Premio Racconti nella Rete 2014 “Sei bellissima” di Luciano Filippo Santaniello
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Amanda Vallese sparì da Fano la sera del 3 luglio 2010. Aveva 16 anni. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.
Sono le 12:30 quando il campanello della villetta di via Giulio Cesare suona due volte. La signora Giuliana Vallese chiude l’acqua del lavello sotto il quale sta pulendo l’insalata, esce dalla cucina, getta un’occhiata alla porta chiusa della camera di Amanda e apre quella d’ingresso.
La prima cosa che vede è un enorme mazzo di fiori. Dietro i fiori c’è un uomo piccolo con occhiali da sole e un berretto da baseball macchiato di sudore. Oltre il muretto in pietra del cortile la signora Vallese scorge il furgoncino della Flora Express che sosta coi lampeggianti accesi.
“Una firma, per favore” dice il corriere porgendo una penna e un blocchetto di ricevute alla madre di Amanda.
La donna firma, prende i fiori, chiude la porta e osserva il mazzo fresco e odoroso. Legato al nastro di plastica che unisce i gambi c’è un cartoncino bianco con su scritto: “Per Amanda.”
Giuliana bussa alla porta della stanza davanti alla cucina, una voce dice “avanti” e Giuliana apre la porta.
Amanda è stesa sul letto. Scalza. Indossa una canottiera larga da basket che le copre gli slip bianchi, ha gambe lunghe e snelle e i capelli neri le ricadono lisci sulle spalle magre. Sta messaggiando col cellulare.
“Amanda, che fai?” chiede Giuliana.
Amanda posa il cellulare sul lenzuolo. “Niente, perché? Chi era alla porta?”
“Sono arrivati questi. Li ha portati il corriere.” Giuliana mostra i fiori.
“Per me?”
“Sì.”
Amanda scende dal letto e prende i fiori.
“Hai idea chi te li abbia mandati?” chiede Giuliana.
Amanda odora i fiori. “No” risponde. Ed è vero.
“Non lo diciamo a papà, va bene?” dice Giuliana.
Amanda annuisce.
“Si mangia tra venti minuti” la informa Giuliana. Esce e socchiude la porta.
Amanda posa i fiori sulla scrivania ingombra dei testi per i compiti delle vacanze e solo allora si accorge del biglietto. Lo stacca dal nastro di plastica, lo apre e legge: “Affacciati alla finestra.”
Amanda sente il cuore battere più forte. Posa il biglietto sulla scrivania e si avvicina alla finestra aperta. Fa caldo, l’estate palpita e non tira un filo d’aria. Amanda si sporge e lì per lì non si accorge di nulla. Poi lo vede. Un palloncino a forma di panda, di quelli che trovi alle giostre o alle fiere. È attaccato con una cordicella al ramo di un albero e vibra nell’aria calda.
A tavola Amanda non parla del palloncino e chiede a Giuliana se quella sera il padre le raggiungerà da Roma. Giuliana dice di sì e Amanda è contenta perché sa già che le porterà a cena fuori a farsi una scorpacciata di pesce.
Alle tre Amanda dice alla madre che va in spiaggia e uscita in bici dal cortile si sofferma a guardare il panda che dondola in cima all’albero. Ha la faccia buffa e dalla bocca spunta uno spicchio di lingua rosa. Amanda sorride.
La villetta che i suoi genitori affittano a Fano tutte le estati da dieci anni dista dal mare un paio di chilometri e Amanda li percorre pedalando senza fretta immaginando da chi arrivano i fiori e chi ha attaccato il panda all’albero.
Non vede l’ora di raccontare la faccenda a Benedetta, ma quando arriva al chiosco Benedetta non c’è. Non prova a chiamarla perché pensa stia dormendo. La notte prima hanno fatto tardi. Al chiosco c’è stata festa, hanno conosciuto nuova gente. Ragazzi più grandi che le hanno offerto da bere, quindi ad Amanda non sembra strano che dopo pranzo Benedetta si sia rimessa a letto.
Amanda non è affatto stanca. I fiori e il panda l’hanno messa in uno stato di viva eccitazione. Si avvicina al bancone del bar e compra un gelato, uno di quelli col biscotto e va a mangiarlo a un tavolo di plastica sotto la tettoia di paglia.
Dal campo di beach volley arriva il suono secco delle palle che volano da una parte all’altra della rete.
Amanda morde il gelato, accavalla le gambe e pensa che dopo ci starebbe bene una sigaretta, ma ha dato il pacchetto a Benedetta per non doverselo portare a casa.
Davanti ad Amanda passa un ragazzo riccio in costume da bagno. Fisico asciutto, abbronzato. Le sorride e Amanda abbassa lo sguardo chiedendosi quand’è che imparerà a non arrossire quando un ragazzo carino la guarda in quel modo.
Manda un messaggio a Benedetta e le dice che sta per passare sotto casa sua. Getta la carta del gelato nel bidone dell’Algida e torna alla bicicletta. Sul manubrio c’è un foglietto di carta attaccato con dello scotch. Amanda lo prende e lo legge. C’è scritto: “Sei bellissima.”
La gola di Amanda si stringe come un nodo e prima di andare da Benedetta valuta se passare da casa e raccontare alla madre del messaggio sulla bici. Adesso è nervosa e vuole sapere chi l’ha seguita. Però pensa che Giuliana si spaventerebbe e reagirebbe obbligandola a non uscire di casa, finendo col dire tutto a suo padre che monterebbe un casino che non finisce più.
Meglio non dire nulla.
Quando ferma la bici davanti casa di Benedetta la sensazione di essere pedinata si fa più forte. Si guarda intorno ma nessuno sembra prestarle attenzione.
Benedetta è di Vicenza. I suoi genitori prendono in affitto la casa per tutto il mese di luglio e lei e Amanda si vedono solo d’estate. Si conoscono da tre anni. Amanda ha invitato più volte Benedetta a Roma, ma i suoi genitori non le fanno prendere il treno da sola.
Sulla veranda la visuale è migliore e prima di suonare il campanello Amanda guarda nuovamente la strada, poi pensa che si sta comportando da scema e si decide a suonare. La porta si apre. La madre di Benedetta è una donna alta, lentigginosa e dai seni abbondanti. Fuma una sigaretta.
“Ciao Amanda.” Di solito è allegra e sorridente. Stavolta sembra non voglia scocciature.
“Buongiorno signora, c’è Benedetta?”
“Sta riposando.” La donna continua a guardare Amanda senza lasciarla entrare. “Ieri sera avete fatto tardi. A tua madre sta bene che torni alle tre?”
“Mia madre dormiva” risponde Amanda.
“Io no, non dormo se mia figlia sta in giro tutta la notte.”
Amanda nota che la cenere della sigaretta sta per cadere a terra.
“Posso parlare con Benedetta?” chiede.
“È in camera, sta riposando” ripete la donna. “Le dico di chiamarti.”
La cenere cade sullo zerbino quando la madre di Benedetta chiude la porta.
Amanda rimane immobile un paio di secondi. Potrebbe tornare al chiosco, ma non ha voglia di andarci senza Benedetta, così va a casa e si prepara una vaschetta di gelato alla stracciatella che mangia davanti agli esercizi di matematica. Prova a farne qualcuno ma ha la testa altrove, prende il PC e guarda tre puntate di una serie tv in streaming.
Alle 17:15 si affaccia in soggiorno e vede che la madre parla al telefono.
“Va bene” dice Giuliana. È in piedi davanti alla finestra. “Va bene” ripete. Il suo sguardo aggancia quello della figlia. Alza una mano come a dirle di non muoversi. “Arrivederci” dice e posa il cordless sul divano accanto al libro.
“Era la madre di Benedetta.” Fa un sospiro. “Non le sta bene che la figlia torni a casa alle tre di notte.”
Amanda entra in soggiorno. “Se non possiamo far tardi nemmeno d’estate che senso ha andare in vacanza? Eravamo al chiosco, a cinque minuti da casa. Abbiamo ballato.”
“Sto solo dicendo che quando esci con Benedetta ti devi ricordare che c’è una persona che sta in pena finché non la sente tornare a casa. Stasera non la fa uscire.”
Il cordless suona di nuovo. Giuliana lo afferra e risponde. Amanda va in cucina, apre il frigo e si versa un bicchiere di latte freddo. Lo beve, sciacqua il bicchiere, prende il cellulare che ha lasciato in camera e si affaccia nuovamente in soggiorno.
“Era papà” dice Giuliana. “Arriva alle otto e mezzo. Ci porta a cena fuori.”
Amanda sorride, dice che va in spiaggia e sarà di ritorno alle sette. Prende la bici, la porta a mano fuori dal cortile e osserva il panda che ondeggia debolmente nell’aria calda del pomeriggio. Davanti al chiosco la musica è alta, è stata montata una consolle davanti alla spiaggia e la gente balla coi drink in mano mentre un dj dalle braccia tatuate cambia un disco dopo l’altro.
Amanda va al bancone e scrive a Benedetta che al chiosco c’è festa. Benedetta non risponde. Amanda trascorre qualche minuto osservando la gente ballare. Ha sempre voglia di fumare una sigaretta e pensa di chiederla a qualcuno. Poi si rende conto che il ragazzo riccio in costume da bagno la osserva appoggiato a una colonna sotto la tettoia di paglia.
Amanda sposta lo sguardo e il ragazzo si avvicina. Ha un velo di sabbia attaccato al coscia destra. Amanda guarda altrove, il ragazzo le dice qualcosa e Amanda scuote la testa. Il ragazzo dice qualcos’altro. Amanda ride e lo segue davanti alla consolle. Lì la musica è più forte. Non avrebbe senso parlare, così ballano guardandosi negli occhi finché Amanda non avverte il bisogno di andare in bagno.
Fa il giro del chiosco, ai bagni c’è fila, Amanda aspetta e quando finalmente torna nei pressi della consolle vede che il ragazzo riccio sta ballando con un ragazzo dai capelli cortissimi che solleva le braccia e gliele getta intorno al collo. Ballano stretti, le labbra si sfiorano. Nessuno dei due si accorge di Amanda che all’improvviso si sente strana, si sente sola e non capisce come faccia la gente a divertirsi in quel modo.
Guarda il cellulare per vedere se Benedetta le ha risposto ma non è arrivato nessun messaggio.
Torna a casa dieci minuti prima delle sette, non saluta, va a farsi la doccia, si asciuga i capelli, indossa jeans e maglietta puliti e quando appare in soggiorno suo padre è già arrivato. È sereno, felice. Il viaggio è andato bene. Beve un bicchiere di vino fresco e parla con la moglie di quel panda appeso all’albero. Giuliana nemmeno ci ha fatto caso.
Amanda abbraccia il padre. Lui la bacia sulla fronte e le chiede se ha fame. Amanda risponde di sì. Il padre dice che ha prenotato da Liò, il ristorante preferito di Amanda.
In macchina, durante il tragitto, Amanda non dice una parola. Al ristorante, per antipasto, ordina un’insalata di mare, per primo spaghetti alle vongole e ordina anche una frittura mista. Il padre chiede alla moglie se in quei giorni l’ha fatta mangiare. Giuliana ride. Il padre e la madre di Amanda ordinano due antipasti misti, un rombo al forno e una bottiglia di Pinot Grigio.
Dopo le ordinazioni Amanda dice di dover andare un secondo in bagno. Passano cinque minuti. Amanda non torna e Giuliana decide di andare a vedere se ha bisogno d’aiuto. Il marito le dice di star tranquilla, forse c’è fila.
Due minuti dopo Giuliana si alza, chiede a un cameriere dov’è il bagno e quando apre la porta di quello delle signore lo trova vuoto. Apre anche quello degli uomini, vuoto anch’esso.
Giuliana torna in sala e dice al marito che Amanda non è in bagno. È passato un quarto d’ora da quando si è alzata da tavola. Il padre di Amanda posa il tovagliolo sul tavolo, apre la bocca ma non dice niente. Intanto la cameriera serve l’insalata di mare al posto di Amanda.
“Hai capito?” dice Giuliana. La voce è stridula. Ha una ciocca di capelli fuori posto.
Il padre di Amanda prende il cellulare dalla tasca della giacca, gli cade sulla tovaglia, lo raccoglie, scorre la rubrica e chiama la figlia. Il numero è spento e solo in quel momento si rende conto del chiasso che fa la gente intorno a loro.
Un racconto emozionante dal ritmo ossessivo che ben si addice alla storia narrata. Complimenti all’autore.
Sparire per colpa di uno squilibrato. Fa venire i brividi pensando a come sia attuale questo argomento se leggiamo le cronache quotidiane.
Quando l’amore per qualcuno diventa malata ossessione.
Angela Lonardo
ottima analisi.
Tema davvero attuale. Scanditi bene i tempi in una cornice di normalità, quella di una ragazzina come tantissime altre. Il racconto lascia sperare fino all’ultimo nonostante le prime e chiare righe di apertura. Mi ha colpito molto. Ti faccio i miei complimenti, Sara.