Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Ballata di Agostino” di Alice Cappagli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

All’incrocio di quattro strade c’era una piazza, e nella piazza c’era un giardino.

Il giardino non aveva ringhiere, ma ad ogni angolo c’era un cancello, e tutti passavano sempre dai cancelli perché a nessuno era mai venuto in mente di fare un’altra strada per attraversare la piazza. Però ad Agostino si, era venuto in mente, e così scegliendo la via non battuta si era accorto che vicino a uno dei cancelli c’era un’edicola. Chiusa. Tanto nessuno leggeva più niente da molto tempo.

Agostino aveva valutato bene l’edicola, gli era piaciuta assai, la trovava accogliente nonostante le serrande fossero abbassate fino in fondo, il tetto sporgesse ben poco e le macchine rombassero lì intorno. Così trascinò con molta fatica tutti i suoi bagagli vicino all’edicola e ce li sistemò con grande cura: erano valigie, sacchi, zaini, anche ben tenuti nonostante se li tirasse dietro da diversi anni. Ossia da quando aveva deciso di raccogliere tutte le cose che la gente perdeva per strada.

Poi valutò bene anche la posizione del sole, e pensò che fosse meglio che i suoi bagagli prendessero il calore della mattina ma non quello del pomeriggio, che fossero riparati dalla tramontana, che si facessero compagnia se lui si assentava per andare dieci metri più in là. Ma che cosa ci fosse alla fine in quei bagagli nessuno lo sapeva esattamente, perché lui li chiudeva ben bene. Roba importante, era evidente, proprio perché persa e mai ritrovata.

Agostino era infagottato parecchio, portava il cappello di lana e il cappotto lungo in tutte le stagioni, aveva una bella barba scenica che lo rendeva piuttosto autoritario, e dal suo angolo di giardino sorvegliava la situazione che per l’appunto gli pareva estremamente interessante.

Amava osservare i passanti, ma, una volta acquattato tra i bagagli, stava in ascolto di ogni rumore e di ogni parola che sentiva. Così finiva che per gran parte del giorno immagazzinava frasi giunte fino a lui, poi di sera le ripeteva. Se poi gli mancava il tempo di ripeterle tutte di sera, finiva che le ripeteva la mattina dopo, a squarciagola. Si piantava dunque fra un paio di siepi che gli facessero da quinte, e urlava spesso una incredibile quantità di affermazioni del tipo:

“ Te l’ho detto io che il titolo scendeva!!!!”

“Ora devi sparire!!!”

“Lavora lavora che tanto crepi lo stesso!!”

“Ma diglielo che è bastardo, sono tutti uguali!!”

“ Meglio morire sani!!”

“Quello è un ladro!!!!”

“ Te la facevi con quello là, lo immaginavo, ti ammazzo!!!”

“Hanno rubato tutti!!!”

“Ora basta!!!!”

“Una situazione sociale indecente..”

“Quanta disoccupazione..”

“Sono in ritardo!!!!”

La gente che passava si stupiva perché aveva la netta impressione di aver già sentito quelle frasi, per non parlare dei vituperi che aveva immagazzinato con dovizia di particolari; ma in genere chi si stupiva non capiva che in pratica lui ripeteva quello che aveva sentito, pari pari. E senza aggiungere una virgola.

Poi assumeva quell’espressione tipica di chi la sa lunga ma la tiene per sé, e così le mamme con la carrozzina che andavano di corsa perché l’asilo chiude, quelli con gli auricolari, quelli con il telefonino, quelli con la valigetta, quelli con il tempo alle calcagna che morde, gli lanciavano un’occhiata torva e tiravano di lungo. L’avevano tutti un tantino antipatico. E poi ingombrava con tutta quella roba ammucchiata. Magari bisognava avvisare i vigili di quartiere.

Solo la cornacchia del primo pomeriggio si fermava a parlare con Agostino, inclinava la testa per guardarlo con l’occhio sinistro e diceva:

“Hai finito di urlare? Tanto io urlo di più,ahahah. Perderai la voce e nessuno ti ascolta, sei matto sei matto sei matto..Chi prende il fresco tutto il giorno ha la tosse di contorno ahahaha. E io no ahahah.”

Ma Agostino si stringeva nelle spalle e correva subito dai suoi bagagli nel timore che la cornacchia combinasse anche dei guai peggiori con quel becco, o facesse gli scherzi di cattivo gusto che vedeva fare in giro ai piccioni. Vatti a fidare di una cornacchia. Ma peggio ancora furono i vigili che difatti arrivarono puntuali come la cornacchia a dire che avrebbe dovuto pagare una tassa per l’ immobile (edicola) e per i mobili (bagagli). La legge è legge. Agostino riferì quello che aveva sentito “ho venduto la barca per pagare le tasse / ora vendo la collana di perle di mia moglie/ Tanto ho i soldi in Svizzera,” E quelli se ne andarono.

Visto che a parte la cornacchia non aveva interlocutori, si avvicinò alla fontana per parlare

con lei. Vicino alla fontana faceva anche più fresco, a volte i bambini giocavano lì intorno, qualche coppia con l’ora d’aria si baciava, le badanti piantavano la loro vecchietta malatina davanti agli zampilli per telefonare nella loro lingua, e Agostino anche se ascoltava poi non riusciva a  ripetere. Vedeva le vecchiette ipnotizzate dai giochi d’acqua e quando se ne andavano  dimenticavano in terra la memoria. Agostino la raccoglieva e se la metteva in tasca.

Solo la fontana aveva il dono della clemenza e della lungimiranza, diceva sempre poche parole e quelle poche poi si diluivano in un sacco di gorgheggi che erano gradevoli da ascoltare ed evocavano sempre tante cose romantiche .

Vicino alla fontana c’era anche una ragazza cinese che vendeva un mucchio di stupidaggini tanto inutili quanto luminose, via via provava a far danzare le sue odalische di plastica sull’orlo della vasca principale. A quanto pare anche lei non aveva una gran fortuna né con gli avventori né con le cornacchie. In mezzo alle cianfrusaglie teneva anche una specie di boa di penne rosa shocking e un piccolo sassofono.

Un giorno la ragazza cinese riuscì a vendere le odalische a una bambina araba, invece il boa e il piccolo sassofono lo vollero due bambine in lacrime. Riuscirono a farseli comprare dalla baby sitter perché volevano imitare la mamma che era andata in America “ in una città dove vive il jazz”, e così si sbizzarrirono  in scene americane per un’ora smettendo di piagnucolare.

Quando se ne andarono lasciarono sul bordo della fontana un mucchietto di scaglie di allegria. Agostino si mise in tasca pure quelle.

Un altro giorno invece arrivarono tre zingari con tanto di fisarmonica e sacchetti pieni di strumenti vari, fra cui un clarinetto, un’ocarina, un’armonica, un flauto dolce: si accaparrarono lo spazio della cinese dopo una lunga discussione  e si misero a suonare. Agostino a dire il vero dormicchiava, e tutta quella confusione lo infastidì parecchio. Quindi uscì dalla sua barricata di valigie, e andò a fare la  valutazione dei fatti a posteriori: constatò che i tre avevano avuto la meglio, e la ragazza cinese se ne stava dall’altra parte della fontana senza riuscire a vendere niente. Difatti dalla cesta perdeva una roba farinosa difficile da raccogliere. Allora facendo l’indifferente si avvicinò per osservare meglio, e si accorse che si trattava di speranza. Roba difficile da mettere in tasca specie se si fosse levato il vento dell’autunno, e poi quello dell’inverno. Appena se ne fosse andata lui avrebbe racimolato qualche avanzo con un po’ di pazienza (anche di quella ne aveva poca).

Intanto la banda dei tre zingari imperversava e qualcuno lanciava delle monetine. Ad Agostino le monetine non interessavano affatto, e sperò che le raccattassero tutte per non sporcare il giardino.

Sopra i tre però si vedevano delle bolle scure residuo della discussione, e quelle salivano insieme alla musica ad alimentare una nube compatta che si addensava sopra il giardino.

“Agooostiiino, Aaagooostiiiino….” si mise a gorgheggiare la fontana.

Lui non era sicuro di aver sentito bene in tutto quel caos, ma si avvicinò. Faceva già più fresco dei giorni precedenti e vicino alla fontana ci andava malvolentieri. Nonostante cappotto e cappello già sentiva i prodromi dell’autunno.

“C’è la nuuuuuuube”, mormorò la fontana.

Guardò in alto e constatò le dimensioni preoccupanti della nuvola grigia, pareva greve di robaccia tanto volatile quanto minacciosa. Riusciva a distinguere qua e là delle tracce di ira, di vanità, di banalità, di brutalità, tutta roba evaporata da terra. Tutta roba inutile.

“Veerraaaaaà……..l’ iiiiiiinveeernooooooo” concluse la fontana e pianse come faceva spesso, inutile negarlo.

Lui rimase perplesso dall’insolita chiarezza con cui si era espressa la fontana, ma nel dubbio andò a sistemare un po’ meglio i suoi bagagli perché qualora fosse venuto il freddo quello vero, l’inverno gelido, tutte le sue cose forse si sarebbero congelate. E sarebbe stata una vera tragedia.

Siccome i tre suonavano anche di notte, arrivarono pure i carabinieri perché nei palazzi vicini avevano protestato assai. La cosa era evidente perché anche stizza e insofferenza mischiata ai fumi di arroganza e noia avevano fatto un’ulteriore cappa di gelo.

Le cose si mettevano piuttosto male e Agostino, nonostante cercasse di scaldarsi con i suoi bagagli, non sapeva come fare. Aveva anche un po’ di fame però l’indifferenza creava della nebbia intorno a lui e ora i passanti neanche lo vedevano più. Neanche lo sentivano, a dire il vero, perché prestavano più orecchio ai motori che alle parole.

Quei pochi che gli lasciavano una focaccia con un briciolo di solidarietà, credevano che lui se ne fosse andato. La solidarietà stava in valigia quella grande insieme all’amicizia, ma si stava alleggerendo perché il calore non si trovava.

In compenso però i passanti almeno parlavano come sempre, così lui la mattina presto urlava:

“Di questo passo si va all’inferno tutti!!!”

“Pensano solo ai soldi!!!”

“Passano sui cadaveri dei poveracci!!!!”

“Banda di cretini!!!”

E il sole era sparito. Come da manuale di un inverno burrascoso.

La cornacchia del primo pomeriggio era piuttosto depressa e gracchiava cose incomprensibili, infatti probabilmente beccava solo spazzatura, ma non perdeva il vizio di guardare Agostino in tralice. Appena raccolse le energie fece una spiata:

“Eheheh gli zingari hanno perso l’ocarina….l’inverno si avvicina…..ahahahaha”

E siccome lui non rispondeva, aggiunse:

“Se non suoni uno strumento poi l’inferno lo fa il vento ahahahahahah”. E volò via.

Allora Agostino si alzò pigramente e andò a cercare questa famosa ocarina di cui parlava la cornacchia, e la trovò sotto i ligustri. Andò a lavarla alla fontana che piangeva ormai disperatamente da diversi giorni e osservò che nell’acqua galleggiava già qualche cubetto di ghiaccio

“AAAgoooostiiino……..maaaandaaaaa viaaa l’inveeernoooooo”, mormorò la fontana.

E siccome lui non rispondeva, piombò di volata un passerotto che beccava insolitamente dello zucchero caduto da una frittella. Si sentiva un po’ bassa la pressione.

“Se suoni l’ocarina e scaldi l’aria mandi l’inverno a gambe all’aria”, lo disse talmente in fretta che lì per lì Agostino non non aveva capito. D’altra parte è tipico dei passeri essere veloci e volare via subito.

“Oooooooooooooo siiiiiiiiiiiii”, si entusiasmò la fontana, sempre nei suoi limiti, ovviamente.

Allora Agostino asciugò ben bene l’ocarina con uno straccio in cui aveva racchiuso l’amore per l’arte, (una cosa cresciuta per conto suo nello zaino dell’amore perso), e cominciò ad esercitarsi. Era veramente penoso a dire il vero, ma con la costanza e la speranza di cui aveva una piccola scorta, magari avrebbe potuto combinare qualcosa di meglio.

Era solo un giorno che si esercitava quando la mattina dopo, molto presto, lo svegliò un raggio di sole.

Era solo un giorno ma forse sarebbe bastato……

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11 commenti »

  1. Ho trovato il racconto un affresco della triste verità che ci circonda. I temi trattati ( costanza, speranza, amore per l’arte, solidarietà, indifferenza, arroganza, noia, pazienza, lungimiranza ), sono esposti con originalità e sensibilità. La positività del finale, non del tipo ” e vissero tutti felici e contenti”, impreziosisce il racconto in quanto, la comparsa del raggio di sole, forse l’inizio della primavera che si lascia dietro l’inverno grigio e freddo, non è altro che il cambiamento del modo di vedere la vita, risultato di costanza e speranza che scaldano il cuore e la mente di qualsiasi essere umano.
    Complimenti alla scrittrice.

  2. Racconto interessante, un che di Zen all’interno. Di voglia di comprendere e non subire quello che ci circonda. Brava. Ciao e buone letture.

  3. Bellissimo racconto,a dir poco commovente.Così come i pittori mettono sulla tela coi propri colori l’interpretazione della natura,questo racconto ,pieno di colori e suoni,mette in scena una realtà che vivo tutti i giorni,infatti vicino a casa mia vive ai bordi di un parco un personaggio senza fissa dimora che mi ricorda tantissimo Agostino. Brava e complimenti.

  4. Uno sguardo sensibile , un momento di poesia e di speranza inserito nel ritratto di una quotidianità sconcertante!

  5. favola e cronaca, mito e sociologia, in una parabola urbana che non tralascia il miracolo comune, di tutti i giorni, ordinario quanto lo è il cambiare le stagioni a piacimento. sembra di stare all’incrocio di due, tre universi alternativi che, guarda caso, si mostrano nel punto dove si trova un angelo senzadimora, forse collezionista celestiale. ho scritto troppo; bastava un “bello!”.

  6. Qualcosa di estremamente meraviglioso … di una sensibilità delicatissima ed originale …
    La realtà che vive nella favola e la favola che vive nella realtà … la convivenza di queste due sfaccettature della vita.
    Il susseguirsi di sentimenti che prendono vita, colore, forme, corpo … e parlano … diventano realtà tangibile.
    Agostino, il personaggio che “assorbe” ed “entra ion contatto” con tutto ciò che lo circonda, nutrendosi di questo … capacità che gli permette addirittura di comunicare e scambiare con gli oggetti inanimati … che prendono vita …

    Complimenti vivissimi all’autrice!

  7. Sono i piccoli miracoli come questo racconto a mandare via l’inverno.

  8. Complimenti Alice, un racconto commovente e pieno di poesia. Liliana

  9. Quasi una favola,
    protagonista tenero e malinconico.
    Congratulazioni anche a te, Alice 🙂
    A presto.
    M

  10. Questo è il primissimo racconto che ho letto qui. Pensai: “Con autori così bravi in concorso non vincerò mai!”.
    Alice, ancora complimenti per la tua meravigliosa storia e arrivederci a Lucca. 🙂

  11. L’astratto che si concretizza. Leggendo avevo la sensazione, fortissima, tangibile, di toccare (scusa ripetizione) tutte le emozioni che Agostino non si stancava di raccogliere. Tra le mani prima mi scivolavano le scaglie di allegria; poi le stesse mani si invischiavano nella farinosa speranza, che cresceva come lievito fino a quando non si è sciolta sotto la pioggia dell’ira e della vanità imperanti. Alla fine la nebbia spessa dell’indifferenza mi ha coperto. Ma, sempre con le mie mani, ho iniziato a strappare il suo velo per vedere un unico, sottile, raggio di sole. Bellissimo! Scrivi proprio bene Alice! Immedesimazione e spirito di osservazione! Complimenti!

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