Premio Racconti nella Rete 2014 “La posta al tempo delle E-mail” di Sabrina Sezzani
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014“Comunichiamo tutti continuamente con E-mail, mms sms, siamo sempre a schiacciare “clic” di invio con tutti gli strumenti che la nostra era elettronica ci mette a disposizione, eppure non c’è mai stata un’epoca in cui ci si sia sentiti così soli”. Questo pensava Sara mentre stava entrando in ufficio quella mattina: da quando aveva trovato lavoro le sue riflessioni avevano preso questa piega…si, finalmente aveva trovato lavoro: era una postina. Quando le avevano comunicato che era stata assunta, le era sembrato di toccare il cielo con un dito: aveva finito con il precariato, con gli annunci sui giornali, con i periodi di prova, aveva un lavoro vero ora, cominciava un’altra vita.
Sara imparava in fretta; la mattina, dopo le poche cose che aveva da fare in ufficio, usciva e andava per strada, ed era lì che si svolgeva il suo lavoro. Non era ancora esperta e tutto le scorreva veloce, anzi era il tempo che non bastava mai; cercava di imparare dai suoi colleghi e intuiva che l’esperienza era fondamentale, ma sapeva che erano anche molto importanti la conoscenza del territorio e delle persone. Ed era questo che più la affascinava del nuovo impiego: osservare le periferie, nei momenti in cui il lavoro porta in altri luoghi le persone attive, e a casa rimangono anziani, casalinghe, bambini e disoccupati. Ogni volta che suonava ad un portone a risponderle erano sempre queste persone ed era interessante intuire le abitudini di ognuno, capire chi aspettava con ansia un documento o chi, viceversa, cercava in ogni modo di rimandare l’arrivo dei pagamenti; si potevano capire molte cose anche solo da come una persona rispendeva all’annuncio: “posta in cassetta!”.
Era curiosa, tutto ciò che girava intorno a questo suo nuovo mondo le interessava, ma una mattina rimase veramente sorpresa quando, attaccata ad un portone con dello scotch, trovò una busta con su scritto: “Per la nuova postina”. La busta era di colore azzurro scritta in bella calligrafia, e quando la afferrò si accorse che era sigillata e senza mittente.
La borsa le pesava, minacciava di piovere, e voleva finire il suo giro prima di rientrare per il pranzo, a malincuore Sara mise la busta nella tasca della giacca e riprese il suo lavoro. Non riusciva a concentrarsi però, pensava a che cosa contenesse la lettera e a chi l’avesse scritta, era eccitata come una bambina: una lettera per la postina, praticamente un ossimoro..
Poco prima che cominciasse a piovere rientrò in ufficio, e dopo aver mangiato in fretta il suo panino si concesse finalmente il tempo per leggere:
“Cara postina,
sono giorni che ti osservo mentre fai il tuo lavoro, e oggi vorrei rubarti un po’ di tempo per raccontarti una storia.
Un giorno un gufo brontolone, mentre se ne stava appollaiato sopra il suo ramo preferito, vide da basso, nel bosco, due giovani scoiattoli rincorrersi e mordersi la coda; la cosa lo indispettì non poco perché con i loro squittii amorosi i due scoiattoli disturbavano il suo riposo e incupito il vecchio gufo aprì il becco per sgridarli severamente, quando, alzato lo sguardo al cielo, vide l’aquila maestosa che si stava avvicinando; un po’ corrucciato e un po’ contento il gufo pensò: “vedi adesso che fine fanno i due scoiattoli”, e si preparò ad assistere ad uno spettacolo esaltante: l’aquila avrebbe lanciato il suo grido di caccia e come un missile si sarebbe gettata sui due scoiattoli e, c’era da scommetterci, almeno uno dei due, ci avrebbe rimesso la pelle. Il gufo curioso si sistemò meglio sul ramo per assistere comodamente alla scena, quando, meraviglia delle meraviglie, l’aquila si abbassò fino a sfiorare le cime degli alberi, compì un lungo giro e poi, con una impennata improvvisa, si rialzò in volo e si allontanò. I due scoiattoli non si erano accorti di niente tanto erano intenti a rincorrersi e a farsi i complimenti: erano rimasti assolutamente ignari del pericolo che avevano corso. Il vecchio gufo corrucciato pensò che non era giusto che una simile fortuna fosse toccata a due scoiattoli tanto sprovveduti, mentre da qualche altra parte altri animali più avveduti e accorti sarebbero stati sacrificati per il pranzo dell’aquila e dei suoi aquilotti.
Morale: se vivi con intensità, gioia e spensieratezza, il cielo ti sarà amico; se hai paura e non ti concedi alle avventure della vita, a volte ti salvi ma corri comunque molti rischi; se invece stai a guardare la vita degli altri, rimani sempre deluso.”
La lettera si chiudeva così senza firma, senza mittente e senza alcun riferimento.
Sara era sconvolta, rilesse più volte la lettera chiedendosi chi poteva averla scritta, e perche lo aveva fatto; era inquieta e le occorse un po’ di tempo per tranquillizzarsi. Ogni volta che ripensava a ciò che aveva letto le sembrava che il suo sconosciuto interlocutore avesse voluto indicarle una strada, perché poi fosse lei a proseguire il cammino. Era incerta, non sapeva cosa fare, ma una volta a casa, prese una decisione: avrebbe risposto alla lettera e senza indugio si mise al lavoro con carta e penna e le parole le vennero subito, senza fatica:
“Gentile interlocutore sconosciuto,
la ringrazio per la cortesia di avermi resa la destinataria della sua missiva, ne sono lusingata.
Ho letto volentieri la sua storia e ne ho apprezzato la stesura e il contenuto; personalmente, non mi riconosco in nessuno dei protagonisti citati, anche se fino ad adesso il cielo mi ha spesso aiutato, sono per natura una persona attenta e guardinga, e talvolta mi è capitato di non aver troppa voglia di buttarmi nella mischia.
Ma si può essere qualcosa di diverso da ciò che lei ha voluto indicare?
Le rinnovo la mia stima i miei ringraziamenti e attendo sue.
La postina”
Esaminò ciò che aveva scritto e si accorse che la calligrafia non era bella come quella dello sconosciuto, ma poteva andare; sigillò la busta e si mise in tasca un rotolo di scotch, la mattina seguente ne avrebbe avuto bisogno.
Trascorsero tre giorni prima che un’altra lettera apparisse allo stesso portone, e Sara, come la volta precedente aspettò la fine del lavoro per leggerne il contenuto:
“Cara postina, mi fa piacere che tu abbia risposto alla mia lettera, anzi alla nostra lettera, visto che non sono solo a scriverti; certo che si può essere qualcosa di diverso da ciò che abbiamo descritto ed è proprio per questo che ti abbiamo interpellato: Ma, chi sei tu? Sei carina, e lo sappiamo, sei curiosa e lo hai dimostrato, sei intelligente e lo abbiamo appena appurato, ma non hai ancora risposto alla domanda fondamentale: è preferibile buttarsi nella mischia anche a costo di correre qualche rischio, o viceversa è meglio stare nascosti e sperare che l’aquila non arrivi? ”
Se era possibile, dopo la lettura di questa seconda lettera, Sara era ancora più disorientata: Chi erano queste persone? E perché la osservavano con tanta attenzione?
Nei giorni seguenti pensò a cosa fare: non sapeva se era meglio rispondere, o ignorare la seconda missiva, stare al gioco o chiedere spiegazioni…
Inutile negare che buona parte dei suoi pensieri erano anche alla ricerca della giusta risposta al quesito che le era stato posto: meglio stare a guardare pensandosi al sicuro, o buttarsi nella mischia, anche rischiando di sporcarsi le mani? Non riusciva a trovare una risposta soddisfacente e i giorni trascorsero senza che le fosse possibile prendere alcuna decisione. Finché una mattina, appena sveglia, Sara realizzò di aver trovato la risposta giusta; senza pensarci due volte, prese un foglio, scrisse alcune righe velocemente, lo piegò in quattro e lo mise in tasca: questa volta i destinatari misteriosi avrebbero perdonato la mancanza di forma.
Mentre rientrava in ufficio, dopo aver attaccato il foglietto al portone, ripensò a ciò che aveva fatto e sempre più si convinceva di aver scritto la cosa giusta: “Le metamorfosi sono fasi interessanti da osservare, e talvolta da vivere”. Questo aveva scritto e questo era il suo pensiero; adesso però voleva sapere chi erano e cosa volevano i suoi interlocutori.
Nei giorni seguenti controllò spesso il solito portone, ma sempre senza successo; trascorsero un paio di settimane senza che le fosse recapitata alcuna lettera e così Sara arrivò alla conclusione che qualcuno si era preso gioco di lei. Ne fu delusa, ma ritenne chiusa la vicenda e non ci pensò più.
La vita tornò a scorrere serena, il suo lavoro le era diventato più “familiare” e si era sveltita al punto che la mattina aveva anche il tempo per una fermata al bar; fu durante una di queste colazioni che conobbe un signore anziano, molto distinto e con il passare dei giorni per Sara diventò un abitudine fermarsi a fare due chiacchere con lui; seppe che era vedovo, pensionato, che abitava in zona, e che ogni mattina usciva di casa presto, in qualunque stagione e con qualunque tempo e rincasava solo la sera tardi. Sara non capiva perché un signore così anziano trascorresse tutte quelle ore fuori di casa, ma ebbe pudore a chiedergli una cosa simile vista la poca confidenza, e si tenne per sé anche molte altre domande più personali.
Una mattina Carlo, così si chiamava l’anziano signore, apparve al solito bar accompagnato da un altro anziano; Sara pensò che era bello che finalmente si fosse trovato un amico e lo salutò con la solita allegria. I due anziani la invitarono a prendere un caffè e Sara ne rimase stupita: in tutto quel tempo non aveva mai visto Carlo consumare qualcosa al bar e aveva intuito che i soldi per lui erano un problema; fu per togliere ogni imbarazzo che accettò volentieri il caffè proponendo però di pagare ognuno la propria consumazione. Quando sentì Sara parlare così l’amico di Carlo le sorrise le strizzò l’occhio e le disse: “dunque anche intraprendente e risoluta, abbiamo capito anche questo!” Sarà sgranò gli occhi verso i due anziani: possibile che fossero loro i misteriosi autori delle lettere? Non ebbe però modo di formulare nessuna domanda, perché subito Carlo le disse: ”Devo scusarmi con te, Sara, ma avevamo bisogno di capire se potevamo fidarci, ti abbiamo tenuto d’occhio per un po’, e oggi abbiamo deciso di parlarti, perché pensiamo che tu sia la persona giusta per noi”.
Sara chiuse il suo diario e mise via la penna. Dal corridoio sentiva arrivare delle voci, e si accorse che era ora di pranzo, “Giovedì, riso in bianco” disse tra sé, “sempre riso in bianco il giovedì”.
Andò in bagno si lavò e si asciugò le mani e ripensò a ciò che le aveva detto il dottore: “scrivi della tua vita Sara, scrivi, vedrai che starai meglio”. Era così che aveva cominciato, prima controvoglia e poi sempre più volentieri, anche se, pensandoci bene, non era affatto sicura di riuscire a spiegare come erano andate le cose. Era difficile descrivere il clima che si era trovata a vivere in quegli anni, cosa aveva significato per lei fare la postina, come era entrata in contatto con tante persone che avevano perso il lavoro e che non riuscivano davvero ad arrivare alla fine del mese, persone che vivevano tristemente, anziani stanchi, giovani senza speranza; già non era affatto sicura di essere capace di descrivere tutto questo.
La chiamarono per il pranzo, si sbrigò, doveva rispettare gli orari, avrebbe ripreso a scrivere più tardi. Durante il pasto si lasciò distrarre dalle chiacchere delle sue compagne di tavolo, e fu solo dopo alcune ore che riprese a scrivere.
Come sempre, ripercorrendo la sua vita sul filo delle pagine, il tempo trascorse veloce e giunto il momento della cena, si accorse che anche quel giorno non era uscita per la consueta “ora d’aria”.
Non fece in tempo a riflettere su questo suo nuovo stato di pigrizia che, mentre riponeva le sue cose, sentì chiamare: “Sara Ruspetti, a telefono”. Non fu sorpresa, sapeva chi era: una volta al mese il nipote di Carlo la chiamava, avevano la stessa età e dopo tutto ciò che era accaduto, erano diventati amici e forse, se ce ne fosse stato il tempo avrebbero potuto anche…..
Mentre la accompagnavano al telefono Sara ripercorse i giorni successivi a quelli di cui aveva appena narrato nel suo diario; ripensò a come Carlo e i suoi amici l’avessero coinvolta nella loro vita di pensionati “minimi”, di pensionati che, unendo le forze riuscivano appena a sopravvivere dividendo le spese e cercando di fare economia su tutto; di pensionati che, non sarebbero stati mai più in grado di pagare i debiti accumulati nel tempo. Le avevano raccontato che avevano escogitato l’espediente di stare fuori casa tutto il giorno perché in questo modo nemmeno il postino poteva trovarli e quindi non poteva notificargli gli atti di pagamento: si erano resi irreperibili, sembrava strano, ma anche ai tempi della E- mail certa posta andava consegnata a mano e con tanto di firma per ricevuta.
Quella mattina, in quel bar, davanti a una tazza di caffè, Carlo e il suo amico le confidarono la loro vita, i loro problemi, e le chiesero aiuto: le chiesero di diventare loro complice e di aiutarli a non ricevere la posta indesiderata.
Era stato così che Sara negli anni successivi aveva aiutato Carlo, e tutti gli altri anziani bisognosi, a risultare irreperibili per quella posta che, anche solo dalla busta, lasciava trapelare il suo contenuto.
La voce del suo accompagnatore la riportò alla realtà:“Non più di 5 minuti mi raccomando ” le disse in modo severo “le telefonate non possono essere più lunghe di 5 minuti” l’avvertì indicandole il telefono, “lo so” rispose Sara tornando bruscamente alla realtà “lo so, non si preoccupi, conosco le regole, mi lasci il tempo di salutare un amico,… e torno subito nella mia cella, agente”.
Un racconto intenso nel descrivere le fasi di gestazione con cui nasce e poi si sviluppa una solidarietà rischiosa e diciamo pure, sbagliata. Nove anni e qualche mese a questa parte, che faccio il portalettere, ciao, in bocca al lupo per il concorso.