Premio Racconti nella Rete 2014 “Destini al vento” di Elena Freschi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014La temperatura è mite, in agosto, anche a Stoccolma. La fredda città svedese del Nord Europa, in inverno ricoperta da un candido e persistente strato di neve, in estate è in grado di riservare piacevoli sorprese meteorologiche. Era quello a cui stava pensando Rachele, in quel pomeriggio del 29 agosto 2013. Era seduta al sole di un tavolo del suo caffè preferito, quello proprio al termine di Fjällgatan, la più bella strada della città, come amava definirla un famoso scrittore.
E infatti, era proprio così. Una strada magica, costeggiata da case colorate e vicoli i cui gradini portavano a giardini nascosti e verdeggianti. Percorrerla fino al suo termine era piacevole e rilassante: passo dopo passo, il percorso acciottolato preparava a una vista che, se la prima volta sorprendeva così tanto da rimanere a bocca aperta, le successive era sempre una piacevole riscoperta. Con un solo colpo d’occhio si dominava Stoccolma: come un quadro, la città si amalgamava con l’azzurro del cielo e dell’acqua, disperdendo i suoi confini.
Era il posto che Rachele preferiva per rilassarsi un po’ e per stimolare la sua vena creativa. Amava sedersi a uno dei tavoli collocati nella veranda del caffè e consumare un dolcetto insieme a un buon cappuccino, facendo onore alle sue origini italiane. Non le mancava l’Italia, dopo tutti quegli anni vissuti all’estero; Stoccolma era solo una delle città in cui il suo lavoro l’aveva portata: non era la prima, e certamente non sarebbe stata l’ultima. E poi il caffè era buono anche in Svezia.
I suoi occhi si persero per un attimo a fissare l’acqua calma del canale che divide Södermalm dalle altre belle isole di Stoccolma, rapita dal via vai delle barche che vanno e vengono dal porto della capitale svedese.
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“Beh, tutto avrei immaginato, ma non di bere un caffè così buono in una città estera”. Lorenzo era seduto nel bar segnalato dalla sua guida. La sua vacanza nei paesi scandinavi procedeva serena e senza intoppi, fatta eccezione per quel turbolento trasferimento in barca durante un temporale di quelli che così in Italia non si erano mai visti. Adesso era la volta di Stoccolma: una città che giorno dopo giorno lo affascinava sempre di più. C’era acqua ovunque: lui amava l’acqua. D’altronde, era nato in una città di mare, e attorno all’acqua ci era cresciuto, era il suo elemento naturale. E poi a Stoccolma si mangiava bene, piatti ricchi e gustosi di quei sapori un po’ forti che lui adorava. E ultimo, ma non ultimo… le donne svedesi! Bionde, alte, occhi azzurri, sempre sorridenti: e anche di questi sorrisi, in Italia, se ne vedevano pochi.
Eppure i suoi occhi, quando temporaneamente smetteva di leggere e alzava lo sguardo dalla sua fedele guida di viaggio, erano rapiti da una ragazza mora, seduta di fronte a lui all’angolo opposto del bar, intenta a fissare l’acqua del canale che si apriva ai suoi occhi dalla veranda del bar di quella strada di Stoccolma.
Secondo la sua guida, di fronte aveva Kastellholmen. Poteva infatti distinguere a occhio nudo lo splendido castello posto sulla cima di un’altura, proprio al centro dell’isola. Chissà a cosa stava pensando quella ragazza: al Principe Azzurro? No, banale, le donne di oggi non cercano più il Principe Azzurro. Era intenta a disegnare, e ogni tanto alzava lo sguardo e osservava qualcosa oltre la veranda. La stava guardando da circa mezz’ora: un tempo in cui Lorenzo era diventato estremamente curioso dei suoi pensieri, del suo disegno, della sua storia.
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Certo, anche lei l’aveva notato. Una persona sola, in un bar, si nota sempre, specie se per tanti anni hai vissuto in Italia. “Chissà se è svedese…” si domandava Rachele fissando i capelli rosso fuoco del ragazzo, che poco si muovevano, intento com’era nella lettura di un libro. Mmm, era estremamente curiosa. Avrebbe voluto sapere cosa stesse leggendo con così tanto interesse. Eppure, da quella distanza, era praticamente impossibile dedurlo sbirciando la copertina del libro o buttando un occhio al contenuto delle pagine. “Vabbé, concentriamoci!”, si disse Rachele: quel giorno aveva disegnato pochissimo. Il suo era un lavoro non comune: andava in giro per il mondo alla ricerca di nuove tendenze nell’ambito della moda; cercava di carpire cosa avrebbe fatto furore in fatto di colori, tessuti e accessori nelle vetrine dei più importanti marchi di abbigliamento.
Proseguì quindi a disegnare, cercando di riportare su carta tutte le impressioni che aveva recuperato quel giorno girovagando per le strade e i centri commerciali di Hötorget, una delle piazze più alla moda della City, il quartiere business di Stoccolma. E quando per un attimo alzò gli occhi dal suo disegno, ebbe come l’impressione che il ragazzo dai capelli rossi la stesse guardando.
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Lorenzo stava preparando l’itinerario di viaggio per il giorno successivo. Avrebbe visitato Djurgarden, l’isola posta al centro di Stoccolma, che ospitava ricchi musei e splendidi parchi. In verità i musei non lo attiravano molto: lui amava vivere le città che frequentava, esplorare tutti gli angoli più nascosti, percorrere e ripercorrere le strade fino a farle un po’ sue, fino a sentirsi quasi a casa. Ma la ragazza seduta nell’angolo di fronte al suo lo stava distraendo dal suo intento pianificatore.
“Potrei andare a parlarci, a chiederle qualcosa, magari un’informazione turistica!” stava dicendo tra sé e sé Lorenzo. Ma subito si rese conto di quanto assurda fosse quell’idea. Dare l’impressione di essere il solito italiano rubacuori? No, non voleva darle quella visione di lui. E poi il suo inglese non era a un livello tale da permettere di sostenere una conversazione di quel tipo.
Dunque, che fare? Lorenzo stava pensando che avrebbe potuto offrirle un secondo dolcetto, uno uguale a quello che lei aveva appena gustato con soddisfazione. Ma anche questa sarebbe stata una scusa banale per aprire le strade a un improbabile corteggiamento.
Eppure Lorenzo sentiva che avrebbe dovuto fare qualcosa.
Fu a quel punto che affidò il suo destino al caso. Guardò fuori dalla veranda del bar e notò che due barche stavano costeggiando l’isola di Kastellholmen in direzione del porto. Come spesso aveva fatto da piccolo, disse tra sé e sé: “Se la barca gialla entra nel porto per prima, mi alzo all’istante e vado da lei; se invece arriva per prima l’altra barca, rimango qui zitto e muto a leggere la mia guida”.
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Dopo aver completato il primo disegno di quella giornata, Rachele pensò che avrebbe potuto trovare una scusa, anche banale, per avvicinare il ragazzo dai capelli rossi e fare la sua conoscenza. Parlava molto bene inglese e non avrebbe avuto sicuramente problemi a sostenere una conversazione con lui, dalle evidenti origini svedesi. Ma come avrebbe reagito lui a questa sua iniziativa?
“Ok” penso Rachele guardando oltre la veranda del caffè. “Se tra quelle due barche che stanno attraversando parallele il canale arriva prima al porto la barca gialla, vado lì e gli chiedo cosa sta leggendo. Se invece la barca gialla entra nel porto per seconda, me ne rimango seduta qui lasciando il ragazzo con i capelli rossi al suo destino”.
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Quando si è indecisi tra due situazioni, a volte è sufficiente tirare in aria una moneta, affidando all’uno o all’altro lato della stessa il compito di decidere per noi: nell’esatto momento in cui la moneta fluttuerà in aria, sapremo già quale sia la decisione da prendere, e sarà proprio quella che il nostro cuore in quel preciso momento sta sperando.
Rachele e Lorenzo, presi dai loro pensieri e dalle loro scommesse, non si accorsero che nello stesso esatto momento stavano entrambi seguendo con lo sguardo le due barche: i loro occhi erano fissi sulla prua di entrambe, e non spiavano più cosa facesse l’altro.
Quando l’imbarcazione gialla staccò l’altra arrivando per prima al porto, gli avventori di quel bar al termine di Fjällgatan, se avessero fatto caso a ciò che stava succedendo intorno a loro, si sarebbero accorti che per la prima volta i nostri due protagonisti si stavano guardando negli occhi, felici di aver affidato la loro decisione alla buona sorte del vento, e si sorrisero, provando la sensazione che qualcosa avesse unito per sempre i loro destini.
Un racconto che si legge tutto d’un fiato. Due italiani all’estero che rimangono ammaliati da Stoccolma, città che in questo caso contribuisce a far loro prendere la decisione giusta. Molto meglio rischiare, piuttosto che decidere di rimanere fermi ed incuriositi.
Grazie Roberto, grazie mille! Sono contenta che il racconto ti abbia coinvolto 🙂
Elena,
che sensazione strana e piacevole commentare il lavoro di una ex collega! 🙂
Cominciamo dall’inizio: conoscendo il tuo amore per i viaggi, immagino che tu abbia visitato Stoccolma. Io non conosco la città, né ho avuto il piacere di soggiornarci, ma grazie alla tua capacità descrittiva accurata e mai pesante o banale mi è sembrato di scorgerne i tratti, come se mi trovassi a sedere nel caffé di Fjällgatan (a proposito, chi è lo scrittore che la definisce la più bella strada della città?) a sorseggiare caffè con Rachele.
Ho molto apprezzato, poi, la riflessione di fondo, proiettata sul come, spesso, le decisioni importanti vengano affidate alla moneta del destino, oppure, come nel tuo caso, ad un’improvvisata “regata”.
D’altra parte, vuoi per paura, vuoi per insicurezza, non sempre si é abbastanza risoluti da operare scelte anche banali: non rimane quindi che affidarsi al fato e sperare nella fortuna; fortuna che, nel caso di Rachele e Lorenzo, ha avuto buon gioco.
Mi piacerebbe leggere il sequel, anche solo per capire se la “sliding door” che i giovani hanno varcato li abbia condotti in una valle fiorente o in una pianura arida.
Bravissima :-).
Caro Lorenzo,
la mia fedele guida di Stoccolma riportava il commento di quello che diceva essere un famoso scrittore svedese, tale Anders Fogelstrom. Mentirei se ti dicessi di aver letto qualcosa da lui scritto 😉
Ma posso confermarti di aver visitato Stoccolma e di aver scritto questo racconto a qualche mese dal mio ritorno. Sono estremamente felice che traspaia, tra le righe, quanto questa città mi abbia colpito. Era proprio questo uno degli intenti del mio racconto.
E un sequel, chissà, mai dire mai, anche se, come accade spesso per tanti bei film o libri, il voler dare un seguito a qualcosa spesso lascia con un po’ di amaro in bocca. Vuoi mettere il fascino del dubbio delle situazioni irrisolte? 😉
E tu, troppo buono. E ancora complimenti per la tua vittoria di quest’anno!