Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “E m’informi che stai mettendo radici” di Daniele Bellocchi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

– Sono contenta che le cose ti vadano bene – mi dici, mentre passi il panno umido sul mobile wengè dell’ingresso. Ricordo quando l’abbiamo comprato, era natale inoltrato e avevano da poco inaugurato un nuovo centro Ikea. Quell’anno avevamo speso tutti i nostri spiccioli nella manutenzione di un grigio monolocale di periferia, ricordi?

No, io credo di no. Non puoi ricordarlo, come potresti…

Tu, tu che ti sei presa tutto il tempo per dimenticare in fretta, tu che hai sganciato ogni inutile zavorra dai bordi della tua patetica barchetta. In fondo non sei mai stata brava a tenertele strette, le cose. Come quella volta che nel giro di una settimana hai cambiato lavoro, macchina, amici e carta da parati. Piuttosto ci tieni a farmi sapere che all’occorrenza sai anche prenderti cura del nostro passato, raschiando la polvere perfino dagli angoli del letto, scovando il tarlo, nonostante il disordine.

– E’ bello rivederti – mi dici, gettando il panno nel cesto degli indumenti sporchi. E ti pulisci la coscienza con lo sgrassatore universale. E te la cavi così, con due mani di straccio e una d’indifferenza.

           

E m’informi che stai mettendo radici.

Che ora sai come fare, che adesso affiora l’acqua giusta al tuo mulino.

M’informi che gli idraulici hanno cambiato le tubature, che i falegnami hanno ristrutturato i solai, che gli imbianchini hanno passato una mano di bianco su quelle pareti grigie. Che finalmente hai smesso di morderti le unghie, che hai iniziato a considerare la possibilità di passare alla carne.

E mi comunichi che adesso filtra luce al neon dalle tapparelle, che le tue stanze profumano di gelsomino e che la varecchina non consuma più le tue sudice giornate. E mi offri ospitalità, invitandomi a calpestare il tuo tappeto nuovo, dimenticandoti che conosco bene l’indirizzo e ogni piccola diramazione della tangenziale, ogni singolo by-pass innestato con cura nella cavità delle tue arterie. E mi offri una esosa liquidazione, sussurrandomi in silenzio che non puoi più aspettare.

M’informi che le tue giornate sottoscrivono cambiali, che adesso le passi a studiare con cura le scadenze del tuo pancione; che ora stai più attenta allo scirocco invernale, e che per ogni foglia che cade hai nuovi semi da coltivare. Mi dici che non la giri più la testa indietro, che non hai più la cervicale, che l’Aulin l’hai terminato da un bel pezzo e che hai relegato l’emicrania nel primo cassetto, tra i mal di testa dei giorni migliori. Che hai finalmente il ricettario giusto, che in tutto questo tempo hai persino imparato a cucinare; e intanto mischi lo zucchero con il sale, parlando della nostra storia come qualcosa di triviale.

Mi indichi la tua nuova strada, asfaltata di fresco come l’autostrada del sole. E mi rammenti che adesso non esistono più fermate, né caffè presi di corsa ai banconi sovraffollati di un anonimo autogrill. E poi simuli quella sicurezza che tanto ho odiato, cimentandoti nella pulizia delle stoviglie smaltate in acciaio temperato.

Mi ricordi la mia dipartita, e la sottolinei con il detersivo dei piatti sporchi acquistato pochi giorni prima nel discount sotto casa. E mi offri il canovaccio della cucina come prova del tuo impegno…

E dovrei vederti diversa, e io dovrei vederti migliore.

Mi comunichi i tuoi nuovi orari di lavoro, ogni piccola collocazione temporale, tutte le scadenze incollate come post-it sul calendario della tua ordinata rubrica. E apri l’agenda per nascondere il mio nome tra i numeri grigi dei giorni feriali, sfogliando i santi a ritroso come fossimo in processione. E imbratti le lettere del mio nome con la luce opaca dell’evidenziatore.

Lasci a intendere che non farai più a botte con l’amore, che le tue notti non terminano più dove finiscono i tuoi sogni, che perfino i cani hanno smesso di pisciare il territorio, che hai comprato una sveglia nuova per assicurarti il buongiorno, e che adesso hai lenzuola nuove, fresche di bucato. E mi dici che vuoi lasciare una traccia, che ci tieni a continuare… e intanto mi comunichi il tuo malumore, stizzando nervosamente la cenere nella tazzina del caffè.

M’informi che hai lasciato il nostro divano in cucina, che tra qualche giorno arriveranno i tarli a portarselo via, e che è solo questione di tempo. Che le persiane sono state riverniciate di fresco, che l’acrilico è impermeabile all’acqua e alla luce, e che i manovali hanno lasciato in veranda secchi sporchi di tempera e salsedine. Mi dici che adesso sorridi di più, e che per l’occasione hai comprato una nuova vestaglia in poliestere dove stringere ogni mattina il tuo buonumore.

E metti alla prova la mia tenerezza, parlando del nostro amore e del suo dolore ingenuo; quasi a voler dire che ho solcato i tuoi seni equipaggiato solo di ferraglia da dilettanti, con moschettoni incapaci di trattenerne il peso e picchetti dalla punta stondata. Alte probabilità di rottura, e buone chances di scivolare veloci lungo il pendio dei tuoi tremila metri di sensibilità.

E poi ridi, dio mio quanto sei bella quando ridi.

E mi regali confezioni di tisane, prodotti fitoterapici e parole crociate lasciate a ingiallire in bagno sul davanzale del termosifone, il tuo esoso erario e la tua ben retribuita stanchezza, il fondo del Corriere letto di corsa nel bar sotto casa, la rivisitata opinione degli intellettuali di sinistra, ogni abusato luogo comune, la grigia mantovana della tua camera da letto, le ultime novità in materia di giardinaggio e fiori appassiti per troppo Amore, i menù consumati nei ristoranti dei sabato sera, tutti i locali del centro storico e gli orari di apertura, i promettenti attori delle ultime fiction, la nuova collezione dei bicchieri di Nutella, il tuo nuovo Rinascimento e gli affreschi della tua nuova alcova, l’ordine strategico dei libri in salotto, l’ultima collocazione del tuo contratto sociale, il cinema d’essai e le tue ultime considerazioni sulla ripresa a campo largo della cinematografia francese, l’aggiornamento sugli orari della ZTL, tutte le pagine del tuo carnet, le notti bianche e il British tea della prima colazione, le scarpe lucide e la sciarpa nuova di lana bianca, il Nuovo Ricettario della Cucina Italiana e le dosi appropriate del tuo benestare, decorate con la maionese lungo la porcellana del tuo fantastico guazzetto in salsa rosa.          

E m’informi che stai finalmente mettendo radici… mentre spolveri le ultime molliche di pane dalla tovaglia imbandita del nostro incontro.

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