Racconti nella Rete 2009 “Senza parole” di Mario Serra
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Ero molto piccolo, ricordo, molto piccolo, ma non così piccolo da non ricordare, piccolo per il mondo dei grandi, voglio dire, ma non per la vita.
Ero vivo, piccolo e vivo e in questo mondo.
Vivevamo in un piccolo paese di provincia, un po’ ai margini, in verità, non proprio dentro il piccolo paese, un po’ fuori.
Il fatto è che i miei, all’epoca, gestivano una piccola pompa di benzina, non una grande stazione di servizio, come se ne vedono al giorno d’oggi, solo una piccola pompa di benzina.
Il paese era quello che era, non c’era gran movimento, era solo un piccolo paese di provincia, dove accadevano solo piccole cose.
Un giorno si fermò nel paese, ma non proprio dentro, un po’ fuori, in un piccolo spazio appena fuori dalle case, un piccolo circo che girava la regione.
L’arrivo del piccolo circo era, per noi, un grande avvenimento.
Tutti, in paese, andarono a vedere gli spettacoli del piccolo circo, c’erano acrobati, pagliacci, una contorsionista che si piegava in tutti i modi, e poi c’erano gli animali, c’erano leoni ed elefanti, c’erano cavalli che ballavano e colombe che obbedivano, c’era pure una coppia di tigri.
Il fatto è che, dopo tre giorni di spettacoli, il piccolo circo doveva andare via, ormai tutti avevano visto gli spettacoli, nel nostro piccolo paese, nessuno andava più al circo, e così dovevano andare via.
Non avevano guadagnato molto, ma dovevano andare via perché di più non avrebbero potuto guadagnare, e così smontarono il circo e si prepararono ad andare via.
Fu allora che il proprietario del piccolo circo andò a parlare con mio padre.
Loro dovevano andare via, ma non avevano tanti soldi, e il proprietario andò a parlare con mio padre.
Non so cosa si dissero, ero troppo piccolo per capire le loro parole, non avevo ancora le parole nella mia piccola testa, avevo solo la vita, ma non ancora le parole.
Il fatto è che, quando il piccolo circo andò via, mio padre aveva meno benzina nella nostra pompa, ma nello spiazzo accanto alla pompa, dentro un grande ed alto recinto, aveva due tigri.
L’idea era, ma questo lo seppi molto tempo dopo, quando nella mia testa c’era spazio anche per le parole, che le tigri avrebbero attirato i curiosi e mio padre avrebbe venduto più benzina, molta più benzina di quanta ne avesse data al proprietario del circo in cambio della coppia di tigri, ma le cose non andarono esattamente come mio padre aveva pensato.
Il nostro continuava ad essere un piccolo paese di provincia, e la nostra una piccola pompa di benzina, e sia in paese che alla nostra pompa accadevano solo piccole cose.
Dopo qualche tempo che il circo era andato via mia madre chiamò mio padre, lo condusse accanto al recinto delle tigri.
Non disse neanche una parola, semplicemente lo chiamò e lo condusse accanto al recinto.
Le due tigri erano diventate tre.
All’inizio mio padre e mia madre non erano molto contenti, pensavano che avrebbero dovuto spendere più soldi, con tre tigri invece che con due.
La notizia si sparse per il nostro piccolo paese, e tutti si fermavano alla nostra piccola pompa di benzina per vedere la piccola tigre, e anche dai paesi vicini venivano alla nostra piccola pompa per vedere la piccola tigre, e per un po’ mio padre e mia madre furono contenti di avere una piccola tigre nella nostra piccola pompa di benzina, tutti venivano a vedere la piccola tigre e la piccola pompa di benzina non stava mai ferma, versava sempre benzina nelle macchine di tutti quelli che venivano a vedere la piccola tigre.
Dopo un po’, come sempre accade nella vita, ma questo lo seppi molto tempo dopo, quando nella mia testa c’era spazio anche per le parole e per gli accadimenti della vita, la gente si stancò di vedere la piccola tigre, e smise di venire alla nostra piccola pompa di benzina.
Io continuavo ad essere piccolo, piccolo e vivo, piccolo e non ancora con le parole nella testa, solo piccolo e vivo e in questo mondo, vivo e curioso.
Solo un piccolo bambino vivo e curioso e senza le parole nella testa.
Non avevo molto a che fare con i grandi, mi sentivo solo, ma ero piccolo e non avevo le parole nella testa per dire ai grandi che mi sentivo solo.
Ero piccolo e facevo piccole cose, piccoli passi, piccoli gesti, piccoli suoni, non le parole, non avevo ancora le parole nella testa, solo piccoli suoni.
Anche la piccola tigre faceva piccoli suoni, non le parole delle tigri, solo piccoli suoni da piccola tigre.
Una mattina che c’era un po’ più movimento del solito, nella nostra piccola pompa di benzina, perché era mattina di mercato e tutti si muovevano e anche dai paesi vicini venivano al nostro piccolo mercato, io mi sentivo un po’ più solo perché nessuno badava a me.
Ero piccolo e vivo e mi sentivo solo e non avevo ancora le parole nella testa per dire ai grandi che mi sentivo solo, mi annoiavo.
Andai vicino al recinto delle tigri, feci piccoli suoni, non le parole, solo piccoli suoni, anche la piccola tigre fece piccoli suoni, non le parole delle tigri, solo piccoli suoni da piccola tigre.
Io ero piccolo e nel recinto c’era un piccolo buco.
Piccolo per i grandi, ma non per me che ero piccolo e mi annoiavo e non avevo ancora le parole nella testa per dire ai grandi che mi annoiavo.
Entrai nel piccolo buco e feci i miei piccoli suoni, anche la piccola tigre fece i suoi piccoli suoni, e forse anche lei si annoiava e si sentiva sola, eravamo piccoli e facevamo piccoli suoni.
Eravamo solo due piccoli, solo due piccoli e vivi e in questo mondo.
Chissà? Forse quando si è piccoli, e non si hanno ancora le parole nella testa, tutti i piccoli suoni sono uguali, sono uguali per tutti i piccoli esseri, voglio dire, e io ero piccolo e facevo piccoli suoni, e la piccola tigre era piccola e faceva piccoli suoni, e non c’erano ancora le parole nelle nostre piccole teste, solo piccoli suoni di piccoli esseri vivi e in questo mondo.
Ci dicevamo piccole cose, cose da piccoli, ma io non mi sentivo più solo, e forse anche la piccola tigre non si sentiva più sola.
I grandi non badavano a noi, né i miei genitori né i suoi, così passai la mattina della giornata di mercato.
Durante tutta la settimana, ogni volta che mi sentivo solo, andavo dalla piccola tigre e facevamo i nostri piccoli suoni, ci dicevamo piccole cose e non ci sentivamo più soli.
Ora accadde che un giorno, proprio mentre io e la piccola tigre ci scambiavamo i nostri piccoli suoni, un commesso viaggiatore si fermò nella nostra piccola pompa di benzina.
Forse aveva viaggiato molto e così, mentre mio padre riempiva il serbatoio e mia madre puliva i vetri, il viaggiatore scese dalla macchina per sgranchirsi le gambe, si stiracchiò e venne vicino al recinto incuriosito dalle tigri.
Inizialmente guardò nel recinto con aria distratta, ma ad un tratto mi vide.
Non vide me, voglio dire, non vide due piccoli esseri vivi che si scambiavano piccoli suoni, non vide due piccoli che non avevano ancora le parole nella testa, non vide la nostra uguaglianza, la nostra equivalenza, la nostra parità.
No, non vide me e non vide la piccola tigre, vivi e in questo mondo.
Vide un bambino dentro un recinto di tigri, e lui era grande e aveva le parole nella testa, e si voltò, e si mise ad urlare verso mia madre, verso mio padre, urlando tante parole che dalla testa dove erano gli uscivano dalla bocca, e mia madre andò verso di lui, anche mio padre andò verso di lui, e anche alcune altre persone che erano arrivate alla piccola pompa di benzina andarono verso di lui che con la bocca faceva uscire le parole dalla testa.
Io non avevo ancora le parole nella testa, ma avevo gli occhi, ero piccolo ed ero vivo e in questo mondo, e avevo gli occhi e vedevo un movimento nuovo, un nuovo agitarsi che non avevo mai visto nella nostra piccola pompa di benzina, e vedere questo mi strappò alla noia e così, incuriosito, uscii dal piccolo buco nel recinto.
Tutti mi corsero incontro, mia madre mi prese in braccio e mi strinse forte a se.
Per quel giorno non rimasi più da solo, tutti prendevano le parole dalle loro teste e , tramite la bocca, le facevano uscire verso me.
L’indomani mio padre chiuse il piccolo buco nel recinto, non potei più andare a scambiare piccoli suoni con la piccola tigre.
L’accaduto naturalmente fece il giro del nostro piccolo paese, e dei paesi vicini, e tutti venivano a vedere il piccolo bambino che era entrato nel recinto delle tigri, e mio padre era contento perché la piccola pompa di benzina non si fermava mai, vennero anche dei giornalisti, che fecero delle foto e misero le parole che avevano nella testa sui fogli di carta dei giornali.
Poi anche questo finì, venne un altro piccolo circo nel nostro piccolo paese, mio padre andò a parlare col proprietario che accettò di comprare le nostre tre tigri per una bella somma.
Finché era durato, fra alti e bassi, la vicenda delle tigri aveva funzionato, anche se non esattamente come mio padre aveva pensato, e con i soldi guadagnati in più, quelli che i giornalisti pagarono per le foto delle tigri e di me e di me con la piccola tigre, quelli della vendita, infine, delle tre tigri, i miei genitori costruirono una piccola trattoria dove un tempo era stato il recinto delle tigri.
Nel frattempo, non so se perché crescevo e nella mia piccola testa iniziava ad esserci posto anche per le parole, o se perché, rimasto solo, senza la piccola tigre con cui parlare, mi annoiavo, le parole entrarono in me.
Adesso la trattoria è diventata un bel ristorante, si chiama le tre tigri, a volte chi si ferma pensa che le tre tigri siamo noi: io mia madre e mio padre, ma ormai ci sono le parole nella mia testa e, a chi chiede il perché di quel nome, viene raccontata questa storia.
Ma io ricordo con nostalgia il tempo in cui non c’erano ancora le parole nella mia testa e parlavo con le tigri.