Premio Racconti nella Rete 2013 “Rerum Vulgarium Fragmenta” di Eleonora Sartini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Piove. E’ una giornata uggiosa. Questa mattina sono proprio sfiancata.La corsa alle prime luci dell’alba sotto i colpi di una pioggia sferzante per recarmi a prendere il treno mi irrita incredibilmente; prevedo che sarà una triste giornata universitaria scandita dal frenetico ritmo spasmodicamente esasperato dalla mia incessante lotta contro il tempo. Perché non sono rimasta a letto? I vagoni pullulanti di un esercito di studenti e lavoratori traboccano di tedio ed insofferenza.Stringiamoci in una leopardiana <<social catena>>, ciascuno serrato nella sua monade di nervosismi e malumori, per fronteggiare impavidi i colpi della sorte.Ma dietro la collina c’è il sole. Un sole pallido, fioco, timido, tremulo, fa capolino tra le nubi cinerine. Scorgo alla mia destra due occhi smeraldini che, immersi nell’immensità del flusso dei pensieri, squarciano il grigiore del cielo. Lineamenti di una perfezione eterea, di una grazia anacronisticamente stilnovistica, che mi irretiscono nelle malie della loro contemplazione. Il suo tamburellare convulso delle dita sulle gambe tradisce un’irrequietudine celata da quel simulacro di stoica, sibillina, algida imperturbabilità.Mi incuriosisco. I suoi vestiti, apparentemente scelti con negligenza, lasciano invece trapelare un oculato perfetto abbinamento. Chissà quali cosmici segreti stipati, ammassati, soffocano, collassano in quella borsa. Sguazzando in un cupo senso di inquietudine, mi eclisso nell’allettante incanto di queste forme paradisiache. La straniante aurea di perfezione in cui mi còccolo è bruscamente intaccata dal fragore della pioggia che si frange suicida sui vetri. Giunta a destinazione, abbandono svogliata il treno, nido materno che ogni mattina mi accoglie nell’afrore e nella marcescenza dei suoi vagoni.Ciascuno si affretta lungo la via della propria affannosa operosità, sotto i colpi di questa pioggia che scandisce frenetica il ritmo del cuore. Chissà se avrò ancora il piacere di godere della sua nobile presenza!Mi avvio svogliata verso la facoltà, con il consueto nervoso passo, stamani accelerato dai morsi del vento che, dispettoso, mi scompone la capigliatura… Chissà se lo incontrerò di nuovo!Visibilmente turbata da questo incontro, paralizzata nei muscoli facciali, scolpiti in un sorriso arcaico di profonda incondizionata ammirazione, mi presento a lezione.La giornata, oziosa, muore sotto il segno dell’inconcludenza. Domani studio, davvero. Trascorrono i giorni e posso miseramente constatare di combinare nulla di produttivo. Mi sto adagiando nello sterile torpore autunnale. Spendo giornate altalenandomi in dolci vagheggiamenti che si perdono nei sentieri dell’anima mia. Ecco che sale ad una stazione quel misterioso ragazzo che ho incontrato qualche giorno fa. Circonfuso della luce di questo sole che si affaccia timidamente alle colline,si siede proprio davanti a me. Turbata da questa vicinanza, tento invano di evitare il suo sguardo che, però, fatalmente incrocio. Magnetico, ipnotico: ne resto folgorata.Mi rivolge la parola: la mia consueta facondia è profondamente lesa dalla sua straordinaria bellezza. Intavolando una generica conversazione di conoscenza, mi sorprendo del suo curioso modo di contraffare le parole, come se volesse tutelare la sua preziosa interiorità, celata dietro un simulacro di diffidenza. Ermetico, sibillino, poliedrico.Sono piacevolmente stupita dalle tante questioni che ci trovano di comune accordo: chissà perché non lo avrei mai creduto. All’improvviso ecco che interrompe bruscamente il discorso, si alza e fugge. Certamente devo avere sbagliato in qualche mossa! Maledizione, com’ è possibile che riesca sempre a rovinare tutto? Mi alzo anche io e vado di vagone in vagone in cerca di sue tracce. Sparito.Anzi, direi proprio smaterializzato. Allibita, scendo dal treno alla solita stazione e mi accingo a marciare per le solite vie, alienata nel turbinio di persone che si affrettano in un affaccendamento operoso. Nonostante sia in siderale ritardo, mi concedo il consueto caffè al solito bar per dimenticare, per poi ripartire in una corsa verso l’infinito. Tra il preconscio ed il dormiveglia, dopo il caffè, esco dal bar e rischio l’infarto. Ancora lui! Mi si materializza davanti agli occhi. Sono impazzita. :<<E’ una visione, è una visione!>> inizio a gridare invasata per la solita via il cui nome è meglio tacere. I passanti hanno curiose reazioni antitetiche: chi neanche si accorge della mia presenza, sigillato nel proprio particolarismo, chi mi offre aiuto. In questo frangente Lui è già sparito. Allora inizio seriamente a dubitare della mia igiene mentale. Al solito posto mi incontro con un’amica e le racconto quanto mi è accaduto.Ella ride fragorosamente, non curandosi affatto della mia delirante esperienza. Ricordandomi l’eccessivo ritardo, mi propone una passeggiata per il centro, con una sosta al mercato. Accetto volentieri, sperando di assistere ad un’altra apparizione, così da renderla parte del mio sogno ad occhi aperti. E’ passato un anno, scivolando tacitamente su quei viaggi in treno, su quelle giornate universitarie nella frenesia dello studio e nello sconforto di quella strenua lotta contro il tempo, su quella pienezza della vita che si scopre nell’assaporare la bellezza delle inezie. Gli esami sono alle porte, le lezioni sono finite, l’estate incede a marce serrate. E’ l’ultima volta che compio questa stra-maledetta tratta in treno. I miei pensieri, cullati dalla lentezza dello spostamento, si posano soavi sulle solite colline, abbacinate da questo rovente sole di fine maggio. Mi ricordo di quella mattina di novembre, quando, proprio nella contemplazione di questo ameno paesaggio, ebbi quella epifania di quel ragazzo. Gli scherzi nefasti del troppo studio! Ancora non riesco a capacitarmi di quella paradisiaca avventura. In quel periodo stavo preparando l’esame di Letteratura Italiana ed ero in estasi per lo studio di Petrarca, tanto che ne ebbi una grave somatizzazione, che si manifestò in uno straniante sogno ad occhi aperti. Disgraziata! Ricordo che mi parve di vedersi materializzare quel ragazzo anche altre volte. Un amore celeste! Dovrei seriamente interrompere gli studi allora, se questi sono gli effetti. Nonna me lo diceva sempre che troppo studio fa male!Sono arrivata all’ultima stazione, devo scendere. Mamma è venuta a prendermi, mi sta aspettando. E’ svanito il sogno di un anno. Oh, no, oh no! Questo è troppo! Eccolo, di nuovo! Stento a crederci. Com’è possibile che sia qui, Lui, di nuovo?Ma da dove è comparso? Perché? Era forse sul treno con me? Allora sono pazza. Questo è troppo, davvero.
Omnia vincit amor, et nos cedamus amori.