Premio Racconti per Corti 2014 “Cronaca di una mattinata. Vivere e sopravvivere” di Silvia Tettamanti
Categoria: Premio Racconti per Corti 2014Non c’è lavoro, la laurea ormai non è che un pezzo di carta straccia, se vuoi farti una vita vai all’estero, trovare l’anima gemella è un’invenzione dello scrittore dei Baci Perugina,homo homini lupus, crisi, crisi, crisi….. aaaaaaaaaaaah (un urlo nella testa) Lia si sente come un criceto, solo nella sua gabbia che ha tentato di ingoiare una nocciolina troppo grande ed ora soffoca con gli occhi strabuzzati fuori dalle orbite.
Arriva a Milano, è una delle migliaia di pendolari, con quaranta minuti di ritardo. Al bar della stazione un ragazzo e una ragazza di colore di quelli che vendono i libri con le storie dell’Africa stanno litigando con il barista mentre le due cameriere lo incitano a chiamare la sicurezza, il dramma stava in un pacchetto di caramelle che veniva strapazzato in una sorta di tiro alla fune tra lui e loro.
Va all’Università e rifiutano di sostituirle un esame di lingua con un certificato internazionale di livello B2 superato a Madrid, perché? Perché il nuovo professore non lo vuole. Così, punto. Probabilmente pagherà una rata in più, perché il nuovo docente ha deciso così.
Non è affatto una nocciolina quella che ha in gola, è una noce con tutto il guscio!
Ma va bene così! È il momento della tanto attesa pausa caffè, un caffè d’orzo in tazza grande ben bollente la aiuta sempre a sopravvivere. E poi berlo di fianco al Duomo, è talmente bello che ammirarlo fa sorridere! Chiaramente per arrivare in quel bar le sono stati offerti e lanciati soprattutto, sì lanciati, perché adesso i venditori dei braccialetti colorati quelli che sembrano fili di stoffa te li lanciano,li appoggiano sulla borsa,sulla giacca, ti si piantano davanti con il braccialetto all’altezza del naso, Lia pensa sempre che prima o poi qualcuno per farglielo comprare arrivi a infilarglielo in una narice. Questa non è la cosa peggiore, il peggio è la sua reazione e penso anche quella di molti altri, di lasciar cadere il braccialetto a terra, ma cosa fai? Ha provato a parlare, veramente, non butterebbe mai il lavoro di una persona per terra, non è giusto e non è da lei, ma non riusciva ad andar via. Non è una bella giustificazione per un gesto tanto altezzoso e maleducato, ma è l’unica che ha.
Il bar, grazie al cielo! Tutti seri, tutti arrabbiati, sicuramente tutti con qualche frutto secco o esotico incastrato in gola, ma va bene, sopravvivono, con queste facce non è che siano, siamo anzi pensa, proprio un bello spettacolo, ma ci sta, d’altronde è assodato che vada tutto male, c’è la crisi, l’uomo è lupo per gli altri uomini e bla bla bla.
Entra un uomo, sulla cinquantina, ciuffo arancione, pantaloni blu, giacca nera, scarpe bianche, borsa a tracolla, valigetta nell’altra mano, naso rosso portato a mo di collana, sorriso. È un’artista o un matto, o entrambe le cose, cosa avrà da sorridere lo sa solo lui. Adesso lo sa anche Lia.
È un clown. Le ha offerto la sua tazza grande di caffè d’orzo e le ha raccontato delle storie. Ha perso un po’ del suo preziosissimo tempo per lei.
Una volta parlando con un signore ho notato che aveva un bellissimo orologio, questo mi dice che valeva diecimila euro e io gli rispondo che se avessi tutti quei soldi farei venire questo luminare alla mia manifestazione. Il signore mi racconta di come sua moglie avrebbe sempre voluto conoscere questa persona e partire in una delle sue missioni con lui. Così mi dice che se fossi riuscito a portarlo davvero qui dagli Stati Uniti avrebbe venduto l’orologio. Mi ha dato 5 mila euro ed ho potuto avverare il sogno di sua moglie ed il mio. Le cose accadono, Picasso diceva “non cerco, trovo”.
Si alza, un uomo guardava la porta d’ingresso e la esaminava dicendo che fosse instabile, lui va lì sorridendo e dice “sono l’addetto”, parlano e il clown improvvisa una scenetta in cui aggiustava la porta con un trombetta blu. Il cliente del bar ride e va a bere il suo caffè.
Una volta con il gruppo (ha un gruppo di clown che ha fondato e con cui si occupa di arte e problemi sociali) ci siamo trovati in questo quartiere che 6/7 anni fa era cosiddetto un quartiere da cui stare alla larga, era ed è lì che abbiamo la nostra sede, uno dei miei ragazzi si prende una sberla da un senegalese che stava spacciando e non voleva essere guardato , lui l’ha abbracciato. Il senegalese è rimasto lì,fermo,se n’è andato. All’epoca Andrea (è così che si chiama il ragazzo) era un ragazzetto di 22 anni. È stata una magia. Si commuove.
Si alza per andare al bancone per un altro caffè con la valigetta sulla spalla, è un cameraman in questo momento, la valigetta riprende il barista che viene intervistato con un microfono invisibile. Il barista è sudato e sotto pressione, c’è un marasma di gente e Lia aspetta tristemente il momento in cui lo farà notare al clown. Sta servendo, battendo scontrini, cercando cucchiaini, non sembra avere né tempo né voglia di giocare, ma Lia si accorge che il barista si sporge dal bancone con un sorriso e mentre stanno ridendo parlano ad un microfono immaginario.
Torna da Lia che incredula e per la prima volta nella sua storta mattinata sta sorridendo e le dice di tirargli una sberla, finta chiaramente e il rumore fa voltare la signora di fianco. Gliene tira un’altra mentre lui finge di essere arrabbiato con Lia che la sera prima l’avrebbe tradito. La signora, con la tazzina a mezz’aria e una smorfia in viso tra lo spaventato e l’incredulo si avvicina e gli dice che non è bello litigare. Parlano, ridono, il clown le spiega che era finzione e la invita a provare a schiaffeggiarlo anche lei … si scambiano gli auguri di Natale e la signora nella sua pellicciona nera se ne va ridendo. Si risiede. Questa è magia.
Lia è allibita e quando lo è dicono che sia evidente, dicono che la sua faccia non menta.. il clown si siede e le dice <Amo le persone>. La chiacchierata si è protratta per un paio d’ore e Lia è giunta alla conclusione che questa persona vive,non sopravvive!
Ha ingoiato la sua noce con il guscio, è tornata in stazione e nel mentre ha comprato una bambola da una signora del Guatemala, hanno scambiato qualche chiacchera , il treno come sempre era in ritardo e Lia lo ha aspettato sulla banchina sorridendo.
Molto realistico, urbano. Una storia alla chic-lit!
bell’atmosfera! di quel realismo che a volte ci manca
grazie ad entrambe!
Racconto realistico, molto carino, lo vedo un po’ difficile da girare come cortometraggio, troppi pensieri troppe azioni. I vincitori degli scorsi anni hanno scritto un corto molto semplice con pochissime e minimali scene, anche se in realtà io preferirei un cortometraggio più complesso e perché no, il tuo. In bocca al lupo
Bella storia realismo e atmosfera difficile coniugarli ma ci sei riuscita. Buone letture.
Visionario. Felliniano. Un sogno raccontato.
Grazie Francesca, crepi!!! ho pensato anch’io la stessa cosa guardando i vincitori degli anni passati, ma vale sempre la pena tentare! 😀 Grazie Luigi, è quello che ho provato a fare,buone letture!
Massimo, “felliniano” è una delle cose più belle che potessi dirmi, esagerato, ma grazie mille!!
Piccolo spaccato di vita un po’ schizofrenica.
Rende l’idea.
Angela