Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Il guardone 2.0” di Matteo Bassioni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Mi chiamo Simone, ho 38 anni e, come dice mia madre, non li porto nemmeno tanto male, ma tutto ciò ha poca rilevanza per quello che sto per raccontarvi. Fondamentale è invece la qualifica che mi assegnerò fin da subito: sono un guardone, uno di quei personaggi che pigliate per il culo fin dai banchi di scuola, uno di quelli che trae godimento dalla visione di atteggiamenti di intimità altrui, che si appaga con uno sguardo furtivo là dove non si dovrebbe, quando non si dovrebbe e a chi non si dovrebbe. Mi starete immaginando nel bosco in cerca di auto appannate, oppure tra le siepi che voi normali trasformate in urinali nelle sagre estive o magari in spiaggia, finto dormiente tra giovani ardimentosi. Non è così, il mondo cambia, il modo di guardare pure.

Ho avuto tre relazioni di una certa importanza, ma niente che superasse i due anni e mezzo. Vi parerà strano e magari i più diffidenti mi accuseranno di negare perfino a me stesso la tragica realtà dell’amore consumato come una candela, il dolore dell’abbandono, ma la verità è che sono sempre stato io a porre termine alle mie storie. Certo, potrebbe essere che non abbia mai conosciuto il vero amore, ma sono tipo pratico e so benissimo che se doveva succedere sarebbe già successo. No, la verità sta altrove, lasciate perdere romanticherie e facile psicologia, ve lo dico io che, modestamente, non ho rivali in quanto a conoscenza del sottoscritto. I contatti, è li che va cercata la mia riluttanza al legame d’amore, il contatto, quello fisico, mentale, qualunque sia insomma, il contatto, avete capito. Il contatto, dicevo, non mi interessa, lo trovo impegnativo, dispendioso, fortemente limitante nei confronti del volere dell’individuo. Tutt’altra cosa è il solitario rapporto del guardone, colui che può soddisfare le sue necessità a proprio piacimento, senza dover sempre contrattare affetti e piaceri con estranei.

Sono un postino. E’ il mio mestiere da quindici anni a questa parte. Che dite? Che c’entra col voyeurismo? Ah ah sbagliate. Fu proprio allora, con le prime raccomandate, che iniziai a capire. Ora, immagino che fantasie ne avrete tutti, uomini, donne o animali voi siate. Vi imbattete in qualcosa di gradevole, osservate e la mente inventa. Chi più chi meno, ci si è passati tutti. A me, però, non passa. Quel nome, quel sorriso dopo la consegna dell’ordinaria, quel malizioso sbuffo come dire “me la sono cercata, ma che ladri con sti autovelox”, quelle mani affusolate…. non sono uomo d’azione, ma il solo andare di fantasia non mi basta, ho bisogno di vedere, guardare quelle labbra gommose negli atteggiamenti di tutti i giorni, scovare vizi e passioni che si celano dietro quegli occhi. Non è un mero osservare nudità, o almeno non solamente, non basta. Ci vuole altro, pezzi di vita, atteggiamenti, espressioni, tutto fa brodo. Un tempo era difficile, era davvero necessario seguire le persone, appostarsi, frugare tra i residui e finire per essere avvistato, additato di perversione, di praticare un passatempo che porta solamente infamia. Lo ammetto, è capitato anche a me di nascondermi nel parco, gettare matite in terra quando la sbadataggine di una ragazza seduta offriva uno spiraglio, ma che sofferenza.

Non amo le rivoluzioni, i francesi mi stanno pure sulle balle. Di Russia e Cuba non ne parliamo neppure. Tuttavia, se c’è una rivoluzione che ho sentito davvero mia è quella digitale. Mi bastarono pochi www per capire che la mia vita sarebbe cambiata. Una manna dal cielo: ci si trovava di tutto, foto rubate, amatoriali, vicine di casa di chissachì, professoresse di chissachè. Per la prima volta nasceva la solidarietà tra guardoni, proprio noi, da sempre isolati nella nostra passione che voi chiamate perversione. Divenimmo finalmente una comunità, uniti nello scambio, consigliandoci link e quant’altro senza rischiare il nome e la faccia.

Poi le vicine di casa di chissachì e le professoresse di chissachè divennero proprio le nostre, quelle che avremmo voluto vedere, ma avevamo sempre e solo sognato. Ho sempre pensato che quel ragazzo americano smanettone e secchione fosse un guardone latente, oltre che un genio. Che invenzione, Facebook. Basta un nome, a volte anche solo un conoscente, una pagina condivisa. Infinite sono le possibilità per arrivare alla persona cercata. Nulla può più fermare la mia sete di immagini condivise.

E’ ormai un mese che lavoro in Via Milano, condomini popolosi a due chilometri dal centro città. Al numero due c’è Elisa Rosinaldi, sorriso leggermente smorzato da una smorfia tendente a sinistra, occhi tagliati di colore indefinibile. E’ una ragazza alla mano, non se la tira e non nega una battuta a nessuno. Postino compreso. Nei miei confronti è molto gentile ed espansiva, non so se c’è interesse, ma diciamo che mi parrebbe di leggere qualcosa nei suoi sguardi e nelle frasi di circostanza che mi rivolge ad ogni firma. Se devo essere sincero, questa ragazza mi piace, risveglia in me quel desiderio di contatto che pensavo di avere debellato. La settimana scorsa gli ho portato una multa. Lei disse che non ci voleva, ma sorrideva. Poi mi spiegò che l’infrazione risaliva alla vacanza in Puglia di due mesi prima. Per lo meno, una vacanza davvero memorabile. Una vacanza di cui io sapevo tutto, così come di tante altre cose la riguardavano, grazie alle foto di Facebook.

E qui ho perso la trebisonda. Non so cosa mi è preso, forse un tentativo inconscio di abbordare, fatto sta che ho iniziato a fare domande che non avrei dovuto lasciarmi scappare, chiesi se preferiva la Puglia o la Sicilia che aveva visitato l’anno precedente, affermai di sapere che erano in Salento e che erano partite in tre, mentre di solito si muovevano in quattro. Erano cose che in teoria non avrei dovuto sapere. Elisa si è subito allarmata, il sorriso smorzato a sinistra è scomparso dal suo viso. Poi mi ha posto quella terribile domanda. Non ho saputo rispondere, peggiorando la situazione. Non potevo certo dire che l’ho a lungo spiata su Facebook. Lei è rientrata salutandomi fredda.

E’ stata una batosta, credetemi. Per la prima volta ho sentito il bisogno di contatto ed il dolore dell’abbandono. E dire che quasi non la conoscevo nemmeno, pur sapendo un sacco di cose su lei. Ora sono qui, nella mia casa, solo. Per la prima volta pronuncio questa parola con amarezza: solo. Sto pensando di cambiare, spodestare Nickname e avatar e riprendermi la vita, la mia faccia e il mio nome.

E’ suonato il campanello. La portinaia mi ha consegnato un plico e mi ha chiesto di consegnarlo ad una delle ragazze del piano di sopra. Strizzandomi l’occhio mi ha detto “tra giovani vi intendete e poi io quelle non le vedo mai.” C’è poco da intendersi, io non ci ho mai parlato, so solo che sono tre studentesse. Sto guardando il plico. C’è scritto un nome: Silvia Cabito.

Digito il nome su Facebook. Poi darò un occhio a Google, non si sa mai. Poi cambio vita. Poi. Oh, un messaggio e sei notifiche…

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61 commenti »

  1. Ciao Matteo, sono d’accordo se il messaggio che vuoi dare è:’ condanniamo l’uso improprio di Facebook’. Tutti potremmo essere guardoni. Per la verità io non lo uso perchè sono po’ imbranato come ‘individuo tecnologico’. ‘Addio riservatezza nonostante il codice di tutela della privacy’ questa è la riflessione che accorciata in ‘Addio riservatezza’ potrebbe diventare il sottotitolo del racconto.
    Emanuele.

  2. Ciao Emanuele. Io sono su Fb e sono convinto che sia pieno di potenzialità. Tuttavia, come tutte le cose, il rovescio della medaglia è di non poco conto. Fb e gli altri social network alimentano la nostra brama di “fatti altrui”, una cosa che ritengo negativa non tanto per la privacy che considero inesistente e (ahinoi) anacronistica nel mondo odierno, ma perchè così facendo perdiamo di vista noi stessi e il rapporto con le altre persone.

  3. Molto interessante, fantasioso e ben scritto. E, cosa a mio parere importante, ben scritto. In effetti c’è una certa problematica che riguarda i social network. Tuttavia sono convinto che le cose positive superino quelle negative. In fondo, i tabloid sono sempre esistiti, no?

  4. Il racconto l’ho letto ieri, incuriosito dal titolo. L’ho letto in fretta e non ho avuto tempo di commentarlo. La prima impressione è stata positiva, e rileggendolo ora, con la dovuta calma, la confermo. E’ un racconto divertente e allucinato nello stesso tempo, a metà tra una confessione e un’analisi sociologica. E’ scritto bene, si legge con grande facilità e con grande gusto. Poi il tema affrontato mi sembra fra i più attuali. Sono d’accordo anche con il tuo commento, sul fatto che il rischio è perdere di vista noi stessi e il rapporto con le altre persone. Complimenti!!

  5. Grazie mille Matteo, molto gentile. E’ un pericolo che nella società individualistica rischiamo di correre di continuo. Sempre meno aggregazione, la vita è sempre più un fai da te che spesso diventa un circolo chiuso verso l’esterno.

  6. Chi è questo Matteo Bassioni? Ora lo cerco su facebook 😀 battutina a parte hai davvero centrato uno degli effetti dei social network, la voglia di farsi i fatti di gente che magari nemmeno si conosce, anche da parte di persone che prima guardone non erano… L’altro effetto è invece quello di chi vuole far vedere le sue cose a tutti i costi, esternare foto di feste, viaggi, amori e quant’altro (si, io mi reputo parte di questa seconda categoria almeno in parte ahaha)… Bel racconto 🙂

  7. Simone, in effetti la curiosità è parte di noi e spesso può spingersi fino alla morbosità. Il problema è che nella società moderna tutto è amplificato: immagini, notizie ecc.. Il risultato è che la nostra mente, di per se “affascinata”, è eccessivamente stimolata.

  8. Cinzia, ti ringrazio. Il tuo commento all’inizio mi ha lasciato di stucco :), evidentemente sei brava anche come commentatrice oltre che come scrittrice! In effetti andrebbe indagato anche l’altro aspetto, quello di chi si vuole mettere in mostra…. ottimo suggerimento 😉

  9. ahahah grazie, l’innocua burla mi è venuta di getto appena finito il racconto 😉

  10. Molto bravo.Una bellissima analisi della solitudine voyeuristica dei giorni nostri. Social network a parte, mi soffermerai più sull’analisi dell’uomo moderno, semprepiù in difficoltà nei rapporti vis a vis e costretto a rifugiarsi dietro un laptop. Il tuo racconto centra in pieno questa tematica. Complimenti.

  11. Hai ragione, interessante sarebbe poi, come dice Cinzia, raccontare anche la parte che si mostra…. te la senti ;)?

  12. Simone, mi carichi di responsabilità…. ma perchè no! 😉

  13. Mirco, è una lettura che speravo qualcuno facesse. E’ vero che l’uomo è curioso di natura, ma oggi i nuovi stili di vita tendono a isolarlo. E’ quello che succede al guardone: un tempo andava al parco, ora fa tutto da casa….

  14. Esatto…. l’individualismo. Ribadisco: la tua idea di vederlo dalla parta di un guardone tocca diversi aspetti. Un racconto veramente da non sottovalutare…. anzi….

  15. Ti ringrazio Mirco. I tuoi commenti mi fanno fin troppo onore. Hai capito benissimo il mio messaggio 😉

  16. Una bellissima idea quella di rappresentare il voyeurismo, a tratti maniacale, del mondo mederno con lo sguardo di un guardone. Ecco allora inserirsi i social network e l’appiattimento della vita individualistica e solitaria. Scrittura di qualità, c’è stoffa.

  17. Riporto anche qui, dov’è più giusto, il mio commento al tuo racconto. Mi è piaciuto molto e ovviamente ho “googlato” subito il tuo nome. 🙂 Deformazione professionale o voyeurismo indotto dall’era 2.0? Forse entrambi. Certamente i social network, le cui dinamiche studio per passione e per lavoro, non hanno due volti come un Giano bifronte ma sono semplicemente un mezzo di espressione. E forse i prodromi del desiderio di apparire (o specularmente di spiare l’altro) vanno ravvisati nello stato di salute della nostra società prima ancora che nella famigerata “rete”. Ma questa è un’altra storia 😉

  18. Matteo,
    argomento interessante, attuale e controverso, quello della privacy, che cogli con sottile ironia e racconti in un gradevole stile moderno.

    Voyeurs, psicopatici ed esibizionisti vari a parte, per i quali ‘sbirciare’ ed ‘esporre’ è condizione di sopravvivenza, viene da chiedersi sino a che punto sia lecito intromettersi nella vita degli altri, oggigiorno, facendo uso dei mezzi telematici, seppure si sia convinti di essere nel giusto. Credo che il limite tra lecito e illecito, gradito e detestabile sia assai sottile, e altrettanto difficile da tracciare.
    Conosco persone che hanno subito furti d’identità, altre che hanno finito col venire tartassate da persone conosciute per mezzo telematico.

    Senza loro togliere un certo valore aggiunto – come rileva giustamente Marianna, in quanto mezzi di espressione – trovo che i social networks costituiscano un potenziale grosso rischio per le nuove generazioni – concedere ‘amicizia’ a persone sconosciute è pericoloso. Il rischio maggiore, tuttavia, è l’alienazione.
    Certo, non si tratta di un problema d’individui, ma di cultura: la malattia non risiede nella ‘rete’, lontana dall’essere in grado di curare le nostre solitudini.
    La sua origine è dentro di noi. Ma anche questa, parafrasando Marianna, è tutta un’altra storia 🙂

    Prudenza, ragazzi.
    Un futuro popolato da esseri umani che socializzino solo attraverso schermi a cristalli liquidi era fantascienza, sino a qualche anno fa.
    Lo è ancora?…

    Bravo, Nikki

  19. Marianna, come vedi la curiosità non è mai troppa, ma spesso porta a piacevoli sorprese… (spero! ;)) Mi hai fatto venire alla mente un’altro aspetto che nei commenti non è ancora uscito, l’utilizzo che le aziende fanno dei social network per reperire info su chi invia curriculum o addirittura sui dipendenti…..Non è forse un voyeurismo anche peggiore?

  20. Nikki, ti ringrazio molto. Hai perfettamente ragione, c’è da stare attenti. Ci sono lati negativi, ma non solo, pure delle punte di pericolosità.

  21. Matteo,
    c’è da stare molto, ma davvero MOOOLLLTOOOO attenti.
    Vero, come dici, che le aziende utilizzano social network per reperire informazioni sui dipendenti: giusto? Sbagliato?
    C’è di peggio. Per come la vedo io, la privacy è importantissima.
    Il diritto alla privacy impedisce a chiunque di frugare nelle nostre vite violando, di fatto, il sacrosanto diritto di ciascuno di noi alla riservatezza per fini non troppo chiari.
    Teoria?… Probabile. Di recente è diventato facile – troppo, credo – ficcare il naso dove non è lecito, dove non si dovrebbe.
    Oltrepassare quella linea che separa la decenza dalla curiosità scivolando nell’invadenza, nel migliore dei casi, per arrivare alla volontà di ledere, nel peggiore.
    Una volta, il tuo voyeur avrebbe avuto vita assai più difficile. Perché semplificargliela, mi domando?… 🙂
    Almeno se le sudasse, le sue intrusioni nelle vite altrui 😉
    Un caro saluto, Nikki

  22. Nikki, come darti torto! 😉 Saluti a te!

  23. Pensa che, nel mio ultimo racconto iscritto a questo premio, ho affrontato questo stesso tema, partendo invece dall’altra faccia della medaglia.
    Quella di chi si serve dei social network per esibirsi e mostrare immagini postdatate di sè, sfruttando l’ambiguità del mezzo virtuale.
    Il tuo racconto mi è piaciuto molto, tocca un argomento attuale e importante, trattandolo con una giusta dose di ironia. Scritto con ottima padronanza narrativa e ben condotto.
    Molto triste la vita di questo personaggio che quasi decide di sostituire la vita vera e pulsante con un surrogato, fatto di sbirciate attraverso un monitor.
    E arriva molto chiaro al lettore il senso di alienazione che trasmette questo individuo.
    Molte le riflessioni sul rapporto privacy social network. Non me ne intendo molto, perché, proprio per il timore di intrusioni indesiderate, non li frequento.
    Tuttavia, penso che tutto dipenda unicamente da quello che ci mettiamo noi sulla rete.
    E’ chiaro che se ci inseriamo immagini e dati strettamente personali, la privacy va a farsi fottere.
    Mi sembra però una pretesa bizzarra quella di pensare di potersi “esibire” e al contempo pretendere riservatezza.
    Sarebbe come uscire in mutande e poi lamentarsi se qualcuno ci guarda.
    Come vedi, il tuo racconto offre lo spunto per riflessioni di vario tipo ed è, proprio per questo, assai interessante. Molto bravo.

  24. Matteo,
    come difatti sostengono giustamente prima, più che bizzarro sarebbe da idioti lamentarsi quando si viene guardati perché ci si mostra in pubblico: che ne pensi?…
    Ma pensaci bene: non è forse quello che facciamo qui, noi, tutti?
    Con la scrittura partoriamo figli che ci appartengono, in un modo o nell’altro, vomitiamo emozioni e viscere, mettiamo in piazza i nostri sentimenti.
    Potremmo lamentarci per essere passati al vaglio?… Apprezzati, alle volte, altre criticati? Certo che no.
    Il segreto è la misura; ci vuole MISURA, ci vuole (accettabile, del tutto tollerabile).
    Forse non mi sono spiegata bene: è’ l’eccesso, che critico – l’invasione della sfera privata altrui da parte di chi si sente in qualche modo autorizzato a scrutare, osservare, spiare, giudicare, persino, quando autorizzazione in tal senso non è mai stata concessa – e che trovo assolutamente deprecabile.
    Sul libero arbitrio non si accettano compromessi.
    Il rischio è comunque troppo grande, a mio parere.
    Vivrei tranquillamente senza social network.
    Anch’io non ne faccio uso quasi mai: Facebook, raramente, e solo per scambiare saluti con qualche amico all’estero.
    Mai accettato richieste d’amicizia da parte di sconosciuti – difatti, i miei ‘amici’ online sono pochissimi (la sottoscritta trova molto più soddisfacente la socializzazione ‘vecchia maniera’, l quella del mondo reale delle persone che interagiscono con bocche, mani e facce reali, in carne e ossa; molto più del mondo virtuale con i suoi molteplici avatar ? ).
    Capisco che la mia opinione sia quella di una fenicia: mia nipote, per dirne una, come tutti i ragazzi che oggi considerano i social network un mezzo di comunicazione irrinunciabile, potrebbe gambizzare i genitori se le togliessero FB e i suoi tremila-e-qualcosa-amici.
    D’altra parte, il mondo della comunicazione ci insegue, quando non siamo noi a inseguire lui.
    La prima questione posta dal mio editore, un paio di mesi fa, è stata: ‘hai un sito? Blog? Facebook’?
    Al mio cenno di diniego ha sgranato gli occhi. Ha sbuffato, poi mi ha guardato come fossi una cavernicola. ‘Vabbe’, dai’, ha detto. ‘Ci prensiamo noi’.
    Allora, cosa dire? Esibirsi, certamente meglio evitare.
    Evitare di esporsi in assoluto – specie per noi, appassionati ‘scribacchini’ – temo sia impraticabile.
    Mi consola che la maggioranza dei siti web – almeno così mi dicono – siano virtualmente incraccabili ? – il che restringe il campo d’azione degli ‘invadenti’: le possibilità che ivoyeur siano anche esperti hacker, Matteo, è praticamente inesistente, ti pare?…
    Un saluto,
    Nikki

  25. E’ scritto molto bene, fa riflettere.. Bravo Matteo

  26. Scusa Matteo,
    in luogo dei punti interrogativi sarebbero dovuto apparire delle faccine sorridenti.
    Ci si capisce lo stesso, spero 🙂
    Ciao, Nikki

  27. Scusa Matteo, intervengo di nuovo sotto al tuo racconto, perché forse sono io che non mi sono spiegato bene.
    Prima di tutto chiarisco che non volevo certo esprimere nessuna nota di biasimo per chi frequenta i social network e inserisce immagini o informazioni personali. Ci mancherebbe, ognuno fa di se stesso quello che vuole.
    Pure io riconosco che possano avere una certa utilità, sia in ambito privato che per promuovere eventuali attività letterarie, artistiche o lavorative.
    Ma il mio ragionamento era un altro.
    Tutto quello che voglio resti privato, su internet non ce lo metto.
    Quello che invece decido di pubblicare su social network, blog o siti, che siano informazioni o immagini, so che diventerà visibile a tutti, pubblico e a quel punto non ha più molto senso parlare di spiate o di intrusioni. Che poi questi contenuti vengano visualizzati una, dieci o mille volte (la misura) non credo sia tanto importante, perché sono contenuti che ormai sono diventati accessibili a chiunque, per mio libero arbitrio.
    Invece, quanto all’uso lesivo che qualcuno può fare di questi contenuti, eventuali offese, atteggiamenti persecutori o diffamatori, questa è tutta un’altra faccenda che esula da questo discorso e per i quali può rivelarsi necessario ricorrere ad altre soluzioni, in casi estremi anche legali.
    Purtroppo i fenomeni si bullismo, stalking e diffamazioni in rete sono ormai diventati troppo frequenti.
    Ma ripeto, questa è una degenerazione, molto grave, ma che non ha niente a che vedere, a mio parere, con “la spiata”.
    E’ chiaro che poi mette un po’ tristezza pure a me pensare che ci sia qualcuno che sta attaccato al computer a spiare le vite altrui. Sarà magari uno sfigato, ma da qua a farlo passare pure per maniaco penso che sia eccessivo.
    Per il resto sono abbastanza d’accordo con l’intervento precedente.
    Scusa ancora per “l’intrusione”.
    Ma è l’inevitabile scotto da pagare per avere trattato un tema tanto attuale, con questo bel racconto.
    Ciao

  28. Nikki, ovviamente si capisce ;). Hai ragione, ci vuole misura, ma non è facile capire l’unità di misura… mi spiego: dipende anche dal carattere e le abitudini di una persona. In effetti pure noi scrittori abbiamo un che di esibizionista, ma penso sia normale. Non credo più di tanto a chi dice “lo faccio solamente per piacere a me stesso. Siamo animali socievoli, l’opinione altrui è fondamentale e la cerchiamo. Si ritorna alla tua giustissima considerazione: ci vuole misura…

  29. Grazie Matteo Stelloni 😉

  30. Caro Gioacchino, ti ringrazio, mille di queste intrusioni ;). Ti sei spiegato benissimo e hai ragione. Sei molto attento ai problemi della privacy ed hai inoltre messo in luce un problema purtroppo attuale: quello delle minacce personali, stalking, bullismo ecc. C’è uno spunto interessante in quello che dici: è giusto considerare chi esagera nelle intrusioni o nell’esibizionismo dei maniaci? O sono forse vittime di una società dove l’immagine è tutto? Penso che la realtà aumentata metta in crisi persone che hanno già disturbi di questo tipo. Non si può, però, condannare mezzi di comunicazione per questo motivo. Come in tutte le cose, l’importante è l’educazione. E qui mi riallaccio a Nikki: ecco cos’è la misura, l’educazione…

  31. io comprendo benissimo ed il discorso è interessante e lo argomentate tutti bene. questione delicata quella dei nuovi mezzi telematici e dei rischi sulla privacy. avevo una (racchia e in età se no l’avrei sposata) che mi telefonava e metteva giù e poi scriveva raccontini dell’ostrega su me e le mie fidanzate. scriveva che ero un medium fasullo, io!, robe da pazzi! vabbè è gente che rompe ma non conta niente. nei casi limite c’è l’avvocato che scrive no? siamo mica nel medioevo. comunque perfettamente d’accordo con tutti, matteo, gioacchì e nikki. in bocca al lupo a tutti con affetto per il concorso.

  32. occorre anche dire che io sono un esibizionista – su FB ho una foto al tennis con la maglietta con su scritto CEMF davanti e Cav dietro e forse me le vado a cercare inq ualche modo, mah. 🙂 CEMF

  33. è possibile postare qui – in qualche modo – la foto della maglietta?

  34. ok?

  35. Sono convinta che l’uso improprio di facebook sia molto rischioso… soprattutto quando a tua insaputa ti taggano in foto dove sei orrendo, te ne accorgi magari dopo qualche ora dalla loro pubblicazione e nel frattempo mezzo mondo le ha viste!!! A parte questa mia introduzione, ti volevo dire Matteo che è un bel racconto scritto bene ed ho riso molto. Bravo.

  36. Caro Fairendelli, ti ringrazio moltissimo. Sarei molto curioso di vedere la tua maglietta CFNM… 😉 Grazie, mi fa piacere ti sia piaciuto…

  37. Grazie Linda, molto gentile!

  38. Matteo,
    scusa anche me, poi la finisco, almeno per quanto mi riguartda, con ‘sta palliossima discussione socio-culturale che col tuo racconto – ben scritto e ben congegnato, ripeto 🙂 – ha ben poco da spartire. E’ che forse anch’io mi sono spiegata male: quando parlo di ‘misura’ non intendo con ciò riferirmi al ‘numero delle visualizzazioni’ dei contenuti di un sito piuttosto che di un altro, o di un profilo Facebook. In realtà mi riferisco alla misura a mio parere auspicabile nel caso sia di chi si espone, che dell’impiccione di turno.
    In entrambi i casi servirebbe misura: nel non esporsi troppo, prestando il fianco ad eventuali attacchi, come nel non accanirsi troppo nel volersi intromettere nelle vite altrui.

    Mi spiego meglio: non mi sembra che l’Elisa del tuo racconto si sia esposta troppo.
    Non è che sia andata a sventolare le chiappe in faccia al postino o qualcosa di simile; eppure, il tipo ha pensato bene di mettere il naso, e anche più, nella sua vita.
    Non per nulla, lei si spaventa e si ritrae, voltandogli le spalle.
    Allo stesso modo, è ovvio che alla protagonista del racconto di Gioacchino – quella che abborda gli uomini sui social network, mette loro le mani sull’inguine comportandosi a tutti gli effetti da adescatrice – il minimo che possa accadere è quello di venire adescata, poi buttata come un fazzoletto usato.
    Le due facce della medaglia: giusto.

    Sarà un caso, ma mi ritrovo a postare due commenti a sfondo femminista, io che femminista non mi ritengo neanche poi molto, uno via l’altro.
    E’ che, vedete, è tutto vero, tutto giusto, quello che sostenete voi e quello che sostengo io.

    C’è un fatto, però, signori miei, innegabile, ed è che in Italia, di questi tempi, fanno fuori le donne come le mosche.
    Prodotto della società odierna, ovvio.
    Attenzione, allora, ad esprimersi in termini di ‘ciò che è giusto, e quello che invece non lo è’.
    Trovo che il presupposto del ‘se uno si esibisce, è giusto che ne subisca le conseguenze’ sia pericoloso.
    Pericolosissimo. Perché alla medesima corrente di pensiero appartengono le affermazioni del tipo ‘quella andava in giro in minigonna; ergo, se l’è cercata’; oppure, ‘cosa vuoi, si veste tutta scollata’; ‘si muove in un certo modo’; ‘mi guarda in un certo modo’…. ergo, vuol dire che ne ha voglia’ .
    E così via.

    Misura, gente. Si tratta sempre, e solo di misura.
    Tutto qua.

    Saluti,
    Nikki
    PS: Su Facebook – forse chi non ne fa uso non lo sa – esiste un’opzione di ‘Privacy’ ad esclusivo beneficio dell’utente che permette di abilitare o di escludere con un click, alla visione dei propri contenuti (foto, messaggi e quant’altro) chiunque. Nel mio caso, ho scelto l’opzione ‘amici’: i contenuti del mio profilo sono visibili SOLO a coloro che ho accettato come amici; ergo, persone che conosco, di cui mi fido. Ergo-2, il tuo voyeur, con me, avrebbe vita difficile – a meno che non fosse un hacker 🙂
    Googolarmi non servirebbe a molto più: chi ha detto che gli pseudonimi non servono a nulla?….
    🙂 🙂

    Auguri a tutti per il concorso.

  39. Nikki ma questo presupposto di cui parli (e che hai implicitamente affibbiato a un intervento precedente): “se uno si esibisce, è giusto che ne subisca le conseguenze” dove lo hai visto scritto?
    Chi ha detto una cosa del genere?
    Rileggiti bene gli interventi e forse capirai che si tratta di una tua libera interpretazione. Assolutamente distorta.

  40. Gioacchino
    – scusa Matteo, ma visto che mi hanno chiamato in causa su questo argomento rispondo qui, a ‘casa tua’ – premesso che credo nel libero arbitrio e quindi che ognuno – tutti, senza alcun distinguo – abbia diritto alla propria opinione e ad esprimerla liberamente (tu, come la sottoscritta, beninteso), permettimi di non essere d’accordo con te.

    Le tue frasi “è chiaro che se inseriamo (nei social network) immagini e dati strettamente personali, la privacy va a farsi fottere. Mi sembra però una pretesa bizzarra quella di pensare di potersi “esibire” e al contempo pretendere riservatezza”, a me arrivano proprio in quell’accezione lì, del tipo ‘se ti esibisci, cavoli tuoi’.
    Impressione che si rafforza con la tua frase successiva, quella del “non è che tu possa ‘uscire in mutande e poi lamentarti se qualcuno ti guarda”.

    Al di là del fatto che credevo di avere ben chiarito il mio pensiero del ‘ci vorrebbe misura, come in tutte le cose’ (che non mi sembra, peraltro, una posizione in alcun modo estrema, né estremistica), mi ripeterò: tu hai ben diritto, come ognuno di noi, alle tue opinioni.
    Quindi, domando venia se ti ho frainteso, esortandoti però a rileggerti anche tu; magari ti renderai conto che – anche se forse intendevi qualcosa di diverso – il tuo pensiero si prestava a ‘quell’interpretazione lì’.

    Comunque sia, non mi sembra il caso di continuare ad intrometterci nel racconto di Matteo – che peraltro ho molto gradito – per riflessioni social-culturali: per quelle esistono modi, tempi e luoghi più appropriati.

    Di nuovo in bocca al lupo Matteo, e scusa per l’intromissione.
    Un caro saluto,
    Nikki

  41. Nikki, va bene che ognuno abbia diritto alle sue opinioni, ma quando fai riferimento a dei miei ragionamenti e li accosti genericamente a “correnti di pensiero” che creano alibi a fenomeni di violenza, la cosa è un tantino più grave.
    E’ del tutto evidente che quelle mie parole che hai citato io le avevo riferite al protagonista di questo racconto, che va a curiosare tra le foto che una ragazza ha deciso liberamente di rendere pubbliche su un social network.
    Cerchiamo di non essere ridicoli: ma cosa pensiamo che quando immettiamo in rete, visibili a chiunque, delle nostre foto, uno ci debba venire a chiedere il permesso prima di guardarle?
    Che ci deve chiedere una liberatoria per visualizzare i contenuti che noi rendiamo pubblici su internet?
    L’ interpretazione “sono cavoli tuoi” di quelle mie parole è da riferire alla riservatezza, certamente non agli altri fenomeni ai quali l’hai accostata.
    Altrimenti una persona fa come hai fatto tu: mette delle protezioni, rende i suoi contenuti visibili soltanto agli amici e il problema è risolto (hacker a parte).
    Ma in tutto questo cosa diavolo c’entra la violenza e la sopraffazione sulle donne?
    Da parte mia la chiudo qui.
    Ma dopo quello che hai scritto non era proprio possibile evitare di risponderti.
    Saluti.

  42. Nikki, Gioacchino, i vostri commenti sono un orgoglio per il mio racconto. Sapere di avere stimolato un confronto tra persone intelligenti e capaci è per me un onore!

  43. Lorenzo ti ringrazio, molto gentile. 😉

  44. Molto interessante la storia e particolarmente centrata la voce dell’io che narra la vicenda.

    Mi ha fatto venire in mente (scusa Matteo, stasera ho in testa mille rimandi…) un testo teatrale che vidi a Milano diversi anni fa. Si chiama: IL FETICISTA ed è stato scritto da Tournier.
    Non so come si possa reperire il libro/copione, ma so che è un tuo “parallelo”.

    Secondo me potresti svilupparlo e costruire una narrazione anche più lunga (tipo una novella/romanzo breve).

  45. Grazie mille Elena. E’ un ottimo spunto quello che mi dai. Il testo di cui parli non lo conosco, ho solamente una vaga idea dell’autore. Fa sempre piacere scoprire percorsi nuovi, farò una capatina in biblioteca. Non sarebbe male, in effetti, sviluppare il testo…. Ecco, adesso mi ronza per la testa….

  46. Il racconto è piacevole, ispira simpatia; se posso concedermi un giudizio di più, devo dire che l’autore non mi ha mai dato l’impressione di essersi preso sul serio, ovvero ha lasciato un pò trasparire che quanto diceva era usato per creare il racconto e che in fondo ci credeva poco anche lui. Forse è per questo che l’ho trovato ancora più simpatico. Brunello

  47. Grazie molte Brunello. Mi piace sempre far trasparire un certo distacco, che non significa narrazione asettica, ma tentare di gestire la narrazione….

  48. Un racconto veramente ben scritto e interessante. La quantità e varietà di commenti la dicono lunga….

  49. Matteo ha scritto un racconto molto importante e lo ha fatto con i passaggi giusti per far emergere equamente e come realmente è, utilità e rischi.

    Grazie Matteo.
    In bocca al lupo!

  50. Cara Emanuela, ti ringrazio molto per il tuo commento. Ciò che chiedo alla mia scrittura è tutto riassunto nella tua frase. Già, far emergere equamente e come realmente è, utilità e rischi. Grazie!

  51. ….e meno male che hai scelto il postino come professione, Matteo, che è proprio un lavoro che “ispira”, dà spunti all’aspetto voyeuristico del protagonista….pensa se sceglievi una professione come quella del ginecologo….ecco, lì ci vedo un estremo pericolo per tutti, per chi guarda e per chi è guardato, in questo ultimo caso è molto facile passare da un’innocua guardatina a violenze vere e proprie e senza nemmeno toccare l’altro materialmente. Anche qui è proprio vero che la MISURA in tutte le cose determina quella linea di equilibrio oltre la quale vi è il baratro.
    MOLTO MOLTO BRAVO MATTEO!!!!!
    Caterina Silvia

  52. Bravo Matteo, hai scelto un soggetto – in molti sensi – attualissimo. Che discussione ne è uscita! Ottima cosa. Hai raccontato il caso in modo egregio, concordo in pieno con Emanuela. Caspita, lo ha detto prima lei!
    In bocca al lupo!

  53. Eugenia, sei molto gentile. Mi fa molto piacere che il mio racconto abbia scatenato discussioni tra lettori. L’aspetto sociologico è a mio parere molto importante. Grazie ancora.

  54. Caterina, se avessi usato la professione del ginecologo, probabilmente sarebbe finito nella categoria “racconti erotici”! 🙂 A parte ciò, grazie mille per l’interessamento e i complimenti!

  55. Cara Marcella, il tuo commento mi fa molto piacere. E’ per me motivo di grande gioia avere sviluppato un argomento di interesse sociologico e di attualità. Penso che la letteratura, con rispetto per la letteratura vera (infatti uso il minuscolo per distinguere il mio dilettantismo da quella vera..) deve anche svolgere queste funzioni. Grazie mille, in ogni caso.

  56. Bel racconto!
    Hai descritto bene l’uso improprio che molti fanno dei social network come facebook, che oltre che a farci allontanare dagli altri spesso ci fanno allontanare anche da noi stessi.
    Complimenti.

    Ilenia

  57. Be’, una cosa è certa: il tuo ‘guardone’ è sicuramente uno scrittore! Abilissimo nell’osservare, analizzare, e frugare nei i pensieri altrui. E un monito a chi usa i socialnetwork: attenzione a ciò che postate! Mi è piaciuto molto; è un racconto piacevole, mi ricorda la tecnica della scrittura spontanea…Auguri!!!

  58. Grazie mille Ilenia, hai compreso alla perfezione il messaggio e questo non può che farmi piacere.

  59. Grazie Paola. Esatto: ci vuole moderazione come in tutte le cose!

  60. Ti assicuro che non sono lettrice agiografica;)…. anzi… il tuo racconto è davvero ben scritto, si nota una certa capacità di utilizzare le parole… oltre ciò, la capacità di analizzare e rendere interessante una questione attuale e di forte impatto sociologico non è da tutti. E i commenti che hai sollevato valgono più del mio parere… 😉

  61. Molto gentile Eugenia. Ci credo che non sei agiografica… 😉 Mi fa molto piacere che molte persone hanno trovato spunti interessanti dal mio racconto. E’ quello che volevo ed è per me una grande soddisfazione.

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