Racconti nella Rete 2009 “La donna del tramonto” di Bruna Lunari
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009
Nella grande casa silenziosa c’è una donna seduta sulla sedia davanti al tramonto.
Lei che ha sempre avuto paura di stare da sola, degli ambienti vuoti, del chiaroscuro, ha espresso il desiderio di non avere nessuno accanto .
Dopo una succulenta cena , gli invitati se ne sono andati, ma prima di varcare la soglia le hanno domandato per l’ennesima volta, con una sincera preoccupazione nel tono di voce, se era proprio intenzionata a volere rimanere in quella grande casa senza alcuno che si prenda cura della sua persona. Prontamente ha risposto di si. Quella grande villa lei la conosce nei minimi particolari e la può gestire liberamente senza avere niente di cui preoccuparsi. Il tono di voce degli ospiti si è stemperato nel frastuono di camminate che si dileguano, di un cancello che si chiude, di macchine che si allontanano. Lentamente quel frastuono è diventato muto.
Dopo tanta confusione, tanto frastuono, ora è sola e pensa. Nella tranquillità di quella serata d’inzio estate pensa alla vitalità della sua adolescenza ormai passata. Pensa alla sua giovane età che sta precipitando nel pozzo triste e vuoto, che deve resistergli non con il corpo a metà, ma con i pensieri sani della mente, approffittando di ogni solido valore per non caderci dentro.
Dalle finestre aperte entrano le luci di un tramonto irraggiungibile. Allunga una mano e cerca di afferrare i colori cangianti che stanno sul un mobile di fronte a lei. La sensazione cambia per il suo corpo, che oramai è diventato un corpo a metà. Torna ad afferrare i colori cangianti. Il tramonto scompare, al desiderio del suo camminare senza speranza, come una sirena.La donna seduta sulla sedia pensa ancora a quello che l’aspetta. Si dovrà abituare ai colori senza colore, ai loro segni senza segno, quando saranno tutti risucchiati da una insignificante matita bianca. La donna seduta sulla sedia è praticamente paraplegica. C’è stato un tempo in cui non era così. C’è stato un tempo in cui viveva della fisicità e della sua materia e della sua sostanza. Un tempo in cui le sue gambe sostenevano un corpo che era lì e con un passo di danza ci poteva trasportare la sua mente, mentre l’armonia sembrava fatta della fisicità stessa , una fisicità che nemmeno la ola poteva coprire..
E’ stato così corto, il suo ballo. Dal sorgere della sua unica emozione alla timorosa svestizione della stoffa allo splendore meraviglioso del mondo alla sua prova, è stato un istante.Sicuramente, ci sono stati attimi così colmi di soddosfazioni da essere sufficienti per un’esistenza completa, attimi che altre persone non avrebbero mai vissuto, neppure in mille anni di esistenza.
Ma il tempo, il tempo impostore che pilota le persone come robot e pilota i mesi come secondi, era decollato su di lei e le aveva levato all’improvviso con il palmo di mano quello che aveva dato a iosa con l’altro palmo di mano. Inscindibili calche in rapita adorazione della sua eleganza, del portamento sciolto dei suoi movimenti, dei vocaboli muti di ogni sua azione, quando sembrava che tutto il suo corpo fosse stato preso dall’armonia stessa , tanto era parte della musica dentro in cui si sentiva. Aveva ancora addosso, nelle gambe oramai paralizzate, i ricordi.
Erano una fisicità così vigorosa da poter quasi sostituire gli arti che aveva perso. Erano la Valentina Marchei, la Anna Cappellini, la Fiona Zaldua, la Jenni Meno, la Emmanuell Balmori un elenco ricco di pattinatrici esperte con la danza su ghiaccio e chine sulla ola dentro i galà per ognuno dei loro trionfi. Galà di pattinaggio sul ghiaccio che non si sarebbero mai più spalancati. Ciao,divina del pattinaggio. La donna mette le mani sulle ruote della carrozzina. Le sue mani sono le sue gambe , adesso. Il cuscino antidecubito della carrozzina, la coperta calda di paill sulle gambe paralizzate,il cotone fresco della maglietta sul petto, seguendo la linea ben delineata del seno. L’aspetto vellutato del viso curato da lei stessa, fino a trovare la striatura trasparente della lacrima che adesso lo sta segnando. La donna ha domandato, ed è riuscita ad ottenere di non avere nessuno accanto, lei che ha sempre avuto paura di stare da sola, degli ambienti vuoti, del chiaroscuro.
D’improvviso sente che quell’isolamento si è rotto, che non c’è solamente lei dentro la casa. Non è un frastuono, non è una ventata di aria fresca o una camminata.E’ un qualcosa che sente, con una sensazione che non sa controllare, come un vile impulso da strisciante.Un palmo di mano ha dato, l’altro palmo di mano ha tolto. Ora può vedere molto più colore. Quel qualcosa diventa una camminata sciolta e snodata, quasi senza frastuono. Una ventata di aria fresca e pura. Qualcuno sta salendo le scale e si avvicina sempre di più. Quella camminata così sicura ora si è bloccata a pochi passi da lei. Domina l’impulso di girare la carrozzina e reagire,perchè sarebbe vano. Sente la profusione, quella di una scorza con una soave fragranza unita ad un soave profumo francese . Capisce l’ìdentità del profumo , ma non quella umana. ” Parfum Jean- Paul Gualtier” di Jean-Paul Gualtier.Un’acqua di colonia che sa di dolce e di amaro. Lo ha regalato a Matilda, tempo fa, comprandolo a Livigno, nel mini- marchet vicino alla pista di pattinaggio, proprio la sera dopo l’incredibile galà di pattinaggio sul ghiaccio.
Quando ancora… La camminata ricomincia. Il nuovo inquilino arriva dietro la sua carrozzina che sta di fronte alla finestra. Scorge la sagoma del suo corpo mentre viene a stare alle sue spalle.La donna seduta sulla carrozzina non è stupita. Non ha timore. Ha solo il desiderio di sapere.”Come ti chiami?”C’e una pausa di oblio, poi l’inquilino in piedi da una risposta secca alla donna seduta con un tono di voce esile e sottile.”Cambia qualcosa?” “Per me si, cambia molto” “La mia identità non ti direbbe niente. La cosa importante non è sapere come mi chiamo, la cosa importante è sapere cosa sono e perchè sono qua”.”Questo lo suppongo. Ho intuito di te.Ti attendevo, forse .
Anzi dentro di me ero convita del tuo arrivo” La donna seduta mette le mani sulle ruote della carrozzina. Avrebbe voglia di metterle anche sulle gambe del nuovo inquilino, perchè le mani sono le sue gambe, adesso.. Lo stesso tono di voce esile, così fitto di sottigliezze, le risponde alla luce del tramonto.” Ora, sono qui”.”Suppongo che non c’è niente che io possa dire o possa fare.” ” No, non c’è niente” ” E’ la fine, allora. In un certo senso , forse è meglio così. Sicuramente io non avrei avuto il coraggio, sono una vigliacca.” “Vuoi che ti faccia ascoltare una canzone?” “Non so, forse. Si , va bene.voglio ascoltare una canzone.” Sente un carosello di esili elastici frastuoni, il brusio della radio che va e che viene, messo più in risalto dai colori del tramonto e dalla tranquillità che regna in casa.
Il nuovo inquilino sta maneggiando con le stazioni della radio da tavolo. Non ha chiuso la finestra. Deve avere l’udito di un camoscio se non ha bisogno di chiudere la finestra per ascoltare a fondo i suoni che vengono trasmessi dalle onde radio.Un attimo dopo, la musica di una canzone si diffonde armoniosa nella casa. La donna seduta non conosce il nome della cantante ma la musica di quella canzone misteriosamente le ricorda fin dalle prime note l’armonia gioiosa della colonna sonora di Titanic, il film che ha ottenuto piu Oscar del secolo scorso. Ha volteggiato quella melodia al Gran Galà di Montecarlo, al culmine del suo successo,in un duetto con il primo pattinatore di cui non ricorda il nome,solo i movimenti straordinariamente ritmici del suo corpo. La donna seduta volge l’orecchio nella direzione da cui viene la voce della cantante , che è la stessa di quella del nuovo inquilino.” Come si chiama?” ” E’ Celine Dion .Una bravissima cantante.”Lo sento.
Per te che cosa significa?” “E’ ciò che resta del mio passato. Da adesso in poi resterà anche il tuo.” Una breve pausa salda.La donna sulla carrozzina ha per un istante l’impressione che il nuovo inquilino abbia lasciato la casa.. Ma quando gli parla la sua voce esile e sottile arriva subito dal chiaroscuro dietro di lei. ” Ti posso domandare una cortesia?”” Se ti posso accontentare, va bene.” Ti posso abbracciare?” Un leggero passo felpato. Il nuovo inquilino si è abbassato verso lo schienale della carrozzina .La donna seduta sente i filiforme dei suoi capelli, capelli che sanno di femmina. Forse una femmina che in un’altra epoca e in un’altra situazione avrebbe cercato di farsi amica. Allunga le braccia, le plana tra quella nuvola , la circonda con le dita delle mani fino trovare il viso. Insegue la forma del collo, con le mani tasta il solco e le mammelle. Le braccia sono la sua forza , adesso, e danzano per lei. La donna in carrozzina non ha timore. Aveva solo il desiderio di sapere , ora è solo stupita .
“Allora sei proprio tu , ” le bisbiglia all’orecchio. ” Si” le risponde la femmina sinceramente, spostandosi un poco più dietro la carrozzina.” Mi dici perchè lo fai?” ” Lo faccio perchè devo farlo.” La donna in carrozzina è soddisfatta di questa risposta. Pure lei tempo fa ha fatto quello che il suo cuore le diceva di fare. Ha solamente una cosa da chiedere alla femmina. Alla fine è solo una donna. Una donna non timorosa da quello che sta per succedere, ma solo dal male .” Patirò?” “No, non patirai.” Non vede il palmo della mano chiudersi, mentre il pugno stringe lo stiletto. La risposta della femmina si amalgama con la vibrazione metallica della lama , che al tramonto, le trafigge il cuore.