Premio Racconti nella Rete 2014 “Talità Kum” di Nicola Leo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Il cammino della vita è fatto d’incroci imprevedibili.
Spesso ci troviamo di fronte a situazioni che ci obbligano a prendere una decisione, il ché non è sempre facile. Talvolta possono passare giorni, mesi o addirittura anni, prima di capire quale sia la direzione giusta da prendere e, nel frattempo, si ha solo un’apparenza di vita.
Solo quando si ha il coraggio di dire un si o un no a sé stessi, quel cammino può riprendere con convinzione e rifiorisce quella parte di noi che, per tanto tempo, abbiamo mortificato con le nostre paure. Con questo spirito, oggi, sono venuto qui, a confrontarmi con delle persone che hanno avuto coraggio. Alcune le conosco, altre invece no, ma tutte hanno in comune una cosa, hanno segnato la mia vita.
La più piccola mi sembra una ragazzina con i capelli lisci e sciolti, che le avvolgono il viso come a una giovane madonna, avrà sedici anni. Ha scoperto da poco di essere incinta, ha le mani sul grembo e gli occhi chiusi. Sta parlando con la sua bambina.
C’è una giovane ragazza, che si è innamorata con un bacio rubato sotto la pioggia, davanti a un’antica fontana sovrastata da due angioletti che giocano con l’acqua, cui sembrano darne forma e vitalità. Accudisce dentro di sé quell’amore nato improvvisamente, così come si può accudire un delicato fiore, sbocciato come per incantesimo, in un giorno e in un posto qualunque.
Ha davanti a sé tutta la vita e tutto l’entusiasmo dei suoi sogni. Quel fiore non può che crescere, tutto lo fa presagire. Ma i suoi sogni, ben presto, si scontreranno con una brutale realtà, che romperà drasticamente quell’incantesimo.
E poi ci sono io. Un trentanovenne, che della propria vita non ci ha capito ancora un granché. Vorrei tanto comprendere i moti che turbano la mia anima, che la percuotono e la risollevano, la zittiscono e poi la fanno volare.
Come una piccola barca che naviga da sempre in un oceano troppo grande, dove burrasche improvvise si susseguono senza tregua, disorientando le mie sicurezze con una tempesta di domande, che si abbatte giù da un cielo imperscrutabile. Sì, ricordo le rassicuranti onde che mi cullavano qualche tempo fa, hanno lasciato il posto a impetuosi grattacieli d’acqua, sui quali inevitabilmente sono andato a sbattere, non sempre per colpe mie.
Vorrei tanto capire le alchimie, quelle che danno forma alla vita e che ispirano ogni decisione. E poi lo spirito che rende appassionato il creato, intuirne le dinamiche e seguirne le direzioni. Vorrei capire le mie emozioni. Non accetto di essere definito un eterno Peter Pan, un sognatore, come mi dicono in tanti. Nella vita ho quasi tutto, ma nel mio firmamento manca qualche stella.
E’ giunto il momento di prendere una decisione. I passi audaci e inconsapevoli della mia prima giovinezza mi hanno portato fin qui. Il mio cammino è giunto a un bivio.
E’ il momento di dire “addio” a qualcosa d’importante, a qualcosa di me, che mi ha tenuto compagnia lungo questo viaggio. Fa tanto male. Ma non si può proseguire lungo un sentiero e stare continuamente a guardare l’altro. Così, capisco che ho bisogno di guardarmi meno intorno e di più dentro di me. E’ un ritorno alle origini, un inizio necessario, se si è decisi a ricominciare a vivere.
Benedette alchimie, quanto ci aiutano in questi momenti! Come può una piccola barca procedere nella direzione giusta, se il vento non le sospinge le proprie vele? Così è la mia vita, quando non è ispirata dalle alchimie.
Riconosco un ragazzo, più piccolo di me, che si avvicina tenendo sotto braccio il casco della sua moto, su cui è disegnata un’aquila; si fa avanti timidamente e si sta chiedendo cosa ci è venuto a fare. Fuori ha due belle ragazze che scalpitano per lui. Una si chiama “Afrodite”. L’altra è la sua “Libertà”.
Si chiede se è disposto a mettersi in discussione, a fare quel passo che gli consentirebbe di svuotarsi di tutte le cose che alterano l’architettura dei suoi progetti. Che gli consentirebbe di guardarsi allo specchio, per farsi le domande giuste e per capire dove sta andando.
Lo continua a pensare, se non sia tutto tempo perso, perché, in fin dei conti, finora non ha fatto altro che cercare negli altri le proprie risposte e poco dentro di sé. Ma alla fine ha paura e dopo un po’ va via. Così velocemente, che si perde il primo miracolo.
Il miracolo, qui, in questo luogo sacro, è veder rinascere le persone con un sorriso e una luce nuova. Un uomo, qui, dopo aver respirato il silenzio, ha ricevuto dei doni. Tra le mani ha una fiammella, di fuoco vivo, che arde e che infiamma lo spirito
<< Tutti l’abbiamo sin dalla nascita, è ciò che ci lega al Cielo. La mia si era ormai spenta, a causa della superbia e dell’avidità. Credevo di bastare a me stesso, ma in realtà, a me stesso ero totalmente indifferente. Ignoravo ciò di cui avevo realmente bisogno. Quella parte di me che si stava conformando al mondo ora sta morendo e per colpa sua stava morendo anche il mondo. Ma è pronta per rinascerne una nuova. Ognuno di noi è la realizzazione di un IO originale e unico e, se ciò avviene, diventa un tesoro per tutti gli altri. Se ambite a essere felici e a vincere la solitudine, cercate prima di tutto voi stessi, cercate la Verità dentro di voi. >>
Ma << Cos’è la Verità? >>
Già duemila anni fa, se lo chiese un uomo potente, mentre condannava a morte un giovane Nazareno, la cui “colpa” era quella di parlare un linguaggio diverso. Un giovane che entrava in relazione con chi lo cercava, che invitava a ravvedersi o, più semplicemente, a vedersi. Per questo “dava la vista ai ciechi” e “la toglieva a chi pensava d’averla”, perché, in fin dei conti, l’essenza del suo messaggio poteva essere così sintetizzato
<< State sbagliando il modo di vedere e d’intendere la vita. State sbagliando strada >>
Ciò bastava per mettere in discussione tutto e tutti. Anche me, duemila anni dopo.
La mia barchetta sta avanzando, nell’oscurità, perché la fiammella che ho tra le mani si è ridotta a un piccolo lumicino. Sto navigando tra le ferite del mio cuore, sto attraversando il mio dolore. Contemplando il mistero, in fin dei conti, spero anch’io in un miracolo, che possa trasformare le mie ferite in feritoie.
Queste cicatrici rappresentano le mie delusioni, le posso toccare, sanguinano. Paradossalmente, sono le cose che più brillano nella mia oscurità. Non le avrei mai volute, ma sono la geografia del mio cammino. Rimangono lì, luminose, per non smarrirmi.
Eccomi. Il mio cammino è giunto qui, a un bivio.
E non so ancora a chi e a cosa dire addio. Nel mio universo è in atto un nuovo big bang, che mi costringe a ricominciare tutto da capo o, più semplicemente, a trovare il coraggio di dire un si o un no.
<< Cos’è la Verità? >>
Mi basterebbe sapere solo questo. Forse, è semplicemente non aver paura di sbagliare.
Ora ho una missione e un compito da svolgere. La mia missione è rialzarmi e camminare. Il mio compito, è scegliere dove. Il resto verrà da sé. Il resto l’affido alle alchimie.
La fiammella si sta spegnendo.
Qualcosa dentro di me sta morendo.
Duemila anni fa ancora non ero nato, ma penso che anch’io, più di una volta, abbia messo a morte quel giovane Nazareno.
Sul monte Golgota, quel giorno, è stato insegnato un coraggio ancora più alto, ai tanti che lo avevano conosciuto.
Uno di loro si chiamava Giàiro. Chissà cosa provò, quando seppe della crocifissione di colui che lo aveva salvato.
Chissà se anche lui si chiese turbato “Ma cos’è la verità per questo mondo? Qual è il suo senso?”
Giàiro era un capo della sinagoga e, probabilmente, avrà pure faticato a realizzare la straordinarietà di quell’uomo, che stava destabilizzando gli equilibri dell’epoca.
Un giorno, poco tempo prima, l’andò a cercare disperatamente e lo pregò di recarsi a casa sua, perché sua figlia stava morendo.
Giunti a casa, tutti piangevano la bambina, perché, nel frattempo, era morta.
<<Non è morta, ma dorme>> disse il Nazareno, mentre tutti lo deridevano.
A Giàiro gli fu chiesto di non temere e di continuare ad avere fede.
Prese la mano della ragazza e rivolgendosi a lei esclamò << Talità Kum! >>
che significa << Fanciulla, io ti dico: alzati! >> Ed ella si svegliò e si mise a camminare.
Qualcosa dentro di me sta morendo, qualcos’altro è pronto per rinascere.
E’ un parto doloroso e il concepimento è stato inaspettato.
Prendo il casco ed esco, fuori è una bella giornata. I fiori sugli alberi mi fanno capire che anche per la natura è tempo di rinascita. Non vorrei mettere il casco, per un senso di libertà, ma quell’aquila ammaccata mi ricorda quante volte mi ha salvato la vita.
Arrivo all’appuntamento, vicino la fontana. Mi accendo una sigaretta. Poi un’altra. Non c’è nessuno.
Qualche anno fa, qui, ci incontrammo per la prima volta, sotto una pioggia autunnale. Le portai una rosa e lei mi abbracciò sorpresa di gioia. Parlammo di noi e il tempo sembrò fermarsi per un’eternità. Tra una risata e l’altra, ci demmo il primo bacio. Un po’ di tempo dopo, una malattia me l’ha strappata dalle braccia, mettendo a morte tutti i miei sogni e ogni mia certezza.
Di lei, mi è rimasto il coraggio di combattere per la vita. Io, invece, faccio ancora fatica a scegliere quale direzione dare alla mia.
Agnese la frequento da poco, è una ragazza sensibile, che mi ha colpito per la sua ironia e per il modo pratico col quale affronta la vita. Quando finalmente arriva, ne sono felice. Si siede accanto a me sulla panchina.
<< Scusa del ritardo, ti ho preso questi, perché so che ne sei goloso >> mi da dei cioccolatini, ridiamo. Con lei sto bene, siamo fatti della stessa pasta.
<< Perché hai voluto che ci vedessimo qui? >> Le chiedo.
<< Perché questo per me non è un luogo qualunque >>
<< Per quale motivo? >> incuriosito dalla sua risposta.
<< Qui ci torno tutte le volte in cui non riesco a vedere delle vie d’uscita. Mi aiuta a ritrovare me stessa. E’ come un ritorno alle mie origini >>
continua << Devi sapere che è qui che si è deciso il mio destino. Mia madre ha scoperto di essere incinta quando aveva solo sedici anni. I miei nonni non sapevano nulla della sua relazione con mio padre, erano piccoli. In quel travagliato periodo i miei genitori erano costretti a dei sotterfugi per incontrarsi qui, vicino a questa fontana un po’ nascosta da tutto il mondo. E dopo tanti pianti e momenti di sconforto, è stato proprio qui, che i miei hanno deciso di avermi >>
Si alza, mi prende la mano e io la seguo.
<< Guarda >> mi indica una vecchia scritta sul muretto, sotto a uno dei due angioletti. Fatico a trattenere l’emozione quando vedo quella scritta, ancora leggibile tra due cuori disegnati trent’anni prima “ AGNESE 17 marzo 1983 ”
<< E’ proprio oggi! >>
<< Si, è questo il giorno in cui i miei genitori hanno preso quella decisione, è questo, per me, il mio vero compleanno >>
cedendo all’emozione, continua << E la cosa buffa è, che ancora non sapevano se io fossi una femminuccia o un maschietto. Ma mia madre, in cuor suo, lo aveva già deciso >>.
Racconto interessante.Complimenti
Questo racconto accarezza l’anima ed il cuore,fa riflettere sulle vicissitudini della vita e di come essa sia mutevole,da un momento all’altro; nello stesso tempo,da una spinta di positività e coraggio nel mettersi in discussione,fa capire quanto l’animo umano sia fragile e condizionabile. Il racconto e’ ben strutturato e armonioso,con un uso appropriato delle metafore,complimenti allo scrittore!
Una bellissima storia!
Auguri
Emanuela
Grazie mille Luigi, Alessandra ed Emanuela per avermi commentato!
Nicola, rappresenti bene le crisi esistenziali delle persone, da non ritenersi individui fragili. La crisi esistenziale è dovuta alla sensibilità delle persone e si presenta come una burrasca. In queste situazioni il transito nei dubbi e nelle fede è d’obbligo. L’Amore è la medicina o la terapia migliore.
Emanuele.
La storia è molto bella. Quasi magica.
Angela
davvero particolare!!!