Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Mariaelena” di Dario Ronzani

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Te lo ricordi il bar del molo? C’era una nebbia spagnola a massaggiare le spalle nude delle onde calabresi, lì su quella pergolata bianca, stanca, abbiamo lasciato un bacio ubriacarsi da solo. Avevi una gonna nera di flanella, forse era grigia, grigiastra, che tiravi giù con le mani sopra le cosce riscaldate al sole, ricamate dal riflesso dorato della spiaggia.

Una spiaggia dimenticata in cui le conchiglie ascoltavano, tutte sudate e impiastrate da chissà quante dita, i nostri buffi discorsi. Quanti granelli di sabbia mi sono rimasti negli occhi? Voltaire avrà mai fatto il bagno in inverno? Serve a dimenticare, a pulirsi il cuore dalla pelle abbronzata. Perché progredire con il naso sul tuo corpo sembra affogare, le probabilità di guarire asciugano gli occhi con le loro percentuali, con le telefonate amichevoli, con i voli attorno a se stessi. Ci sono dei pensieri a giocare nei pressi dell’ultima piazzetta della mia testa.

La rabbia maniacale delle tue dita fine nello scorrere le stazioni sulla radio mentre fissavi duecento stagioni perdersi tra le nuvole. La sabbia inquinata dentro il costume messo in macchina, sulla Salerno-Reggio Calabria, con l’odore di crema solare e di fertilità, come una famosa sessuologa in vacanza, una puttana cattolica, moderata, organizzata, intellettualizzata. Il tuo atteggiamento egocentrico, da esibizionista, misto di compassione e svogliata rivoluzione, disperso nella tua passeggiata sconfitta tra gli scalini appena fuori casa. Fare l’amore sopra una sedia di paglia e di sale, mentre tua madre si batteva il petto in chiesa, con i tuoi piccoli gemiti di seta, con l’ave maria delle perpetue che da lontano intonavano il nostro lirismo sessuale, per niente profano, affatto dannato, così umano. Era ingenua quell’emozione di acqua e di sangue come quell’organo di legno e di fiato.

“Anche gli ‘ndranghetisti fanno l’amore? Tu ne conosci qualcuno?”

“L’amore è come la gravità Filippo, non sceglie mica chi tenere in piedi…”

Tra cielo e mare, mare e cielo, ci siamo amati per davvero? Ricordo quel sole opaco di Crotone, le onde verdi, le vie deserte, l’insolazione dopo il meriggio, la colazione con i marinai che non conoscevano l’italiano, che non sapevano della tua post-moderna emigrazione sempre più a Nord. Mariaelena se i tuoi due occhi blu avessero soltanto voglia di scappare da quelle reti assolate, salate, sfilacciate, ingiallite ? Eri una studentessa di chimica, vincitrice di una cattedra all’università di fisica a Berlino, ma non capivi perché ti venisse sempre da ridere sull’altalena davanti al mare.

“Dondola?”

“Eh sì, dondola…”

“Dondola!”

“Mi sembri una bambina Mariaelena.”

“Ci venivo sempre da piccola qui…”

“Allora è qui intorno che avrai perduto il tuo sorriso.”

Con i megafoni all’università per pisciare sulla banalità: i collettivi femminili, l’emancipazione della Luna con le sue prime mestruazioni di notte, le botte alle contestazioni, la programmazione con quattro discussioni con le ossa rotte, l’occupazione del nuovo millennio. Imbavagliarci il cuore e buttarlo in prigione, raggiungerlo di corsa dentro la zona a traffico limitato di Via Cavour. Le case popolari con gli orsi polari dentro; le bancarelle con le caramelle “stanno più giù”; i borghesi aforismi di Voltaire; Villa Borghese alle sette; le serate con l’erba d’ottobre ed il vino della tua terra… Mariaelena se i tuoi due occhi blu non fossero altro che due esuli romantici a caccia di rimpatrio? I tuoi capelli verniciati di temporali estivi, lo smalto blu lucente, educato sulle tue unghie tagliate dagli incisivi bianchi, sprofondati sulle tue apprensioni come sulle fette arancioni del melone, prosciutto e nutella, sulla tua bella dieta mediterranea.

Dietro stazione Termini c’è una via sotterranea che porta direttamente a Rosarno – sull’Arno – a Milano – sul Monte Bianco. E’ la via della disperazione, puzza d’arance marce, di sfruttamento razzista, d’avance politiche alla ‘Ndrangheta, di pizza con in mezzo la cocaina, di raccomandazioni con il mandolino, di polizia fascista, di disoccupazione, di finanziamento illecito ai partiti, di parrucchieri, parrucchini e par condicio.

Al bar del molo le onde denunciavano l’usura che i miei sguardi imponevano al rumore da digestivo della schiuma candida, il Candid nella tasca dei tuoi jeans, c’erano radici piene di male su quei robusti alberi di mele. Con te, ma solo, proponevo una bonifica universale del pensiero umano… Passò un cane, due, non trovavo soluzione a quel silenzio prezioso, a quell’essere volentieri lontani dal Mondo. Le conchiglie si presero per mano e fecero un dolce girotondo. Era mezzogiorno ed un treno mezzo rotto ci aspettava tossendo.

Tra mare e cielo, cielo e mare, ora sei chiusa dentro un monolocale a dare del voi al vecchio noi, a leggere ripetutamente le confessioni di quel santo italo-africano, adesso che non sei più docente di chimica, adesso che parliamo, tra Roma e Berlino, solo di metafisica. Mariaelena se i tuoi due occhi blu non fossero altro che la prova di un Dio buono sempre più a Sud?

“Tardi t’amai bellezza infinita.”

“Pronto Mariaelena, ma che c’entra?”

“Mi trasferisco Filippo.”

“Torni in Calabria?”

“No, domani ti spiegherò meglio…”

Rispettare una scelta cordiale, affamata, inaspettata. Rispettare la scelta del castigo cristiano, ipotetica censura, quattro mura con l’arsura di fuga. Chissà se ripensi all’altalena davanti al Tirreno? Dove hai ritrovato il tuo sorriso sincero, la tua voglia di guardare il cielo, forse oltre il cielo, oltre il mare. Dentro questo monastero di clausura tedesco, sullo strapiombo che carambola dritto dritto su nessun mare, voltando le spalle alla tua terra.

Ora leggo Agostino, anche io Mariaelena, che di notte sognavo di buttare i preti nei pozzi insieme allo spirito di Voltaire, perché vorrei un giorno rincontrarti, sedermi ad un bar e parlarti della semplicissima legge fisica che fa dondolare un’altalena ma non fa automaticamente sorridere. E’ vero l’amore non sceglie chi tenere in piedi.

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