Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “La voglia sul cuore” di Elisa Maiorano

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Solitamente la sera, prima di andare a dormire, iniziavo a vagabondare con il pensiero.
“Chissà se troverò mai l’amore”, spesso mi chiedevo e segretamente postulavo all’Universo, aprendo il mio cuore e ponendo ogni mio desiderio e speranza nelle mani di un Dio che non conoscevo ancora abbastanza. L’importante era crederci, mi dicevo.
Questo capitava spesso, quasi con la stessa frequenza delle relazioni che si avvicendavano nella mia vita. Storie che spesso trovavo banali, sempliciotte, noiose, superficiali. Quella superficialità che si trovava unicamente nella vita umana.
Mia nonna mi diceva sempre che avrei capito di avere la cosiddetta “persona giusta” accanto quando sarei riuscita a sentire ogni singolo battito del suo cuore, semplicemente avvicinando il mio orecchio al suo petto.
Sinceramente, avevo sempre pensato che fosse una cosa stupida questa. Insomma, se mettiamo l’orecchio a contatto con il petto dell’altra persona è normalissimo riuscire a sentirne il battito.
Ma dopo svariate relazioni – se così possiamo chiamarle – stavo iniziando a credere che fosse proprio come diceva lei.
Forse era un “trucco della nonna” per riuscire a trovare l’anima gemella. O forse era solo una cosa che era rimasta impressa nella mia mente fin da piccola.
Sta di fatto, che nei ragazzi che avevo avuto sino ad allora, non avevo sentito il minimo battito.
Così, ogni sera prima di addormentarmi, iniziavo a chiedere all’Universo delle risposte.
Non volevo l’amore romantico, quello tutto petali sparsi per casa, quello dei peluche regalati all’ultimo momento o quello degli anelli di diamanti scintillanti.
Desideravo avere un amore di quelli veri. Volevo uno di quegli amori per cui combattere, da guadagnare, da ardere di passione e passare attraverso cerchi di fuoco per realizzare quel sentimento che non si limita alle romanticherie.
Volevo un amore con il quale si cresce, con il quale si matura, con il quale si cammina mano nella mano, superando ostacoli e difficoltà insieme.
Uno di quegli amori profondi, con un’intesa quasi perfetta, che conserva un po’ di mistero, ma che allo stesso tempo legge negli occhi dell’altro ogni piccola mutazione di pensiero.
Sapevo che era difficile trovarlo. Sapevo che era difficile viverlo. Ma volevo averlo.
Una notte il sogno si avverò. Con questo non voglio dire che l’amore della mia vita si presentò alla mia porta e mi disse “Ehi bella, mi aspettavi?”. Ma lo ritrovai in sogno.
Non saprei neanche come descriverlo.
Fu come trovarmi faccia a faccia con me stessa, con tutto quello in cui avevo sempre creduto.
Lo respirai. Lo sfiorai, ma non lo sentii. Era etereo. Riuscivo a percepirne però l’immensa energia. Il flusso era così forte che era quasi palpabile.
Non parlammo. Ci guardammo. Non sorridemmo. Eravamo a pochi centimetri l’uno dall’altra. Avevamo paura? Sì, forse. Non conoscevo la sua voce. Non mi interessava, anche perché l’unica comunicazione che conoscevamo avveniva tramite il cuore.
Era lui.
Mi vennero alla mente le parole di mia nonna. Così, provai ad avvicinare il mio orecchio destro al suo petto. Esitai un po’. Le sensazioni erano così forti e così belle che avevo paura di non riuscire a sentire il battito del suo cuore, rovinando in quel modo quel momento che sarebbe rimasto impresso per sempre nel mio animo.
È strano vivere un’esperienza del genere in sogno.
Presi coraggio e appoggiai prima la punta del mio naso. Un profumo mai percepito mi inebriò. Mi confrontai con una sensazione di libertà ma allo stesso tempo di pericolo. Non era il genere di pericolo che faceva paura, ma eccitava.
Mentre accarezzavo il suo maglione con la guancia, sentivo il suo respiro sulla mia fronte. Anche lui stava vivendo quel momento intensamente?
Più il mio orecchio si avvicinava al suo cuore, più lui respirava intensamente, quasi a volermi far sentire che possedeva quel battito a cui tanto anelavo.
Ero agitata. E se non avessi sentito nulla?
Stavo per arrivare al traguardo, quando lui improvvisamente mi spinse lontano da lui. Fece un passo indietro, abbassò la testa e alzò lo sguardo. Potevo leggervi paura, tristezza, rabbia e amore.
Non capivo. Cosa stava succedendo? Cosa gli avevo fatto di male per far sì che lui mi respingesse?
In quegli istanti di profondo sguardo riuscii a scorgere un bagliore nei suoi occhi castani. Un luccichio color rame, che lo rendeva ancora più affascinante.
Non voglio farti del male – mi confidò. – Non sono ciò che tu pensi. Non sono reale. Non sono capace di amare e non ho un cuore che batte. – continuò.
Sapevo che stava mentendo. Non riuscivo a credere a ciò che diceva. Le sensazioni comunicavano tutt’altro. Io non spiccicai parola. Non ci riuscivo e, forse non volevo, non ce n’era bisogno.
Smettila di guardarmi! – si girò, voltandomi le spalle. – Vai via! – urlò a gran voce e con rabbia. – Non posso amarti! Non sono in grado! – ora il tono si stava trasformando: vi sentivo del dolore e della disperazione. – Non possiamo! Non sono umano. E posso solo essere il tuo più grande incubo…
Si voltò di nuovo, mi scrutò timidamente. Sì, ciò che leggevo nei suoi occhi era dolore. Il colore era sempre più ramato. Delle sfumature purpuree ogni tanto provocavano qualche bagliore.
Ricorda – continuò – il giorno e la notte non possono stare insieme. Il giorno non ama la notte e viceversa. Si completano, non esistono l’uno senza l’altra, ma non staranno mai insieme. Torna indietro. Vattene. – disse tranquillamente, come se non fosse per nulla coinvolto emotivamente nel suo monologo. – Quello che ti lascerò di me sarà ben poco.
Continuò a guardarmi per qualche secondo, come per imprimere la mia immagine nella sua mente, e svanì. Nel nulla.
Mi ridestai da quel sogno. Avevo una gran sete, ero tutta sudata.
Andai a bere un bicchiere d’acqua e a rinfrescarmi. Guardandomi allo specchio notai un segno sul mio petto, a sinistra. Inizialmente pensavo ad una puntura di zanzara. Osservando meglio il rossore mi accorsi che mi era comparsa una piccola voglia che non avevo mai avuto. Una voglia a forma di cuore.
La accarezzai e mi rincuorai: non l’avevo perso, mi aveva lasciato il suo segno. Mi aveva marchiata, come per riconoscermi quando ci saremmo rincontrati, magari sotto un altro aspetto, nel mondo reale.
Quello era il battito del suo cuore. E con quella voglia l’avrei sentito in me e su di me più che mai.

 

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