Premio Racconti nella Rete 2013 “In ombra” di Carmen Vella
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Sei in pizzeria, è sabato sera.
Intorno a te rumore di piatti e bicchieri che si toccano, di forchette che cadono per terra.
Si chiama Bella Napoli, ma è a Milano. La vera Napoli non l’hai mai vista, è tra le città che ancora non ti sei decisa a visitare. Non fai un viaggio vero da tre anni. L’aver guidato fin qui stasera, è uno stacco dalla tua routine. Hai lasciato il paesello sui monti per raggiungere la metropoli.
A obbligarti è stata Giulia, oggi è il suo compleanno. Venticinque, come te. Ma tu li compirai a dicembre, c’è ancora tempo. Con lei hai frequentato due anni di Lettere alla Statale, prima che mollasse per iscriversi a Design. Oggi passa da un contratto all’altro, ma non perde le speranze. Ha progettato una lampada con il piedistallo a forma di libro. Si chiama LitLamp.
“Perché la letteratura resta il mio primo amore”, ti confessa.
Sei lì solo per lei, le altre non le conosci.
Sei seduta all’angolo della sala, vicino all’appendiabiti. La manica di un impermeabile ti nasconde parte del viso. E’ uno spolverino beige, di quelli con la cintura da annodare in vita. Ti sei messa lì perché la sistemazione è stretta e tu sei la più magra.
E perché è vicino alla parete. Come se il muro dietro potesse proteggerti.
Alla tua sinistra il posto a capotavola è vuoto, ne approfitti per appoggiare la borsa sulla sedia.
Giulia è al centro, bacia ogni nuova arrivata e ringrazia per i regali che riceve. Le sue mani stringono a turno spalle amiche e carte da regalo luccicanti. Le tue giocano con l’angolo del tovagliolo.
Il posto che hai scelto a quel tavolo è l’emblema del tuo posto nel mondo.
Sei schiva, isolata.
“Ti va un grissino? Io ne faccio fuori almeno due pacchetti mentre aspetto.”
Di fronte a te c’è Letizia, la cugina di Giulia. Nemmeno lei conosce le invitate, quasi tutte ex compagne di Università.
“Si, grazie.”
Prendi un bastoncino croccante e te lo porti alla bocca. Senti i granelli di sale che si sciolgono sulla lingua.
Letizia è la sola lì dentro che in qualche modo ti somiglia: guance rosse, niente trucco. La faccia da brava ragazza un po’ tonta che quando vedi addosso agli altri ti fa saltare i nervi. Ma diventa il salvagente a cui ti aggrappi per non annegare in un mare di silenzio.
Le amiche di Giulia arrivano a intervalli di qualche minuto una dall’altra. Mentre Letizia ti intrattiene argomentando sulla primavera che quest’anno tarda ad arrivare, tu hai il tempo di osservarle a lungo.
E’ in quel momento che ti rendi conto. La consapevolezza ti arriva lucida come mai prima di allora. Da lontano vedi una ragazza dai capelli rossi. Si avvicina a Giulia e si abbassa a salutarla.
“Tanti auguri Giulietta!”
“Ciao Sonia, come stai?”
“Bene, bene. Era ora che ci arrivassi anche tu! Un quarto di secolo è una tappa storica.”
Un quarto di secolo. Tra poco toccherà anche a te.
Sonia lascia a Giulia un piccolo pacchetto color oro e scosta una delle sedie rimaste libere. Si toglie la giacca di velluto e la sistema sullo schienale prima di sedersi. I capelli color fuoco le cadono sul davanti. Lei li accarezza con le mani e li mette tutti da una parte. La sua posizione è dritta, fiera. Porta una collana di pietre lunga fino all’ombelico. Sotto la maglia aderente si intravede un seno morbido.
Hai tempo di osservarla in silenzio, mentre Letizia dice che le precipitazioni a carattere piovoso del mese di aprile sono state le più intense degli ultimi cinque anni. Annuisci quel tanto che basta per non sembrare scortese, ma la tua attenzione è tutta per Sonia e la ragazza con la maglia a righe che le siede accanto.
“Ho fatto tardi in ufficio. Avevo dei rendering da finire e ho temuto di non farcela. Ma dimmi di te. Ho saputo che hai lavorato per la sede di Londra.”
“Mi ci hanno mandato per qualche mese”, le risponde l’altra. “A livello di stipendio è stato poco più di uno stage, ma mi è venuta voglia di chiedere il trasferimento.”
La realtà è spietata, sotto i tuoi occhi. Il tuo sguardo passa da una all’altra, incantato.
La manica della maglia a righe cade, scoprendo una spalla liscia. Le dita risollevano la stoffa in modo lento. Registri quei gesti pieni di grazia. Le amiche di Giulia sono molto femminili.
Osservi quelle giovani donne e capisci che sei rimasta indietro. In tutto.
Non riesci nemmeno a usare la parola donna, rivolgendoti a te stessa.
Neanche se ci metti giovane davanti.
Sono passati quattro anni dalla Laurea breve. Che Lettere non ti avrebbe assicurato la pagnotta era chiaro fin da prima, non è stata una sorpresa. Subito dopo sei tornata in paese al distributore di benzina di tuo padre. Quasi a scusarti, come fosse stato un capriccio.
Tra i due, era lui il più dispiaciuto. Ti avrebbe risparmiato volentieri quella vita fatta di motori e polveri sottili. Ma oggi come oggi, assicurarti uno stipendio a fine mese è il suo premio di consolazione.
Tu invece non ci pensi.
Ti è sempre piaciuto l’odore della benzina, e questo ti basta. Ti piace il via vai delle macchine giorno dopo giorno, sempre le stesse. Dal finestrino che si abbassa prendi le banconote e tocchi l’infelicità degli altri. E questo ti basta.
Hai sempre considerato tutto come una condizione temporanea. I giovani contano di rimanere giovani per sempre. Ti piace pensare che tutto è ancora in potenza, che hai tempo a sufficienza per diventare ciò che vuoi.
Così hai evitato di interrogarti, di pensarci per davvero.
Ma gli anni vanno avanti senza chiedere il permesso. E tutto il tempo che hai sprecato ti corre incontro come fosse solido, bloccandoti il respiro.
La tavola è al completo.
“Siete pronte per ordinare, ragazze?” chiede un cameriere con due vistosi anelli all’anulare e a all’indice.
“Se non ti spiace aspettiamo ancora una persona”, risponde Giulia. “Dovrebbe arrivare a momenti.”
“Ok, ripasso più tardi.”
Si allontana verso un altro tavolo, consapevole degli sguardi sul suo fondoschiena.
Tu ti senti fuori luogo. Non sai flirtare come loro, né muoverti come loro. Non sei nemmeno bella come loro.
Non è un fattore estetico, sai di non essere da buttare.
E’ che non ti curi di te stessa, non l’hai mai fatto.
Non sei mai riuscita a decidere tra i diversi stili di abbigliamento. Un giorno ti sentivi perfetta con una gonna elegante e un altro avresti voluto vivere per sempre coi jeans scoloriti come seconda pelle. Avevi la stupida convinzione che una volta scelto lo stile che più ti rappresentava, avresti dovuto portarlo avanti con coerenza. E non volevi limitarti.
Così nell’attesa ti sei nascosta dietro stoffe senza personalità, col solo obiettivo di passare inosservata.
Non ti è mai venuto in mente che sei fatta in tanti modi. Che puoi dar voce a ogni parte di te, tutte le volte che vuoi.
“Ecco Francesca, finalmente. Non ti smentisci mai!”
Tutte si girano verso la ragazza dai capelli corti che sta per togliersi il cappotto.
“Scusami Giulia, ho cercato di far presto ma c’è un traffico che non ti immagini…”
La nuova arrivata è al lato opposto del tavolo rispetto al tuo. Guarda le sedie più vicine a lei, ma sono tutte occupate. Poi alza gli occhi verso di te e dice:
“Scusa, ti va di scalare di un posto? Così riesco a sedermi qui.”
Sul momento non capisci, poi ti ricordi della sedia a capotavola su cui hai appoggiato la borsa e farfugli: “Ma certo. Un attimo solo.” Così ti alzi e cambi posto.
Ora Letizia è alla tua sinistra, il tuo gomito sfiora la sua felpa sportiva.
Alzi gli occhi e sei a capotavola.
Gli ultimi anni ti hanno messo fuori competizione. Tutte sono più avanti di te.
Hanno raggiunto alcuni dei tuoi traguardi, e sono andate oltre. O almeno così ti sembra.
Vorresti recuperare tutto in una sera. Ascoltare ogni singola parola che esce da quelle bocche affascinanti, per diventare affascinante anche tu. Almeno un po’, almeno ai tuoi occhi.
Tutto in loro ti attrae. I racconti, le professioni. Due lavorano in uno studio di architetti e una ha passato l’Esame di Stato da Avvocato. Ma anche i loro bracciali che tintinnano, le maglie sexy, il trucco appena fatto. Sono preparate per essere lì in quel momento. Pronte, bellissime.
Tu invece vivi sempre tra le nuvole, pensi ad altro in quasi tutte le occasioni sociali e ti importa poco della moda. Non sei mai nel momento.
Perfino ora. Sei solo una spettatrice.
I tuoi occhi registrano solo le immagini. I movimenti delle mani fresche di manicure, le labbra sorridenti sotto i rossetti colorati. Come quando nei film parte la musica di sottofondo.
Anche la pizzeria ha la sua colonna sonora. Un vociare di brindisi e urla di bambini che chiedono il gelato. Ma non è un film.
Manca poco ai tuoi venticinque anni. Un quarto di secolo.
Il tuo quarto di secolo.
Quella sera ti cambia la vita.
Una pizza pomodoro e basilico farà da testimone alla tua voglia di diventare donna.
Torni a casa con la promessa di uscire dall’ombra.
E riprendere in mano il tuo destino.
…ma perchè vuole cambiare? Ha così tanto tempo per farlo? Invece il bello è proprio quella sfaccettatura differente del suo carattere a renderla unica. Dai tempo al tempo, mi verrebbe da dire alla protagonista e vedrai che splendida farfalla diventi! Racconto fresco ed attuale. Complimenti mi è piaciuto proprio! Auguri Carmen..;-)
Anche a me è piacituo tanto!! Bello!
Che bello il commento di Eleonora: racconto a parte, vuol dire che alla protagonista del tuo racconto ci si affeziona, cara Carmen.
Io di certo, mi ci sono affezionata. E se ci fosse un seguito ideale, forse troveremmo questa intelligente donna, un po’ fra le nuvole (cosa che ci piace), alle preso con altri un rilanci, in tanti momenti della vita – ben oltre il quarto di secolo.
Ma quello, in qualche modo, è indimenticabile davvero.
Grazie di avercelo raccontato con questa bella scrittura, limpida e piena di talento. Mi hai conquistato; ottimo l’uso della seconda persona singolare: BRAVA!
*alle prese
*altri rilanci
oooops
Grazie a tutte per i vostri bellissimi commenti. Le vostre parole mi emozionano, davvero. Auguri a tutte, Carmen
Pur d’accordo di dare tempo al tempo, è bene avviarsi per tempo nel cammino della vita oppure è meglio dire ‘a ciascuno il suo tempo’. Tu hai rappresentato bene uno dei tanti momenti dell’esistenza in cui ci sono le ‘crisi’ che portano a crescere, a prendere coscienza delle situazioni da modificare.
Brava.
Emanuele
Bello, intenso.
Mi ha fatto venire in mente questo passo del grande Fernando.
“D’improvviso come se un destino chirurgo mi avesse operato di una vecchia cecità con immediati grandi risultati, sollevo il capo, della mia anonima vita, verso la conoscenza nitida di come esisto. E vedo che tutto ciò che ho fatto, tutto ciò che ho pensato, tutto ciò che sono stato, è una specie di inganno e di follia. Mi meraviglio di non essere riuscito a vederlo. Mi stupisco di quello che sono stato, vedendo che alla fine non sono.”
Brava, Carmen. Complimenti.
Questo racconto è molto intenso e affascinante. Mi piace la scelta del “tu” narrativo. La storia meriterebbe di essere portata avanti e sviluppata, se non fosse per il vincolo della lunghezza, ma già così è tutt’altro che scontato e banale. La descrizione è molto accurata e ti porta lì a tavola con tutto quel ben di Dio… 🙂
Brava Carmen!