Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2014 “Essere speciale” di Vito Converso

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014

Quella giornata di lavoro era  stata davvero faticosa. Si districava, come  ogni giorno, tra bollette, denunce, ricorsi, e chi più ne ha più ne metta, e ancora non si decidevano a informatizzare tutto il sistema. Le  scartoffie   ricoprivano da cima a fondo la  sua scrivania, ordinata ma  confusa  allo stesso tempo. La  luce ingenerosa  di febbraio, che  si faceva  spazio attraverso una  sola  finestra, pure piccola, non riusciva a rischiarare la stanza e neppure la sua mente. Era costretto a tenere  accesa  per tutto il suo orario di lavoro, quella  maledetta  luce artificiale sul soffitto, che  dava  ad ogni cosa un aspetto freddo e metallico, compresa la lampada  gialla sulla  scrivania che  di metallo non era, e creava un cono di luce che per lo più disturbava  invece  di  essere  di aiuto.

Aveva  studiato tra mille  difficoltà, ma  alla  fine  ce l’aveva fatta, era riuscito a laurearsi in giurisprudenza con la  lode, e dopo la  specializzazione  in diritto canonico, stage, e master, l’unico posto che  era  risuscito a trovare era fare il segretario in uno studio legale  che si occupava  di banche. Si proprio di banche, istituti che Marco odiava  profondamente  perché  sapeva  benissimo che  contribuiva  a difendere  individui che se potevano,  spillavano fino all’ultimo centesimo alla  povera e ignara clientela  all’oscuro  di macchinosi cavilli a loro discapito.

<< Accidenti ! Ma  dove  diavolo l’ho messo il bigliettino….>>.

Accatastava fogli su fogli, pratiche  su pratiche, nel tentativo disperato di ritrovare quel post-it giallo su cui aveva  annotato l’indirizzo e il  numero di telefono del Dott. Avv. Alessandro Schiavone. Era il capo di un importante studio legale  di Milano, ma che  aveva  anche cinque  studi a Roma che lavoravano  tantissimo. Marco tempo prima  aveva inviato a  diverse aziende e studi legali una  serie  di curriculum, come  faceva regolarmente  ogni sei mesi. Gli anni passavano ma nessuno lo aveva mai chiamato  fino a quel giorno di febbraio. Aveva  trentatré anni compiuti  e non aveva una  posizione lavorativa  ed economica sicura e soddisfacente  che aveva sperato fin dal primo giorno quando intraprese  gli studi universitari. Quasi se n’era fatto una  ragione a non ricevere più offerte  di lavoro e a ricevere solo dinieghi, ma quel bigliettino una  speranza

gliel’ aveva  data. Un amico di un amico gli aveva  dato  una  soffiata. Uno studio del famigerato avvocato Schiavone  cercava  un giovane  e solerte avvocato da  inserire  nell’organico ! Una  occasione  da prendere  al volo. “ certo ce ne saranno un milione di persone  a cui faranno il colloquio” pensò Marco,  “ ma, come  si dice, tentar non nuoce !”

<< Eccolo finalmente ! Temevo di non ritrovarlo più. >>

Marco non si era  reso conto che il bigliettino lo aveva  messo al sicuro nella  tasca  dei jeans, proprio per  non disperderlo tra le  mille cose presenti sulla  scrivania che sicuramente lo avrebbero deglutito senza  più ricacciarlo fuori. Era in ritardo. Doveva  fare presto se  voleva  andare al colloquio in tempo, quel giorno non aveva  neppure  la  cravatta. Jeans blu, camicia  rosa antico e la  giacca blu scura e  un trench beige potevano  comunque  andare bene, sua madre Anita, che buonanima  lo guardava  dal cielo, gli diceva  sempre “ l’importante  è  essere puliti e  ordinati, tutto il resto conta  poco” .  Ma  Marco pensò che,  sì, era  ordinato, ma dopo una  giornata  qui  dentro, di certo non profumava. “Mah!”  pensò,  “ come  va  va, se mi vorranno mi prenderanno così”. Erano le diciannove e  l’appuntamento era  per  le venti. Doveva  percorrere non più di una quarantina  di chilometri  prendendo la strada  statale  Aurelia, fare un pezzo di raccordo anulare  e uscire sulla  Boccea verso l’interno.

Marco era  attento alla  strada per il buio e perché  era  affollata per  il rientro dei pendolari . I fari della  sua Opel Corsa  grigia del ‘92  non illuminavano granchè.  Aveva  gli occhi sbarrati e la mente pulsante  immaginando a quali domande avrebbe dovuto  rispondere. Improvvisamente sentì un colpo secco, simile allo scoppio di  una scatola  di cartone  dopo essere  stata schiacciata violentemente.

La  Opel comincio’ a saltellare e a sbandare producendo un rumore strano sul davanti a destra.

<< Questa proprio non ci voleva !>> esclamò il giovane  avvocato.

Si fermo’ nell’area di sosta  che provvidenzialmente  emerse  dal buio. Marco usci’ nervosamente  dall’auto e con grande disappunto si accorse che  la  ruota  anteriore  destra si era  forata. Con una  espressione di rabbia  alzo’ il suo sguardo al cielo nero come  la  pece, senza  accorgersi nemmeno delle  stelle che punteggiavano l’intera volta celeste.

Facendosi luce  col cellulare comincio’ a cercare il crik nel portabagagli colmo di cartelline, buste, scarpe, fogli, insomma una  discarica. Alzo’ il tappetino e finalmente  arrivo’ alla  ruota  di scorta,  naturalmente quasi totalmente  sgonfia ma utilizzabile.

La  prese e l’appoggio’ per terra. Si ricordo’ che  da qualche  parte  aveva  anche una torcia. Rovisto’ nel cruscotto, anch’esso straripante  di oggetti perlopiù inutili, e finalmente si impossesso’ della  torcia  miracolosamente  funzionante. Emise  un sorriso e un gridolino di soddisfazione e comincio’ col posizionare  il crik sotto la carrozzeria  per  sollevare l’auto. O puntava  la  torcia  o tentava  di sollevare l’auto con la manovella del crik, ma  due  cose  contemporaneamente  non riusciva  a farle. Sudava  copiosamente nonostante il freddo e l’umidita’ della  sera. Era  nervoso e  si stava  facendo maledettamente  tardi.

<< Posso aiutarla ? >> Una  voce  femminile scesa  probabilmente  dal cielo musico’ dietro di lui.

Penso’ che forse  gli angeli esistevano davvero. Il giovane  prese la torcia e la  punto’ verso la  ragazza la quale indietreggio’e  strinse  gli occhi per il fascio di luce  che  quasi la  acceco’.

<< Posso fare luce mentre tu sostituisci la ruota  se vuoi, e poi magari ci divertiamo un po’ >>.

Marco la  osservo’ meglio. E la  ragazza  apri’ lentamente  il suo cappotto scuro scoprendo un completino di lingerie decisamente  sexy. Il giovane le sorrise e la  ringrazio’ per  l’invito, ma rifiuto’ perche’ quello che  vedeva  non era  un argomento che  reputava  interessante, nonostante trovasse la  ragazza  bellissima e con  un corpo davvero molto attraente.

Si perchè Marco scopri’ quando aveva  quattordici anni che amava  la compagnia  dei suoi compagni maschi piuttosto che quella  delle  femmine. Crescendo dovette  combattere a lungo con se stesso mentre  cercava  di capire cosa fosse  quella sua  attrazione verso il suo stesso sesso, mentre  i suoi amici uscivano con fidanzatine deliziose. Marco si rese  conto di essere gay. Alla  fine  si accetto’, ma non aveva ancora  avuto  una  relazione  stabile  con un uomo. Solo avventure di poco conto, nonostante  cercasse  l’uomo della  sua  vita.

La  donna, accanto a lui quella  sera con l’auto in panne, non capi’ il rifiuto del giovane, anche  perche’ nessun uomo l’aveva  rifiutata fino a quel momento. Ma  decise  lo stesso di stare lì a dargli una mano. La ragazza si chiuse  nel suo cappotto e si lego’ stretta la  cintura  intorno ai suo fianchi voluttuosi e cerco’ di dare  una  mano a Marco.

Riuscirono finalmente  a montare la  ruota  sana. Marco mise  quella  forata  nel portabagagli e si rivolse  alla  giovane  ragazza  per ringraziarla e salutarla. Mancavano quindici minuti all’ora  stabilita  per il colloquio.

<< Qual’e’ il tuo nome, cosi’ potro’ ringraziarti come  si deve ? >> chiese  il giovane avvocato alla  ragazza sorridendole.

<< Mi chiamo Laura >>. Dicendo questo la  ragazza improvvisamente  cadde  svenuta ai piedi dell’uomo. Per  poco al giovane  non capitò la stessa  cosa  vedendo la ragazza accasciarsi a quel modo.

<<  Oh mio dio… E  ora  cosa  faccio. Laura, Laura cos’ hai per  l’amor del cielo.>> Urlo’ disperato l’uomo, nel tentativo di rianimarla. Aveva  seguito un corso di primo soccorso, ma  erano passati cosi’ tanti  anni da  non sapere  se  doveva  praticarle un massaggio cardiaco o la  respirazione  bocca  a bocca. O forse  doveva  slacciarle  la  cintura  o chissà cosa….

<<  Maledizione, questo e’ troppo !>>  Esclamo’ il giovane  con una  esplosione  di rabbia.

Le  auto di sconosciuti pendolari sfrecciavano sulla  strada dietro i due  giovani, ignari di tutto e chiusi nelle  loro scatole metalliche con i loro pensieri personali, mentre il giovane  uomo era  disperato. Aveva  due  alternative : lasciare  lì la ragazza e fregarsene  di lei, o soccorrerla portandola  in ospedale.

 

<< Prego favorisca  i documenti  signore. >>  Ordino’ il maresciallo dei carabinieri al giovane nella  sala  d’aspetto.

<< Guardi signor maresciallo che  non e’ come  crede, io ho solo soccorso la  ragazza che e’ svenuta dopo che  insieme  abbiamo sostituito la gomma  forata  della  mia  auto. >>

<< Certo, certo. Voi maiali dovete  smetterla  di approfittare di queste povere  ragazze e dedicarvi più alle  vostre famiglie ! >> Esclamo’ il carabiniere visibilmente adirato.

<<  Ora  lei  viene  con me  in caserma e le  farò il verbale. >>

Marco comincio’ ad  alterarsi, spiego’ tutto l’accaduto al militare senza però riuscire  a convincerlo, e disse  che  sarebbe  rimasto lì dov’era almeno  fino a quando avesse saputo cosa era  accaduto alla  ragazza, ribadendo che  non aveva  fatto nulla  di male a soccorrerla.

Nel frattempo che  i due discutevano animatamente, Laura si trovava  nel pronto soccorso dell’Ospedale alle  porte  di Roma dove veniva  visitata accuratamente.

Finalmente  si spalancarono le  porte di vetro debitamente oscurate che dai locali medici davano nella  sala  d’aspetto e usci’ un’infermiera con un sorriso che andava  da un orecchio all’altro e gli occhi che  le  brillavano di gioia.

Il carabiniere  e il giovane  avvocato, vedendo l’infermiera gioiosa, rimasero con la  bocca  aperta  e si aspettavano che  dicesse  loro che  avevano vinto alla  lotteria.

<< La  signorina  e’ incinta ! >> Esclamo’ la donna  in camice  bianco.

Poco dopo Laura uscì dai locali medici e fu subito raggiunta  dal  carabiniere che la inondò di domande.  Marco fu scagionato dalla  deposizione  della  ragazza e finalmente il militare se ne  andò  guardando il giovane con occhi sospettosi  ma  di resa.

Marco vide  Laura  finalmente inondata  di luce, e come  se la  vedesse  per  la prima  volta, rimase  folgorato dalla  bellezza  dei suoi occhi verdi, dalla  pelle  bianchissima e dal  viso dolce da  sembrare  una educatrice  di bimbi. La  ragazza  gli sorrise allargando le sue  labbra e mostrando una  fila  di tenti bianchissimi e curatissimi.

<< Grazie, sei il mio angelo. Sarai sempre  nei miei pensieri. Ora  se vuoi puoi andare via. Perdonami se  ti ho fatto perdere tutto  questo tempo per soccorrermi. Non mi hai detto il tuo nome però. >> Disse  la  giovane  donna mostrando gli occhi che si addolcivano mentre parlava.

<< Mi chiamo Marco. No, non devi preoccuparti per  il mio tempo. Gironzolavo senza  una  meta precisa, e sono felice  di averti incontrato. >>  Disse  l’uomo mentendo, ma felice di aver compiuto quel gesto nei confronti di quella  povera  ragazza.

Marco era  felice, anzi troppo felice. Non riusciva  a capire. Guardava  la ragazza con occhi di tenerezza; gli piaceva. Gli piaceva  proprio come normalmente una  donna  piace  ad un uomo.

Qualcosa in lui vacillava. Il combattimento dentro di sé  per tutti quegli anni per convincersi della  sua  omosessualita’, quella  sera  vacillava. Percepiva  un’attrazione  verso la ragazza che un omosessuale  non poteva  provare. Marco desiderava  Laura.

<< Vorrei accompagnarti a casa, se me lo permetti Laura, sei incinta e devi stare attenta e riposarti, non puoi continuare così. >>

<< Sono felice  di essere  incinta, non sai quanto desiderassi  un bambino. Mio marito mi lasciò due anni fa proprio perche’ non riuscivamo ad  avere un figlio. E cosi’ ora  sono sola. La  mia  gravidanza  e’ dovuta  ad un incontro casuale. A quelli che  vengono con me faccio usare il contraccettivo, ma a volte possono rompersi… >> La  ragazza  abbassò lo sguardo.

Marco lesse  negli occhi di Laura una  vita  difficile, fatta  di violenze, poverta’, e decisioni non facili. Provava  una  tenerezza  infinita  per  quella  ragazza. E  pensò  al diavolo, il colloquio, al diavolo il lavoro…

Marco accompagnò Laura  a  casa. << Sai quello che stavo facendo lì dove  ci siamo

incontrati vero ? >> Puntualizzò lei  timorosa  della  risposta.

<< Certo che  lo so, credi che  questo mi spaventi ? >> Disse  lui.

Laura dalle  parole  e dalle  espressioni del giovane capiva  che verso di lei c’era  piu’ di uno spirito  di umanita’, c’era  interesse. Marco non le  toglieva  gli occhi di dosso. Verso la  ragazza  sentiva  un trasporto irresistibile, avrebbe  voluto stringerla  forte  a se e dichiararle  che  da quel momento con lui era  al sicuro. Marco accompagnò la  ragazza fin dentro casa e decise di rimanere  un pò con lei. Laura, si fece  una  doccia rigenerante, si riordinò e si vestì.

In silenzio andò verso Marco, che attendeva  seduto sul divano di alcantara  blu, gli si avvicinò e  senza  parlare, gli diede  un tenero bacio sulle  labbra. Marco le corrispose dolcemente. A quel punto capì che la  sua  vita era da viverla con lei.

I due  si innamorarono profondamente. A Marco poco importava  che  lei era  una  lucciola. La  vita  a volte spinge  a prendere  decisioni che  mai un essere  umano farebbe  normalmente. E poco gli importava  che  il figlio che  Laura  avrebbe  avuto non era  suo.

Laura, aveva  trovato l’uomo della  sua vita, abbandonò per  sempre quello sporco lavoro pentendosi di non essere  riuscita a farlo prima e si dedico’ a  Marco.

Alla  scadenza del nono mese diede  alla  luce un bel maschietto. Lo chiamarono Luca.

Marco non pensò piu’ a inviare  curricula  in giro, tanto non c’era  speranza di trovare un nuovo lavoro, un posto piu’ remunerativo e soddisfacente. Il suo pensiero era  fare felice Laura  e dedicarsi a Luca che  considerava  suo figlio a tutti gli effetti.  Lo stesso anno in cui nacque il bimbo,  Marco e Laura si sposarono. Erano felici.

Quel giorno Marco era  nel suo ufficio di sempre, tra scartoffie  di ogni tipo. La  sua  scrivania  si era  arricchita  di un oggetto in più, ma  il più importante : una  stupenda  foto che  ritraeva  lui, Laura  e Luca tutti e tre  insieme scattata il giorno del battesimo.

Il  suo cellulare squillò .

<< Marco ma come è andato poi quel colloquio di lavoro ? >> Si informò Giovanni, quel suo amico che  gli aveva dato il numero di telefono dell’avvocato Schiavone.

<<  Ma  di cosa  parli Gianni ? Oh si, hai ragione ora  ricordo. No, non ci sono più andato all’appuntamento, non mi sembrava poi’ così importante…>>

<<  Guarda  che  stanno ancora  cercando un avvocato, vai a fare un salto, magari potrebbe  essere  la volta  buona. Vai e  credici questa  volta >>.

Quella  volta Marco ci andò e fu assunto con un buon contratto a tempo indeterminato. In breve tempo divenne addirittura  il pupillo del capo, lo voleva  sempre  accanto quando si recava  in tribunale se si trattava  di casi particolarmente  difficili. Marco era  davvero molto bravo nel suo lavoro. Non ci volle  molto perche’ l’avvocato Schiavone  lo facesse  responsabile dello studio legale  e lo mettesse  a capo di una  quindicina  di avvocati meno esperti di lui.

Finalmente  era  felice del suo lavoro e della  sua  famiglia.

Intanto Luca  cresceva, aveva da poco compiuto quattro anni, era bello, aveva gli occhi dolci come  la mamma e lo sguardo birichino. Mamma e papà avevano lasciato che i suoi capelli biondi e lisci crescessero lunghi fino alle spalle conferendogli l’aspetto di un principino.

Da  un po’ di tempo però, i due genitori, avevano notato dei cambiamenti in Luca. Anzi forse erano dei non progressi. Quando era molto piccolo sorrideva, giocava,  faceva  capricci proprio come ogni altro bambino della sua età. Ma lentamente il suo carattere cambiava, si chiudeva  sempre  di più in un mondo tutto suo, fatto di giochi silenziosi e solitari, e a volte  restava immobile a lungo senza che nulla riuscisse a distoglierlo da quel suo torpore senza sonno. A volte era persino violento senza un motivo apparente, e poi si chiudeva in un angolo e agitava il suo corpo in modo ritmico con uno  sguardo inespressivo. Non c’era  nulla che  riuscisse a catturare  la sua  attenzione. Sembrava come se qualcuno, in uno dei piani sottili, lo avesse condotto in un mondo parallelo facendolo allontanare sempre di più dalla realtà; Luca non interagiva più.

Marco e Laura non lasciarono nulla  di intentato.  Eminenti luminari dai portafogli straripanti e con gli sguardi quadrati e mollicci spesso li liquidavano con poche parole senza conforto e senza una diagnosi precisa. Si buttarono per nottate intere su internet cercando di scoprire ciò che i medici sembravano eludere. Cercavano termini come “problemi di comunicazione”, “ disturbi del comportamento”, e quello che  ne usciva  era “stereotipie, ecolalie”. Termini da brivido.

Marco si trovava  in tribunale quel giorno quando il suo cellulare  vibrò silenziosamente nel taschino della  giacca.

Era luglio, il caldo non dava  tregua, e nonostante i climatizzatori, nelle  aule del  tribunale  si moriva  di caldo.

<< Tesoro, ti prego, appena  puoi vieni, c’e’ un problema  con Luca! >>

Bastò un’occhiata verso il suo capo, il quale  lo lasciò andare senza  indugio.

<<  Vai, tranquillo, ci penso io qui .>> Disse con le  labbra  a Marco, accortosi della sua faccia particolarmente  agitata.

Marco, era  a casa davanti a Laura, respirò profondamente e chiuse gli occhi, come per  allontanare un fantasma di cui si sentiva la presenza senza però poterlo vedere, e senza neppure avere la possibilità di respingerlo. E fu proprio quel giorno, in quel momento  che  i due  genitori ebbero la conferma  ai loro timori, le  analisi e tutte  le  visite sentenziarono che  il bimbo soffriva  di autismo e di una  grave  forma  di ritardo mentale. La faccia di Marco era  dura  ma  decisa, Laura aveva gli occhi liquidi. E in quello stesso  momento, finalmente  capirono entrambi  quale  sarebbe  stata  la missione  della  loro vita.

Laura non cercò mai un lavoro, dalla mattina  alla mattina dopo, e ancora  dopo, si dedicava a Luca, e così negli anni successivi. Entrambi i genitori erano occupati nel scorgere in lui un barlume di miglioramento, ma più il tempo passava più si chiudeva nel suo mondo. Andava a scuola, era impassibile in classe, sembrava che nulla lo interessasse, nemmeno i commenti stupidi dei compagni scuola. Un giorno sua madre, mentre faceva posto nella sua stanza, per poter sostituire l’armadio ormai malandato, si accorse di qualcosa che la  lasciò senza fiato.

Marco tornò dal lavoro, erano le otto di sera, Luca era nella sua camera che ondeggiava su se stesso ripetendo  parole sconnesse << non ho senza, non ho senza…>>. Parole incomprensibili.

Laura mostrò a  suo marito una  quantità incredibile  di quaderni scritti e lanciati sopra l’armadio.

Erano libri e spiegazioni che Luca seguiva in classe che memorizzava e metteva  per iscritto. Una quantità impressionante. Luca era davvero un essere speciale.

 

Mi duole il cuore per quello che sto per  scrivere, mentre penso alle  parole, mi viene un nodo qui, alla  gola, stringe così tanto da non riuscire ad ingoiare la mia stessa saliva.

Luca aveva compiuto trentaquattro anni quando si ammalò di broncopolmonite. Me lo ricordo ancora. Faceva freddo, io e Laura non riuscivamo a tenerlo dopo  il bagno serale per poterlo rivestire, si dimenava come un’ ossesso. Non voleva  vestirsi e non voleva farsi vestire. Riuscì a scaraventarci sul pavimento e a  scappare fuori nudo in mezzo alla  neve. Non so, ma ebbi come l’impressione che fosse  stanco di vivere. Riuscimmo a riportarlo in casa, con l’aiuto dei vicini, e finalmente si acquietò.

Da quel giorno cominciò a stare male  e non si riprese  più fino alla  morte a causa di  complicanze respiratorie. Io e Laura rimanemmo in silenzio per lungo tempo. Per molto tempo. Laura non mangiava più, si lasciò andare come se la sua vita fosse  tenuta in piedi solo finchè  avesse visto la sua stessa carne, frutto del suo concepimento, vivere o morire. Anche  Laura mi lasciò poco tempo dopo Luca, nel silenzio della  sua profonda e irreparabile tristezza.

Improvvisamente sentii come se fossero entrambi così distanti da me, da sembrare un sogno, un sogno durato troppo a lungo. Come  se fossi entrato dentro un racconto o in un film e dopo, quando scorrono i titoli di coda, fossi uscito fuori, all’aria tersa di  una  sera  d’estate, lasciandomi la malinconia alle spalle. Ma invece era  tutto maledettamente vero. La casa era piena di fotografie di Laura e Luca che io stesso avevo scattato, rimanendovi immancabilmente fuori.

Ciò che mi svegliò da quel sonno torbido di quella  sera, fu una improvvisa euforia, non riuscivo a spiegarmelo inizialmente, mi sentivo stranamente bene, soddisfatto, appagato, sereno. Mi ritrovai a percorrere per l’ultima  volta quella  strada, la stessa strada dove fui costretto a fermarmi in quella  piccola  aerea di sosta e incontrai lei, quella ragazza dagli occhi verdi. Era buio, sembrava che fossi ripiombato indietro nel tempo. Come se non fosse  mai accaduto nulla nel frattempo. Sapevo che qualcuno mi stava attendendo, mi voltai. Chissà, forse per vedere se proprio in quello stesso luogo ci fosse quella stessa ragazza di quarant’anni fa. Ma  forse rimasi troppo tempo a guardare in quella  direzione, o forse così volli, tanto da non accorgermi di andare incontro a quell’auto che giungeva  nella  mia stessa corsia.

 

 

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1 commento »

  1. Una storia molto triste intorno a delle vite troppo combattute. Una grande amarezza che non si ferma neppure davanti ad un Amore. Il finale è l’unico possibile. Bello!

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