Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “La donna del tramonto” di Bruna Lunari

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

 

Nella grande casa silenziosa c’è una donna seduta sulla sedia davanti al tramonto.

Lei che ha sempre avuto paura  di stare da sola, degli ambienti vuoti, del chiaroscuro, ha espresso il desiderio di non avere nessuno accanto .

Dopo  una succulenta cena , gli invitati se ne sono andati, ma prima di varcare la soglia  le hanno domandato  per l’ennesima volta, con una sincera preoccupazione nel tono di voce, se era proprio intenzionata  a volere rimanere  in quella grande casa senza alcuno che si prenda cura della sua persona. Prontamente ha risposto di si. Quella grande villa  lei la conosce  nei minimi particolari e la può gestire liberamente  senza avere niente di cui preoccuparsi. Il tono di voce degli ospiti si è stemperato nel frastuono di camminate che si dileguano, di un cancello che si chiude, di macchine che si allontanano. Lentamente quel frastuono è diventato muto.

Dopo tanta confusione, tanto frastuono, ora è sola e pensa. Nella tranquillità  di quella serata d’inzio estate pensa alla vitalità della sua adolescenza ormai passata.  Pensa alla sua giovane età che sta precipitando nel pozzo triste e vuoto, che deve resistergli  non con il corpo a metà, ma con i pensieri  sani della mente, approffittando di ogni solido valore per non caderci dentro.

Dalle finestre aperte entrano le luci di un tramonto irraggiungibile. Allunga  una mano  e cerca  di afferrare i colori cangianti che stanno sul un mobile  di fronte a lei. La sensazione  cambia per il suo corpo, che oramai è diventato un corpo a metà. Torna  ad afferrare i colori cangianti. Il tramonto scompare, al desiderio del suo camminare senza speranza, come una sirena.La donna seduta  sulla sedia pensa ancora a quello che l’aspetta. Si dovrà abituare ai colori senza colore,  ai loro segni senza segno, quando saranno tutti risucchiati da una insignificante matita bianca. La donna seduta  sulla sedia è praticamente paraplegica. C’è stato un tempo  in cui non era così. C’è stato un tempo in cui viveva  della fisicità e della sua  materia e della sua sostanza. Un tempo in cui le sue gambe sostenevano un corpo che era lì  e con un passo di danza  ci poteva trasportare la sua mente, mentre l’armonia sembrava  fatta della fisicità stessa , una fisicità che nemmeno  la ola poteva coprire..

E’ stato così corto, il suo ballo. Dal sorgere  della sua unica emozione alla timorosa svestizione della stoffa allo splendore meraviglioso del mondo alla sua prova, è stato un istante.Sicuramente, ci sono stati attimi così colmi di soddosfazioni da essere sufficienti per un’esistenza completa, attimi che altre persone non avrebbero mai vissuto, neppure in mille anni di esistenza.

Ma il tempo, il tempo impostore che pilota le persone come robot e pilota  i mesi come secondi, era decollato su di lei e le aveva levato all’improvviso con il palmo di mano quello che aveva dato a iosa  con l’altro palmo di mano. Inscindibili calche in rapita adorazione della sua eleganza, del portamento sciolto  dei suoi movimenti, dei vocaboli muti di ogni sua azione, quando sembrava che tutto il suo corpo fosse stato preso dall’armonia stessa , tanto era parte della musica dentro in cui si sentiva. Aveva ancora addosso, nelle gambe oramai paralizzate, i ricordi.

Erano una fisicità così vigorosa da poter quasi sostituire gli arti  che aveva perso. Erano la Valentina Marchei, la Anna Cappellini, la Fiona Zaldua, la Jenni Meno, la Emmanuell Balmori un elenco ricco di pattinatrici esperte  con la danza su ghiaccio e chine  sulla ola dentro i galà per ognuno dei loro  trionfi. Galà di pattinaggio sul ghiaccio che non si sarebbero  mai più spalancati. Ciao,divina del pattinaggio. La donna mette le mani sulle ruote della carrozzina. Le sue mani sono le sue gambe , adesso. Il cuscino antidecubito della carrozzina, la coperta calda di paill sulle gambe paralizzate,il cotone fresco della maglietta sul petto, seguendo la linea  ben delineata del seno. L’aspetto vellutato del  viso curato da lei stessa, fino  a trovare la striatura  trasparente della lacrima che adesso lo sta segnando. La donna ha domandato, ed è riuscita ad ottenere di non avere nessuno accanto, lei che ha sempre avuto paura di stare da sola, degli ambienti vuoti, del chiaroscuro.

D’improvviso sente che quell’isolamento si è rotto, che non c’è solamente lei dentro la casa. Non è un frastuono, non è una ventata di aria fresca o una camminata.E’ un qualcosa che sente, con una sensazione che non sa controllare, come un vile impulso da strisciante.Un palmo di mano ha dato, l’altro palmo di mano ha tolto. Ora può vedere molto più colore. Quel qualcosa  diventa una camminata sciolta e snodata, quasi senza frastuono.  Una ventata di aria fresca e pura. Qualcuno sta salendo le scale e si avvicina sempre di più. Quella camminata così sicura  ora si è bloccata a pochi passi da lei. Domina l’impulso di girare la carrozzina e reagire,perchè sarebbe vano. Sente la profusione, quella di una scorza con una soave fragranza unita ad un soave profumo francese . Capisce l’ìdentità del profumo , ma non quella umana. ” Parfum Jean- Paul Gualtier” di Jean-Paul  Gualtier.Un’acqua di colonia che sa di dolce e di amaro. Lo ha regalato a Matilda, tempo fa, comprandolo a Livigno, nel mini- marchet vicino alla pista di pattinaggio, proprio  la sera dopo l’incredibile galà di pattinaggio sul ghiaccio.

Quando ancora… La camminata  ricomincia. Il nuovo inquilino arriva dietro la sua carrozzina che sta di fronte alla finestra. Scorge la sagoma del suo corpo mentre viene a  stare alle sue spalle.La donna seduta  sulla carrozzina non è stupita. Non ha timore. Ha solo il desiderio di sapere.”Come ti chiami?”C’e una pausa di oblio, poi l’inquilino in piedi da una risposta secca  alla donna seduta  con un tono di voce esile e sottile.”Cambia qualcosa?” “Per me si, cambia molto” “La mia identità non ti direbbe niente. La cosa importante non è sapere come mi chiamo, la cosa  importante è sapere cosa sono e perchè sono qua”.”Questo lo suppongo. Ho intuito di te.Ti attendevo, forse .

Anzi dentro di me ero convita del tuo arrivo” La donna seduta mette le mani  sulle ruote della carrozzina. Avrebbe voglia di metterle  anche sulle gambe  del nuovo inquilino, perchè le mani  sono le sue gambe, adesso.. Lo stesso tono di voce esile, così fitto di sottigliezze, le risponde alla luce del tramonto.” Ora, sono qui”.”Suppongo che non c’è niente che io possa dire o possa fare.” ” No, non c’è niente” ” E’ la fine, allora. In un certo senso , forse è meglio così. Sicuramente io non avrei avuto il coraggio, sono una vigliacca.” “Vuoi che ti faccia ascoltare una canzone?” “Non so, forse. Si , va bene.voglio ascoltare una canzone.” Sente un carosello di esili elastici frastuoni, il brusio della radio che va e che viene, messo più in risalto dai colori del tramonto e dalla tranquillità che regna in casa.

Il nuovo inquilino sta maneggiando con le stazioni della radio da tavolo. Non ha chiuso la finestra. Deve avere l’udito di un camoscio se non ha bisogno di chiudere la finestra per ascoltare a fondo i suoni  che vengono trasmessi dalle onde radio.Un attimo dopo, la musica di una canzone si diffonde armoniosa nella casa. La donna seduta non conosce il nome della cantante ma la musica di quella canzone misteriosamente le ricorda fin dalle prime note l’armonia gioiosa della colonna sonora di Titanic, il film che ha ottenuto piu Oscar del secolo scorso. Ha volteggiato quella melodia al Gran Galà di Montecarlo, al culmine del suo successo,in un duetto con il primo pattinatore di cui non ricorda il nome,solo i movimenti straordinariamente ritmici del suo corpo. La donna seduta volge l’orecchio nella direzione da cui viene la voce della cantante , che è la stessa di quella del nuovo inquilino.” Come si chiama?” ” E’  Celine Dion .Una bravissima cantante.”Lo sento.

Per te che cosa significa?” “E’ ciò che resta del mio passato. Da adesso in poi resterà anche il tuo.” Una breve pausa salda.La donna sulla carrozzina ha per un istante l’impressione che il nuovo inquilino abbia lasciato la casa.. Ma quando gli parla la sua voce esile e sottile arriva subito dal chiaroscuro dietro di lei. ” Ti posso domandare una cortesia?”” Se ti posso accontentare, va bene.” Ti posso abbracciare?” Un leggero passo felpato. Il nuovo inquilino si è abbassato verso lo schienale  della carrozzina .La donna  seduta sente i filiforme dei suoi capelli, capelli che sanno di femmina. Forse una femmina che in un’altra epoca  e in un’altra situazione avrebbe cercato di farsi amica. Allunga le braccia, le plana tra quella nuvola , la circonda  con le dita delle mani fino trovare il viso. Insegue la forma del collo, con le mani tasta il solco e le mammelle. Le braccia sono la sua forza , adesso, e danzano per lei. La donna in carrozzina non ha timore. Aveva solo il desiderio di sapere , ora è solo stupita .

“Allora sei proprio tu , ” le bisbiglia all’orecchio. ” Si” le risponde la femmina sinceramente, spostandosi un poco più dietro la carrozzina.” Mi dici perchè lo fai?” ” Lo faccio perchè devo farlo.” La donna in carrozzina è soddisfatta di questa risposta. Pure lei tempo fa ha fatto quello che il suo cuore le diceva di fare. Ha solamente una cosa da chiedere alla femmina. Alla fine è solo una donna. Una donna non timorosa da quello che sta per succedere,  ma solo dal male .” Patirò?” “No, non patirai.” Non vede il palmo della mano chiudersi, mentre il pugno stringe lo stiletto. La risposta della femmina si amalgama con la vibrazione metallica della lama , che al tramonto, le trafigge il  cuore.

 

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