Premio Racconti nella Rete 2013 “La bottiglia” di Valentina Alfarano
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Aveva un unico, ultimo desiderio. Un’urgenza disperata rodeva come un tarlo la coscienza, affaticandolo profondamente. Gli occhi ,nella penombra della stanza, vibravano opachi, ma riuscì a trovare ciò di cui aveva bisogno. La bottiglia ambrata troneggiava ammaliante sopra il foglio di carta, su cui stava scrivendo. L’uomo aveva spesso sete in quel periodo .Un tempo le sue mani erano state forti e agili, musicali e inesorabili; come direttori d’orchestra potevano dominare note e illusioni.
Ora stringeva a stento la penna tra le dita.
Eva aveva deciso. Si sarebbe suicidata entro le otto di sera. Questa volta sarebbe andata fino in fondo, non come le altre volte che poi alla fine si era distratta.
Guardò l’orologio pigramente, le 5. In realtà erano le 12:35, solo che tutti i suoi orologi avevano le lancette al contrario: la lancetta dei minuti in realtà segnava le ore, quella delle ore logicamente segnava i minuti. “Chi l’ha stabilito che non potrebbe essere così?” Si era domandata una volta; così aveva deciso di spostare le lancette a tutti gli orologi appesi alla parete, a quelli da polso e persino a quello incastonato nel medaglione, regalatole dalla nonna, il giorno della sua prima comunione.
Quegli orologi strampalati erano l’orgoglio di Eva, la sua invenzione migliore, il giusto mix di rivoluzione e filosofia. Il solo guardarli e reinterpretarli per sapere che ore fossero, metteva in discussione convenzioni e formalità e, volendo parlarcene su, si tirava in ballo anche un po’ di teoria sulla relatività, rivisitata chiaro. Tutto è relativo, anche il tempo. “Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio” citava Einstein: “sarà ben lieto di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie”.
E di tempo, seppur relativo, Eva ne aveva parecchio: secondi, minuti, ore. Addirittura anni; persino frazioni di secondo! Insomma, ne aveva a bizzeffe. Le giornate sembravano tutte uguali, scorrevano lente e masticate, come un chewingum .
Se avesse potuto venderlo, tutto questo tempo, Eva sarebbe stata ricchissima. E non solo! Avrebbe fatto un piacere al prossimo, allungando il diletto del l’ultima sigaretta, ad esempio. Ma si sa come va la vita: il pane va a chi non ha i denti. E lei non poteva farci niente.
L’uomo scriveva e fumava, ricurvo su uno scoglio. Ogni tanto alzava il viso verso il mare, guardava lontano.
Ciò che rimaneva della giovinezza del suo sguardo, di tutti i sogni e i suoi perché, era proprio lì, tra le sue mani, in quel sigaro che prima o poi avrebbe smesso di fumare, come si era sempre ripromesso.
La bottiglia aspettava immobile, osservava il suo volto distorto, deformato nella superficie ambrata. Era stato quel riflesso ad indurre l’uomo a scavare nel tempo, mentre affogava nei suoi contorni incandescenti e poi tornava a galla, maledettamente immortale, proprio come una bottiglia in mezzo all’oceano.
E così Eva si avviò verso il mare, per ammirarlo un ultima volta. Quanto amava il mare, così maestoso, superbo e coraggioso, avrebbe voluto essere come lui. Eva lo osservò riversare sfumature cristalline sulla baia, scintille cromate, sfuggite dalla tavolozza di un pittore
Il vento le si appiccicava tra capelli, il sole incollava ciocche ramate alle labbra, al naso; un odore floreale pervadeva tutto quanto. Eva pensò che non ci fosse nulla libero come il vento, senza confini, senza timori, inafferrabile.
E mentre guardava il mare, scorse uno strano luccichio tra le onde. Una sensazione le si appiccicò addosso come sudore sulla fronte, come un prurito fastidioso; d’improvviso riconobbe un’emozione che pareva sopita nei meandri più profondi del suo essere: un lampo di viva curiosità le accecò lo sguardo, quando si accorse che era proprio una bottiglia quell’oggetto che si cullava licenzioso nel blu.
Eva non mise in dubbio nemmeno un secondo l’idea che la misteriosa bottiglietta contenesse un messaggio, perché “doveva esserci” per forza un messaggio dentro, una bottiglia non vaga da sola in mezzo al mare, Eva aveva sempre amato quel genere di storie.
Non ci pensò due volte quindi, si gettò tra le onde decisa a catturare quel segreto che si cullava inconsapevole, protetto da una fragile bolla di vetro. Se per caso fosse affogata nel tentativo di recuperarla, avrebbe almeno raggiunto il suo primario obiettivo, non aveva nulla da perdere in fondo.
L’uomo si fermò un istante a guardare il mare, respirò profondamento e con ferma disperazione ritornò a scrivere:
<< Stamattina mi sono guardato allo specchio e mi sono accorto, per la prima volta, di avere sotto gli occhi due enormi borse. Pensavo fosse una roba da donne preoccuparsi per queste cose. Ma non è vanità la mia, solo consapevolezza. E’ proprio qui, intorno agli occhi, che si accumula il peso delle apparenze; notti ansiose e giornate piene, mentre il tempo scorre e ci si accorge che è già “tutto qui”.
Non ti prendevo mai sul serio quando ti lamentavi per qualche piccola ruga. Ti guardavo distratto e ti dicevo che eri bellissima lo stesso. Ma la scorgevo nei tuoi occhi, la delusione. Ora capisco perché.
Perché si dice che l’amore è cieco? L’amore accieca ,illumina, fulmina ,dovrebbe essere una saetta conficcata nel cuore. E’ così, vero? E’ così che dovrebbe essere? Com’ero diverso prima, mi innervosivo per un accendino. Se non riuscivo a trovarlo andavo su tutte le furie.
So che non leggerai mai le mie parole. Sono stato un vigliacco, adesso lo so. Ti ho lasciata andare via , ho preteso la ragione, incolpandoti per tutto ciò che è andato male tra di noi. Non ho mai voluto ammettere anche i miei errori. Non ho mai guardato. E non ho più sorriso.
E adesso che non c’è più nessuno ad attutire le mie colpe, sento il peso di tutti gli inganni, ed il coraggio mai donato si insinua rabbioso nel vuoto che ora è un macigno nel mio cuore. Quanto tempo sprecato per celarsi dietro immaginazioni distorte, o a rincorrere il proprio riflesso negli occhi di qualcun altro, senza imparare ad ascoltare un’altra musica.
Dalla fine della nostra storia, io non ho più saputo vivere. Forse non lo sapevo fare nemmeno prima.
Quanto tempo sprecato ad annientarsi, ad aver paura. Sembra la cosa più banale del mondo ma è così!
Ho lasciato andare via te e ho lasciato andare anche tutto il resto. La mia vita è stata una lunga apatia, una vana speranza, una stupida bugia.
Sarebbe solamente bastato provare a catturare l’essenza della vita, e capire di farne parte, come un fiore, una formica ,un qualsiasi altro essere vivente. Sarebbe bastato rimboccarsi le maniche e cominciare a costruire, soffrire. E ripetersi l’un l’altro “Noi siamo qua, adesso e solo adesso”, perché la vita è caos, impossibile da dominare, la vita è magia, dorata follia.
Prova ad immaginare di poter bloccare il tempo, di poter fermare le “cose”. Guardale. Loro restano in movimento: una gatta che partorisce in un cespuglio, i capelli mossi dal vento di una bambina, un uomo che parla al cellulare, due sguardi che si incrociano. Il mistero dell’universo si rivela nel suo divenire. La vita è intuizione e, come l’amore, non rimane mai uguale a se stessa.
Adesso lo so, so cosa ho sbagliato>>
Eva raggiunse la bottiglia e, senza curarsi di essere ancora a galla in mezzo al mare, ne sbirciò speranzosa il fondo. Ma non trovò niente dentro. Era vuota, nessuna lettera, nessun messaggio. Delusa la gettò via, lontano e lentamente ritornò a riva. Chissà cosa le era passato per la testa, chissà cosa si era immaginata di scoprire: storie d’amore, destini distrutti, principesse da salvare! Probabilmente era stata colpa del panorama, o forse era stato quel papavero scarlatto incastonato nel blu ad ispirarla. Si era lasciata ammaliare dalle sfumature mutevoli del mare, dal suo profumo carico di segreti primordiali.
Ed ora era lì, tutta bagnata, salata, spettinata. E d’improvviso si mise a ridere. Spalancò le braccia al cielo e lasciò che il vento le scivolasse tra i capelli, facendola rabbrividire. Sperava le portasse il suono delle voci oltre il mare; voleva ascoltare profumi nuovi con parole diverse. Era ancora in tempo e lei voleva, poteva capovolgere ogni cosa! “Forse è facile, per un attimo, diventare perfezione” ,pensò stupita “ed in quell’esatto istante tutto può essere possibile. Il tempo può giocare, può fermarsi, può intrecciarsi al passato solleticando il futuro ;il tempo scorre e può essere ciò che vuole essere: intuizione, fantasia, speranza”.
L’ uomo posò la penna, guardò il foglio ma non rilesse le sue parole; con fatica cacciò di tasca l’accendino e le bruciò. Raccolse la cenere calda tra le mani e si avvicinò al mare. Annusò per l’ultima volta l’odore acre dei suoi ricordi, la bottiglia assisteva sorniona, in attesa del suo momento. L’uomo bevve un ultimo sorso e la gettò nel mare. Poi dischiuse le mani e lasciò scivolare con delicatezza la polvere delle sue parole nel vento; un pezzetto di lui avrebbe vagato per sempre, inafferrabile, impavido ,sfacciato.
Chiuse gli occhi e si lasciò cadere.
<<… ma qui dentro me, adesso, c’è una solitudine che non posso accettare. Fantasmi mi perseguitano, si infilano tra i riflessi dei miei capelli bianchi. Le rughe sottolineano sorrisi aridi, non riesco più a guardarmi negli occhi.
Ho aspettato che stagioni diventassero foglie, cercando un senso nel divenire. Mi sono perso .Vedo sfiorire le mie rose in solitudine e non so se sono petali oppure spine ciò che seppellisco con cura nel giardino di un labirinto senza via d’uscita. Tutta passa ,tutto scorre. Cosa resta? Resto io.>>
Mi è piaciuta molto l’idea della bottiglia, che da una parte fa del male al vecchio e dall’altra salva la vita di Eva.
E’ come se il mare fosse il Tempo, e la bottiglia vagasse in esso attraversando il confine fra dove si vorrebbe che tornasse indietro e dove non si vorebbe più che andasse avanti.
Brava Valentina! E’ un racconto vivido che fa riflettere.
Ilenia
Due destini ed una bottiglia, potrebbe essere il sottotitolo del racconto. Un uomo e una donna in due luoghi diversi vivono i loro drammi, davanti al mare e con la presenza di una bottiglia che fanno da corollario.
Trovo ben scandagliato l’animo dell’uomo, sofferente per un amore finito mentre non sono capace di cogliere le ragioni del malessere esistenziale della donna. Scusami, Valentina.
Descrizione magistrale delle sensazioni della donna davanti al mare e degli scorgi marini.
Credo che i ricordi che sembrano opprimere l’uomo alla fine lo salvano.
Brava Valentina, ciao.
Emanuele
Gentilissimi Ilenia ed Emanuele,
grazie mille, apprezzo tantissimo la vostra opinione. Questo racconto è stato una sorta di esperimento,.Speravo, soprattutto, di riuscire a far vedere i colori delle parole, come in un quadro. Di nuovo grazie mille, sono felice , le vostre parole mi hanno dato tantissimo su cui riflettere.
Anche io ho un’idea di scrittura principalmente visiva, dal momento che oltre a scrivere amo disegnare, e cerco di dare colore e suono ai miei racconti.
Vedo con piacere che abbiamo un punto in comune, mi piacerebbe molto, se hai tempo e voglia, avere il tuo parere sul mio racconto! (Oak).
Ancora complimenti,
Ilenia