Premio Racconti nella Rete 2014 “Sventolino” di Anna Maria Rinaldini (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2014Contadini. Poveri. Senza figli. Abitavano in una misera casa ai limiti del bosco. Lui si chiamava Gerolamo, lei Ermelinda. Lavoravano nei campi dalla mattina alla sera in una terra avara, tutta sassi. E poi, per cosa? Per dividere il raccolto con il loro Re.
– Ah, se avessimo un figlio! Ci farebbe uscire dalla miseria e ci rallegrerebbe la vita! – disse un giorno Ermelinda al marito.
E lui: – Un figlio? Adesso che siamo vecchi? Ormai quel che è fatto è fatto! E poi, per avere un’altra bocca da sfamare?
– Io invece lo vorrei. Che ne diresti se andassi dalla Maga Verzelia?
– No, no e poi no! Io un figlio non lo voglio!
Invece lei ci andò, nonostante sapesse che la Maga abitava in capo al mondo.
– Vuoi un figlio? Alla tua età? Ne sei sicura? Bene, così sia, ma voglio mille marenghi d’oro, – le disse la Maga.
– Cosa? Per farmi avere un figlio, vorreste mille marenghi d’oro?! Ma io sono povera, quei soldi non li ho! – esclamò Ermelinda.
– Me li darai quando tuo figlio compirà diciotto anni. Però ricorda: né un giorno di meno, né un giorno di più, altrimenti te lo prenderò e resterà per sempre con me.
Anche se a malincuore, Ermelinda accettò, ma al suo ritorno a casa, il marito andò su tutte le furie.
– Cos’hai detto? Per farti avere un figlio la Maga pretende mille marenghi d’oro? E tu hai accettato? Ma sei impazzita? Vorrà dire che d’ora in avanti mangerai pane e cipolla.
Dopo nove mesi nacque loro un figlio, ma aveva certe orecchie a sventola da far spavento.
– Mamma mia, quant’è brutto! – fece Gerolamo quando lo vide. – E questo sgorbio varrebbe mille marenghi d’oro? Io non lo voglio.
Al che Ermelinda: – Bello o brutto che sia, è figlio mio e lo alleverò come fosse figlio di un re.
Ma quando quel bambino fu grandicello, per via delle sue orecchie, i suoi compagni di giochi presero a canzonarlo e a chiamarlo Sventolino, e ben presto lui divenne Sventolino per tutti. Solo la madre lo chiamava col suo vero nome.
Col tempo, però, anche Gerolamo incominciò ad accettare quel figlio sgraziato, anche perché Sventolino era sempre molto affettuoso e gli toglieva più d’una fatica. Non solo, sapeva dirgli sempre, in maniera esatta, che tempo avrebbe fatto il giorno dopo. E per lui, che aveva a che fare quotidianamente con gli elementi della natura, questa era proprio una gran cosa. Ma Gerolamo, che era curioso come pochi, un giorno, mentre era al lavoro, gli disse : – Senti, io muoio dalla voglia di sapere come fai a prevedere il tempo.
E lui: – Me lo dicono le mie orecchie. Infatti si alzano, si abbassano, oppure sventolano a destra o a sinistra a seconda che piova, nevichi, eccetera eccetera.
Ah, la meraviglia di Gerolamo! E così quando rornò a casa, ne parlò subito con la moglie e più tardi ne parlò anche con i suoi amici, contadini come lui e sudditi dello stesso Re.
– Ma è una cosa sbalorditiva! – gli dissero quelli. D’ora in poi, prima d’intraprendere i lavori dei campi, consulteremo sempre il tuo Sventolino.
– Dite sul serio?
– Certo.
– E quanto per ogni consultazione?
– Un marengo d’oro.
– Affare fatto.
Ben presto la notizia si diffuse e i contadini e gli artigiani erano tutti a far la fila davanti alla casa di Gerolamo e di Ermelinda. E un giorno arrivò lo stesso Re e, guarda caso, poco prima che Sventolino compisse diciotto anni.
– Lo voglio a corte con me, in cambio di mille marenghi d’oro, – lui disse a Gerolamo e ad Ermelinda.
– Non sia mai! – esclamò la donna.
Ma Gerolamo, avido di danaro qual era, disse sotto voce alla mogglie: – Ma sei diventata pazza? Sono quelli che dobbiamo a Verzelia.
E il Re: – Come, non sono sufficienti? Allora ve ne darò duemila.
– No, né mille, né duemila. Io mio figlio non lo cedo a nessuno, neanche per tutto l’oro del mondo, – rispose con fermezza Ermelinda – . E a questo punto, anche se a malincuore, il Re se ne andò.
Però, quando Gerolamo ed Ermelinda furono soli, nella loro casa scoppiò l’inferno.
– Insomma, mi sai dire perché hai rinunciato a quella fortuna? E adesso?
– Adesso andrò da Verzelia e le porterò quello che avevamo stabilito.
– No, io te lo vieto.
Ma Ermelinda non ascoltò il marito. Col consenso di Sventolino, prese i mille marenghi d’oro che lui aveva guadagnato con le sue previsioni del tempo, e partì per andare da Verzelia. La strada da fare era tanta, ma grazie alle sue gambe, che erano ancora buone, arrivò da lei proprio il giorno del diciottesimo compleanno del figlio.
Quando la Maga la vide le disse: – Hai superato una prova molto dura. Sì, sei proprio una brava mamma. I mille marenghi d’oro non li voglio, sono per Sventolino. Del resto sono il frutto del suo lavoro.
Ah, la felicità di Ermelinda! Tornò acasa desiderosa soltanto d’abbracciare suo figlio.
E coi mille marenghi d’oro cosa fece Sventolino?
Tolse dalla miseria il padre e la madre e costruì per loro un palazzo bello quanto quello del Re. E poi, visto che le orecchie a sventola gli avevano portato fortuna, cominciò a sfoggiarle bellamente.