Premio Racconti nella Rete 2013 “Cenerantola”(favola cinica) di Francesco Mancini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 20131
C’era una volta una ragazza di periferia, di nome Lamberta. Voleva far la modella. Il nome non l’aiutava, d’accordo, ma nemmeno il resto: bassa, grassa, nera nera, piena di complessi, depressa, autostima sotto ai tacchi. E anche quando provava a diventare anoressica come le sue donne da sogno non mangiando quasi niente per settimane, riusciva a ingrassare lo stesso. Aveva anche un po’ di baffi che non riusciva a rimuovere nemmeno coi petardi.
Sarebbe andata volentieri in analisi o da uno straccio di terapeuta di qualche sorta per stare meglio, ma -quando si dice una fortunella- era povera come un pidocchio.
2
Lamberta però, un bel giorno, in un’ impeto d’euforia della sua depressione bipolare, acquistò libri d’esoterismi e magie e oscure arti (in edizione economica) nella biblioteca “Razzi e Mazzi” del centro storico della sua città: se il destino l’aveva resa un brutto anatroccolo, ci avrebbe pensato da se a trasformarsi in cigno, con la magia: bianca o nera o turchina che fosse, costasse quel che doveva costare. Uno provò a rubarlo, di libri, ma fu beccata subito e ramanzinata. Il negoziante la voleva denunciare, ma il poliziotto accorso fece notare ai presenti che la natura si era accanita sulla sventurata già abbondantemente. Gli astanti annuirono tutti assieme, per poi ridere come dei pazzi. Lamberta era livida.
Ben presto si trovò ogni notte a studiare avidamente la magia, anche se leggendo alla luce del lampione fuori dalla sua finestra per risparmiare, finì per perdere pure diversi decimi di vista (una delle poche cose buone che aveva). Ora sfoggiava anche due occhiali da nonnina un po’ storti trovati sull’autobus. Bene, pensò, fa molto Harry Potter. Tanto, a quel punto, giusto un miracolo ci voleva.
3
Finalmente giunse il giorno dell’azione: con tanto di vesti nere e bacchette rimediate da mestoli rotti, tra chiari di luna, chiare d’uovo e viscere di bestie da fogna, provò ad evocare il principe delle tenebre. Gli avrebbe chiesto seduta stante di diventare alta, bionda, magrissima e con un’aria irresistibilmente trendy. E bella, ma proprio bella. E se il sulfureo caprone gli avesse porto la sudicia pergamena per stipulare il classico patto non avrebbe esitato un momento: dell’anima Lamberta non sapeva che farne. Non sapeva nemmeno se ce l’aveva.
E allora: pentagramma, candele, formule. Avrebbe dovuto scrivere le formule su della pergamena vergine, ma tutto quello che riuscì a rimediare fu una decina di A4 rubati alla copisteria all’angolo. Sperò che l’oscuro signore apprezzasse il gesto. Gli sacrificò anche il suo pesce rosso, che trafisse con uno stecchino da denti.
Ma non solo non si presentò l’oscuro signore, non arrivò neppure il garzone del sottocuoco (delle tenebre).
3
E intanto la poverina soffriva, la povera Lambertina. Che faceva tutto il giorno? Lavava e stirava e ramazzava, poverina (non troppo, a dire il vero, perché stava in un buco di monolocale e aveva un maglione, due camicette, due paia di jeans e qualche shirt nelle quali ormai rischiava di esploderci dentro tipo l’incredibile Hulk. Lo poteva indossare, il suo monolocale). Guardava ogni programma televisivo che poteva regalarle uno scorcio di immagine delle sue dee in passerella e poi provava a imitarle nei suoi quattro metri quadri di cucina, dando più che altro l’impressione di una trottola. E piangeva, piangeva, perché si guardava nello specchio e si rendeva conto dolorosamente che nessuno stilista avrebbe messo su di lei nemmeno il copertone di una ruota di camion.
E piangeva, piangeva, Lamberta. E per anestetizzarsi si riempiva di sambuca e si di fumo a buon mercato (tagliato tale che si poteva usare come lucido da scarpe). E in pieno delirio masochistico da autostima a -30, si faceva delle gran sbafate di dolci (a buon mercato). Grassi animali, vegetali, minerali, colorati, idrogenati, ossigenati, transgenici, traslucidi: i grassi che si mangiava Lamberta li potevi mandare a battere sui viali.
Per Lamberta solo torte (a buon mercato), mai tortini come le top-models.
4
Ma nel frattempo, sfruttando le ondate euforico-energetiche della sua bipolare, continuava disperatamente con le evocazioni, le annunciazioni, le meditazioni, con tanto di training autogeno e pensiero creativo-costruttivo. Ripeteva 300 volte al giorno la seguente frase: “Io sono magra. Io sono bella. Io farò la modella.”
Poi giù a divorar torte.
5
Una sera, per il Calendimaggio, Lamberta si preparò per l’ennesimo rito magico. Si mise il kimono di sua nonna (strana, sua nonna) accese gli incensi, le candele. Preparò un pentagramma col sangue di un pollo del supermercato già quasi del tutto coagulato. Un pentagrammino, diciamo.
Si stava accingendo a pronunciare le formule, quando ebbe un mancamento. Un’ esitazione. Gli venne la chiara sensazione che tutto quello che stava facendo non sarebbe mai servito a nulla. Era inutile insistere. Le vennero di nuovo le lacrime agli occhi.
Pensò: la faccio finita, mi ammazzo. Vuoto il conto corrente per comprare gli ingredienti, poi preparo una torta di settanta chili e me la caccio tutta in gola. Corse fuori, in un oretta aveva tutti i mezzi che le servivano. Ma quando stava montando in una zuppiera enorme 750 uova in un allegro schizzar di chiare e tuorli, la poltiglia sotto al suo naso si mosse, si gonfiò, si agitò, poi prese la forma di un volto enorme di una anziana signora, che aprì una sorta di bocca tremolante e disse: “Salve! Sono la Fata Albumina!”
Lamberta restò a fissare la zuppiera immobile. Pensò: con cosa me l’hanno tagliato il fumo stavolta? Con l’antigelo?
La facciona si agitò ancora e disse: “Ciao cara, io sono la Fata Albumina, uno spirito ausiliario ad uso e consumo di casalinghe frustrate e giovani depresse. Ti diletti in evocazioni, vero?”
“S…si, a volte…” balbettò Lamberta.
“A volte sti mazzi, carina, le sfere astrali sono vessate ogni sera dalle tue richieste disperate. Così hanno mandato me.”
“Scusate se ho insistito…”
“Prima regola: mai insistere troppo. Si rischia di rompere le sfere…”
“Il fatto è che sono disperata, Fata Albumina! Io ho sempre sognato di fare la modella, è sempre stata la mia ossessione, la mia ragione di vita… ma come vede….”
“Vedo, cara. Sei nella situazione di Danny De Vito se desiderasse diventare un campione di basket.”
“Esattamente.”
“Ma tu conosci la magia giusto?”
“Ci sto provando…”
“E per un mago nulla è impossibile!”
“Oh, lo spero proprio!”
“Se si attiene alle regole…”
“Oh, lo farò, Fata Albumina!”
“Allora prendi intanto queste.”
La Fata Albumina protese una sorta di braccio bianchiccio alla crema di mascarpone e porse a Lamberta tre fagottini.
“Queste sono le pozioni magiche in polvere da prendere…” proseguì, “Abbiamo la Spilunghina Danese per farti diventare alta, bionda, con gli occhi azzurri. Abbiamo la Sirenaria Chiappesca per farti diventare intrigante e fascinosa. Abbiamo l’Anfetamina di Nonna Gina per farti diventare magra come un’acciuga. Le prendi tutte subito e vediamo che succede. Avanti, ingolla.”
Lamberta trangugiò tutto in quattro secondi netti. Una nuvola rosa avviluppò il suo corpo e in un “puff” lento e appiccicoso divenne una donna bellissima: bionda, occhi azzurri, fascinosa, trenta chili di peso stirati su un metro e ottanta d’altezza.
Lamberta si intravide nello specchio del bagno alla sua destra e cacciò un urlo. Poi per la gioia cominciò a saltare ululando come un coyote. Volle abbracciare la Fata Albumina e si tuffò nelle uova montate.
“Stai al tuo posto cara. Per favore. Contegno.” echeggiò la voce della fata nell’aria.
Lamberta si riprese, e mentre si asciugava tremando, disse: “Carissima Fata Albumina! Non so come ringraziarti! Farò tutto quello che vuoi! Vuoi la mia anima?”
“E che me ne faccio? No no, cara, io sono pagata dall’Ente Assistenziale Astrale, niente compensi. Un servizio nuovo. Siamo pari. Piuttosto, ricordati di seguire attentamente le istruzioni: prendi le polveri -che ti lascio sul tavolo- una volta al giorno e solo una volta al giorno, la mattina. E a mezzanotte ovunque tu sia vedi di telare, perché l’effetto scompare e torni il cess… quella che eri prima. Tutto chiaro?”
“Si, carissima fata. L’ho già sentita questa di una che a mezzanotte doveva telare…”
“Per quello che paghi volevi pure una storia originale?”
“Giusto, cara fata.”
“Ora devo andare. Una giovane demente magra come un chiodo che sta nel palazzo accanto sta facendo di tutto per diventare popputa e col culo a mandolino per diventare escort d’alto bordo e scrivere poi un libro di memorie per andare ai talk-show. Non siete mai contente.”
“Che vuoi fare…”
“Cerca di divertirti e non esagerare. Verrò a vederti a qualche sfilata…. addio.”
“Grazie, grazie, grazie! Cara Fata Albumina ti sarò sempre debitrice!”
“Fai la brava!”
“Ma la zucca che si trasforma in suv non me la dai?” chiese Lamberta.
“Certe zucche non hanno speranza! E trovati un nome d’arte!” la voce era diventata un’eco distante.
“Si!”
La fata scomparve creando un piccolo gorgo nelle uova montate.
Lamberta che prese il nome d’arte di Yasmine, saltò ululando nel suo monolocale per altri abbondanti quaranta minuti, poi stramazzò al suolo.
6
La mattina seguente Yasmine si recò in una agenzia per modelle, la presero immediatamente e la settimana dopo già sfacchinava le passerelle.
Dopo Milano fu Parigi, poi Londra, poi New York. I giornali cominciarono ad accorgersi di lei, e i rotocalchi, e le trasmissioni di gossip.
Ville, piscine, toga-party, storie con i maschiotti più appetibili del jet-set, tre matrimoni con (nell’ordine): un costruttore, un calciatore, un finanziere. Lamberta la sfigata era diventata Yasmine la pantera bionda. “Che prima ti acchiappa, poi ti sfronda” (dichiarava lo slogan della sua linea di oli essenziali).
Ma: c’era l’invidia delle altre modelle. C’era il livore degli ex sedotti e sotterrati. Un nutrito gruppo insomma che provava per lei sentimenti non proprio nobili. Inoltre, qualcuno degli ex aveva cominciato a raccontare in giro che la ragazza aveva delle abitiudini strane, il calciatore dichiarò ai rotocalchi: Yasmine? Sesso da manicomio, ma fino alle 11, 11.30 al massimo. Poi scappa e se ne va a dormire chissà dove. Sui contratti poi era scritto a lettere di fuoco (in gotico antico): Yasmine può sfilare al massimo fino alle undici di sera, non oltre. E se il fascino del mistero ipnotizzava gli uomini, le donne mica tanto. Qualcuna di loro che aveva letto le fiabe cominciò a sentire odore d’abbacchio arrosto, e con la collaborazione del gruppo livoroso di cui sopra, fu raccolta una colletta e fu ingaggiato un investigatore privato, il quale spulciò la vita, morte e miracoli di Yasmine la pantera bionda, fino a carpirne il terribile segreto.
E una sera di una sfilata importante, a Parigi, fu ordito il crudel complotto.
7
Parigi. Yasmine arriva nei camerini con il mento alzato oltre la ionosfera. Assistenti, truccatrici, allenatrici, stilisti financo, li tratta tutti come pezze da piedi. Tira il mazzo di fiori di un ammiratore in faccia al fattorino. Così. Strepita, si lamenta, fa le boccacce. Poi si concede ai preparativi, ma di malavoglia. E continua a lamentarsi delle luci, dei materiali, della stampa, dell’anno bisestile.
Beve un bicchiere d’acqua. Non sa che in quell’acqua è stato messo un sedativo da un’assistente corrotta. Cosa che tale assistente avrebbe fatto anche gratis. “Posso metterci un po’ di stricnina, anche…” aveva dichiarato. Fatto sta che mentre la truccano, Yasmine s’addormenta di colpo.
Tutto il personale corrotto la chiude nel camerino, mette un cartello alla porta: “non aprire, camerino fuori uso”. Intanto vengono informati gli organizzatori della sfilata che Yasmine ha fatto un altro capriccio, è fuggita via facendo sapere che non parteciperà.
La sfilata comincia comunque, le modelle sfrecciano la passerella come tigri, il bel mondo applaude con giubilo. Poco prima della mezzanotte, l’assistente corrotta apre il camerino, sveglia Yasmine dicendole: “Signora Yasmine! S’è assopita? Tocca a lei, avanti!” Yasmine trasale, guarda l’orologio del camerino che segna le 10.55 (tutti gli orologi dei camerini sono stati spostati di un’ora indietro).
“Bé, facciamo alla svelta!” gracchia Yasmine spingendo l’assistente al muro e uscendo a gran passi. Le assistenti (ghignando) la ritoccano, le infilano l’abito velocemente, traccheggiano per farle perdere un altro po’ di tempo, poi al momento giusto la spingono in passerella. Esattamente alle 00:00. Yasmine viene accolta da un applauso fragoroso. Fa appena in tempo a fare metà passerella, poi si ferma di colpo. Qualcosa nel suo corpo comincia a ribaltarsi. Yasmine conosce benissimo quella sensazione: sta per tornare a essere Lamberta la sfigata. Non è possibile, pensa, manca ancora un’ora! Guarda disperatamente attorno a se, è assediata da una marea di volti attoniti che la fissano senza capire. C’è un grosso timer nella sala, che segna le ore 00:03, Yasmine vedendolo si rende conto di essere stata raggirata. Sulle prime pensa di tornare indietro velocemente prima che tutti si accorgono, ma è tardi. Lo capisce dal clamore che si sta levando dalla sala, dal gelo che le accappona la pelle, dal fatto che a testa china, guardandosi le gambe, non vede più due trampoli slanciati ma due cotechini. La folla rumoreggia sempre di più, Lamberta è colta da capogiri, panico, mancamento, si accascia. La vergogna la fa muovere, prova ad andarsene ma il vestito è diventato una specie di fasciatura strettissima tipo camicia di forza. Ora sta strisciando, arrancando, sbavando, qualcuno dalla sala prorompe in una grassa risata. Molti lo imitano. Yasmine-Lamberta arranca, ma è lenta, quasi non respira, guarda allucinata l’uscita davanti a se, ha l’impulrso di fiondarcisi in qualche modo per imbucarla, ma -come se le avessero letto nel pensiero- uno stuolo di modelle e di assistenti si premurano di coprirla posizionandosi come una barriera, i volti come maschere. Le risate del pubblico si mescolano a commenti prima lievemente ironici, poi marcatamente cinici, poi decisamente terribili. Qualcuno la vuol toccare, ma con un bastone. Qualcuno propone di farne sapone da vendere per la marca di cui è testimonial. Qualcuno suggerisce di rotolarla, che così fa prima a sgombrare la passerella, che se resta ancora lì rischia di disgustare i presenti per sempre. Tre giovanotti ridenti saltano su e la rotolano via come fosse un tappeto maleodorante che rigurgita budella nere, tra gli applausi, i fischi e le male parole. Più delle luci, brillano gli occhi di modelle e assistenti.
Di Yasmine la modella resta solo una sottile scia umida sulla passerella, come dopo il passaggio di una grossa lumaca.
COMMENTO DA PARTE DI ARMANDA: ESILARANTE! BRAVO FRANCESCO, UN PEZZO PER UNO SPETTACOLO DI CABARET.
Ma è divertentissima questa fiaba per adulti e nemmeno poi tanto!!!!!!! BRAVO, scrittura scorrevolissima, non ho avuto un attimo di disattenzione, complimenti davvero. In bocca al lupo per il concorso!.
ahahaah ma che storia simpatica 😀 bella bella e geniale l’idea del suicidio con la megatorta 😉
Storia divertentissima. Bravo!!! Azzeccato anche il titolo:)
Ti va di leggere il mio racconto? (In viaggio)
Paola Cavallari
Grazie per i vostri commenti, buona giornata a tutti!
Buongiorno, in verità ho già letto ieri questo racconto, una favola….un’ incubo, che cosa?
Una favola a mio avviso no, affatto, le favole sono fatte per dilettare grandi e piccini e fondamentalmente ” illudere” che si possa trovare meglio di ciò che poi si troverà!
Le bambine ed i bambini diventano grandi con una traccia emotiva che disturba o consola a seconda di come la loro madre o la loro tata o chi per loro ha impressionato la loro suddetta memoria, e per ognuno il suo seguito……e ognun per se’ se la vedra’ ……se ne ha voglia!!!
Ma qui?
Qui che cosa vogliamo raccontare???
Chiedo all’autore una specifica perchè sinceramente lo troverei fondamentale e anche gentile e spiego perchè.
Come dicevo, ho già letto e poi riletto e mi sono trattenuta da un immediato commento per buoni motivi.
Questo, oggi, passate le ore, è un pezzo di altra attenzione al testo ed un invito che spero possa essere accolto nel migliore dei modi perchè in tal modo viene dato.
Ad un ulteriore e gradito intervento dello scrittore, perchè sicuramente quacosa, qualche altra considerazione, io credo a me sia sfuggita, non l’ho colta, sicuramente è andata così, perchè leggo di chi ha trovato ilarità…..ed io invece mi sono così dispiaciuta nell’immaginarne la lettura da parte di una ragazzina o di una donna in ascolto di una favola dove illusione non c’è ……. e chiedo…. in favore di che?
Non voglio sembrare polemica, affatto, anzi, ma tutti i commenti hanno colto un ilarità che invece non ho sentito e non ho condiviso.
Molto probabilmente un mio limite…..ma volevo dirlo e se lo faccio è in modo propositivo.
In attesa di nuovi commenti di modo che ogni volta che rileggerò questo racconto riesca a farlo con al termine un diverso pensiero da poter scrivere.
Grazie
PS: Cenerentola, Bella addormentata nel bosco, Biancaneve, Alice nel paese delle meraviglie, la Belle, Haidi, Kandi Kandi, Lady Oscar, Milo e Sciro, attendono una risposta e con loro tutte le bambine in ascolto.
NiKKI MONICAAAAAAAAAAA SIMONETTIIIIIIIIII……..chiedo prontamente il tuo intervento !!!!!
Grazie all’autore per la “provocatorietà” che quasi sicuramente genererà esiti benefici.
In bocca al lupo!
Diciamo che ho dato risalto al tuo….FAVOLA CINICA.
CINICISSIMA
La scrittura è umoristica, ma il contenuto è cinico. A parte alcune frasi troppo lunghe, scusa la deformazione ma io ci tengo ai punti e alle virgole, ad un sé sfuggito senza accento (ma penso sia un refuso) e all’uso di pentagramma al posto di Pentacolo, caro il mio Francesco, come si dice dalla nostre parti, se’ proprio un ganzo.
Però sono rimasta un po’ delusa dal finale: dopo un testo così pieno di innovazione, stilistica e letteraria, mi aspettavo un colpo di scena. Ma forse è proprio quello che volevi: rimaniamo coi piedi per terra ed accettiamoci per quello che siamo. Se c’è qualcosa di buono verrà fuori. E tu Francesco il tuo buono ce l’hai mostrato. Bravo.
Ma siamo sicuri che le bionde alte e magre siano meglio delle more?! Lo pensa Lamberta o Francesco?
Io sono molto più diplomatica di Emanuela… ma che ci azzecca Cenerentola?! Allora poteva essere anche un aspirante tronista. Penso di non aver capito, limite anche mio, perché non conosco questo linguaggio. Mi è rimasto l’amaro in bocca alla fine…
Sono felice però che a qualcuno sia piaciuto, il mondo è bello perché è vario! Mi dicono spesso che sono strana… diversa…
In bocca al lupo, Francesco.
A Emanuela: lo so che le favole servono a dare speranza (e altro) ai bambini. Ma questa è una favola per adulti, spero te ne sia accorta (se non altro dallo stile)..
Se vogliamo essere pedagogici, potremmo dire che la buona morale nel racconto esiste invece, e bella grossa: impariamo ad accettarsi per quello che si è, come iddio ci ha fatti. Altro che tronisti e modelle da sogno, diete massacranti, lifting al botulino eccetera ecccetera. Mi spiego?
A Maria Cristina: hai ragione, è Pentacolo. Deformazione? Fai l’insegnante o la scrittrice? Pura curiosità. Il tuo nome non mi è nuovo…
A Marccella: ti invito a rileggerti il racconto. E anche Cenerentola. Che c’entra se preferisco le bionde alte o le more? E’ una critica al mondo dell’apparire e dell’arrivismo a tutti i costi. E magari Cenerentola era bella e brava (ma chi può dirlo? alla fine il Principe se lo cucca lei).
Lamberta sicuramente non è bella e brava.
Come la maggior parte di noi..
Divertente, acuto, crudele. Si cinico!! Bello, complimenti!!
Non c’è scampo, nell’ironia sottile e senza nessuno sconto, c’è tutta la verità di un contemporaneo che è sottolineato con quel linguaggio fiabesco, che serve come una chiave,a dare tutta la verità. Se qualcuno,come ho letto dai commenti, ha dovuto rileggerlo tante volte, si chieda il perché non nel cercare l’errore, ma nel cercarsi dentro la cecità che gli appartiene, è così evidente il senso del discorso. Buffo e crudele, mortale nell’essere vivo, come la vita senza scuse. Un finale amplificato, assurdo, come assurde sono le paure che si provano e amplificano la percezione sbagliata o eccessiva della realtà. Un racconto, una favola necessaria, come per me deve essere la scrittura, una necessità e un dono per riflettere, dello scrittore o commentatore egotico possiamo farne a meno. La cosa che più mi ha colpito, è che oltre alla scrittura si vedevano tutte le immagini e se io vedo, capisco. Grazie Francesco.
L’ho riletto anche io e ribadisco la mia opinione positiva a parte le risate della prima lettura 🙂 io non credo che una donna o ragazza nel leggerlo rimanga delusa, te lo dice una mora, bassetta e tondeggiante come la protagonista 😀 si capisce dal titolo che la favola essendo cinica sarà ben diversa dalle favole consuete che trovo molto illusorie (chi come me è nato negli anni 90 ed è cresciuto a pane e Disney capirà la mia esigenza di cinismo :P) , qui siamo nell’esatto opposto, anzi più vicini alla realtà a mio avviso 😉 e i riferimenti a Cenerentola ci sono, dalla Fata madrina, alla mezzanotte che fa trasformare di nuovo la carrozza in zucca e la nostra supermodella nella sua forma originale 😉 ancora complimenti, mi hai fatto sorridere ben 2 volte 🙂
Sono d’accordo con Cinzia, anche se sono nata negli anni sessanta (così detti favolosi): nessuna delusione e te lo dice una che non è schiava della ricrescita e si tiene la sua testa grigia (perfettamente omogenea, chi sa se no…).
Non faccio l’insegnante ma potrei.
Non faccio la scrittrice ma vorrei.
Non sono alla ribalta ma ho pubblicato due racconti sulla rivista sito Stanza 251 – Area di scrittura. Chi sa se qualche parola chiave ti ha mai condotto fin lì…
Che deformazione hai? Sei un musicista?
Francesco,
saremo irrimediabilmente femministe, Emanuela e la sottoscritta, ma devo ammettere che anch’io, come lei, nella tua ‘favola’ ci trovo molto più cinismo che favola.
Di personaggi (donne, ma anche uomini) che non si accettano per quello che sono e portano le loro ossessioni all’eccesso, persino oltre quello che descrivi tu, scrivo spesso anch’io (vedi ‘Racconti’ dello scorso anno). Solo che i miei personaggi sono dei sociopatici, a dire poco.
Mentre la tua Lamberta sembra una delle tante giovani di oggi (fumo e ossessioni per la linea comprese).
E’ che, vedi, non credo che chi critica, qui, critichi te e la tua abilità.
C’è del buono – molto – in te. La tua scrittura è precisa e fantasiosa, al di là di qualche comprensibile refuso.
Il problema fondamentale sta nella percezione del testo, nel fatto che si dia per scontato che una ragazza normale, oggi ( bassa, scura e rotondetta; non bella, ma probabilmente neanche racchia come la descrivi tu – debba per forza essere un’emarginata. Una sfigata.
Con tutto quel che segue, anima in vendita compresa.
E’ questo che stride, nel contesto, come un gessetto spezzato sulla lavagna.
Che tu parli del contesto non come di un dato soggettivo, peraltro, espressione di una distorta percezione di sé (come accade nel caso dei miei personaggi calati in situazioni analoghe): la tua è dichiarazione oggettiva, espressione di ‘status quo’ (se-non-sei-bello-oggi-non-esisti-e-se-non-esisti-non-vali-una-cippalippai) cui si è ridotta la nostra società (ma questa è tutta un’altra storia). Che tristezza!…
In sostanza, Francesco, capisci perché non mi riesce di ridere?…
Credo si debba plaudire – bravo, ben fatto – la tua dimestichezza con penna/tastiera e parole.
Non mi sento però di complimentarti per il tema. In questi tempi di bullismo, disordini alimentari (malattie gravissime) e violenza sulle donne, da donna ti suggerirei di andarci più cauto con messaggi del genere.
Le modelle, trenta chili di peso per un metro e ottanta, non sono poi così belle, credi, quando ti accorgi delle ossa che tagliano come lame la pelle degli zigomi affilati.
Ultimo appunto: il finale, poi, da ‘qualcuno la vorrebbe toccare, ma con un bastone’ in poi, è talmente cinico da dare addirittura fastidio.
Alleggerirei.
Nikki
Devo dire che tra gli ultimi racconti alcuni hanno sollevato grossi dibattiti. In merito a questo in particolare, ribadisco che mi è piaciuto per come è scritto ed anche per l’umorismo nero. Tra le righe di alcuni commenti ho subodorato come un sentore di censura. Spero, anzi, credo di sbagliarmi, però non mi sembra corretto consigliare ad un autore di cosa scrivere. Voglio spingermi un po’ oltre: suggerire finali alternativi, la modifica o l’espunzione di frasi intere, questo è quello che chiamo sentore di censura. Forse la parola censura è troppo forte, chiedo scusa, però ho sentito il bisogno di scrivere quello che ho scritto. D’altra parte sono convinto che ho travisato..e questa è una mia opinione, magari invece ci sono temi che non oggettivamente non vanno trattati…bonjour
*oggettivamente…senza non davanti
Mah, il cinismo compare nel titolo a chiare lettere e secondo me c’entra poco l’essere femministe col gradire o no questa storia: sarà una pura questione di gusto e di tolleranza del cinismo e dell’umorismo un po’ nero, piuttosto. 🙂
Io sono (ribadisco, ma non fatemelo più dire ahahaha) tondetta, bassetta e moretta come Lamberta, non mi considero non-femminista, i miei racconti non sono cinici per nulla, eppure la storia mi è piaciuta! 😀
Non mi sembra un’esaltazione all’anoressia o al bullismo, né tantomeno secondo me l’autore pensa o vuole far capire da questo testo che noi nanerottelle (un mio neologismo per definire il mio aspetto) siamo sfigate!
Io ne ho letto una critica sotto forma di favola cinica contro chi non si accetta e venderebbe la sua anima per un corpo, non normalmente grazioso, bensì da superdiva!! Lamberta non vuole solo essere meno emarginata o più carina, ma proprio una modella! E ne vedo anche un monito alla società che inculca nella mente delle ragazze che devono essere alte e magre, non un invito a seguire l’esempio della protagonista.
Infatti n questo senso il finale cinico mi piace così com’è poiché viene sì punita Lamberta per il suo unico desiderio di essere una pura diva di sola facciata senza combattere in modo più costruttivo per un ruolo più adatto a lei e voler rinunciare persino alla sua anima per questo; ma quello che dà più fastidio come qualcuno è notato è la società che prima divinizza e poi calpesta e questo viene evidenziato nel cinicissimo finale. O almeno questa è la mia interpretazione e il motivo per cui invece lo apprezzo.
Al di là del titolo e del contenuto il racconto è inequivocabilmente divertente e Francesco è un abile inventore di situazioni che sa rendere reali con le descrizioni appropriate.
Tacciarlo di maschilismo mi sembra un eccesso. Non sono una bellona ma mi ritengono tutti piuttosto divertente: forse è il presupposto per apprezzare l’ironia che trasuda Cenerantola. Il titolo poi è uno spasso onomatopeico che chiude l’epoca d’oro di Lamberta che rotola, e forse RANTOLA, mentre esce di scena.
Dai, Matteo,
per piacere: obiettivamente, macché censura e censura!…
Qui ci si confronta, ci si apre, ci si mette a nudo.
Ognuno ha diritto alle proprie opinioni, non credi. Ma censura?… Quando mai?…
Ogni scrittore ha il diritto di scrivere quello che vuole, ci mancherebbe, dell’argomento che più gli aggrada, nella maniera che preferisce.
Che, scherziamo?…Solo che postandolo pubblicamente ci si espone (tutti, qui, lo facciamo) al giudizio degli altri.
E se un racconto tocca, a mio parere, delle corde (peraltro assai attuali) che stridono leggermente, ritengo di poterlo dire.
Se non potessi, allora sarebbe censura ‘al contrario’, non sei d’accordo?
Per altri versi il racconto mi piace, come credo di aver detto anche sopra.
Del finale, che – e non sono né bassa, né mora, né racchia – trovo (sottolineo, IO; e chi sono, io?…. nessuno 🙂 sin troppo cinico, mi sono ‘permessa’ di suggerire ‘un alleggerimento’. Una cosa così, da nulla; un consiglio da una che probabilmente ha qualche anno di esperienza in più di voi.
Tutto qui.
Sai quanti consigli del genere ho ricevuto io, da quando scrivo?…Decine, per non dire più.
Non è il caso di prendersela.
Alla fine sono i lettori che comprano i libri; ricordate che noi, qui, siamo gli uni, ma siamo anche gli altri.
Del racconto di Francesco mi piacciono molte cose, ripeto.
Per essere ancora più esplicita, avrei gradito maggiormente se, alla denuncia della vanagloria umana (femmina o maschio, non fa alcuna differenza) fosse stata abbinata quella degli ‘stereotipi’ della società odierna – i condizionamenti mentali cui siamo soggetti che condannano una (ma anche uno; sono donna, vero, ma credo che per i ‘racchi’ di sesso maschile le cose non vadano in maniera molto diversa, oggi) che ha la sfortuna di nascere ‘non attraente’ allo status di ‘sfigata/o’ perenne.
Questa, Matteo – Francesco – sia ben chiaro, è la mia personale visione delle cose.
Opinione – lo dice la parole stessa, di per sé ‘opinabile’, discutibile, senza alcun valore oggettivo ma puramente soggettivo: ergo, che non vale una cippa.
Poi, dico, non è che si debbano per forza partorire testi di una qualche valenza moral-sociale, ci mancherebbe (io stessa, come detto, scrivo spesso di individui detestabili, ai limiti, spesso ben oltre, del patologico).
Non c’è offesa, non c’è inganno.
Semplice visione personale delle cose.
Auguri,
Nikki
Effettivamente ho esagerato usando la parola censura, sorry Nikki. E’ solo che quando leggo frasi del tipo” ti suggerirei di andarci più cauto con messaggi del genere”, beh, è più forte di me, ma la prendo come una limitazione alle possibilità dello scrittore. Una volta Poe ha scritto che l’orrore e la fatalità hanno avuto a che fare in tutti i secoli; il contesto era diverso, però mi sembra una frase adatta, nel senso che la bruttezza dei tempi non può essere una limitazione alla scrittura, ché sennò quando mai scriveremmo qualcosa? E poi sul messaggio del racconto in questione davvero credo tu abbia equivocato Nikki, ma questo non posso dirlo io che il racconto non l’ho scritto, ma il suo autore, se lo crederà opportuno. Ma poi ti faccio una domanda Nikki: davvero credi che un’opinione, solo perché non è oggettiva, non valga una cippa? Ma allora tutte quelle storie sulla libertà di opinione, sull’importanza di poterle esprimere, sulla necessità di confronto, sono tutte parole vuote? Io quando do un’opinione su qualcosa non la considero inutile; metto in preventivo che possa essere sbagliata, ma questo è uno stimolo in più a metterla in campo, magari potrei migliorare attraverso il confronto. Comunque, secondo me, l’errore di base sta nella confusione che spesso facciamo tra la realtà descritta dal racconto e il messaggio che l’autore vuol dare. Se uno mette in scena un aspetto della realtà che osserva, non vuol dire che la sta esaltando, anzi!(p.e. La Grande Bellezza di Sorretnino è stata tacciata di provincialismo e addirittura di misoginia, perché descrive il provincialismo di certa Italia, assurdo!!). Sta storia del messaggio a me, personalmente, ha un po’ stufato. Ma non perché un racconto non debba darne alcuno, ma perché un racconto, un romanzo, una poesia sono davvero validi quando oltrepassano eventuali messaggi, quando il loro valore artistico è talmente superiore che si può fare a meno di lambiccarsi il cervello a ricercarli. I messaggi passano, l’arte è eterna. Se il criterio è il messaggio, beh, allora oggi non potrebbero scrivere gran parte degli scrittori del passato. Che ne so, Miller rischierebbe di essere accusato di misoginia(per fortuna è riuscito a pubblicare nonostante i processi per oscenità), Dante di omofobia, e addio Commedia ai Tropici. Per dire, è naturale che oggi non si può essere d’accordo con Dante e il suo tempo per tantissime cose, ma noi continuiamo a leggerlo perché è un’opera d’arte immensa. Scindere messaggio e qualità artistica. E’ naturale che tutti possiamo dirci in disaccordo con il messaggio che emerge dalla lettura di un racconto, io però non riesco a suggerire di alleggerire il tema. Magari posso segnalare qualcosa che non mi suona a livello estetico, magari pure sbagliando; dire che non sono affatto d’accordo con il messaggio di fondo, che ripudio il modo di pensare, ma consigliare di attenuarlo o modificarlo, non ci riuscirei. Forse è un mio limite, al quale rimedierò un giorno, con l’esperienza, why not? A sta botta credo di aver esagerato alla grande, per la lunghezza, per i riferimenti a sproposito, per l’incoerenza, per tutto insomma. Chiedo scusa a tutti, a Nikki, a Francesco, a tutti insomma, è che quando inizio a scrivere la mia mente se ne va dove gli pare, dimenticandosi temi, temini, messaggi e messaggini..I joke 🙂
Matteo,
macché… rilassati.
Non hai sbagliato affatto, né hai esagerato, almeno non nei miei confronti.
In realtà, mi trovi concorde con la totalità del tuo pensiero, ivi compreso il diritto di espressione (mio, tuo, di chiunque) e di percezione del testo – che ognuno percepisce, per l’appunto, in maniera personale, assolutamente soggettiva.
In questo senso intendo che il mio parere, in quanto tale, non abbia valenza: non avrei mai la pretesa che una mia opinione si arrogasse in qualche modo valore assoluto, ci mancherebbe altro ? (il mio unico intento, esprimere la mia personalissima opinione).
Per il resto, ragazzi, sempre che la vostra per la scrittura sia una passione vera e non una velleità temporanea, vi capiterà spesso che qualcuno vi suggerisca di ‘alleggerire qui, tagliare là’.
Qualità importantissima in una persona, ancor più in un’artista, ritengo sia l’umiltà: in questo senso, quando le critiche sono costruttive e poste in maniera educata (come nel mio caso), credo non vi sia niente di male nell’ascoltarle – per poi, magari, continuare a fare esattamente come vi/ci pare.
Del resto, sapete, non è che si possa piacere – in tutto e per tutto, in ogni caso – a tutti.
E allora, ragazzi, allegria, ‘chisseneimporta’ (così ho reagito io, quando è capitato a me ?).
Spero che Francesco, con cui mi scuso di nuovo per l’intrusione, reagisca alla stessa maniera.
Nikki
Wow..io ero rilassato Nikki..le mie scuse erano per il fatto che, come mi è capitato anche per un altro racconto, sono andato fuori tema rispetto all’argomento..sono andato oltre il tuo commento..tutte quelle considerazioni che ho fatto poco c’entravano col racconto..le scuse finali poi erano volutamente esagerate..cercavo di essere ironico,scherzavo..sui tagli sono d’accordo, non avrò la tua esperienza, ma è capitato che amici a cui faccio leggere regolarmente i miei racconti mi abbiano suggerito di ritoccare qualcosa..e ti garantisco che la mia reazione è stata identica alla tua..anzi, spesso ho seguito il loro consiglio..io volevo solo dire che sul tema scelto non si dovrebbe sindacare,per quanto brutti possano essere i tempi che viviamo..tutto qui..figurati se penso che un mio racconto o quello di qualcun altro debba piacere a chiunque..tutt’altro..la scelta è libera..e poi, come dici tu, su questo siamo d’accordo..certo che però leggere rilassati all’inizio del tuo commento ha fatt rid, come diciamo dalle mie parti..davvero, rilassati mi ha fatto proprio ridere 🙂 comunque, secondo me, Francesco, l’autore del racconto, si starà facendo delle grasse risate sul nostro confronto a tratti surreale 🙂 bye bye P.S. certo che il mio penultimo post è un intervento fiume..ci ho messo dentro Poe Sorrentino Dante e pure Miller!!?? Però bello “Commedia ai Tropici”, vero? 🙂
Ciao Francesco.
Ho riletto Cenerantola, con più calma e lucidità. Certo che c’entra con Cenerentola, sono tanti i riferimenti. Perché non li ho più visti ad un certo punto? Ho capito cosa mi è accaduto ieri: è stato come quando intavoli una discussione con un interlocutore con una sensibilità diversa dalla tua (che non significa io sensibile, lui no, solo che, per fortuna, siamo diversi). Sta esprimendo opinioni valide ma in un tono che non condividi. Mentre espone le sue idee, tu ti distrai e pensi tutto il tempo: “Ma c’è modo e modo di dire le cose…” alla fine lui ti chiede: “Hai capito?” E tu no, non hai capito. Io l’ho ammesso subito. Avevo capito quale era la denuncia e il monito… ovviamente. Non capivo perché non un uomo… sarebbe stato, secondo me, più Sexually Correct, da maschio a maschio, tutto qui. Cenerantolo avrebbe funzionato uguale, anche meglio, forse.
E il commento sulle tue preferenze, che certamente non c’entrano niente, era perché in una favola così alternativa e originale, avrei evitato alcuni cliché. Ma ho capito che gli stereotipi erano nella testa della protagonista e di altre come lei. Lamberta peraltro è un caso più unico che raro perché solitamente le brutte brutte brutte pensano ad altro. Sono un diverso genere di ragazze le aspiranti modelle. No?! Già per lo meno carine in partenza. Ma nella tua favola tu puoi dipingere la protagonista come piace a te, ci mancherebbe!
Ho certamente sbagliato a commentare d’impulso sapendo che avevo poco tempo e ero preda dell’emotività, soprattutto perché stavo infrangendo la regola che mi ero imposta di non commentare ciò che non capivo (d’ora in poi prometto che rileggo almeno una volta e faccio qualche respiro in più!). Ma in fondo volevo porre solo alcune domande. Spero di non essere stata offensiva.
Il linguaggio che non comprendo, e lo confermo, non è tanto il cinismo (dichiarato apertamente nel titolo azzeccato… sapevo cosa mi aspettava) ma il beffeggiare compiacendosene e soprattutto la spietata punizione (anche se ho ben capito che riferisci una terribile cronaca) E’ questo che mi ha lasciata perplessa, è tutto l’insieme un po’ troppo per me. Il cinismo associato alla favola è motivo di sorriso, bravissimo, e ti avrei volentieri applaudito anch’io, ma non tutti hanno le stesse reazioni leggendo di forte bruttezza, disordini alimentari e dipendenze. Avrei potuto tenermele per me, le mie reazioni, è vero, ma penso che si possa far tesoro anche di opinioni differenti.
Certo avrei dovuto aggiungere che sei proprio dotato di grandi capacità, complimenti. Questa omissione è grave. Dovevo dire tutta la verità. Così come è vero che sono contenta che sia piaciuto ad altri, una sana risata non si nega a nessuno e questa è una favola, solo una favola!
Spero di non aver urtato la tua suscettibilità e se così fosse ti chiedo scusa.
Ancora in bocca al lupo, Francesco.
Maschilismo e femminismo?
Qui nessuno ha parlato di questo.
Concediamoci tutti il gusto e la libertà di offrire i nostri pensieri e le nostre impressioni senza che nessuno azzardi a caratterizzarli oltremodo con etichette…e concediamoci lo spazio per accogliere ogni pensiero anche diverso se esposto con quella base di rispetto che tutti muove
Grazie
Serenità
Non aggiungerei altro….
Il Grazie è riferito a tutti i nostri pensieri …
Allora: qualcuno qui deve cambiare pusher. ( battuta:non si offendano ne’ i pucher ne’ i tossicodipendenti)’, o farmacia (battuta:non si offendano ne i farmacisti, ne i loro cienti).
A maria cristina: sono deformato come un attore.
Ahahahah…non mancherò!! ahahahahah
Francesco,
Grazie per la tolleranza.
Scrivi molto bene, questo va detto – l’ho fatto, credo, o sono talmente stonata da prendere fischi per fiaschette?…
Consiglio. tu fregatene (di noi, intendo, e delle nostre cappellate socio-culturali da solotto).
Noi cambieremo pusher 🙂
Promesso. Domani provvedo (io non mi offendo; spero che non offendano pusher e tossicodipendenti, farmacie e farmacisti).
Saluti,
Nikki
Avvincente e scritto davvero bene, molto bravo.
Certo Francesco… molto clamore, molto onore!!! Complimenti!
Rivoluzionare le fiabe è una tentazione inevitabile, più difficile è ironizzare elegantemente, ma a quanto pare questo talento t’appartiene, bravissimo legittimi e sdogani senza farti mancare la fantasia, che qui è ingrediente indispensabile, e poi, conquistata definitivamente dall’inserimento ormai inaspettato, di un animaletto che adoro, che presta sempre la propria immagine alle imprese metaforiche più vincenti, la scia bavosa e un pò ripugnante, ma indubbiamente traslucida, della lumaca, bravo M
grazie gente, vi bacio tutti!