Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Un Mondo precario o Un Mondo di Precari?” di Michaela Miluzzi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

La precarietà è originata dal Mondo in cui viviamo o il Mondo è divenuto precario perché abitato da noi?

Mi sto chiedendo questo mentre nel buio della notte (o della mattina?) attendo insieme ad altri venti zombies la famosa “Corriera”.

Ancora non riesco a credere che sono ormai sei mesi che faccio tutti i giorni questa cosa:

-Mi alzo alle 04.30

-Prendo il Cotral delle 05.30

– Arrivo a Tiburtina prendo la metro B fino a Termini

– A Termini prendo la metro A fino ad Anagnina

– Ad Anagnina prendo l’Atac fino alla Facoltà

– Mi sparo quelle leggere 4/5 ore di lezione in sudice aule con baffute colleghe di università

-Mi rimbarco per arrivare verso le 22.30 a casa, mangiare, cercare di cagare (perché il tram-tram non ti crea stanchezza..ma stitichezza) e poi a dormire, per quanto sia possibile riposare

Eppure eccomi qui; che ancora una volta sono imbacuccata come pochi, con lo zaino che odora di panino al salame,o di frittata, o di pollo. Ogni giorno con tutto l’arsenale della studentessa precaria sulle mie spalle, o per lo meno nella mia borsa finché qualcuno non tenta di rubarla.

Arriva lui, grosso e blu, che dall’esterno pare essere così imponente, così sicuro.

Entro e l’odore di Co.tra.l, indefinibile con altri aggettivi perché è solo lì che si sente, mi fa ripiombare ancora una volta nella depressione da pendolare “La vita fa quasi più schifo di un film muto sul crollo della Borsa”. Fortunatamente il posto lo trovo sempre dove voglio salendo dal capolinea; le mie tecniche nel passare degli anni sono variate, prima era quello singolo, poi quello doppio interno al corridoio e poi avevo ben deciso da qualche mese che quello doppio esterno fosse perfetto; perfetto per spiaccicare la faccia sul vetro mentre collasso.

A tal proposito ritengo opportuno specificare il fatto che credo abbiano visto le mie corde vocali più volte i passeggeri ed i controllori del Co.Tra.l che il mio dentista. Ebbene si, appena mi addormento spalanco le fauci e poi…chi vivrà, vedrà.

Questa mattina ho un sonno che mi fa quasi venire conati di vomito; di fuori è freddo così appena si entra “l’aria calda”, se la vogliamo far passare per tale, mi travolge come un caldo bacio appassionato. Avvampo subito, così decido di appisolarmi senza cappotto che appallottolo e poggio tra il vetro e la mia gamba.

Cuffiette, cartella musicale, play. Il buio, le mie fauci, un po’ di relax cullata dalle curve della Salaria.

Ogni tanto mi arriva qualche gomitata dalle mia vicina di posto che penso sia una stronza e non che magari le sto piano piano scivolando addosso. Poi un tonfo, una frenata brusca ed io che mi sveglio di soprassalto.

Fuori è ancora buio e noi siamo da poco entrati nella Salaria vecchia; in quel preciso punto che io definirei “La terra di nessuno”. Non ci sono stazioni di servizio, non ci sono lampioni, c’è solo la nebbia ed un fottutissimo auto regionale che si è fermato e che aggiunge il suo fumo alla foschia mattutina. Nemmeno il tempo di capire che ci cacciano dall’auto dicendo che è guasto.

Oh porca puttana ladra” commento io finemente (appena sveglia sono ancora più greve di quanto lo sono di solito). Non so se la mia imprecazione è più per il fatto che non so come raggiungerò la mia quotidiana meta o perché…ho appena ripreso il mio giubbotto ed è-completamente-zuppo!

Ma signorina, lo sanno tutti che in queste trappole ci piove dentro; quei due signori laggiù, sono stati fino a qualche minuto fa con l’ombrello aperto per non bagnarsi“. Mi giro con gli occhi di Caronte, del Demonio, della bimba spettinata dell’Esorcista. Ringhio e basta fissandola e lei si dilegua. “Ti mangio in un sol boccone vecchia di merda con i capelli color carota”; me lo continuo a ripetere mentre strizzo la  giacca e come una pecorella smarrita seguo il gregge di altri pendolari che cominciano a camminare verso una salita alla sinistra della strada.

Troverò Virgilio, una lupa o semplicemente il proprietario della strada con un fucile in mano? E invece no, mi ritrovo ad una fermata di un povero, poverissimo treno che per fortuna passa dopo poco tempo. Nel viaggiare su dei sedili felicemente quasi umani, mi trovo comunque in una situazione sgradevole:

A- il mio giubbotto è completamente bagnato, è Novembre e fuori non solo piove ma faranno si e no 2 gradi

B- nel salire sul treno mi sono imbattuta in una vecchia – stronza – conoscenza che nonostante noti palesemente le mie occhiaie attacca un sermone allucinante su di lei, su di quanto è figa e bla bla bla bla

Non so come arriviamo a Tiburtina ed è proprio lì, che con somma gioia, mi rendo conto di aver lasciato l’ombrello sul Co.Tra.l

Oh cazzo!CAZZO ! CAZZO! CAZZO!

Faccio finta di nulla, continuo imperterrita il mio viaggio verso Itaca; un po’ perché ci tengo a seguire le lezioni, e un po’ perché ormai è una sfida personale.

Alla fine arrivo non so come in facoltà e tento per l’intera giornata di essere invisibile e di celare il mio disagio esteriore che è solo un sunto di tutto quello interiore.

Stremata come non mai con quotidiana facilità raggiungo nuovamente Tiburtina. Che poi la facilità si traduce nello stare schiacciata tra altre duecento mila persone che sudano, che urlano e che disperdono al tuo fianco quella scoreggia che si trattenevano da tutto il giorno. Perché è così, i mezzi pubblici ci danno il permesso di essere pessimi, convinti di non guastare nulla di non già guastato.

Frastornata dalle arie altrui, arrivo al piazzale dell’auto e lo vedo che si allontana. E’ già partito ed io non ci voglio credere. Nei seguenti, infiniti, trenta minuti che seguono tremo dalla rabbia, dal freddo e dall’incredulità di quella giornata.

Una volta salita sulla maledetta trappola, mi faccio metà viaggio in piedi ancora una volta appiccicata ad altre persone. “Non ci sto credendo, questo è solo un incubo ed in quanto tale finirà presto”; è questo che penso mentre finalmente trovo posto a sedere. Quasi riesco a rilassarmi convinta di aver superato il giorno più brutto di tutta la mia vita.

D’altronde io cosa ne potevo sapere che di lì a qualche metro saremmo rimasti fermi per altre tre ore, causa incidente stradale?

 

Loading

7 commenti »

  1. La rabbia che sostiene questo racconto più che realistico lo rende espressionistico: la realtà è letterariamente deformata fino al suo estremo per sentire quanto è ‘vera’: puzzo, sporco, freddo … squallore in cui sembra di affogare senza speranza di salvezza. Uno stile che soffoca, brucia, vorresti uscirne per vedere se c’è un pezzo di cielo pulito. Eppure ci resti dentro, non scappi, leggi fino in fondo.

  2. Divertente, frizzante e fantozziano. I drammi del pendolare sono lo specchio del mondo guasto in cui viviamo. Un racconto che fa ridere e anche riflettere!

  3. Grazie!

  4. Un’ironia inebriante che colpisce il bersaglio senza troppi eufemismi!schietta,nuda e cruda!la realta’ sul vetrino di un microscopio!sarcasmo geniale!complimenti!

  5. Salve Michela, complimenti per il suo racconto. Sono bastati pochi secondi e quello che per anni avevo rimosso è venuto fuori in un attimo : l’esperienza dei terribili e interminabili viaggi per raggiungere l’Università come studente fuorisede. Alcuni fra commentatori che mi hanno preceduto hanno adoperato il termine “fantozziano”, per il trasporto pubblico italiano? Si vede che erano in vena di battute. Oggi, con la crisi, non sei sicuro neanche della partenza di un treno !
    In bocca al lupo per tutto e buone letture.

  6. Un racconto che coinvolge sempre più a partire da quei due super righi in cui parli della depressione da pendolare, dell’odore tipico delle corriere Co.Tra.l irrepicabile altrove, e di quanto la vita in certe giornate possa assomigliare ad un Film muto sul crollo della borsa. Intrigante questa scrittura molto ironica e pungente sul tema della mobilità studentesca e non solo studentesca.

  7. Grazie a tutti…credo sia doveroso dire che la cosa più “fantozziana” di tutto ciò è che non ho avuto fantasia ed immaginazione nel scrivere tutto ciò…ma che ahimè…sono tutte cose realmente accadute! Grazie ed in bocca al lupo a tutti ^_^

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.