Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Dove vai stai qua” di Vito Converso

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

  Dedicato a te.

 Prologo

 Roma, 2 giugno 2066

Io Cristina chiamata piccolo zuccherino da papa’ Marco,alla morte di mamma, Sara, avvenuta cinque  anni fa prima di vendere la casa dove sono cresciuta vicino al mare, rovistando in cantina ho trovato tra i libri ammucchiati su uno scaffale questo scritto e dopo averlo letto ho pensato di pubblicarlo sperando di aver fatto cosa gradita alla memoria di una mamma dolcissima e premurosa.

 

……………………………..

                  Dove vai? Stai qua…!

Era quasi mezzo giorno quando il treno arrivo’ alla stazione Termini di Roma. Freno’ rumorosamente a lungo e si fermo’ lanciando un fischio . Io ero pronta davanti alla porta di uscita con la mia unica valigia di colore blu scuro e talmente gonfia che sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro. Ero agitata e fremente al momento stesso. Mi chiedevo se fossi vestita bene o ero un po’ troppo castigata. Indossavo dei jeans blu e una camicetta bianca abbottonata fin sopra, da coprire tutto il collo, e un paio di scarpe di cuoio marrone  a stivaletto. Avevo i capelli sciolti come piacevono a lui. Non stavo piu’ nella pelle, non vedevo l’ora di scendere da quel treno. Un signore alle mie spalle urlo’ “signorina credo che abbia dimenticato il suo telefono  sul sedile “. Trasalii perche’ se lo avessi perso non avrei potuto contattarlo nel caso il binario non era quello di arrivo, il numero cinque.

Finalmente si aprirono le porte e fui investita  da un’ondata di aria calda  e umida. Notai subito che il binario era quello giusto. Scesi i tre scalini quasi scivolando dall’ansia del momento concitato e qualcuno mi passo’ quell’enorme valigia che per poco non mi finiva  addosso. Ero finalmente a Roma, la capitale ! Il viaggio fu lungo ma non faticoso. I miei pensieri non mi permisero di annoiarmi. Pensavo continuamente a come sarebbe stato il nostro primo incontro. Se mi avrebbe  accolto con un sorriso, o agitato serio e nervoso, o magari  con un saluto informale  e mi avrebbe  aiutato  con la valigia come  un amico di lunga  data chiedendomi se il viaggio fosse stato faticoso o no.

Niente di tutto cio’. Lui, non c’era.

Mi guardai intorno, niente. Guardai il display del mio telefono ma non c’erano ne  chiamate  ne messaggi. Pensai di chiamarlo  ma decisi che mi sarei seduta sulla panchina e avrei atteso di calmarmi prima di fare qualunque cosa. Forse si era perso o magari aveva sbagliato strada  e nel pallone totale  non riusciva neppure ad  avvertirmi? Insomma decisi di attendere.

Improvvisamente mi sembro’ che tutto si fermasse e che fu  silenzio. Ogni cosa mi apparve  immobile. Una voce profonda  e melodiosa che conoscevo molto bene chiamo’ il mio nome alle mie spalle,“ Sara, sono qui “. Mi girai di scatto e mi apparve lui come un angelo.

Io rimasi senza parole nel vederlo per la prima volta in carne  e ossa. Avevo la bocca asciutta e le labbra tradivano la voglia  di unirle  alle sue. Ma rimasi immobile. Aveva  la barba,mi appariva tutto scuro  ma bello e affascinante, notai i suoi occhi stanchi ma svegli,i capelli scuri con alcuni fili d’argento un po’ spettinati ma piuttosto composti e un po’ lunghi dietro il collo. Mi aveva detto che per il nostro incontro si sarebbe tagliato la barba, ma non fu cosi’. Non ho mai amato i peli e tanto meno la barba. Ma quando lo vidi ebbi uno stimolo caldo che mi fece arrossire e d’istinto abbassai lo sguardo. Aveva un aspetto selvaggio ma composto al tempo stesso. Provai  un’attrazione che non mi sarei aspettata. Mi venne davanti, mi prese le mani e mi guardo’ sorridendo facendomi sciogliere. Mi sentii subito calma e il fremito per l’attesa si placo’.  Mi alzai, ci guardammo per alcuni istanti e nello stesso momento ci abbracciammo stretti fino a sentire il battito del suo cuore che tradiva la sua calma  apparente. Poi sprofondammo nell’incavo del collo e io chiusi gli occhi. Il calore che provai stando appoggiata a lui fu indescrivibile. Sentivo ogni curva del suo corpo sul mio, il mio petto premeva sul suo e i miei capezzoli si irrigidirono. Mi staccai, lo guardai negli occhi, gli sorrisi dolcemente  e lo baciai.

Non mi accorsi della barba sul mio collo quando mi bacio’ con passione mentre io gli accarezzavo i capelli. La sua pelle era fresca e profumava di legno di sandalo. Dentro di me sentivo un formicolio piacevole che da molto tempo non provavo piu’. La mia mente  era  rapita cosi’ come  il mio cuore. Ero tra le sue braccia forti e sicure. Per tutto il tempo che io e lui abbiamo parlato  e ci siamo conosciuti non avrei immaginato che mi sarebbe apparso cosi’ maturo e deciso. Un uomo . Il mio uomo. Finalmente dopo  tredici mesi  che ci parlavamo era

arrivato il momento di conoscerci fisicamente. Certo mi innamorai di lui,  ma cio’ che provavo in quel momento era di totale  rapimento. Non volevo altro che  appartenergli.

Non sentivo fame, sete, sonno, stanchezza . Ma solo la voglia di essere li tra le sue braccia il piu’ a lungo possibile.

Ad un certo punto sussurro’ il mio  nome dolcemente come  se non volesse svegliarmi da un sopore profondo e io gli risposi con un sibilo  soffocato nella gola. Mille anni avrei atteso per quei momenti  di vero delirio.

Lui prese su la mia valigia  che per l’occasione le ruote decisero di non funzionare  e ci avviammo verso la sua  auto. Mentre camminava  avanti a me, io lo guardavo con ammirazione in ogni suo movimento. Era tutto normale, ma io lo trovavo stupendo. Camminava deciso e leggero come se quell’enorme valigia fosse solo una  scatolina  vuota.

Pensai tra me perche’ Dio non ci ha fatti incontrare prima? Forse perche’ avremmo dovuto passare attraverso le disperazioni della vita per farci meglio apprezzare  le delizie dell’amore?

Lui si stanco’ della valigia e la trascino’ scoprendo che una delle quattro rotelle funzionava  ancora. Arrivammo all’auto, una Opel Meriva  grigio metallizzato  tirata  a lucido.

Gli interni erano puliti e in ordine e c’era un intenso profumo di vaniglia. Non avrei potuto aspettarmi diversamente . Sistemo’ la valigia  nel bagagliaio entrammo in macchina e partimmo. Non so dove  eravamo diretti, mi disse che sarebbe stata una sorpresa. Ma io ero tra le nuvole come un aereo in volo. Non so nemmeno quello che  dicevo, parlavo del viaggio durato dodici ore  e delle persone  che mi erano sedute  accanto di cui ignoravo ogni cosa. Lentamente  tornai in me e guardando fuori notai che  uscimmo dalla citta’  e dal finestrino dell’auto mi passavano veloci grandi distese  di terra  e alberi di eucalipto. La giornata volgeva  al pomeriggio ma il sole  era  ancora forte e allungava le ombre della natura. Lui era  decisamente teso e mi disse che  eravamo vicini al posto di arrivo vicino al mare, una casa un po’ isolata  ma accogliente.

Furono le cinque  e mezzo di quel pomeriggio quando entrammo in un cancello aperto che mai rimaneva chiuso vista l’erba alta che c’era tutt’intorno . Entrammo in un viale con alberi di pioppo e ci fermammo davanti alla casa. Era di colore rosso bordo’ .

Aveva il tetto spiovente e le finestre  erano enormi ma senza imposte cosi’ da godere la visuale che da una parte si apriva in una distesa  di terra  e dall’altra si vedeva  il mare. Erano ricoperte  all’interno da grandi tende di color giallo oro che rendevano il tutto  sobrio ma elegante.

Immaginavo che, tirando le tende e aprendo le finestre,  la casa veniva inondata di sole e di profumo del mare. Lui aveva le chiavi e apri’ con estrema facilita’ come fosse una casa  che conosceva  molto bene, ma non gli chiesi nulla. Volli entrare io per prima, ero curiosa di

vedere il colore dei muri. Rimasi senza fiato nel vedere che le pareti erano dipinte di azzurro con disegni di tralci di vite  cariche  di uva  matura. Il soffitto era invece  ricoperto con un enorme disegno che riproduceva il fondale  marino con pesci tropicali e rocce.

L’arredo era  essenziale ma di buon gusto moderno. Era tutto in ordine  e pulito, percepivo un’ intenso odore di basilico. La casa mi piaceva  molto, mi dava tranquillita’ e senso di pace. Sorrisi e mi lanciai sull’enorme  divano di colore bordo’ che era  proprio al centro della stanza . Marco mi  guardo’ e sorrise compiaciuto nel vedermi raggiosa e sprizzante di gioia per essere li con lui e lui con me. Entro’ lasciando la porta  aperta alle spalle e si  mise accanto a me, ci girammo e ci guardammo quasi increduli di essere li insieme dopo un lungo periodo di conoscenza epistolare. C’erano tante parole in quelle lacrime che  spuntarono nei suoi occhi scuri, ma rimase in silenzio.

Io lo abbracciai  e lo baciai con tutto l’affetto di cui ero capace. Lui rispose con un bacio che sembrava volesse contenermi tutta nella sua bocca. Mi premeva la testa sulle sue labbra  e poi mi bacio’ il collo. Io avevo gli occhi chiusi  e un brivido mi corse dalla nuca  fino alle caviglie.

Gli sbottonai la camicia che quella volta  era  chiusa fino al penultimo bottone e gli baciai il petto. Lo spinsi con forza  sul divano  e gli fui addosso. Lui aveva come il timore  di toccarmi, come  se aspettasse la mia approvazione.

Ma poco dopo fece scivolare la mia  camicetta sul divano. Continuai a baciare il suo corpo  mentre  lui ispezionava  le mie curve  con delicatezza e attenzione. Lentamente mi abbraccio’ e mi giro’ e fu sopra di me tenendosi distaccato affinche’ non sentissi il suo peso. Ma io lo tirai con forza  su di me. Mi bacio’ il collo e le spalle, passo’ sul mio seno facendomi girare la testa  per il piacere  di sentire la sua lingua sui miei capezzoli  rigidi e protesi. Sentii scorrere del calore umido tra le mie  gambe  che lentamente  si aprirono. Lui si chino’ su di me  e prese  a baciarmi sul ventre e intorno all’ombelico. Il mio corpo era  ormai in totale  fermento. Ma improvvisamente  mi resi conto che non dovevo avere un buon odore  visto che l’ultima  doccia l’avevo fatta il giorno prima .

Mi irrigidii chiudendo di colpo le gambe ancora  nei pantaloni. Subito lui si fermo’ e mi guardo’ perplesso. Non mi disse nulla, si alzo’ e mi copri’  con la mia stessa camicetta . Mi sorrise e come  se leggesse i miei pensieri  mi chiese se mi andava di uscire  a mangiare una pizza. Io scoppiai a ridere. Lui si ricompose  mentre io mi preparavo per una doccia velocissima, ma indispensabile. Portammo la  valigia  in camera  da letto che era ancora nel bagagliaio dell’auto, e intanto notai che anche li l’arredo era essenziale e il colore azzurro chiaro delle tende era in tinta con il copriletto, mentre i muri erano di un rosa chiaro. Le finestre erano completamente aperte e davano sul mare. Entrava una luce intensa e piena  di colori estivi.

Doccia , leggero trucco e andammo via.

Lungo il tragitto parlavamo di ogni cosa e ogni pretesto era  buono per ridere, anche sul contadino piegato intento a raccogliere meloni. Eravamo felici e spensierati. Arrivammo in paese dopo un decina  di minuti di strada, parcheggiammo lungo un muretto vicino a un campo sportivo e a piedi ci avviammo verso la pizzeria “Pazze Pizze “. Ma  alla fine decidemmo di comprarci due gustosi  panini al prosciutto e formaggio, una bottiglia  di acqua “Linda” e via  verso il mare.

Erano ormai le sette  e trenta di un pomeriggio caldo e lungo  di luglio, eravamo distesi sulla spiaggia e tenendoci per mano ascoltavamo l’andirivieni delle onde stanche ma continue. Il sole era un’ enorme arancia sul pelo dell’acqua e disegnava una strada arancione fino a noi. Marco mi accarezzava il viso, poi si alzo’ e mi porto’ in braccio fin dentro la casa nonostante  le mie proteste,  con un piede chiuse  la porta  dietro di se e mi adagio’ sul letto.

Comincio’ a baciarmi, io mi sentivo completamente abbandonata a lui  e deliziata dalla sua travolgente passione. Mi sganciai i pantaloni  e lui delicatamente me li sfilo’. Io gli tolsi la camicia  e cosi’ fece lui a me. Poi gli sganciai i pantaloni  e glieli sfilai. Eravamo quasi completamente nudi e frementi. Fece scivolare la sua mano nelle mie mutandine e li sfilo’, poi mi sgancio’ il reggiseno ed io ebbi un sussulto di piacere che mi provoco’ un leggero capogiro. Si piego’ e prese a baciare la mia intimita’  e con la lingua mi accarezzava la parte  piu’ sensibile facendomi scorrere del liquido caldo.  Ero in totale  estasi. Si tiro’ su e prese a baciare il mio seno colmo e turgido. Io con decisione cercai il suo membro  e lo trovai caldo, eretto, duro e pulsante. Rapidamente tolse i boxer con una  mano mentre con l’altra continuava ad accarezzarmi. Istintivamente aprii le gambe  e lui entro’ dentro di me lento ma deciso. Mi incurvai sulla schiena sentendo colmare la mia intimita’ col suo membro.

I nostri corpi si unirono in una sinfonia di passione e al culmine del piacere entrambi arrivammo alla fine sudati, stravolti, e sfiniti ci abbandonammo uno sull’altra.

Ci addormentammo cosi’ , felici di appartenerci  e di essere finalmente insieme.

Mi svegliai nel cuore della notte e silenziosamente, sperando che non mi sentisse, gli dissi se fosse il caso che facesse ritorno a casa, ma lui continuo’ a dormire non accorgendosi di nulla, cincendomi col suo braccio.

Il giorno dopo fu domenica, c’era una festa in paese, il sole  era  gia’ alto e decidemmo di farci una doccia  e di fare colazione  fuori. Nella mia  mente  una folla di pensieri si intrecciavano.

Il giorno dopo sarei andata in citta’  per incontrare un collega e mostrargli il mio progetto in quanto ero coordinatrice  dei lavori per la costruzione  del ponte  sullo stretto di Messina e fui incaricata direttamente dal sottosegretario alle  infrastrutture. Ma io tutto volevo tranne che arrivasse lunedì . Mi chiedevo se Cristina, mia figlia, stesse bene con mia  madre e se mangiava  senza storie. Non era la prima  volta che la lasciavo con la nonna per lavoro, ma quella volta non fu  per quello.

Dopo la colazione fatta in un bar del borgo tornammo a casa  e senza preamboli facemmo ancora l’amore e poi ancora e ancora. Uscimmo di casa intorno alle tre del pomeriggio per mangiare qualcosa. Fu un susseguirsi di argomenti leggeri e di risate come spesso accadeva  con lui. Non avrei mai creduto che dopo anni avrei  potuto incontrare un uomo cosi’, semplice  e allo stesso tempo intellettualmente  profondo tanto da lasciarmi sbigottita quando passava dalla ricetta  della torta  al cioccolato, alla  teoria  della  relativita’ che ormai vacillava dopo le ultime  scoperte scientifiche. Ero letteralmente  rapita  dalle sue  parole, dalla sua voce, dalle sue  labbra carnose e ben disegnate. Per la prima volta pensai a lui come  una presenza  costante e definitiva nella mia vita. Con lui stavo bene, mi sentivo appagata in ogni senso. Anche se prima del nostro incontro avrei voluto che la notte la passassimo separati , ormai capivo che non potevo piu’ fare a meno  della sua presenza,delle sue mani su di me, delle sue parole, del suo sorriso che mi disarmava completamente. Non mi sarei piu’ accontentata di sentirlo al telefono o di vederlo sullo schermo di un computer. Io volevo essere sempre al suo fianco per il resto della mia vita.

Il lunedì dovetti andare all’appuntamento di lavoro e consegnare il progetto che fu accettato dietro un ottimo compenso. Marco invece era a Roma in tribunale, quella mattina aveva una  causa importante ; doveva difendere un cittadino somalo dalla pesante  accusa di stupro e tentato omicidio. Non gli chiesi mai come  ando’ il processo. Alle tre del pomeriggio eravamo nuovamente insieme nel nostro rifugio al mare.

Marco era  separato e non aveva figli ma viveva con sua madre  molto malata e assistita da una badante giorno e notte. Io avevo un marito carabiniere, Claudio, morto in una sparatoria dopo appena tre anni di matrimonio ed ero rimasta sola  ad accudire la nostra unica  figlia. Per anni non volli più nessuno da amare, avevo amato moltissimo mio marito, certo  tra

normali alti e bassi di ogni matrimonio. I miei  interessi furono dedicarmi  totalmete a mia  figlia  e al mio lavoro che spesso mi impegnava intere giornate. E forse questo contribui’ ad attenuare il grande vuoto lasciato da Claudio.

Marco era entrato nella mia vita in punta di piedi. Al principio della nostra conoscenza mi era per sino antipatico. Ma sentivo una forza che mi legava a lui che non riuscivo a spiegare.

A volte mi irritava e non approvavo quasi nulla del suo carattere  incostante  e a tratti prepotente come un ragazzino. Ma subito capii che sviluppò un’ arma di difesa per le troppe negatività subite  nel corso della sua vita. Nulla di diverso da ciò che anche io ho passato per anni  soprattutto nel periodo della  mia  adolescenza. Diventai spigolosa  e velenosa  e lui insicuro e rigido. Ma nel corso dei mesi che entrambi ci trovammo a sentirci  quotidianamente  annullammo le divergenze e le  distanze e imparammo a godere e gioire di noi stessi. Grazie a lui cambiai molte cose della mia vita. I miei pensieri, le certezze che  avevo ormai erano mutate.

Il mercoledi’ successivo al nostro incontro tornai a casa mia, Cristina mi aveva fatto vedere i progressi scolastici degli ultimi giorni. Ormai aveva imparato tutte le lettere dell’alfabeto  in stampatello e in corsivo. Mentre lei mi parlava, io la guardavo con amorevole  affetto,  e con il cuore in gola  perche’ le nostre vite  stavano per cambiare.

Il mese d’agosto decidemmo di passarlo  insieme in quella casa del nostro primo incontro.

Marco conobbe Cristina e tra loro si instauro’ un rapporto bellissimo e giocoso. Finalmente  la mia vita sembrava prendere il giusto verso. A settembre, prima  che ricominciasse la scuola io e Cristina ci trasferimmo  a Roma e successivamente sposai Marco.

Poi scoprii che quella casa al mare era sua , ereditata dal padre, e in un angolo della grande distesa di terra c’era  un orticello che curava meticolosamente e una parte era completamente ricoperta  da piante di basilico che suo padre gli aveva insegnato  a riprodurre. Non chiesi mai a Marco se quella casa  ospito’ altre donne prima  di me, non aveva importanza.

Decidemmo di non avere altri figli. La nostra vita fu intensa  e piena  di amore.

La passione non si attenuo’ mai col tempo, ci desideravamo e ci cercavamo sempre, e con lo stesso fervore dei primi tempi.

Ora  Cristina e’ un avvocato affermato e di successo  ed e’ molto impegnata  nel suo lavoro. Vince  quasi tutte  le cause penali. E’ sposata con Emanuele, un giudice  della Cassazione e ha quattro figli deliziosi. Vengono qui ogni fine settimana e ogni volta e’ sempre una festa.

Conservo ancora quella valigia ormai logorata e senza piu’ rotelle. Pero’ ho conservato l’unica che  ancora  ruotava. E ogni tanto la prendo in mano e la faccio girare  ascoltando il rumore frusciante  del cuscinetto  ormai stanco e semiarrugginito.

Stanco come stanca lo sono io dopo una vita  goduta  fino in fondo. Marco mi ha lasciata per sempre tre anni fa mentre dormiva tenendo un braccio su di me come  era sua  abitudine, perche’ diceva  di volere sempre un contatto fisico con me,  e certo non dispiaceva.

Ma nonstante Marco non e’ piu’ con me, non mi sento sola. Ogni cosa mi parla  di lui. Le pareti di questa casa lui decise di arricchirle con disegni di girasole  come piaceva a me, e conservo con cura un libro che raccoglie migliaia di messaggi  che  mi scriveva in continuazione fino a non molto tempo prima  di andarsene per sempre.

 

Ma due  sono le frasi che non mi stanchero’ mai di leggere e che mi tornano sempre alla mente, una che piaceva  tanto a me  e che diceva  quando voleva spiegarsi bene:                                         “ fammiti dire sta cosa”, mi faceva  sciogliere e mi disarmava, e l’altra che piaceva molto a lui quando gli dicevo :

“ dove  vai ? Stai qua….! “

 

Sara, il 26 settembre 2058

 

 

 

 

 

 

 

Ogni riferimento a persone  o fatti sono di pura  fantasia.

 

 

( il sedicesimo giorno del dodicesimo mese dell’anno duemilaundici ) V. C.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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1 commento »

  1. Avvincente ! Di grande sensibilità, tanto che sembra quasi scritto da una penna femminile. Complimenti.

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