Racconti nella Rete 2009 “Gli starnuti conciliano il sonno” di Imma Di Nardo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Etciùùùùùùùùù……
Sonoro, penetrante, prolungatissimo nella straziante U finale che lo accompagna, lo starnuto, che risuona solitario in quella torrida notte di giugno del ‘93, è stato udito, Marcella ne ha la certezza assoluta, ben oltre gli angusti confini della sua camera, la n.24 della Pensione Margherita di Sestri Levante.
Forse non dall’Alpi alle Piramidi e dal Manzanarre al Reno, come aveva inizialmente temuto, ma senz’altro ha oltrepassato ogni confine socialmente accettabile.
La domanda che la ragazza si pone è : assodato che aveva risvegliato praticamente tutti gli ospiti del piccolo albergo familiare, in cui da alcuni giorni cercava sollievo alla sua devastante rinite allergica, quanti altri disgraziati vecchietti alloggiati nelle limitrofe Pensione Sorriso – Annalisa – Da Lele aveva sottratto al loro gracile sonno? Per non pensare al peggio, nel caso di eventuali cardiopatici?
Non vuole ricordare ancora quella notte, l’incredibile notte di tre anni prima ; era estate, e torrida anche allora, sull’Espresso Milano/Napoli, la notte in cui il morto ci stava scappando davvero. Aveva emesso, violando la profondità dei sonni in corso, uno dei suoi migliori, più eclatanti starnuti; alto e forte aveva perforato il silenzio e la sua coda si era prolungata nella notte appiccicosa: il panico si era rapidamente diffuso, almeno nella carrozza che ospitava Marcella e le sue amiche. Si narra di passeggeri fermati appena prima di tirare il segnale d’allarme e – ah! il suo perenne rimorso – di quell’esangue vecchierello colto da malore al ricordo del devastante terremoto di Casamicciola del 1883, mitizzatogli dal nonno ed il cui fragore paragonava al suo inopinato starnuto.
Era chiaro che in quella stagione, tolto personale di servizio e giovani mamme con bimbi in età prescolare, probabilmente l’unica sotto i trenta nel raggio di chilometri era proprio lei; inoltre, è a tutti nota la fragile trama dei vegliardi sonni.
– Eh no!…mò pure le menate sul gracile sonno dei vegliardi non me le posso permettere…sto già combinata male, io! – esclama ad alta voce la ragazza, scrollando la massa scura dei capelli.
Intanto cerca di farsi forza alla prospettiva di una notte in bianco, tra spray, collirio ed antistaminici. A tastoni, per evitare di ferirsi gli occhi, ormai due fessure rigonfie e tamponandosi il naso, altrettanto tumefatto, con un brandello di fazzolettino di carta , ne cerca affannosamente degli altri sul ripiano del comodino.
E’ costretta ad accendere l’ abat jour a fianco del letto per illuminare la drammatica situazione: le sue scorte fazzolettifere assommano alla miseria di due …DUE …pacchetti cincischiati…..per altro già aperti! Orrore!…e la consapevolezza che adesso non le resta che fidare nella morbidezza dei rotoli di Tenera Tenderly nel suo bagno e nella generosità dell’addetta alle camere nell’aver predisposto un rotolo di riserva :
– Ma non dimentichiamoci che siamo in Liguria!santa polenta! santa polenta! santa polenta!- e con un gemito di impotenza Marcella si accascia, vinta, sul letto.
“Etciùùùùùùù…
Almeno uno degli ospiti dell’albergo era stato traumaticamente richiamato, né poteva essere altrimenti trattandosi del vicino di stanza, da un laborioso sonno raggiunto da poco più di un’ora.
Il professor Corrado Nicosia – sino a pochi anni prima popolare insegnante di latino e greco presso il Massimo D’’Azeglio, uno dei licei storici di Torino ed attualmente declassato ad amabile vecchietto dalla ragazza nella camera a fianco alla sua – essendo dotato di un efficientissimo apparato cardiocircolatorio oltre al disappunto per il brusco risveglio, non accusa ulteriori danni.
Perfettamente sveglio, come sempre gli accade appena apre gli occhi, e scacciato il fastidio grazie alla simpatia che prova per la ragazza – con la quale ha avuto modo di scambiare, nei giorni precedenti, piacevoli chiacchiere, commentando l’irrisoria colazione a buffet mattutina – Nicosia prende dal comodino a fianco il Poirot acquistato il giorno prima e si accinge a leggere corteggiando il sonno.
Gli etcciùùù della brunetta, intanto, continuano implacabili, sperimentando tutte le più ardite tonalità e modulazioni, ma mantenendo inalterato il loro carattere distintivo.
Il professore sorride : è vero, stavolta dovrebbe avercela con Marcella; era riuscito a conquistarsi, e da così poco, un sonno profondo come non gli capitava da tanto ed invece….Ma non se la sente di dimenticare le notti precedenti in cui starnuti, esclamazioni di fastidio, sbuffi , tutti perfettamente percepiti attraverso le pareti di cartavelina, gli avevano tenuto compagnia e resa più sopportabile la sua ricorrente insonnia.
E poi, stavolta, stavolta in un certo qual modo era diverso; non sapeva come, ma quei curiosi starnuti gli richiamavano qualcosa alla mente, qualcosa , sentiva, che lo emozionava, ma che non sapeva dove collocare.
Infine, mentre va perdendosi nelle lucide dissertazioni di Poirot, un’ inflessione insolita nell’ultimo dei numerosi starnuti, con impressionante subitaneità, gli fa tornare tutto alla mente.
Stavolta si tratta di un suono diverso : un’emissione timida, esitante, come di un gattino che articoli i primi miagolii – come quelli che emetteva Eleonora, pedalando insieme a me in bicicletta, muscoli guizzanti e sudore sulla schiena, mentre attraversiamo lunghe distese di fieno, allineate in covoni simmetrici , nelle interminabili estati dei nostri quindici anni.
Eleonora?…e perché dopo tanto tempo ci pensava adesso..? e certo
non era stata la sua grande passione, né il primo amore di gioventù e allora perché ?
Perché, così nitidi, rivede i mille particolari di quell’estate, il sudore che incolla gli abiti e gli fa intravedere le prime forme dell’amica, risente il torpore di quel caldo lontano e avverte perfettamente – ma sì proprio qui, proprio adesso – l’odore intenso del fieno, che sembrava essere dappertutto e, subito dopo, gli starnuti,continui, lunghissimi, ma timidi, smorzati di Eleonora?
Lui che la prende in giro, lei che tenta stare al gioco tra uno starnuto e l’altro, occhi rossi e continue richieste di fazzoletti .
Perché? Perché?
Eppure è bello, è così bello ricordare!
Etciùùùùù
Lungo, ma smorzato e meno irruente, lo starnuto gli arriva dalla stanza a fianco – Eleonora si toglie il golfino di cotone e lo appoggia sul portapacchi della bici e, tra uno starnuto ed una soffiata, trova il tempo di girarsi indietro e lanciarmi un bacio con la mano.
Etciùùùùù
Eh! stavolta è potente, potente ma breve –
Eleonora cerca disperatamente il fazzoletto in tasca e ne estrae la mano vuota, felice di soccorrerla le porgo il mio intatto, e lei, prima di usarlo ci appoggia sopra le labbra e, sorridendo, mi guarda –
Etciùùùùù
Netto, perentorio lo starnuto della stanza accanto – come le mani di Eleonora che mi attirano a se, che prende lei! l’iniziativa di baciarmi, in quella Sicilia spersa in un tempo svanito.
E così, dolcemente, un po’ alla volta, tra uno starnuto e un ricordo Corrado Nicosia, professore in pensione di latino e greco, in questo momento quindicenne ai suoi primi ardori, abbandona il libro sul petto e, per la prima volta da anni, entra in quel sonno pieno e compatto in cui è permesso inoltrarsi, immemori e felici, solo a chi è, o è riuscito ad essere per qualche estate in un tempo svanito, molto, ma molto giovane.