Premio Racconti nella Rete 2013 “Blu cielo, rosso desiderio” di Francesco Saccà
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Ad alcuni di voi sarà già capitato di ritrovarvi su una spiaggia a guardare il cielo d’estate, nell’ora in cui sembra che il cervello smetta di funzionare come dovrebbe, quando un pensiero si perde nel buio della notte e si confonde a tal punto da non distinguersi più da un sogno.
Per me è la prima volta.
A piedi nudi sulla sabbia bagnata dalle onde del mare. A camminare, con il collo piegato all’indietro, per guardare in alto, una nuvola.
Vi chiederete cosa c’è da vedere in una nuvola. Beh, è proprio di questo che vi parlerò. Di quell’unica macchia bianca sospesa tra due immense distese di blu, adesso così lontana da sembrare fissata ad un soffitto invisibile, ma qualche ora prima così vicina da stare a galla sullo specchio d’acqua che si estende al mio fianco.
Di quell’unica nuvola e del perché continuo a fissarla.
Come sapete, il nostro mondo è popolato da milioni di miliardi di cose o esseri viventi che, per motivi che a volte possono apparire inspiegabili, non stanno mai fermi. Si muovono, o per meglio dire, sono mosse da qualcosa.
Quando vedete una macchina correre lungo un autostrada, sono le sue ruote che le permettono di raggiungere i posti più impensabili.
Quando vedete una nave solcare il mare, sono le sue eliche che le permettono di arrivare laddove una macchina non può arrivare, in posti ancor più impensabili.
Quando vedete un aereo attraversare il cielo, sono le sue ali che gli permettono di volare fin dove né una macchina né una nave potrebbe mai arrivare, in posti che definirei ancor più che ancor più impensabili.
Perfino quando vi sembra che una cosa non si stia muovendo, è il mondo che gira, trascinandola con sé.
Dovete sapere però, che esiste qualcosa che permette di raggiungere posti meravigliosi e inimmaginabili in meno tempo di quanto possa mai fare una macchina, una nave o un aereo, e questa cosa è il desiderio: e quando vedete un uomo camminare per la strada, lungo un sentiero, attraverso un prato, non importa dove, non sono i suoi piedi a muoverlo, ma questa cosa qui di cui vi ho appena parlato.
Ogni qualvolta che un uomo viene al mondo, prima ancora di mettere un piede davanti all’altro, è spinto da questo desiderio. Un impulso inesauribile di voler fare, dire, avere qualcosa a tutti i costi.
Ed è per questo motivo che esistono da sempre un sacco di modi per esprimere un desiderio, mentre purtroppo non ne esistono altrettanti per far sì che un desiderio venga esaudito.
Ora, esiste un luogo, su questo pianeta, dove ogni giorno, si riuniscono una serie di individui dall’aria un po’ strana, ma non tanto diversa dalla vostra, il cui compito è proprio quello di raccogliere i migliori desideri del mondo e di farli avverare.
Ebbene..
Se aveste la fortuna di sapere dove si svolge questo incontro sapreste che ogni volta che una coccinella vi sfiora la pelle c’è una piccola bambina dai capelli rossi, il viso ricoperto di lentiggini e due antennine al posto delle orecchie, che cattura quel piccolo insetto e porta con sé il vostro pensiero, in attesa di mostrarlo al vecchio che presiede ogni riunione.
E così fa quel simpatico clown dal naso rosso, un vestito a pois gialli e blu e una parrucca grande quanto la criniera di un leone, che raccoglie il soffio d’aria che ha spento le candeline di una torta, ogni volta che festeggiate il vostro compleanno;
O il pescatore, dal gilet verde oliva e un cappello di paglia, che usa il suo retino per riempire il secchio delle monetine che toccano il fondo di un pozzo o di una fontana ogni volta che le lanciate alle vostre spalle.
Dalla vecchia donna dai capelli neri e folti che viaggia sempre con la sua scopa per spazzare via il ciglio dal dito di chi l’ha stretto più forte a sé, all’omone che per le sue dimensioni è costretto a vestire una tovaglia da pic-nic, a quadri bianchi e rossi, e a farne un sacco per tutte le ossa di pollo rimaste in mano a chi l’ha tirata a sé con più energia; tutti quelli che anche solo per un attimo diventano custodi di un desiderio da realizzare, sono chiamati a rivelarlo agli occhi di quell’anziano uomo misterioso.
E fu proprio un attimo quello che mi portò ad essere uno di loro: quando raccolsi da terra i resti di un braccialetto fatto con le mie mani, lo strinsi forte, e senza sapere come, mi trovai tra questi personaggi bizzarri che vi ho descritto.
Nessuno di loro però, mi sorprese quanto quel vecchio a cui tutti portavano rispetto.
Indossava una veste marrone legata alla vita da una corda fatta di spago; i lunghi capelli grigi arrivavano quasi fino al pavimento e il suo viso era nascosto da un paio di occhiali tanto scuri e tanto spessi da impedire a chiunque di capire cosa stesse guardando.
Mi sedetti nell’unico posto disponibile, all’altro capo di quel tavolo rettangolare. Notai subito che, mentre ognuno di noi mostrava il proprio bottino di desideri, lui rimaneva impassibile, ricurvo sulla sua sedia, a capo chino, a rigirarsi fra le dita una piccola sfera rossa delle dimensioni di una ciliegia, con un minuscolo buco al centro.
Rimase in silenzio per l’intera seduta e non fece neppure una piega quando io stesso, che per la prima volta mi trovavo in mezzo a quel gruppo, presentai il mio primo desiderio da esaudire.
Gli bastò poggiare i palmi delle mani sul tavolo nello sforzo di alzarsi, per porre fine all’incontro. Subito iniziarono a dileguarsi tutti.
La bambina dai capelli rossi spiegò un paio di piccole ali e spiccò il volo, seguita dalla vecchia donna, che saltò in sella alla sua scopa.
Il pescatore si catturò con il suo stesso retino e scomparve nel nulla, così come il clown, che sparì dietro una nube di fumo dopo aver schiacciato per tre volte il suo naso rosso.
E mentre gli altri lasciavano il proprio posto per ritornare alla loro occupazione, io rimasi ad osservare il vecchio che si allontanava lentamente, e lentamente, senza rendermene conto, cominciai a seguirlo.
Pochi minuti dopo arrivammo nei pressi di un piccolo molo e da lì, tenendomi a debita distanza da lui per non essere scoperto, lo vidi salire su una piccola barca di legno senza remi e puntare verso l’orizzonte.
Il sole stava per essere inghiottito dal mare, ma proprio mentre l’ultimo spicchio illuminava l’aria di sfumature di rosa e di arancione, la barca raggiunse il confine tra cielo e terra e il vecchio montò sull’ultimo raggio di sole del giorno, e venne trasportato fin su una nuvola.
Quell’unica nuvola.
Rimasi lì a guardarla , sola in mezzo a milioni di luci, per un tempo che sembrò interminabile, finché una di queste luci non esplose di splendore e attraversò il cielo per scomparire dietro quella nuvola.
D’improvviso mi trovai disteso su un morbido guanciale bianco, alzai di scatto il busto e la prima persona che vidi fu il vecchio, seduto a pochi metri da me.
Non feci in tempo nemmeno a mettermi in piedi che sentì per la prima volta le sue parole.
“Sai cos’è una stella cadente?” mi disse. Alzò la mano che racchiudeva quel piccolo oggetto e cominciò a muoverlo in aria, disegnando dei piccoli archi. Avanti e indietro.
Mi alzai e riprese immediatamente a parlare. Una voce bassa, ma così chiara che sembrava risuonasse dentro di me, che mi scorresse nelle vene.
“Ogni notte milioni di corpi celesti volano verso di noi per cercare di raggiungerci, ma non arrivano mai a toccare il suolo. Il cielo riesce sempre a riacciuffarli un attimo prima che arrivino sulla Terra.
Non basterebbe un retino da pescatore, una scopa o un’enorme tovaglia. Neppure io che mi trovo quassù, più in alto di tutti gli uomini, sono mai riuscito a prenderne una.
Eppure l’uomo, continua nella sua sfida impossibile contro il cielo. Nonostante le veda scoppiare di luce, passare davanti ai suoi occhi e un attimo dopo scivolare via nel nulla.”
Arrivato a un metro da lui, nel cercare il suo sguardo, notai un pallottoliere ai suoi piedi che contava centinaia di palline blu. E nell’esatto momento in cui immaginavo le parole nella mia mente lui le pronunciò.
“Allora come può un uomo realizzare il proprio desiderio di prendere al volo una stella cadente?” Tirò in aria la pallina rossa, che rimase sospesa sopra di lui, all’altezza dei miei occhi.
“Vivo quassù da un’eternità. Tengo il conto di ogni singola stella cadente che attraversa il firmamento. Ma non ne ho mai vista una avvicinarsi tanto alla terra da poter essere afferrata da un uomo. Mai visto un uomo riuscire a sfiorarne una.”
“E allora potresti pensare che l’uomo sia destinato a perdere…”
Sollevai istintivamente il braccio, tesi la mano davanti a me, verso la piccola sfera luminosa che galleggiava a mezz’aria, e quella restò a un centimetro dal mio palmo.
“Potresti pensare che il mio abaco conterà sempre e solo palline blu…”
Senza toccarla la avvicinai al mio viso, per osservarla più da vicino.
“Ma se l’uomo riuscisse a vincere, se fosse capace di prendere quella pallina rossa, potrebbe chiudere gli occhi e addormentarsi con il suo sogno stretto tra le mani. E non avrebbe più alcun motivo di guardare il cielo perché…”
Serrai il pugno.
I piedi che affondano di nuovo sulla sabbia. Lo sguardo rivolto a quell’unica nuvola. La mano vuota.
“… perché non ci sarebbero più stelle cadenti”
Insolito, poetico, ricco di immagini suggestive.
Lascia davvero trasparire un’altra realtà, evidente ma sconosciuta come lo è il cielo
Bello, mi è piaciuto!
Ilenia
Grazie mille Ilenia! Soprattutto per aver dedicato un po’ del tuo tempo a leggere il mio racconto!
Il mio obiettivo era proprio quello di descrivere quanto di bello e indefinibile c’è nel cielo. Viaggiare con la fantasia è l’unico modo per poter ricreare questa realtà.
Francesco
Provo una certa e particolare affezione per le stelle ed è probabile che questo abbia positivamente influenzato la mia lettura ma ciò non toglie nulla alla bontà del racconto, anzi casomai aggiunge, per cui molte grazie per l’omaggio a loro, e a chi ancora con determinazione e devozione fa il suo inchino inverso con la nuca rivolta indietro e gli occhi al cielo.
E che resti sempre un desiderio….
Molto bello
In bocca lupo
Ti ringrazio Emanuela!
Vorrei proprio che quello che ho scritto influenzi positivamente chi lo legge quanto ha influenzato te. E che tutti, una volta rivolto il loro inchino inverso, non dimentichino che persino nelle sere d’inverno, quando sembra che non ci sia nemmeno una luce ad illuminarli, il cielo è sempre pieno di desideri.
Poetico e suggestivo. Molto bello il lirismo con cui parli delle stelle ed in cui tutti possiamo ritrovarci… bravo…
Ciao Francesco, grazie del commento al mio racconto e all’invito di leggere il tuo. Mi é piaciuto molto, é pervaso di sogno e romanticismo che accarezza il cuore!
L’ho letto fino in fondo.
Bello, ma non è il mio genere.