Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “L’orco e la farfalla” di Mita Feri (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

C’era una volta una splendida farfalla dalle ali variopinte.

Era così leggiadra, con quei suoi movimenti sinuosi, che a guardarla se ne rimaneva incantati. Quando nel cielo si stagliava limpido il sole che le sorrideva festante, trascorreva le sue ore piroettando nella distesa erbosa del prato e soffermandosi di fiore in fiore.

E gaia, come a voler ricambiare il dono della gioia di quelle meravigliose e calde giornate, offriva in omaggio al sole, la luce dei suoi vivaci colori: il rosso rubino, il giallo dorato e inargentava il prato con la sua polvere di stelle.

Ma come tutte le cose belle che non passano inosservate spesso, alimentano l’invidia di chi non le possiede.

Viveva ai bordi di quel prato, in uno scuro e folto bosco, un orco, un personaggio ombroso e burbero, che al solo vederlo incuteva timore, tanto che tutti lo evitavano. Persino le piante, quando passava loro vicino, si coprivano gli occhi con i rami e le foglie, per nascondersi …. Si diceva che se qualcuno avesse osato guardarlo dritto nei occhi, lui gli avrebbe lanciato contro, una perfida maledizione.

Ora dovete sapere, che l’orco aveva notato quella luce splendente che emanava la farfalla e si era messo in testa di rubargliela: credeva infatti che fosse il riflesso di un gioiello nascosto sotto le trasparenti ali e lui in fatto di pietre preziose era davvero un esperto!

Ne possedeva infatti una gremita collezione ….. meglio non sapere come se la fosse procurata!

Un giorno l’orco, provvisto di retino, si appostò dietro un’alta siepe fiorita, per spiare la farfalla e cercare il momento giusto per catturarla.

Quando la malcapitata, ignara del destino che stava per compiersi, si trovò suo malgrado nelle vicinanze, ebbe l’infelice idea di andare a posarsi sul fiore più bello della siepe: profumato ed elegante, sembrava sbocciato proprio per farsi ammirare da lei.

Ecco che compì l’imprudenza di adagiarsi sulla sua invitante corolla: era una trappola architettata ad arte dal malvagio orco. Povera farfalla! Fu presa  prigioniera, in  men che non si dica, rimanendo impigliata nella perfida rete.

Grande fu la sua afflizione e ancora maggiore lo spavento, quando si vide poi rinchiusa frettolosamente, dentro una caraffa di vetro.

Pensò che ormai sarebbe stata la fine per lei e pianse, così tanto che le sue lacrime caddero sulle ali e queste cominciarono a sbiadirsi e a perdere i brillanti colori.

“Che terribile disastro!” Pensava desolata.

L’orco da parte sua, raggiante per aver conquistato la  preda tanto agognata, di corsa si diresse al suo rifugio, dove aveva preparato un angolo per preservare la sua bellissima farfalla preferita.

Non vi dico lo stupore, quando nel liberarla dalla sua prigionia, la scoprì così sciupata: non se ne capacitava proprio e stentava a riconoscerla.

Le erano rimasti soltanto due puntini neri per gli occhi, scintillanti di commozione!

La poverina, tutta tremante, se ne stava intimorita, con le ali ripiegate e le antenne abbassate, in attesa della fine che ormai credeva prossima.

L’orco per la prima volta provò uno strano senso di imbarazzo e inadeguatezza, non era avvezzo alle buone maniere, essendo vissuto sempre in solitudine e non sapeva proprio cosa fare, per rimediare al danno compiuto.

Pensò che magari alla farfalla avrebbe fatto piacere circondarsi di lucentezza, per riconquistare la polvere d’argento, come del resto piaceva a lui, così si diresse nella sua cantina, dove conservava un immenso tesoro e iniziò a frugare alla ricerca di qualcosa di adatto, con la speranza di rallegrare l’infelice farfalla.

La piccola nel momento in cui l’orco si allontanò si sentì riavere, anche se quel luogo tetro e lugubre non le desse troppe speranze di salvezza: non filtrava proprio un filo di luce.

“Ma dov’era capitata?” Pensava

“ Oh! Che enorme disgrazia!” Si ripeteva fra sé.

Le tapparelle delle finestre erano tutte sigillate; soltanto un piccolo, timido fuoco tremolante, misto al fumo denso color piombo, dall’odore acre ripugnante, si scorgeva nel camino annerito dalla fuliggine e dalla sporcizia.

Mentre se ne stava lì tutta desolata, la piccola farfalla ripensò a quanta strada aveva dovuto fare in quella sua breve vita per raggiungere la bellezza e la libertà e quanto adorava volteggiare nell’aria sconfinata, posandosi di fiore in fiore.

Nascosta dapprima dentro un minuscolo uovo, ne era uscita a fatica, in forma di piccolo bruco. Appariva ancora piuttosto ripugnante e molto lontana dalla bellezza che avvertiva dentro di sé e che era ansiosa di mostrare al mondo intero.

Con estrema urgenza, aveva cercato uno stelo cui aggrapparsi, che fosse fedele e accogliente e che l’avrebbe preservata con estrema dolcezza durante la sua delicata fase di trasformazione da crisalide a farfalla.

Aveva sperato ardentemente che quel tempo trascorresse in tutta fretta, non vedendo l’ora di crescere e sbarazzarsi di quelle sembianze da mostriciattolo!

Mentre le passavano quei pensieri nella mente, mestamente, provò ad aprire le sue ali accartocciate e piano, piano, riuscì a darsi animo, ricordandosi con passione della prima volta, quando emerse dalla crisalide.

E sentendo che le ali rispondevano al suo richiamo, le venne il coraggio di agitarsi con più impeto e,  come per magia, la polvere d’argento che ricopriva le sue ali d’organza, cominciò a propagarsi in grande quantità nell’aria: ne uscirono una miriade di stelle luccicanti e argentei fili.

La farfalla restò a dir poco meravigliata da tutta quella letizia d’abbondanza e quella luce che emanò si diffuse tutta intorno nella vallata.

Era un bagliore quasi accecante, che andò oltre il rifugio e giunse lontano, lontano,  fino alla reggia del re che viveva oltre quel bosco, al di là della pianura.

Quel chiarore fu percepito come una richiesta di soccorso dagli abitanti del regno e il re, che era molto stimato e conosciuto per le sue doti di generosità, fu subito informato che c’era senza dubbio bisogno del suo intervento, laggiù, lontano, alle estremità della vallata: l’impressione era, che si trattasse di un incendio molto esteso.

Il re chiamò allora suo figlio affinché dispiegasse una spedizione di abili cavalieri per andare in perlustrazione  a cavallo.

Il principe era un giovane scaltro, indomito e sprezzante del pericolo e alla notizia di dover partire in missione fu molto lieto di rendersi utile e distogliersi dai compiti per lui più noiosi, dettati dalle regole del protocollo di corte.

Il gruppo partì che era già sera, ma grazie alla luna piena che indicava la strada e a quel bagliore, non faticò a percorrere la strada solitaria per giungere alla capanna, nascosta nel fitto bosco.

Nel frattempo l’orco aveva fatto il suo ritorno; anche lui rimase stordito da quel frastuono abbagliante, a tal punto che non poté neanche trattenere gli occhi aperti. Cercò una benda nelle sue immense tasche, dove nascondeva ogni sorta di cianfrusaglia rubata e se la legò dietro la testa, coprendosi la vista. Provò, piano, piano, ad entrare nella sua capanna, a tentoni, ma pur riconoscendo la disposizione degli oggetti, finì con lo sbattere da una parte e dall’altra, procurandosi dei dolori lancinanti.

S’infuriò e maledisse la farfalla, alla quale imputava la causa di tutte le sue disgrazie.

Intanto il principe e le guardie erano giunti nel luogo predestinato.

I secondini circondarono la capanna, aspettando l’ordine di fare irruzione.

Contemporaneamente, il bagliore era svanito e dentro al rifugio era accaduto un prodigio: la farfalla si era trasformata in una giovane bellissima, dai capelli dorati che le scendevano fino alle spalle, modellati in graziosi boccoli. Era vestita di un meraviglioso abito bianco, adorno di stelle e fili d’argento e, incredula, non proferiva parola, per timore di attirare l’attenzione dell’orco che continuava bendato, a girare per la stanza, lamentandosi con quel suo vocione rauco.

La giovane purtroppo non riusciva a muoversi, così inspiegabilmente privata delle sue ali e allo stesso tempo impaurita di poter emettere un qualsiasi rumore e destare i sospetti dell’orrendo uomo che la teneva rinchiusa, non muoveva ciglio.

Si rendeva conto però, rimirandosi, di avere delle sembianze del tutto diverse, a lei sconosciute.

Le grida dell’orco intanto avevano di molto insospettito gli uomini fuori, che pensarono di aver finalmente raggiunto la dimora del ladro,  cui da tempo davano la caccia (ma che molto furbescamente non si era mai, lasciato prendere).

Così le guardie, ricevendo un gesto d’intesa da parte del principe, decisero di entrare in azione e di penetrare all’interno della capanna, cogliendolo di sorpresa.

Sospinsero giù il portone, con gran lena.

L’orco, esasperato dal sentire tutto quel fracasso, con impeto, si tolse la benda che gli copriva gli occhi, per verificare chi fossero quegli intrusi che osavano introdursi nella sua casa, ma ahimè, la situazione per lui non cambiò poi molto, perché la maledizione si era accanita contro di lui e lo aveva privato della vista, per sempre!

Le guardie cercarono di immobilizzarlo.

Non vi nascondo che faticarono un po’, vista la sua corporatura robusta e la resistenza che vi oppose, ricorrendo a calci e pugni.

Dovettero legarlo ben stretto, mani e piedi, con una fune molto resistente.

Il principe entrò per ultimo nella capanna e non vi dico lo stupore, nel trovarsi di fronte quella fanciulla così splendida, ma alle cui domande, non proferiva parola.

In un primo momento pensò che fosse una bambola, talmente ben fatta da sembrare vera, poi, osservandola più da vicino e vedendo che lei, incuriosita, lo seguiva con quegli occhi meravigliosi che sembravano il mare, pensò che fosse straniera, oppure semplicemente molto impaurita e che avesse bisogno di tempo  per riconquistare la serenità, quella stessa che lui già sentiva crescere dentro al suo cuore, ammaliato dalla sua straordinaria e insolita bellezza.

Guardandosi attorno, con circospetto, notò alcune gemme e collane di sua conoscenza e si inorgoglì, nella certezza di aver catturato il temibile ladro del regno. Ordinò alle guardie di farsi indicare da lui il nascondiglio del tesoro e di farsi consegnare tutto il bottino dall’orco, che ormai, legato come un salame, non faceva più paura a nessuno.

In quanto alla fanciulla, il principe provò di nuovo a chiederle:

-“Ma tu chi sei? Ce l’hai un nome?”-

E l’unica cosa che si sentì dire, con un filo di voce tremolante fu:

“Sono una farfalla”.

-“Ma allora tu parli la mia lingua! E’ oltremodo meraviglioso!”

Aggiunse raggiante il principe e fece per avvicinarsi a lei, delicatamente.

Provò a spiegarle che l’avrebbe accompagnata al palazzo reale, dove le devote ancelle della regina, sua madre, si sarebbero prese amorevolmente cura di lei e quando si fosse sentita meglio, avrebbe potuto scegliere di ritornare al suo paese, se fosse stato questo il suo desiderio, altrimenti lui si sarebbe offerto di ospitarla per tutto il tempo che ritenesse necessario per ritrovare il suo destino.

In cuor suo già desiderava di chiederla in sposa: era stato un vero e proprio colpo di fulmine!

Non aveva mai incontrato una ragazza di una tale bellezza e che sprizzava dagli occhi bontà, però c’era un guaio: non riusciva a comunicare con lei, almeno per il momento, perché la ragazza si era zittita di nuovo e non rispondeva più a nessuna sollecitazione verbale.

Pensò che avrebbe dovuto pazientare e che con il tempo, ogni cosa si sarebbe sistemata. Cercò così di rassicurarla baciandola delicatamente sulla fronte, la raccolse come un fiore tremulo fra le sue forti braccia, la sistemò sul suo cavallo bianco e, con al seguito i suoi uomini e quel furfante dell’orco, fece ritorno al castello, dove fu accolto con grande gioia,  fra gli applausi di tutto il popolo del regno, perché ormai, la notizia della cattura di quel temibile mascalzone si era già diffusa con la rapidità della luce.

E per Farfalla, abbandonate ormai le sue originarie sembianze, ebbe inizio una lunga vita felice, a corte e piano, piano, conobbe e ricambiò la dolcezza dell’amore del principe.

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1 commento »

  1. Ci sono tutti gli ingredienti della fiaba,forse troppi!? Anche linguaggio qua e là appare un po’ ricercato,poco immediato,ai piccoli piace la lingua semplice anche se curata ed espressiva. Comunque ti faccio un grosso in bocca al lupo,anzi all’orco.

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