Racconti nella Rete 2009 “Carminella: ai confini dell’ irrealtà” di Maria Dorata
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Carminella abitava in un paesino sperduto tra le montagne.
Era la prima di cinque figli. Cominciò presto a distinguersi fra i coetanei e non solo per la sua bellezza. Era zelante nello studio, sincera e leale. Il viso era perfetto. Il nasino all’insù, la bocca due petali di rosa, gli occhi neri, grandi, dove si specchiava un’anima pura che l’avrebbe accompagnata per la vita. Il tutto incorniciato da una massa di riccioli ribelli che contrastavano con la sua personcina esile e delicata. I suoi genitori erano contadini e pastori.
Papà Lapo portava o giorno le sue pecore al pascolo e mamma Marcuzia, quando non badava all’orto, col buon latte degli ovini e con l’ aiuto della farina sfornava delle buonissime e succulenti torte. Quando era tempo di tosare le pecorelle, la buona donna, raccoglieva la preziosa lana e tutto l’inverno sferruzzava, ricavandone maglioni, berretti, sciarpe e quant’altro occorreva ai suoi cari. Appena la giovinetta terminò le elementari, nel piccolo paese le scuole finivano lì, decise di aiutare la mamma ad accudire la famiglia. Ma col passare del tempo Carminella cominciò a prendere coscienza di sè. Era contenta di dare una mano in casa, poichè vedeva Marcuzia sempre più stanca, ma sapeva che dentro di lei c’era dell’ altro. Fantasticare non le bastava più. Spesso la sera prima d’andare a letto, dalla sua finestra, scrutava lo spazio. Per celia si misurava a contare le stelle, poi s’incantava a guardare la luna che sembrava le sorridesse. Avrebbe voluto spiccare il volo er raggiungerla come fanno le streghe, ma lei non era una strega e incantata si perdeva nell’infinito. Aveva sete di sapere conoscere altre realtà, scoprire nuovi orizzonti, uscire dai propri confini, sia pure attraverso lo studio, dove gli autori l’avrebbero presa per mano conducendola ove lei non sarebbe mai potuta andare. Fu don Alphio, il parroco della chiesetta a picco sui monti, ad aiutarla in questa sua aspirazione. Al buon vecchio piacevano i libri e da una stanzetta attigua la sagrestia aveva ricavato lo spazio per allestire una modesta biblioteca, anche se sapeva che i parrocchiani non ne avrebbero toccato uno, vuoi per mancanza di tempo vuoi per scarsa volontà.
Dapprincipio, Carminella, cominciò con le fiabe che accendevano la sua fervida fantasia d’adolescente. Mano a mano che il tempo passava le fiabe non le bastarono più. Fu sempre il buon parroco ad indirzzarla nelle scielte e a farle da maestro, così la raazza passò ad una lettura più impegnativa. In famiglia sapevano di questa sua passione e ne avevano piacere. I fratellini erano cresciuti e lei aveva sempre più tempo da dedicare a se stessa. Quando compì diciotto anni, don Alphio, che si era recato in città, per l’occasione le regalò un libro che avrebbe dato una svolta alla sua vita.
Davanti al titolo “Gli Ufo E Gli Extraterresti esistono davvero?” Carminella rimase perplessa. Non sapeva cosa fossero gli ufo tanto meno gli extraterrestri. “Troverai la risposta nel libro” disse il parroco, indovinando i mille interrogativi che in quel momento afollavano la mente della fanciulla. Ormai, Carminella, lo aveva letto quasi tutto, le mancavano solo alcune pagine. Quel giorno l’afa e il caldo canicolare non le permettevano di concentrarsi nella lettura che l’avvinceva sempre più. Chiese quindi il permesso ai suoi genitori per recarsi nel bosco vicino dove all’ombra delle fronde avrebbe potuto appartarsi e gustarne la fine. Si era appena seduta sull’erba, con le spalle appaoggiate ad un grosso tronco, quando fu distratta prima da un sibilo e poi da un rumore sempre più assordante tanto da costringerla a tapparsi le orecchie. All’improvviso un oggetto misterioso dallaforma rotonda si parò non molto distante da lei. Subito da una porticina sbucò un qualcosa simile ad un robot, che lentamente, come fosse telecomandato, le si avviciò. Alla sommità del capo aveva due minuscole antenne munite di piccolissime lampadine che giravano ad intermittenza regolare, le braccia di lamiera ricadevano rigide sul corpo. Carminella non credeva ai uoi occhi. Si rese conto che stava assistendo ad un fenomeno, a qualcosa di straordinario. Fu assalita da una gran paura, avrebbe voluto fuggire ma le sue gambe erano di piombo e sembravano inchiodate al terreno. Una voce dal suono metallico la traquillizzò. “Non aver paura Carminella, non ti farò alcun male, anzi, sono qui per aiutarti”. La fanciulla, esterrefatta, con un filo di voce palbettò “Chi…Chi sei..Co…Come sai il mio nome, come mai parli la mia lingua?”. L’uomo d’acciaio, con la sua strana voce, rispose ” Noi extraterrestri conosciamo e parliamo tutte le lingue e sappiamo di voi ogni cosa. La nostra tecnologia è molto più avanzata della vostra, il libro che stai leggendo corrisponde a verità, chiamala pure autopia, fantascienza.
Per oggi Carminella non posso dirti di più. Il mio tempo è scaduto ma se vuoi, domani fatti trovare qui alla stessa ora e non parlare a nessuno di quanto hai visto e udito”. Così dicendo si diresse verso il suo fantomatico veicolo e sparì nel cosmo così com’era apparso. La ragazza corse subito a casa, stordita, incredula, con le gambe che le tremavano ancora. Come avrebbe potuto parlare ai suoi di quella incredibile avventura, non l’avrebbero creduta o l’avrebbero presa per matta. Inutile dire che la notte non chiuse occhio. Voleva convincersi che il fenomeno a cui aveva assistito era stato solo l’effetto del caldo, suggestione provocata dalla lettura del libro che aveva condizionato la sua mente al punto di materializzare l’alieno, farlo uscire dalle pagine e dargli vita. Nonostante tutto, col cuore che le batteva come un tamburo e non senza paura, il giorno dopo, si recò puntuale all’appuntamento. Questa volta l’uomo d’acciaio era lì che l’aspettava. “Sapevo chesaresti venuta” disse il robot con la sua voce cupa. Carminella fu presa da una strana sensazione. Ea sicura che stesse sognando.
Ma si che stava sognando. Nei sogni può accadere di tutto. Infatti era impossibile che quella strana sagoma sapesse anche questo. Per tutta risposta l’extraterrestre, come se le avesse letto nel pensiero, disse “E’ tutto vero, Carminella, tu non stai sognando, devi credere ed avere fiducia in me. Sono sceso quaggiù per evitare che domani tu commetta un grosso sbaglio, un errore che ti costerebbe caro e di cui ti pentiresti per tutta la vita”. “Posso farti qualche domanda?” osò Carminella. “Si, ne hai facoltà”. “Tu, hai un nome?” “Certo, mi chiamo k21”. Stavano ritti, uno di fronte all’altra, a qualche passo di distanza. La giovane cercava di scrutarlo, carpire e capire chi si celava sotto quelle lamiere dove tutto sembrava costruito da una sapiente officina meccanica. Ad un tratto il suo sguardo si posò su due fessure della maschera del robot. Notò,con stupore, all’altezza degli occhi, due pupille di un colore indefinito come fossero stelle splendenti in una serena notte d’estate, l’unico organo che sapeva di umano in quel corpo d’acciaio. K21 continuò “Non ho molto tempo ed ho tante cose da ditrti. Domani quando ti sveglierai accuserai un forte mal di testa, seguito da febbre alta ma non temere al ritorno dei tuoi genitori starai bene. Tutto questo per impedirti di recarti alla sagra dell’uva poichè è scritto che faresti un brutto incontro” Carminella si fece coraggio e azzardò “Posso chiederti di cosa si tratta?” “Certo, stavo proprio per dirtelo. Un’ora prima del tramonto un giovin signore, molto ricco, elegante ed aristocratico, capitato lì per caso, si presenterà alla tua famiglia per comprare. Se tu fossi lì egli si innamorerebbe subito di te, resterebbe affascinato dalla tua bellezza e farbbe di tutto per sposarti al più presto portandoti via conducendoti, come una regina, nel suo sontuoso palazzo. Anche tu rimarresti soggiogata dal suo fascino e seguiresti il bel forestiero. Ma ahimè, dopo qualche mese, egli si stancherebbe di te poichè una persona volubile, capricciosa ed egoista. Egli ha sangue meticcio, di padre nobile e di madre zingara. Queste sue origini lo portano a viaggiare e girovagare per il mondo così un brutto giorno ti ritroveresti sola, senza più lacrime, prigioniera per sempre in una gabbia d’oro”. Carminella, sconvolta, replicò “Quello che mi stai dicendo è assurdo, ha dell’incredibile. Come fai a prevedere il mio avvenire?”.
“Ti ho già spiegato che la nostra tecnologia è molto avanzata. Io sono uno scienziato ed insieme ad altri colleghi abbiamo inventato una macchina in grado di proiettarci nel futuro”. La fanciulla ascoltava attonita, sbigottita. L’ alieno continuò “Il nostro esperimento comincia da te, tu sei la prima a beneficiarne” ” k21, perchè proprio io?” “Sei stata scelta a caso. Poteva capitare a chiunque”. L’uomo dacciaio mentiva. Avrebbe voluto dirle che la conosceva da sempre, che mille e mille volte gli era apparsa sul monitor e che .. che se ne era innamorato. Ma a che scopo dirle questo, anche se sotto la corazza aveva un cuore che batteva lei non poteva e no doveva saperlo. Avrebbe voluto prenderla, stringerla fra le braccia e condurla nel suo magico mondo, dove sarebbero stati felice per sempre. Ma questo, le loro leggi, lo vietavano, a meno che .. con un suono quasi incomprensibile, (il robot aveva delle emozioni?) continuò “Addio,Carminella, la mia missione è finita”. Le voltò le spalle e si avviò verso la navicella. La ragazza avrebbe voluto avvicinarsi, trattenerlo, dialogare con lui ancora un pò ma non riusciva a fare un passo, sembrava quasi paralizzata. Era scioccata, allibita, per quanto aveva udito. Tentò ad allungare un braccio e con la mano fare dei cenni. “Aspetta, k21, fermati ancora un attimo .. ti rivedrò .. ci rivedremo?” l’alieno non rispose, si girò verso di lei e .. due grosse lacrime scivolarono dal suo volto di lamiera. Caddero a terra dove, come per magia spuntarono subito due bellissimi fiori dal colore indefinito. Carminella, sbigottita, li raccolse e se li strinse al petto. Il mattino seguente di buon’ora Marcuzia si avvicinò al lettino della figlia per esortarla ad alzarsi e a prepararsi per la sagra. Ma non appena la giovane mise i piedi per terra cadde come svenuta. I genitori, peoccupati, la rimisero a letto. Carminella lamentava un forte mal di testa e la mamma, tastandole la fonte si accorse che scottava. In quelle condizioni non poteva certo recarsi alla sagra. Marcuzia non voleva lasciarla solama la figlia quasi la obbligò a seguire la famiglia. Al loro rientro stava già meglio tanto che aveva preparato la cena per tutti. “Figliuola” esclamò la mamma felice “Ma tu stai bene!” Quando si furono seduti a tavola Carminella fu curiosa di sapere com’era andata la giornata. Papà Lapo, con euforia, cominciò a narrare “Fino al tramonto la roba che tanto faticosamente avevamo prepaato era quasi tutta lì quando un giovin signore, sbucato da no so dove, vestito come un re, le dita ornate di pietre preziose, compra tutta la nostra merce.
Al suo seguito aveva dei servitori che la sistemarono nella lussuosa carrozza, da ci poco prima era sceso. E’ stato un vero miracolo!”nell’enfasi del racconto nessuno si era accorto che Carminella non aveva toccato cibo. La giovaneera pallida, gli occhi sgranati, le mani incollate alle posate, incapace di compiere ogni movimento. “Cara, ma tu non hai mangiato nulla” disse la mamma turbata. “Forse stai ancora male?”. “No mamma sto bene, è che mi sento un pò stanza, forse ho bisogno di riposare, buonanotte”. Così dicendo, frastornata, si avviò verso la sua camera da letto sperando che, un buon sonno ristoratore, riuscisse a farla star meglio. Da quell’incredibile episodio erano trascorsi ormai parecchi anni. I suoi genitori si erano spenti serenamente così com’erano vissuti. I fratellini, ad uno ad uno, si erano sposati tutti e lei era rimasta sola. Ma a Carminella non pesava. Aveva l’affetto dei suoi cari e gli interessi che coltivava erano tali e tanti che il tempo le scorreva velocemente, senza che se ne accorgesse. Il buon parroco le aveva lasciato in eredità la piccola biblioteca che era diventata tutto il suo mondo, ma che lei voleva dividere con altri. Diceva spesso “La buona lettura istruisce, è la linfa che nutre il cervello, non pemettendogli di impigrirsi e navigare nell’ignoranza”. A poco a poco aveva convinto i giovani del paese ad accostarsi ai libri. Era lei stessa, come aveva fatto don Alphio, a consigliarli ed intervenire là ove si fossero presentate delle difficoltà. Da tempo non partecipava alla sagra dell’uva ma quell’anno le era presa come una smania, un desideiro incontenibile di esserci. Lavorò tutta la settimana infornando e sfornando dolcetti di tutte le foggie e per tutti i gusti. Quella della sagra era una bella festa, un’occasione per ritrovarsi tutti,gra parte accoreva anche dai paesi limitrofi. Si suonava, si ballava, si mangiava, gustando il buon vino delle loro vigne. Vi erano persino giocolieri, mangia fuoco e qualche incantatore di serpenti.
Lei se ne stava lì, vicino alla sua bella cesta colma di biscotti, quando le si avvicina un giovane forestiero per acquistare quei dolcini che stuzzicavano la gola. L’uomo scelse i più croccanti e dorati ma quando Carminella fece l’atto di porgeglieli i loro occhi si incrociarono in un interminabile sguardo pieno di significati. Per un attimo il sangue le s gelò nelle vene. Quegli occhi, quegli occhi dal colore indefinito. lei li conosceva bene, gli erano rimasti nel cuore e nella mente per tutti quegli anni. Ad un tratto avvertì il suono di un leggero sibilo seguito da un rumore sempre più assordante tanto da costringerla a tapparsi le orecchie. Poi il suo sguardo fu attratto da un oggetto misterioso che si perdeva tra le stelle. Si sorrisero. Il loro desino si era compiuto. L’amore non conosce barriere poichè ha dell’incredibile, dell’impossibile e pechè no qualche volta anche di magico. Per Carminella fu solo un sogno? Chi lo sa!