Premio Racconti nella Rete 2014 “Dal diario di Rosi” di Lucia Delli Santi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Mi chiamo Rosi ho dieci anni. Vivo in un paese in provincia di Lecce. San Pancrazio. Ho i capelli molto lunghi, ricci e biondi. Ho gli occhi azzurri. Sono piuttosto snella ma bassa. Mio padre dice che vengo sù bene e che da grande avrò molti fidanzati, dice sempre che sembro un’americana in vacanza; ma non ho ancora capito come sono le americane in vacanza. La mia famiglia è un po’ particolare. Non so se mi piace molto, ma visto che mi è toccata questa me la tengo cosi com’è. Quando mi sveglio, al mattino, quasi quasi non vedo l’ora sia già sera di nuovo. La sera è il momento della giornata preferito. Scende il silenzio e la calma. Alle diciotto e trenta sono già in bagno a lavarmi e prepararmi per la notte. Mi chiudo dentro e per una mezz’ora stò li. Ho un po’ la fissa per la pulizia, mi lavo moltissimo, mi pettino e faccio la treccia, sennò mi vengono i nodi. Alle sette, circa, sono già in pigiama e me ne vado a letto con il mio amico preferito. Paperino. Lui lo adoro, le sue storie mi fanno sorridere. Mi rimane sempre una storia a metà perché mi addormento con il giornalino sulla faccia. Eleonora me lo toglie e spegne la luce sul comodino. Eleonora è mia sorella, più grande, ha quattordici anni. Facciamo tutto insieme durante il giorno anche andare in bagno. Parliamo molto e ci confidiamo tutto, mentre siamo sul water e laviamo i denti. Se ho lo spazzolino in bocca parla lei, io faccio si o no con la testa, oppure il contrario. Alcune sere mi capita di aver paura a dormire da sola. Mi vengono nella testa dei pensieri spaventosi. Immagino arrivare dal buio un uomo. Spinge la porta socchiusa della mia camera e nessuno si accorge. Vedo sono un’ombra nera. Poi, piano, piano si avvicina sempre di più al mio letto. Il viso comincia a prendere forma, forse lo conosco. Sento il respiro sempre più vicino, parla piano, ciao Rosi –mi dice- vorrei chiamare qualcuno ma non esce alcuna voce da me. Di là in cucina sento la voce di mamma , sento il televisore acceso, sento odore di sigaretta. Urlo in silenzio. Il corpo è come paralizzato, posso solo vedere, non ho respiro, non ho voce. Ora quell’uomo e vicinissimo, vedo chiaramente il volto, lo conosco. Ha tolto i baffi e la faccia sembra nuda e crudele, ha il fiato che puzza di vino. Mi sveglio, sudata, tremo dal freddo. Questo incubo mi perseguita. Prima o poi lo racconterò ad Eleonora. Intanto la supplico di farmi dormire con lei. All’inizio fa un po’ si storie ma poi cede. Per non disturbarla dormo attaccata al muro. Lei dorme sul letto in alto e quindi devo stare attenta a non buttarla giù. Ho due fratelli: Salvatore che dorme nel letto in alto, e Nicola, come me, in quello di sotto. Nicola devi stare attenta quando entri in camera. Una volta l’ho trovato con il pisello in mano. Che schifo era grosso. Un’altra volta si è addormentato con una chewingum in bocca. E si che è grande, ha diciotto anni e sta prendendo la patente. Loro due lavorano insieme, fanno i muratori. Quando , la sera tornano sono grigi di polvere. Si tolgono i vestiti nel bagno piccolo e li buttano in terra. Io e Eleonora, le cameriere, li dobbiamo prendere e sbattere fuori. Diventiamo grigie pure noi. Anche il bagno lo lasciano che fa schifo. E io e Eleonora, le cameriere, lo dobbiamo pulire. Anche dopo il pranzo abbiamo da sistemare tutto. Siamo in otto a mangiare, cinque figli, due genitori, ma non sempre e il nonno, sempre. Ci ritroviamo montagne di piatti da lavare. Se non puliamo bene le padelle con la paglietta, mia mamma rompe. Quelle del palazzo di fronte al nostro alle due sono già spicciate fuori. Noi, invece, la tiriamo per le lunghe. Io sono fortunata, al mattino me ne vado a scuola. Eleonora, invece, ha fatto solo la prima media, e fa la cameriera per tutta la famiglia. Pulisce e bada a Pompea. Pompea è la più piccola, ha due anni. E’ una bambina dolcissima e giocherellona. Ha le guance gonfie e rosse, come due mele rosse. E’ un po’ grassottella e sulle manine c’ha i buchini. Quando la imbocco le rubo il mangiare. Due cucchiai a me e mezzo a te. Tanto non si accorge nessuno. Io quando sarò grande, non mi voglio né sposare, né fare figli. Avrò una casa di lusso e la cameriera, perché a fare i mestieri mi rompo proprio. Io amo disegnare. Disegno delle bellissime modelle, le faccio altissime, non come me che sono bassa, vestite di lusso come le principesse, con le gonne larghe, le balze e i fiocchi. Oppure le disegno in costume, solo che poi quel vecchio scemo di mio nonno me le guarda e ci disegna vicino alla patata dei triangoli strani che non capisco. Gioco con la Barbi e ken. Li faccio sposare, cosi poi si possono baciare e fare le cose sporchine di nascosto. Mi piace guardare l’enciclopedia degli animali selvaggi. Però ho una gran paura del lupo. Stà in piedi, tutto nero con il muso lungo e i denti affilatissimi di fuori, guarda il cielo e ulula…aaauuuu…aaauuuu… che paura! Però lo guardo lo stesso così a forza di dai e dai la cacarella mi passa. Mio papà una volta tornato da un viaggio da Milano ci ha portato dei regali: a Eleonora ha preso la casa di Barbi. A me ha regalato un bambolotto maschio che piscia. Non mi piace per niente, ma per educazione non l’ho detto. Per fortuna Eleonora mi lascia usare la sua casa. Quando ero piccola mi piaceva molto andare a giocare giù in strada. Infatti ero soprannominata la camminante. Ora, mi fa paura. Qui ci abitano troppi schiumati. I miei genitori li chiamano cosi quelli poco di buono, i delinquenti. Io non so se siamo anche noi schiumati, visto che abitiamo qui. Non credo però. Mio padre non ruba e non è mai stato in galera. Mia mamma o và con mio papà a fare consegne oppure nei campi a raccogliere l’uva. Mio padre fa il camionista. Ha, però, anche una radio. Si chiama radio primavera e dice che prende fino in Calabria. Lo dice, muovendo tanto le mani e la cenere della sigaretta và dappertutto. E’ contento e se è contento lui siamo contenti tutti. Quando siamo in macchina stà sempre a cercare la stazione, la frequenza di continuo. Se non prende e si sente il fruscio frrsss frrsss dice che è colpa del ponte ripetitore. Mia mamma gli dà ragione muovendo su e giù la testa, ma si vede che si rompe parecchio. In macchina ci andiamo di sera. Con la scusa del gelato ci convince tutti a seguirlo. Giriamo per il paese, passiamo dal viale. Il viale di San Pancrazio è grandissimo, ci sono : negozi illuminati con dei vestiti stupendi in vetrina, gelaterie, pizzerie e bar. La gente passeggia, noi invece stiamo immobili seduti in macchina e li guardiamo passeggiare e basta. Mia mamma non vuole mai parcheggiare e scendere – non sono vestita giusta- dice sempre. Possiamo scegliere se avere il gelato oppure il panzerotto. Io prendo il panzerotto Eleonora il gelato, nocciola e cioccolato. Pompea niente perché è piccola e si addormenta mentre giriamo. Stiamo in giro per un’ora o anche due. Fino a quando è sicuro che la radio si sente dappertutto. Mio papà parla, parla sempre, sempre delle stesse cose ti fa venire una testa cosi. Una sera abbiamo visto sul marciapiede degli uomini vestiti da donna. I travestiti travestiti da donna. Avevano delle gonne cortissime e luccicose. Le menne di fuori grandissime. Bho… Mia mamma dice che sono finte. Sono come quelle di carnevale di plastica che te le leghi con il filo dietro alla schiena. Mio papà ha cambiato discorso e si è messo a parlare dei gay. Anche un suo amico è gay, anzi è travestito. Si chiama Angela. A me sta simpatica. Una volta è venuta a casa nostra ed è stata una fortuna perché mi ha salvato la vita; mi stavo per soffocare con un cubetto di ghiaccio e lei mi ha sbattuto fortissimo sulla schiena fino a che non l’ho sputato fuori, lontanissimo. Mi ha salvato la vita. Da grande anche io mi voglio fare un amico gay o travestito. Anzi forse divento travestita io. Mi vesto da maschio e mi faccio fare il pisello finto di plastica rosa. Secondo me il pisello e’ fatto come una corda, una fune, e i maschi se lo arrotolano nelle mutande come la salsiccia. Che schifo! I maschi però stanno meglio. Possono uscire quando vogliono e non devono pulire in casa. Possono fumare e non rischiano di essere violentati. Mio padre a noi femmine ci fa una testa cosi – state attente ai maschi, vogliono solo una cosa. Ma cosa vogliono? Non fidatevi di nessuno, nemmeno dei cugini e degli zii. Ce lo ripete sempre. Io e Eleonora dovremmo dirglielo che il nonno e’ un maschio di quelli.
Lucia hai saputo raccontare la vita di Rosi proprio come avrebbe fatto Rosi, e non è facile per un adulto! Mi è piaciuto moltissimo il tuo racconto: realistico, va diritto dalla pancia di Rosi a quella del lettore. Scrivere come una bambina non è semplice, soprattutto per ciò che racconti: quotidianità spiazzante scritta da una bambina che ha già visto e capito tanto della vita. Bravissima!
Bellissimo racconto, aspro e amaro, narrato con un linguaggio infantile e sincero che intenerisce e commuove.
Bello. Molto duro, ma hai saputo dare una voce credibile alla bambina, tanto che scommetto che tutto sommato Rosi avrà un buon futuro.In bocca al lupo a lei e a te!
Sembra di essere davanti a Rosy mentre racconta la sua vita! Coinvolgente e diretto, come il modo di fare delle bambine e dei bambini.
Come tutto il sudiciume e le morbosità possono essere esorcizzate dall’ingenuità di una bambina che trova, però, soluzioni inimmaginabili alle angosce di cui percepisce il lato oscuro dandosi spiegazioni fantasiose.
Uno degli argomenti più odiosi viene trattato in maniera delicata.
Angela Lonardo
E mi ero persa anche questo… una spietata dissezione di quotidiano squallore familiare. Bravissima, Lucia. Ci vediamo a Lucca.
Complimenti, Lucia. Vittoria meritatissima. Si guarda ogni cosa con gli occhi di Susy, che osserva tutto con delicato stupore. Eppure, a ogni riga, affiora nel lettore il senso del contrario, dell’orrore per quel lupo nero… Pathos e atmosfera costruiti sulla pagina in modo ammirevole. La scena della famiglia in macchina col fruscio della radio in sottofondo, a mio parere, è un piccolo capolavoro. Arrivederci a Lucca.
Carmen
con gli occhi di Rosi, volevo dire (e ho scritto di Susy). Sorry, è l’ora… 🙂
Ancora incredula per la selezione, ringrazio uno per uno tutti coloro che hanno letto, commentato, apprezzato il mio racconto. Ci vediamo a Lucca.