Premio Racconti nella Rete 2013 “Viso da bambola” di Gioacchino De Padova
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Cammina a passo spedito, col bavero del cappotto sollevato per proteggersi dalle gelide folate di vento. Appena entrata nel bar, si dirige verso il tavolino in fondo, quello davanti alla vetrata che affaccia sul mare. Si siede e accavalla le gambe. Tira fuori dalla borsa uno specchio. Controlla che il trucco sia a posto. Fa un gesto di stizza con la mano, quando si accorge che il fondotinta non ha coperto bene quelle piccole rughe ai lati delle labbra. Poi inizia a picchiettare con le unghie sul tavolino.
Mara è nervosa. Ha accettato quell’appuntamento, sperando di lasciarsi alle spalle le ultime deludenti storie. Quella con Peter, naufragata a un passo dal matrimonio. E quella con Fabio, finita quando lui si innamora di una donna molto più giovane.Tristi ricordi che ancora pesano dentro il suo animo e la tengono ancorata a terra come una zavorra. Mentre lei ora vuole soltanto ricominciare a vivere e volare.
Con Luca si sono conosciuti su Facebook. La richiesta di amicizia, qualche mi piace in comune. Poi una fitta corrispondenza di mail e telefonate. Fino a quella proposta, gradita come una luminosa giornata di sole dopo tanti giorni bui: “In un’ora posso arrivare dalle tue parti. Ti va se ci vediamo?”.
E’ quello che si aspettava, ma sentirselo chiedere ha aperto una breccia di speranza nel suo cuore.
Si sono già visti negli album dei loro profili Facebook. Ma lo schermo del computer sa essere un vero amico. E complice.
E poi le foto che Mara ha postato risalgono a dieci anni prima, quando il suo viso era ancora quello di una bambola di porcellana.
Proporre un’immagine di se stessa sempre giovane è l’espediente che le garantisce di attirare facilmente l’interesse degli uomini.
Le serve per ottenere facili conferme, ora che, alla soglia dei quarant’anni, sente di averne bisogno.
Ma, dopo quegli scatti, la vita le ha lasciato dei segni profondi. Mentre alcool e psicofarmaci hanno infierito su quel viso da bambola come fossero lame di un coltello.
Questo è il primo appuntamento con Luca, che è di qualche anno più giovane. Mentre lo aspetta, sente quella solita sensazione di cardiopalmo, a cui ormai è abituata. Non sa come reagirà, nel vederla. D’un tratto, se lo vede comparire davanti. Lui, invece, è proprio uguale a come lo ha visto su Facebook. Alto, spalle larghe, capelli scuri che gli ricadono sulla fronte, occhi chiari, di un colore indefinibile tra il verde e il grigio.
Mentre le si avvicina, Mara si sfila gli occhiali da sole, inizia a guardarlo negli occhi e apre le labbra in un sorriso. Uno sguardo algido, ma in quel momento sa farsi caldo e accogliente.
Si alza dalla sedia. Un reciproco ciao detto con voce flebile, che tradisce un filo d’ansia. Un tenero bacio sulla guancia, una stretta di mano.
Sente un brivido percorrerle la schiena, quando le loro dita si sfiorano. Il segno inequivocabile di un’affinità a pelle.
Poi si siedono e iniziano a parlare. Mara sa come catturare l’attenzione di un uomo.
Frasi ambigue, allusioni, doppi sensi: tutto il repertorio del suo civettare malizioso, che lei sa trasformare in vera arte.
Luca ne sembra quasi ipnotizzato. Al punto da non notare nemmeno quei segni dell’età, che tanto l’avevano preoccupata.
E’ la prima volta che si vedono, ma è come si conoscessero da anni. Si sono scrollati di dosso l’ansia del primo incontro e sentono di piacersi. Lui sa farla ridere e Mara percepisce una gradevole sensazione di benessere.
Ad una delle sue battute, inizia a ridere di gusto, abbandonando la testa all’indietro. Accompagna quel movimento del capo al gesto di ravvivare i suoi lunghi capelli biondi con la mano. Poi, con le labbra ancora dischiuse in un sorriso, lascia scivolare la mano sulla coscia di Luca. E la fa scorrere, fino ad arrivare all’inguine.
Accentua il sorriso con malizia e si umetta le labbra, quando percepisce che il ragazzo ha avuto un sussulto nel sentire la sua mano farsi tanto audace.
– Cosa dici, andiamo da me? – gli chiede a bassa voce, fissandolo negli occhi. Ma sa già quale sarà la sua risposta.
Lui ricambia il suo sguardo penetrante e le porge la mano per indurla ad alzarsi.
Eccitati come due ragazzini, percorrono quelle poche centinaia di metri, camminando a passo spedito.
Ora se ne stanno sdraiati, il viso della donna appoggiato al petto del ragazzo. Luca è stato dolce con lei. Ma l’ha anche spogliata di ogni suo pudore. E Mara si è concessa a lui come fosse sua da una vita.
– Che progetti hai per questa sera? – gli chiede, abbozzando un sorriso.
Lui dà una rapida occhiata all’orologio.
– Devo andare via subito, ho un appuntamento per le dieci. Ci metterò almeno un’ora per tornare a casa.
E intanto le solleva il viso, appoggiandole un dito sotto al mento. Poi si alza dal letto.
Una smorfia di delusione compare sul viso di Mara.
– Ma proprio stasera dovevi prendere questo appuntamento? – gli chiede senza nascondere un moto di stizza.
– E’ con Cristina. Mi ha telefonato soltanto stamattina
– Chi è questa Cristina? – gli chiede lei, come se stesse parlando di un fastidioso insetto.
Poi gli punta addosso con insistenza uno sguardo che lo costringe a una risposta.
– E’ la mia ragazza. Ieri è stata dal ginecologo. Mi deve parlare.
Il viso di Mara si trasforma in una maschera di cera, mentre lui tiene lo sguardo basso per evitare di incrociare i suoi occhi.
Non le aveva detto di essere impegnato. Mai. Eppure hanno trascorso ore al telefono. Il pensiero di essere stata ingannata incomincia a insinuarsi nella sua mente fino a farle sentire il peso di una morsa che le attanaglia le tempie.
Maledetto! Come Peter. Come Fabio. Come tutti gli altri. Maledetti gli uomini! E maledetta la vita!
Lo guarda con astio, mentre si infila la camicia nei pantaloni.
Continua a osservarlo, quando lui posa lo sguardo su una fotografia, appoggiata sulla mensola della camera da letto. L’immagine di una stupenda ragazza bionda, la pelle tesa e vellutata come quella di una pesca, uno sguardo magnetico. E’ lei, molto seria, che fissa di sbieco l’obiettivo senza nemmeno il cenno di un sorriso. Una foto che Peter le aveva scattato dodici anni prima. Prima di tante delusioni, prima che il tempo infierisse, prima dell’alcool e prima di tante cose.
Luca rimane per qualche istante a osservarla.
– Ma chi è questa bella ragazza, è tua figlia? – le chiede, mentre si abbottona la patta dei pantaloni.
Una stilettata percorre il petto di Mara.
Ha infierito così tanto il tempo?
Possibile che non sia più lei, a distanza di soli dodici anni?
A rispondere sono i suoi occhi azzurri, che quasi chiedono comprensione e conforto, nel momento in cui decide di affidare ogni sua aspettativa a una domanda.
– Ci rivediamo presto, vero? – gli chiede con voce sommessa.
Luca la guarda e sorride. Poi alza il sopracciglio. A lei sembra solo un patetico tentativo di eludere la sua domanda.
E invece la risposta arriva. Ma sono parole che fanno male.
– In questo periodo non posso. Però possiamo fare più avanti. A letto sei davvero uno schianto, sai! E ogni tanto lo possiamo pure rifare – le risponde lui, tutto d’un fiato, accennando un sorriso malizioso, mentre la guarda sdraiata, ancora mezza nuda tra le lenzuola.
Mara sente un nodo in gola, lo stomaco chiudersi come fosse stretto da un pugno, un senso di fame d’aria, un dolore opprimente nel petto e il sangue che le pulsa forte contro le tempie fino a farle quasi scoppiare.
E’ stato sempre così, fin dalla prima volta. Ma ogni volta restare da sola le sembra sempre peggio.
Vede il ragazzo che le si avvicina, le dà un tenero bacio sulla fronte e poi fa due passi verso la porta.
Lentamente lei si alza dal letto. Apre il cassetto, afferra l’arma e, prima che lui raggiunga la porta, gli si avventa contro.
Una volta, due. Poi un’altra. Poi un’altra ancora.
Lo colpisce alla schiena col coltello, in preda a una violenza bestiale.
Non si ferma nemmeno quando lo vede accasciarsi sul pavimento.
Poi si appoggia carponi su di lui e con altre dodici coltellate lo pugnala al petto, quando ormai è morto.
Si rialza da terra con il coltello ancora tra le mani.
Sente i cani in cortile che abbaiano. Si affaccia alla finestra: hanno gli occhi sbarrati e digrignano i denti. Devono avere sentito l’odore del sangue. Li guarda e sorride, pensando che saranno proprio loro ad aiutarla a occultare il cadavere.
Poi torna con lo sguardo su Luca.
– Non ho permesso di andarsene nemmeno a Peter e a Fabio. E non potevo lasciare fuggire neanche te! – esclama, guardandolo dall’alto al basso, in piedi davanti a lui, senza che il suo sguardo tradisca neppure un briciolo di pietà.
Getta un’occhiata sulla mensola. E rivede, dentro una cornice d’argento, quella fotografia che aveva fatto colpo su Luca. Lì era proprio venuta bene: sguardo austero, ma allo stesso tempo dolce e ammaliante.
La gira verso lo specchio e inizia ad alternare lo sguardo tra quella vecchia foto e l’immagine del suo viso.
Un confronto impietoso. Sul suo volto iniziano a scorrere lacrime grandi come gocce di pioggia.
Prende con veemenza la cornice, la apre e tira fuori la fotografia.
E il pianto si trasforma in una risata isterica.
Al pensiero che quella sera stessa la posterà su Facebook.
Il tono malinconico iniziale con cui si parla della donna inizialmente non lasciava intravedere il lato psicotico. L’altro lato della donna, o forse l’altro lato delle notizie trasmesse dai media.
Intrigante racconto noir dove inganni in principio il lettore sulla personalità della protagonista per colpirlo poi con il colpo di scena finale.
Ed eccolo il racconto che mi dicevi, l’ho trovato. Molto bello, Gioacchino, sei un bravo scrittore.
‘azz gioacchì m’era sfuggito il pezzullo. ben scritto ma il personaggio è a mio modesto parere non verosimile o meglio lo avrei trattato diversamente. vado per punti: 1) oggi le quarantenni alle venti- trentenni sputano in testa: bevono più alcol le seconde delle prime, sono più in difficoltà le seconde delle prime, a livello di chirurgia estetica lavorano più le seconde delle prime, a letto sono migliori le prime, quando ero giovane con fidanzata giovane era solo noia e mi immaginavo sempre di mangiare una piadina farcita durante l’atto. non si capisce dunque perchè dovrebbero invidiare le giovani o il procedere dell’età. Dio, fortunatamente, non si chiama Lele Mora o Emilio Fede. 2) gli uomini (io purtroppo per primo) invecchiano ben peggio e in modo ridicolo. già eravamo coglioni a ventanni figurati a cinquanta, nel mio caso con una calvizie che ti inizia e la vista che è andata. 3) non ho feeling con le giovani – non ho le NIKE con le lucine dietro e non mi piace Giovanni Allevi o la band OneDirection – quindi ragiono così anche per il vecchio discorso della volpe e dell’uva: moralmente, alle soglie dei cinquanta, si è quello che si è. 4) spero che l’età media delle partecipanti a questo concorso non sia di 25 o sono spacciato e morirò, per le loro atroci maledizioni, tra atroci tormenti. un abbraccio e in bocca al lupo per il Concorso! 🙂 CEMF
invidiare le giovani od odiare il procedere dell’età, scusami.
oggi le quarantenni alle venti- trentenni IN GENERE sputano in testa. mi è stato chiesto con una certa rudezza di correggere il mio pensiero in questo modo e così faccio. 🙂 CEMF
Gioacchino, vai per favore a rileggere il mio pezzo ( se ti va ovviamente), scritto mesi e mesi fa fa e presentato qui al concorso, si intitola ANOMALIA ….vi è una scrittura e frasi che si assomigliano molto….comunque un pezzo interessante. In bocca al lupo per il concorso.
Ciao Flaminia, ti ringrazio per l’attenzione e il bel commento.
All’inizio ho cercato di mantenere celato quello che poi emergerà nella seconda metà del brano.
Il lato psicotico della donna è senza dubbio l’aspetto che caratterizza maggiormente la parte finale del racconto, ma l’intero brano è essenzialmente una sorta di tragedia degli inganni.
Due personaggi che si ingannano a vicenda.
E, alla fine del brano, rimane un quesito aperto: chi di loro due ha ingannato di più l’altro?
Io ho la mia, ma penso che ogni lettore si potrà dare una sua risposta.
Ti ringrazio molto, ciao
Ciao Linda, grazie.
In effetti la prima parte del racconto sembra l’incontro romantico di due persone che si piacciono.
Nella seconda parte, invece, emergono diversi altri elementi.
Tra questi, il reciproco inganno.
E la caratterizzazione di questa donna, che forse avrebbe soltanto bisogno di aiuto.
Invece, trova un’ultima cocente delusione che la riporta a fondo, fino a toccare di nuovo il baratro del suo disagio interiore.
Da qui origina il colpo di scena finale.
Ti ringrazio tanto Linda. E non solo per questo commento. Ma ancora di più perché sei sempre molto attenta nei confronti di quello che scrivo.
Onorato di averti come lettrice, grazie. Ciao
Fairendelli bentrovato.
Sarei quasi tentato di dirti che, per la prima volta, hai espresso un commento che ho quasi del tutto condiviso.
Potrei dirtelo. E invece non te lo dico manco stavolta.
Ma per un semplice motivo: fin da ragazzo, con signorine e signore ho imparato ad essere ponderato e accorto, peggio dei politici della prima repubblica.
Ergo, meglio non farsele “nemiche”: nè quelle di vent’anni, né quelle di trenta, né quelle di quaranta.
Il rifiuto dello scorrere del tempo e la reazione psicotica di fronte alla delusione dell’abbandono erano soltanto degli espedienti che mi sono serviti per costruire questo pezzullo noir.
In realtà, secondo me, le donne sono sempre belle, gradevoli e interessanti.
E giovani. O quantomeno giovanili. A qualunque età.
Perciò non dirò una parola di più sull’argomento.
Manco se la Polizia Letteraria mi cattura e mi fa l’interrogatorio di terzo grado.
In bocca al lupo anche a te per il concorso, ciao
Molto coinvolgente, colpo di scena finale che oltre a descrivere il raptus descrive anche il passato oscuro della protagonista, ottima la scelta del titolo. Complimenti!
Ritengo che sia un bellissimo racconto con tanto di introspezione psicologica dei personaggi, di narrazione sciolta e con un finale a sorpresa. Alla tua domanda io do questa risposta: è Luca il mascalzone della vicenda e scuso invece Mara per le bugie sull’età. Il dongiovanni è capitato male perchè la serial killer non perdona.
Ciao Gioacchino.
Emanuele
Grazie Matteo.
Come vedi argomento molto simile, indagando però su un’altra prospettiva. L’altra faccia della medaglia.
Quella di chi si serve dello strumento informatico per esibirsi e promuoversi, producendo artefatti di sé, confondendo le idee e “navigando” nell’ambiguità.
Se ci pensiamo bene, il mezzo digitale calza a pennello per chi vuole utilizzarlo con questi scopi.
Ma, come dici giustamente tu, non va demonizzato.
E allo stesso modo ci vuole indulgenza anche nei confronti delle debolezze umane. Sempre che non sfocino in qualcosa di pericoloso per gli altri, naturalmente.
Contento che il racconto ti sia piaciuto.
Grazie, ciao
Ciao Caterina ti ringrazio molto per l’attenzione e per aver lasciato un commento anche a questo mio racconto.
Ho già avuto modo di apprezzare il tuo modo di scrivere.
Scusami, se non te l’ho ancora scritto in un commento. Lo farò, presto, sotto al racconto che mi hai indicato.
Grazie, ciao
Sì, quoto Emanuele, secondo me è l’uomo in questa storia l’ingannatore, visto che lui l’ha invitata a vedersi mentre era già impegnato e magari quasi padre!
Racconto duro che tratteggia a tinte fosche la vita molto amara di Mara. Lei che intravedeva in Luca un baluardo potenzialmente capace di rimetterla in pace con il pianeta uomo, si ritrova purtroppo a constatare che il tipo è l’ennesimo esemplare di maschio bugiardo e approfittatore. Una donna che sembra ormai incapace di abbandonare il suo folle istinto di vendetta ad oltranza verso la tracotanza dei maschi che lei stessa, forse incosciamente attira a se. Io lo vedo come un racconto crudamente ben incentrato sul tema della follia in cui purtroppo a volte sfociano i rapporti fra uomo e donna.
Cinzia, Emanuele,
vi ringrazio tanto per il vostro intervento.
Oltre alle gradite parole di apprezzamento al racconto, avete anche lasciato una vostra risposta sul comportamento dei due personaggi.
Premesso che anche la protagonista femminile non è proprio una creaturina dolce e amorevole, penso di condividere il vostro pensiero.
Il personaggio maschile nasconde la verità soltanto per il desiderio di raggiungere una soddisfazione personale.
E non gliene importa nulla se questo causerà la profonda sofferenza della donna, oltre alla bruciante sensazione di sentirsi ingannata.
Oltre a questo, a mio parere ha una colpa ancora più grave, perché nemmeno “dopo” è capace di provare verso di lei un istinto di protezione, che certamente non ha i connotati dell’amore, ma che rappresenta comunque un sentimento.
Istinto di protezione che, forse, riuscirebbe ancora a salvare entrambi i personaggi.
Dalla sua assenza, invece, origina l’atto finale del racconto.
Grazie a entrambi, ciao
Ciao Roberto, ti ringrazio molto.
Devo dire che la tua analisi del racconto è perfetta.
Molto centrato anche il riferimento alla follia, in cui a volte sfociano i rapporti uomo donna.
I casi più gravi, purtroppo, riempiono le pagine di cronaca.
Ma anche questo racconto, incentrato sul folle istinto di vendetta della donna, in qualche modo si riconduce alla degenerazione dei rapporti uomo donna.
Anche se gli episodi neri restano troppo frequenti, di solito, non si arriva alla violenza di queste situazioni.
Ma alle volte ci si costruisce un fortino, un recinto inattaccabile. Il segno di una incomunicabilità assoluta.
Di fatto un segno di sconfitta.
L’argomento si presta a infinite considerazioni, ma ne faccio soltanto una.
Forse è importante tenere presente che pur con le nostre diversità, dettate da condizionamenti sessuali, psicologici, sociali e culturali, quello che accomuna uomini e donne, nei nostri sentimenti, nellle nostre reazioni, nelle nostre necessità più intime e profonde, rimane sempre molto più importante di qualunque cosa ci possa dividere.
In tutte le situazioni difficili, credo che si dovrebbe ripartire da questa considerazione, per cercare un punto di incontro e di comprensione reciproca
Grazie, ciao
Un po’ diabolica e tremendamente sola. Questa è l’immagine che ho percepito della ‘tua Mara’. Il linguaggio, ricco e articolato, è molto scorrevole. Bravo per il colpo di scena che hai saputo creare a metà racconto, anche se trovo poco credibile il fatto che dei cani da un cortile possano sentire l’odore del sangue. Non me ne intendo molto di genere noir, non so, forse sto sbagliando… cerco solo di immaginarmi la scena. Leggendo il tuo testo, dove hai ben caratterizzato i tuoi personaggi sia dal punto di vista fisico che psicologico, mi è tornata subito in mente la canzone di ‘Mia Martini’: “Gli uomini non cambiano…” Bravo. In bocca al lupo per il Concorso!
Paola, mamma e nonna sulla sessantina.
Se ti va, puoi leggere il mio racconto. (“In viaggio”).
Ciao Paola, grazie per il tuo intervento e per gli apprezzamenti, molto graditi.
Per quanto concerne il tuo dubbio sul fatto che i cani possano sentire l’odore del sangue dal cortile, ti dirò che non ho risposte certe.
Tuttavia, sappiamo che hanno delle capacità olfattive molto superiore a quelle degli uomini.
Spesso queste loro peculiarità vengono ampiamente sfruttate, rendendo il loro fiuto selettivo grazie a opportuni addestramenti.
Pensiamo ad esempio ai cani antidroga, o a quelli utilizzati per l’individuazione di esplosivi o per il ritrovamento di resti cadaverici.
O ai “cani da tartufo”, per uscire un momento dal noir e lambire anche il godereccio.
Ritengo quindi verosimile che anche dei cani non addestrati possano riconoscere l’odore del sangue, come avviene in questo racconto.
Sono onorato per l’accostamento tra il racconto e la canzone che hai citato.
Ho apprezzato molto Mia Martini e le sue canzoni.
Tra tutte, “Gli uomini non cambiano” e “Minuetto”.
Ma per questo racconto l’accostamento alla prima è senz’altro quello più calzante.
Leggerò il tuo racconto molto volentieri.
Grazie, ciao
Sai che non ci avevo pensato? A proposito del fiuto dei cani… A pensarci bene il loro olfatto è molto più sviluppato del nostro. Questo dimostra quanto bisogna documentarsi prima di scrivere qualcosa. Probabilmente hai ragione tu. Ti rinnovo gli auguri per il Premio e grazie di cuore per il tuo commento al mio racconto.