Premio Racconti per Corti 2014 “Barbablù” di Marina Luzi
Categoria: Premio Racconti per Corti 2014Quattro amiche si inviano sms per organizzare una cena fuori
Niki: Cena fuori? Messicano, pizza o Barbablù?
Susi: Sì! Messicano.
Teri: Urrà! Barbablù.
Paola: Ci sono, quando? Anch’io Barbablù.
Niki: Giovedì
Susi: Ok
Paola: Ok
Teri: Problema. Venerdì?
Niki: Rewind: venerdì? 20,30? Barbablù a furor di popolo!
Paola: Ok
Susi: Aug
Teri: Aggiudicato
Il giorno dopo:commenti via sms
Paola: Mitico
Susi: Barbarlù for ever
Niki: Ne ero sicura
Teri: Barbablù! Ancora!
Susi vuole tornare al Barbablù
“Sai Anto, vorrei tornare in un posto. Ti ricordi quel posto in cui ho cenato con le ragazze? Valeva la pena, davvero. Ti va se andiamo?”
“Per me..”
“Il problema è che ho perso il biglietto e in elenco non lo trovo. Magari chiamo Niki e me lo faccio dare.”
“Fai prima in internet. Ricordi il nome?”
“Barbablù. Indimenticabile, in tutti i sensi! Avevi ragione, eccolo, prenoto per sabato.”
“Ai tre fratelli, sono Giorgio, desidera?”
“Scusi, ho sbagliato numero, cercavo il ristorante Barbablù”
“Il numero è giusto, abbiamo cambiato nome.”
“Chiedo scusa: è una nuova gestione?”
“No, signora, di diverso c’è solo il nome.”
“Bene. Sa, ho cenato magnificamente da voi e vorrei davvero ripetere l’esperienza. Avete posto per due sabato sera alle 20?”
“Sabato sera, ore 20 per due, sì, certo. A che nome?”
“ Susi Dal Bon”
“Perfetto, la ringrazio, buona serata.”
“Grazie a lei, buona sera.”
Cena da Barbablù
“Buona sera, Susi Dal Bon , tavolo per 2. Ah, ma è lei, il signor… ?
“Giorgio, signora, bentornata. Prego, vi accompagno al tavolo.”
“ Beh, Anto? Che ne pensi? Carino il posto vero? Sì il tipo era proprio lui. Chissà perché hanno cambiato il nome. Che dici: glielo chiedo?”
“Per me, fai tu… ma, tanto, cosa cambia? Non era il cibo che ti piaceva? Il problema è risolto.”
“Sì, ma quel nome, era così evocativo. Ho un legame speciale con quella fiaba: Barbablù. Mia mamma quando ero piccola, avrò avuto cinque anni, aveva comprato una raccolta di fiabe: libro più cd. Il pomeriggio mi sedevo sul divano col libro davanti. Lei metteva il disco e io giravo le pagine.”
“Sì, e io ci credo. A cinque anni come le giravi se non sapevi leggere?”
“Ma no, è che, ogni volta che finiva una pagina il disco emetteva un suono, una specie di toc e io sapevo che dovevo girare. Beh, la mamma mi ha raccontato che c’è stato un periodo in cui chiedevo sempre la fiaba di Barbablù e, siccome avevo paura, ogni volta che stava per arrivare la scena in cui Barbablù afferra la moglie per i capelli e sta per tagliarle la gola, lei doveva avvisarmi. Io, allora, iniziavo a correre giù per le scale, arrivavo nella mia cameretta e mi nascondevo sotto il letto poi, quando tutto era passato lei mi chiamava ed io tornavo su per il finale, quando i fratelli venivano a salvarla.”
“Brava furba, non potevi semplicemente chiederle che facesse andare avanti il disco?”
“Non so, non ci ho mai pensato, era un gioco, mi piaceva così.”
“Certo che eri strana: ti faceva paura, volevi ascoltarla, ma, poi, scappavi.”
“Ma no, io penso che era un modo, un modo che avevo trovato per affrontare la paura. Sapevo che c’era il pezzo brutto, ma io ero al riparo, sotto il letto, poi quando arrivavo sentivo che finiva bene.”
“Fatti avanti allora, donna senza macchia e senza paura, affronta il signor Gregorio e chiedigli di svelarti il perché del nome cambiato.”
“Spiritoso, lo sai che mi vergogno. Magari mi faccio coraggio prima di uscire.”
“Attenta, se non metti la testa fuori dal letto rischi di andare via con la curiosità addosso, non lamentarti poi.”
Ok, ci siamo. “Signor Giorgio, mi scusi, prima di andare avrei una domanda: visto che la gestione è la stessa, come mai avete cambiato il nome del ristorante? Barbablù era così particolare, mi ricordava le fiabe dell’infanzia!”
“E’ che, vede, signora, Barbablù si è portato via nostra figlia. Lo avevamo denunciato, più volte, ma, sa, la giustizia. I tre fratelli non sono arrivati in tempo per salvarla. Li aspettiamo ancora, vogliamo giustizia. Lui è a piede libero, fuggito, chissà dove.”
L’anno seguente
“Sai Anto, ti ricordi quel ristorante Barbablù, che poi aveva cambiato nome: I tre fratelli?
“Mi ricordo, sì, brutta storia.”
“Ci sono passata davanti stamattina. Ha chiuso. Per sempre, penso.”
Cameo nei titoli di coda: Il vecchio proprietario
alza la serranda del ristorante, compare la nuova insegna “Belle”
Molto bello! un racconto scorrevole che si lascia leggere.Non riuscivo a smettere di leggere per vedere come finiva! 🙂 complimenti veramente !
Storia coinvolgente ed amara. Putroppo potrebbe essere una storia vera. Se il corto avesse una seconda parte: i proprietari del ristorante sono andati a piedi a Santiago de Compostela, trovando lungo il cammino la Fede. Così hanno scoperto che un fatto brutto, un Croce, con Gesù, poteva essere una occasione per incontrare il Signore.
Grazie Maria, il tuo apprezzamento mi fa davvero piacere!
Ciao Pinco, è vero la storia è volutamente costruita a partire da un’atmosfera lieve per poi arrivare, all’improvviso, al finale: un pugno nello stomaco. Ma non è detta l’ultima parola!
La vita è piena di sorprese, no?
Racconto molto originale, complimenti.
Grazie mille per i complimenti Daniela!
Hei pinco! Ecco la sorpresa: ho aggiunto un cameo nei titoli di coda: il locale ha un nuovo nome “Belle” in onore della fiaba in cui la bella vince e rende umana la bestia. Vuole essere un inizo di elaborazione del lutto: l’attenzione si sposta dall’ingiustizia subita al ricordo buono della figlia. L’ho aggiunto ripensando al finale di una vecchia fiaba in cui i genitori, dopo la morte della figlia, alzano gli occhi al cielo ed esclamano:” Però, come siamo stati felici!”
🙂 Commosso per l’attenzione alla speranza. Complimenti Marina! Un saluto Pietro – Pinco
Un racconto originale. Ho la sensazione nel leggerlo di cambiare più volte direzione …. è imprevedibile ed allo stesso tempo …. vero!
E’ un racconto che non si dimentica.
Complimenti!
Grazie Paola, è proprio l’effetto che volevo ottenere, sono lieta che tu l’abbia sottolineato!!
Brava Marina, hai narrato una storia solo con l’uso dei dialoghi. Una commedia o un dramma, ci dai tanti spunti per guardare la vita con speranza.
Grazie mille Emanuele, ho voluto che fossero le parole e non le descrizioni a creare l’atmosfera e, sì, tutto ciò che le parole tacciono è lo spazio lasciato agli occhi di chi legge e immagina.