Premio Racconti nella Rete 2014 “Nientedichè di Patrizia Riello Pera (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014C’era una volta un fabbro che viveva in un piccolo villaggio. Il fabbro aveva un solo figlio, che si chiamava Nientedichè, e si lamentava sempre di lui, perché non era molto bello, non era molto alto né forte e non era nemmeno molto intelligente. Un giorno, il fabbro andò dal mago e gli chiese di trasformare Nientedichè in un grand’uomo.
– Che cosa intendi, fabbro, per grand’uomo? Vorresti che Nientedichè diventasse molto intelligente? – domandò il mago. – Per questa magia ti chiederò mille soldoni.
– Oh, no! Che cosa vuoi che me ne faccia io di un figlio intelligente? – disse il fabbro. – E poi, io non ho mille soldoni!
– Che cosa intendi, allora, fabbro, per grand’uomo? Vorresti che Nientedichè diventasse molto bello? – domandò il mago. – Per questa magia ti chiederò cinquecento soldoni.
– Oh, no! Che cosa vuoi che me ne faccia io di un figlio bello? – disse il fabbro. – E poi, io non ho cinquecento soldoni!
– Che cosa intendi, allora, fabbro, per grand’uomo? Vorresti che Nientedichè diventasse grande e grosso? – domandò il mago. – Per questa magia ti chiederò cinquanta soldoni.
Il fabbro era tutto contento.
– Sì, grande e grosso! – gridò di gioia. – Un gigante, così avrà delle mani grandissime e potrà lavorare ancora meglio di me!
Mise in mano al mago un sacchetto con cinquanta soldoni e, subito dopo, vide Nientedichè cominciare a crescere centimetro dopo centimetro e poi metro dopo metro. Il fabbro restò a bocca aperta quando il figlio divenne così alto e robusto da sfondare in lungo e in largo la casetta del mago.
Nientedichè corse all’aperto, spaventato, e andò a rifugiarsi all’interno di un campanile. Non potè più nemmeno tornare a casa: non sarebbe riuscito a passare dalla porta.
Ogni mattina, Nientedichè si svegliava di qualche metro più alto e molto più grosso del giorno prima. Si fermò soltanto quando fu giunto a poter guardare al di sopra delle nuvole.
– Adesso sì che, in bottega, mio figlio farà il lavoro di dieci uomini – pensava il fabbro. Ma restò deluso, perché Nientedichè disse che preferiva restarsene a non far niente.
I compaesani, impauriti, pur che il gigante se ne stesse lontano da loro gli offrivano da mangiare ogni ben di Dio e gli davano tutte le loro coperte perché stesse al caldo.
Nientedichè cominciò a credere quindi di essere l’uomo più fortunato del villaggio e ben presto si convinse di essere anche il migliore. Pretese pure ciò che i compaesani non gli potevano dare e, quando questo gli venne rifiutato, rubò tutte le loro cose.
– È tutto mio – diceva. – Io sono persino più alto delle nuvole e più grosso delle montagne, perciò nessuno può competere con me.
Un giorno, mentre rubava le uova dal nido di un’aquila, Nientedichè non guardò dove metteva i piedi. Incespicò nel tetto di una casa e cadde fra due altissimi castelli.
– Aiutatemi! Ho i piedi incastrati fra le mura! – gridava, ma nessuno correva ad aiutarlo. – Aiutatemi o vi ruberò tutto anche oggi!
Fece per alzarsi, ma per quanto si dimenasse e scalciasse non ce ne fu verso.
– Aiutatemi! – implorò. – Sono incastrato e non riesco a liberarmi!
Giunse in suo soccorso solo il mago, che gli disse: – Nessuno vorrà aiutarti. Grande e grosso come sei, avresti dovuto usare la tua forza per dare una mano agli altri. E invece ti sei comportato male con tutti. Adesso non hai più nessun amico e non riesci neanche a camminare tranquillo. Alla fine, hai perso più di quello che hai guadagnato.
– Lo so! – si lamentò piangendo Nientedichè. – Non voglio più essere un gigante. Cambia la mia corporatura in qualcos’altro, te ne prego!
Il mago s’impietosì. – Ti posso accontentare. Perderai l’altezza e la robustezza, che tuo padre ha pagato cinquanta soldoni, in cambio dell’intelligenza, che ne costa mille. Quando avrai lavorato e guadagnato abbastanza, mi darai i novecentocinquanta soldoni che mi devi.
Un attimo dopo, Nientedichè si rimise in piedi e tornò com’era una volta: non molto bello, né molto alto né robusto. Ora, però, era diventato intelligente.
Imparò il mestiere di suo padre, bene e in fretta, e presto poté dare al mago i novecentocinquanta soldoni che gli doveva. E vissero tutti per sempre felici e contenti.
Molto carina questa favola, e con un bel messaggio! Auguri 🙂
Ti ringrazio, Paola. Il tuo commento al mio testo mi ha fatto davvero piacere. Sono lieta che il messaggio sia stato colto.
Ho scritto questa favola perché conosco molte persone che, riguardo ai più svariati argomenti, badano soltanto alla quantità e non alla qualità. Più o meno come Nientediché!
Una bella storia con una morale adatta non solo ai più piccoli. Brava
Ho apprezzato molto anche il tuo commento, Liliana. Nel sito è presente anche un’altra favola scritta da me, dal titolo Beicolori. Vuoi dare un’occhiata?
Mi piace la tua storia,è una vera fiaba,leggera,semplice e con un forte messaggio,chiaro,ma non falsamente didattico.Ti faccio i migliori auguri.
Grazie! Ho risposto al tuo messaggio per Beicolori!