica, non può corrompere o essere portatore di corruzione. Le Istituzioni sono nobili.

–          Mauritani la smetta di evadere dal tronco del discorso e stia a sentire: c’è pure un secondo capo d’imputazione, lei ha arso l’immagine del nostro Presidente.

–          Commissario non voglio perdere tempo. Nostro presidente? Ma ha visto che cosa ha fatto durante l’intero mandato? Il Mandato si rispetta, oppure sopravvengono le dimissioni.
Per quanto mi riguarda, bruciare l’immagine che raffigura il Presidente è come bruciare una foto che raffigura un’ex. Se ci pensa bene, sarà successo anche a lei qualcosa del genere.

–          Per questo reato è previsto il raddoppiamento del periodo di detenzione e l’essere giudicati da una Commissione appositamente nominata per Decreto Presidenziale diretto.

–          Una Commissione apposita nominata direttamente dal Presidente? Lo dicevo che eravamo in Totalitarismo..

–          Poi ci sarebbe un terzo capo d’imputazione.

–          Commissario, ora la fermo, penso di sapere a cosa si sta riferendo.
Questi ultimi tre mesi sono stati periodi d’alti ideali. Noi dei gruppo volevamo una Democrazia. La Democrazia ha le sue battaglie.
Ogni battaglia costa tempo, strategia, purezza di sentimenti, parità, ecc..
Stavamo progettando qualcosa di grande, che avrebbe sicuramente cambiato il volto della Storia, tutto in modo pacifico, senza procurarci armi.
Avevamo a mente un’architettura istituzionale prodigiosa, a passo coi tempi e di conseguenza dinamica, molto dinamica.

Il dialogo prosegue, il Commissario è perplesso, smarrito nei secondi delle ore. Punta lo sguardo fiero di Giovanni e pensa: “Ma che sta dicendo? È pazzo!”
In realtà qui ci sta bene una voce narrante che con tono fermo, deciso e risaputo afferma:

“La Rivoluzione è la prosa naturale della Storia. Il percorso storico delle nazioni e dei Sistemi d’Autorità si contraddistingue nelle modificazioni radicali.

Ogni apparentemente grande personalità è diventata dittatrice perché l’imposizione di una condotta è condizione inevitabile di instaurarsi di un relativo lungo periodo di cambiamento.
Ma la Storia ha natura ciclica e i cambiamenti perdono d’intensità, vengono seppelliti da assuefazioni che creano dipendenza e tendono a formare nuovi sistemi.

Il Sistema di Pensiero dominante va nella direzione del consenso, in ogni epoca, e la Storia viene tratteggiata dai vincitori. Chi viene sconfitto subisce distorsioni d’autorità.

Esistono vincitori e vinti, senza se e senza ma.

Nel corso e ricorso della Storia non c’è insufficienza di prove, un destino è tracciato, una rotta è segnata.

L’Autorità impone, sia a messa che in seggio.

Il dualismo in perenne contrasto potere-massa è una costruzione sociale, nulla di più complesso.

Le costruzioni sociali servono a creare un substrato di pensiero e la linfa si trova in un terreno di cultura (coltura) secolare, se non millenario.

La necessità delle forme d’espressione del potere è la ricerca e il ritrovamento di un consenso, trovare conformità ed omologazione nelle disuguaglianze, disparità, diversità, differenze.

Le disuguaglianze sono necessarie all’insediarsi ed al conseguente instaurarsi dell’Autoritarismo, risultano un buon tema su cui lavorare l’opinione pubblica. L’Immaginario Collettivo è predisposto a pensare per disuguaglianze, nulla viene inventato, è un parto naturale.

Le disparità insieme alle disuguaglianze tendono a costruire nella società un senso di rancore, di profondo e alla lunga radicato sentimento di risentimento verso l’altro. Il fattore che fa la differenza è la differenza.

La gestione delle tensioni sociali è legata al tema delle differenze e di conseguenza ontologicamente della differenza.

Le tensioni vanno a favore dell’Autorità se le stesse vengono affrontate in modalità diverse.

Instabilità sociale genera irrigidimento del Sistema di potere e di un Sistema di Pensiero.

Ogni Autoritarismo deve obbligatoriamente garantire instabilità nella società per creare una tensione psichica nei singoli. La tensione psichica è già presente ma è necessario pungolare ogni energia negativa, talvolta ricollegabile alla sfera dell’odio e del risentimento, per provocare l’effetto conflitto sociale.

Il presupposto è questo: gli estremi coincidono.

Se l’Autorità nel suo atto di dominio dell’opinione tende la mano verso la bontà, produrrà inevitabilmente reazioni di cattiveria; nel caso opposto potrà ammirare reazioni di bontà.

Le forme moderate servono nei periodi di stallo, non sempre.

I sondaggi, come lo strumento delle statistiche, servono per orientarsi e le persone non vengono considerate persone ma automi. Questa è una lezione maestra nella Storia delle organizzazioni sociali.

L’esercizio della funzione umana dell’essere, tende al perpetuo divenire. Le certezze affondano, ma riaffiorano velocemente. Non c’è intellettualità individuale o sociale senza umanità.

L’egemonia, come forma di dominio, esercita le sue funzioni per mezzo di espressioni variabili, attentando generalmente ai principi fondamentali alla base dell’esistenza umana.

Le condizioni d’esistenza di un qualsivoglia Autoritarismo sono rintracciabili nella misura in cui il potere dell’Autorità, ha egemonia, dominio di gestione e sviluppo incontrastato (ed incontrastabile) di progetti. L’Autoritarismo è una forma di Totalitarismo e attenta alle Libertà, intese come proprietà e manifestazione piena della vita.

Il preludio bianco dell’Autoritarismo è la sfiducia nelle Istituzioni politiche, burocratiche ed economiche (nell’Opinione pubblica i tre tronconi non fanno differenza).

Dopo il preludio è il turno del palcoscenico, dove solitamente è la personalità di uno soltanto a primeggiare. In questa considerazione non deve essere tratto in inganno il lettore per quanto riguarda il termine Personalità, infatti non mi riferisco tanto ad essa, ma quanto ai connotati che assume in funzione delle manifestazioni. Il ruolo dell’empatia è fondamentale nei meccanismi di consenso. Le leggi del linguaggio, (e di conseguenza in modo più esteso, della comunicazione umana) sono sottoposte al nostro mondo interiore.

I vari segni di empatia sono ascrivibili  al movimento delle braccia, alla derisione diretta ed indiretta, alla scena comica o ironica, e via dicendo. Un insieme di gesti, prima schematizzati con intelligenza e poi attuati, porta ad una vittoria in termini di consensi.

L’Autorità, in quanto espressione ottocentesca del potere e del dominio, parla con i plebisciti e vince.

Essere graduali e chiari è una buona strategia, ma alla lunga può stancare, dunque in mezzo alla gradualità (che provoca stress, tensioni, instabilità sociali) è consigliabile piazzare decisioni ferme, dirette, rigide come colonne; così da rendere l’Opinione pubblica più malleabile, incline a consegnare la fiducia in modo spontaneo, poiché accontentata temporaneamente nell’esigenza di cambiamento.

In ogni Autoritarismo la quantità di decisioni supera la valenza umana delle stesse, che sul piano sociale assumono un significato di emblema civico.

Nell’Autoritarismo l’accettazione della decisone da parte di ogni membro dell’organizzazione sociale non ha senso; contrapposto a questo paradosso, giusto per bilanciare i termini e le prospettive democratiche, esiste un personalismo sfrenato, che deriva necessariamente in forme di leaderismo, culto della personalità verso il dittatore,

Educare alla speranza è un atto che consolida questo Sistema di Pensiero. Sperare in qualcuno è l’atto fondamentale del suddito, è il contratto ideale, è un accordo di sembianza simbolica e sistemica. Però quel sembrare, con l’assuefazione dell’indottrinamento quotidiano, diventa essere. È questo l’ago della bilancia; costruire un’Opinione pubblica o perlomeno renderla malleabile è possibile grazie ai mezzi della comunicazione e all’intrattenimento di massa.”
Avete capito?
Un poveraccio può diventare ricco, col minimo sforzo e plagiando le menti. Magari dopo può andare al potere essendo osannato dal popolo, provocare ed essere alla testa del golpe, insediarsi, riscrivere i codici legislativi, ottenere la maggioranza assoluta in assemblea, vietare altre formazioni, vietare la libertà d’espressione, dirsi: Sovrano delle genti!

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1 commento »

  1. E’ un testo tosto, in cui mi sono perso. Non escludo che fra pochi giorni o un anno, venti, cinquanta o cento anni possa essere un argomento di “Filosofia”, se non lo è già. Forse per arrivare al pubblico, occorre trasformarlo in un dialogo magari tra più personaggi, storici o surreali. Un dialogo oltre il tempo: Mazzini con altri patrioti dell’Ottocento, con i terroristi armati del Novecento e il signor Mauritani con il Commissario Guglieri. Forse sono cose sacro sante ma che non incidono: è così che, alla luce del titolo “Insurrezione debole”, dovremmo intendere?
    Ciao Lorenzo.
    Emanuele.

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