Premio Racconti nella Rete 2013 “Cristiano e Mariasole” di Elena Bini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013“Cristiano devi muoverti, facciamo tardi!”
Fosse stata in silenzio forse non sarebbe apparsa così bisbetica com’era, com’era diventata però, perché certamente quando si erano sposati non era in quel modo.
Indossava un tubino rosso, se lo era messo apposta per poterci abbinare gli orecchini di rubino che le avevo regalato per il trentacinquesimo compleanno. In realtà appena li aveva visti non ne era sembrata molto entusiasta, probabilmente era stato dopo aver trovato nella tasca della sua giacca lo scontrino con il prezzo, che aveva iniziato a sfoggiarli come fossero il suo orgoglio più grande, ripetendogli continuamente, mentre se li metteva, seduta davanti allo specchio di camera, quanto fossero belli e quanto li adorasse.
Si appuntava i capelli sopra l’orecchio sinistro ed i pendenti scendevano dal lobo fino all’inizio del collo come una mela rossa scende morbida e fresca dal ramo del suo albero.
In quei momenti, quando in silenzio si osservava e gli sorrideva vedendolo riflesso nel suo specchio finalmente la riconosceva: era lei, la Mariasole di cui si era invaghito al tempo del liceo e che gli aveva promesso amore eterno solo pochi anni più tardi.
Quei pochi istanti in cui durava quel sorriso era come se lo catapultassero in un mondo fatto di ricordi e serenità nel quale si sarebbe perso volentieri senza far ritorno.
Era per quei pochi istanti, per le emozioni profonde e pungenti che riuscivano a risvegliare in lui, che continuava a portarla a cena fuori con la scusa di una cena per beneficenza o una pizza con gli amici, perché davanti allo specchio, lei, magicamente si trasformava e riusciva a ritrovarla, ora che nella vita di tutti i giorni erano così lontani, distanti, così invecchiati nell’anima.
Si parla di sofferenze, sapete? L’amore porta con sé ed ingloba sentimenti più o meno contrastanti fra loro; gli strascichi che limpidi puliscono il pavimento di una casa passano il cencio e raccolgono le lacrime, il rancore, la rabbia, che per sbaglio o volutamente sono scivolati giù, nascosti magari sotto vecchi tappeti di famiglia ed ignorati così a lungo che anche l’aspirapolvere (anche se di ultima generazione) non ha saputo lavarne via ogni minima traccia.
Quello strascico bianco le accarezza, ne cattura una micro particella portandosela dietro, sporcandosi pian piano e diventando panna, poi grigio, forse un giorno nero.
L’amore è come il colore bianco sulla tavolozza dei colori: li raccoglie in sé tutti. Come se ogni colore fosse un’emozione, un sentimento ed il bianco, per una strana composizione fisica o forse solo per magia, ne avesse al suo interno una piccola particella di ognuno.
Sì perché il bianco é, a mio parere, “il” colore come l’amore è “il” sentimento; come tale è il signore onnipotente, come tale richiede ed esige rispetto. La sua grandezza però, essendo illimitata, difficilmente può essere gestita.
Ma la bellezza, la luminosità di un amore puro, di un amore di stomaco, di un amore talmente intenso da tener lontano ogni sorta di spettro, paura od errore, è difficile da gestire quanto da dimenticare: la via della rassegnazione è tortuosa, non ci permette di guardarlo in maniera serena sapendo che non tornerà, che non fa più parte del nostro presente ma magari solo del passato.
Con occhi nostalgici e malinconici Cristiano guardava il riflesso di Mariasole, quel sorriso delicato ma esuberante che aveva creato in lui la più profonda e radicata dipendenza. Non avrebbe mai smesso di esserne assuefatto, forse solo perché non c’era da parte sua l’intenzione di provarci.
Faceva l’avvocato Cristiano e di tanto in tanto, tra un colloquio ed un’udienza, si divertiva a spogliarsi dei suoi panni e levandosi quell’inutile cravatta, nel vero senso della parola, infilandosi una tuta andava a correre, almeno così diceva.
Sceglieva quasi sempre luoghi diversi nei quali andare perché sosteneva che non si può correre senza motivo: dopo un po’, quando il fiato manca e la stanchezza attacca i polpacci, la corsa in se stessa, come pure esercizio fisico, risulta troppo debole per vincere la necessità di fermarsi. Inoltre si sa: chi si ferma è perduto.
Scegliendo sempre nuovi parchi, giardini dove andare, Cristiano correva alla scoperta come un bimbo curioso ed inconsapevole, affascinato dalle cose più piccole.
Crescendo purtroppo, si sa, scopriamo i segreti, o almeno così crediamo, delle cose che ci circondano più frequentemente e smettiamo di osservarle per quel che sono.. Cristiano non avrebbe mai potuto sopportare di sentirsi anche lì, nel suo momento di sfogo e libertà, “vecchio” di fronte alle cose che aveva visto e rivisto. Oramai con gli anni il pregiudizio era diventato parte integrante dei suoi metodi di osservazione: i ricordi della prima impressione avrebbero avuto la meglio.
In realtà per quanto fosse bello e profondo questo pensiero era anche allo stesso modo artefatto, costruito, da vero avvocato, un alibi perfetto.
Cristiano, anti-sportivo per eccellenza, certamente non correva davvero: correvano i suoi pensieri, i suoi occhi, che catturavano profumi, sensazioni.
Questo era il motivo per cui andava sempre in luoghi diversi: non voleva essere visto lì, apparentemente con le mani in mano, ad ascoltare suoni della natura o semplicemente il suo respiro.
Spesso si metteva su di un muricciolo o su di una panchina e meditava su qualunque cosa su cui fosse caduto il suo sguardo.
Era questo il suo modo per respirare, per liberarsi dalle catene di quella che era, almeno per lui, la sua piccola ed insignificante esistenza; nel mentre quasi per associazione libera di idee gli venivano a mente le più svariate scuse per portar fuori di nuovo Mariasole e vedere finalmente quel sorriso riflesso nello specchio.
Un amore deluso e poi illuso. Cristiano non si arrende e “ricostruisce” il suo amore. Lo tiene in vita, disperatamente. Alimentazione forzata, si direbbe. Lo fa scientemente, consapevole della fugacità dell’immagine riflessa nello specchio. Ma quell’attimo è interminabile per lui e vive fino alla volta successiva. E gli permette di respirare.
Quanta debolezza in questo uomo ma quanta comprensione suscita in me! E’ una sua scelta, è la sua scelta.
In bocca al lupo, Elena! Complimenti per aver saputo raccontare un amore triste e nostalgico che nessuno si augura mai di vivere. Chissà se qualcuno, rispecchiandosi in Cristiano, non trovi la forza di rompere le catene che lo imprigionano…