Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Voce sola” di Mariella Robertazzi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Cosa starai facendo lassù?

Non ricordo più da quanto tempo il mio pensiero non ti abbandona.

Mi piacerebbe conoscere qualcosa di te: le fattezze del tuo volto, il tuo nome.

Questo perché, al di là del mio soffitto, su quello che è il tuo pavimento, so che ci sei, sento i rumori della tua presenza.

 

Presumo tu sia una donna.

Probabilmente una volta devo averti incrociata all’entrata dell’erboristeria qui sotto: non molto alta, esile, vestita sobriamente di nero, grossi occhiali da sole vintage. Oserei dire piuttosto bella, ma di una bellezza lontana, d’altri tempi.

Ovviamente non ho la certezza che quell’immagine fossi tu, troppa gente a calcare il marciapiede.

Soprattutto, quella donna non ha varcato il portone d’ingresso.

 

Credo che tu sia una donna, ma non perché abbia mai udito il timbro della tua voce.

Lo credo perché lo sento.

L’unica traccia che ho sono i tuoi passi. Devi essere una tipa metodica, abitudinaria: stessi orari, medesimo percorso, nessuna variazione, mai. Incredibile.

In realtà, non è poi così inconsueto, nemmeno a me piace improvvisare.

Io varco l’ingresso di casa, lascio le scarpe all’angolo destro della porta ed entro in camera. Raggiungo il centro della stanza tra il letto e la scrivania, mi svesto e mi “impigiamo”. Raccolgo i vestiti dalla sedia e li sistemo nell’ armadio.

 

Secondo me, è da tempo che vivi qui, probabilmente sei venuta in questa città a studiare o a lavorare o forse a fare entrambe le cose. Come me.

Devi avere degli amici e, sporadicamente, qualche amante, di questo posso essere certa.

Ogni tanto sento la voce di qualcuno coperta dalla buona musica che ascolti, andature di peso diverso si susseguono.

Anch’io ogni tanto ho qualcuno a farmi visita.

 

Non so se hai sempre vissuto in questa casa ma credo tu ci stia da un po’.

Telefoni spesso, specie di mattino. Hai bisogno di parlare.

Anch’io lo faccio: telefono ai miei, a mia nonna.

 

Sono attratta dal rumore dei tuoi silenzi, mi sforzo di immaginarmeli.

Mi stendo sul letto e ascolto, soprattutto di notte mentre leggo.

Anche tu dormi non molte ore.

 

Esci spesso, deve piacerti comprare: sento il rumore delle buste mentre sali le scale.

Anch’io compro molto: vestiti, accessori, libri. Quelli, in realtà, li ho anche rubati a volte.

Chissà se tu lo hai mai fatto.

 

Ho curiosità di sapere cosa fai nella vita. Ti immagino insoddisfatta del tuo presente; sono convinta, non ne so bene il motivo, che tu sia una scrittrice mancata, ma di quelle vecchio stampo che fermano parole su carta.

Anche a me sarebbe piaciuto diventarlo ma non l’ho fatto: ho seppellito tutto ciò che avrei amato fare.

 

Sono così curiosa di vederti. A volte, scendo le scale sperando di incontrarti oppure sulla strada di casa mi fermo all’improvviso e con il naso in aria guardo in alto, all’altezza del tuo piano.

Le imposte sono sempre aperte, si intravedono tende arancio.

Anche le mie sono di quel colore.

 

Mentre scrivo, sono preoccupata. Da almeno una settimana non mi fai più compagnia allo stesso modo. I rumori sono aumentati, forse non esci più di casa, magari ti sarai rinchiusa in camera.

Sono certa che anche tu viva una strana curiosità per me.

 

Riesco ad immaginare cosa stai facendo ora. Scrivi come me, seduta sul letto, con lo specchio di fronte. Anche tu mi stai ascoltando da mesi. Anche tu vivi nel mio pensiero, in attesa di qualcosa che ti dica che sei ancora in grado di vivere. Che non sei ancora morta in questo mondo di vita apparente.

 

Non esistiamo che noi due. Alzo lo sguardo allo specchio: i tuoi occhi mi guardano.

Sei tu, riflessa nello specchio.

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3 commenti »

  1. Ancora non sei morta in questo mondo di vita apparente. E’ così, spesso, siamo intrappolati in una solitudine frenetica, senza accorgerci che siamo moltitudini intrappolate e che, se solo aprissimo la finestra calando la maschera, quella solitudine sparirebbe.

  2. Una scrittura scorrevole, dentro me, mentre leggevo, cresceva la curiosità di capire come sarebbe andata a finire e…il finale non mi ha delusa affatto. Brava!

  3. Bello, elegante, dignitoso, capace e ripieno di malinconia, ma inoltre anche di forza e carattere e dunque di un suo seguito.
    Il silenzio si sente imponente, è il protagonista più concentrato all’opera ed è relegato ancora più in silenzio dall’invadente freno delle parole scandite piano, come suggerite dal gobbo di scena, una dopo l’altra, che cadono goccia a goccia, ma badando a non far alcun rumore, per non rompere l’ordine e la ritualità che è diventata abitudine e compagnia , sul palcoscenico, immaginario.
    E poi un volto riflesso sullo specchio, a rompere con gli occhi fissi sui suoi occhi, una dualità che deve ricomporsi e rianimare, spezzando la parzialità di una voce sola, e andando incontro al resto.

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