Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Iris” di Fiammetta Galbiati

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

E’ l’intervallo. Ci troviamo accalcati, davanti a tazzine fumanti. Iniziamo frettolosi e ce ne andiamo colpevoli di aver indugiato. Lo consumiamo ingordamente cercando di assaporare ogni istante, dilatando i tempi. E’ il nostro rifugio. Un ricovero troppo breve per rigenerare, ma sufficiente a decomprimere. Una pausa dalla noia o dallo stress. Una sospensione, breve e predeterminata.

E’ l’intervallo di noi adulti. Ci guardiamo intorno, annoiati ed incuriositi al tempo stesso. Fingiamo di stare bene. Allontaniamo l’imbarazzo con un sorriso. Ripensiamo agli intervalli dell’infanzia. Ci struggiamo in una dolce malinconia. Vorremmo giocare. Ma il gioco si è spogliato di significati: è solo un sinonimo di tresca.

E’ l’intervallo. Una porzione di vita spesa per staccare. E’ una perdita di tempo. L’intervallo è un’attesa. Attendiamo di riprendere vecchie attività, abitudini consuete, spettacoli in corso. Nell’era adulta intervallo è una parola senza senso. E’ temporeggiare, è una negazione. L’intervallo è un non fare.

E’ l’intervallo di Iris, che spera che questo sia l’ultimo. Di certo è il peggiore. Non tanto perchè interrompe, quanto perchè ha una durata indefinita. Iris è persa dentro ad un intervallo, una pausa di vita. Una chiusura di sipario che la divide dalla vita sociale. E non sa come uscirne, perchè non sa come separare le due tende per crearsi un varco. Intendiamoci, Iris ha in mente parecchie idee. Ma le sembrano germogli di strade senza fondo. Quindi, preferisce dare l’impressione di essersi assuefatta al buio della ribalta a tende chiuse. Il contrario della vita civile.

Nella sua interminabile pausa, Iris ha rinunciato agli intervalli usuali. Non cerca attività che possano essere interrotte da un caffè o da quattro chiacchiere. Iris ha pensato a tante soluzioni, ma nessuna è più concreta del presente. L’indefinito riposo è il crogiuolo del suo lavoro. Sa che al di là del sipario chiuso, viene additata da chi si accorge della sua presenza.

Fancazzista! Le dicono con gli occhi. E lei si piega in due come colta da una colica e pian piano si chiude a riccio.

Poverina! Le dicono con le labbra. E lei si precipita davanti ad uno specchio per interrogarsi. L’immagine è familiare. Questo la conforta e la schifa al tempo stesso. Quando si vede riflessa non prova pena. Avverte solo il peso della stanchezza.

L’indefinito è spossante.

E’ come quando da bambina si ritrovava con tutte le gambe sepolte nella neve. Stanca per l’eccitazione del gioco non aveva la forza di tirasi fuori. Puntava le braccia e cercava di ripescare le gambe, troppo pesanti e infiacchite. Se ne stava così, con le membra molli pensando ai vecchi del paese che raccontavano degli ubriachi finiti fuori strada e rimasti nella neve, troppo ebbri per procedere. Morivano così, nell’intorpidimento degli effluvi alcolici, senza quasi avvertire il freddo. Anche Iris bambina, sprofondata nella neve, si abbandonava pensando che sarebbe finita di lì a poco.

Senza neanche capire cosa fosse la fine.

E’ l’intervallo indefinito di Iris. Iris voleva cambiare lavoro. Ma non ci è riuscita. Troppo vecchia, si diceva dietro al sipario. Iris doveva cambiare lavoro, invece si è trovata bloccata nella neve del fancazzismo. Immobile, stanca e priva di forze per uscirne. Iris ha smesso di cercare lavoro. Ma ha mille idee.

Parassita! Le urlano dalla platea. Vivere con un sussidio di disoccupazione non è divertente. Ma Iris non sta cercando lavoro: cerca una strada.

Ridicola! Le mormorano. E lei si torce davanti allo specchio per vedere se ha qualcosa di buffo sul di dietro, come i biglietti di scherno che i compagni di scuola le appiccicavano fingendo di darle una pacca sulla schiena. Iris non si sente ridicola, si sente solo molto stanca. E un po’ frastornata dai giudizi che gli altri le affibbiano, come quei biglietti. Se li porta appresso, senza mai lasciarli. La condizionano, come spifferi che si insinuano tra i vetri. Iris ha mille idee, deve solo trovare la forza di scegliere quella giusta. Non può starsene lì ad aspettare, al buio, dietro al palcoscenico. Anche se dà l’impressione di starci bene, nel parassitismo. Oltre la vita sociale. Invece sta scivolando in una stanchezza che sa di inettitudine, interrotta solo dal pensiero dell’indefinitezza.

E’ l’intervallo, e Iris non vede l’ora di concluderlo. Deve solo trovare il coraggio di mollare i giudizi e di tornare a galleggiare sulla superficie nevosa. Abbagliante come l’idea di prendersi una pausa in un momento difficile.

E’ l’intervallo. Tutti conversano amabilmente davanti ad un caffè, oppure giocano in un cortile. Iris è nascosta dietro ad un sipario, sepolta dai giudizi.

Guardate, guardate! Qualcuno esorta indicando il naso di Iris che spunta tra le tende. Iris è incerta, si protende millimetro per millimetro. Piacerà? Si chiede. Sarà accettata, anche così?

Pagliaccio! Le urlano all’unisono. L’intera faccia di Iris spunta da dietro la tenda. Se ne sono accorti.

Non ha un filo di trucco, tranne un velo di blu sugli zigomi. La bocca è aperta in un sorriso forzato. Iris ha scelto la sua strada. Iris sguscia sul palcoscenico della socialità, si mostra nella sua interezza. In tutto il suo essere diversa.

Pagliaccio! Iris continua a sorridere, rimarcando gli zigomi blu e un vestito giallo di feltro rigido che si allarga sotto le ginocchia. Iris ha buttato i vestiti neri e le camicie inamidate. E’ uscita dalla neve bianca per tuffarsi nel suo mondo a colori complementari rispetto alle strambe tendenze di stagione.

Torna dietro le quinte! Ma Iris non ne ha più voglia. Inizia a camminare con piccoli passi scattanti, scende i gradini del palco e, tra i fischi, fende la platea ed esce dal teatro.

L’intervallo di Iris è terminato. Iris vi saluta tutti.

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5 commenti »

  1. Fiammetta, vorrei farti i miei complimenti per il tuo racconto, che mi ha preso dalla prima riga e mi ha obbligato a terminare la lettura. E’ tutto piuttosto angosciante. Alla fine, ho avuto l’impressione di non aver capito fino in fondo il senso della storia, ma l’insieme mi è piaciuto e ho riletto volentieri il racconto. E’ la stessa impressione che mi da, a volte, la lettura di una poesia dove amo più il modo in cui l’autore ha scelto le parole e le ha disposte una di seguito all’altra che non la vera essenza di ciò che ho letto.
    Complimenti ed in bocca al lupo.

    Alessandro Colosimo (ZENONE)

  2. Che dire? Grazie Alessandro.
    Si, è angosciante, ma il finale lascia spazio al riscatto di Iris.
    Poi, il fatto che tu l’abbia riletto mi lusinga molto.
    grazie ancora

  3. Mi piace molto l’atmosfera sospesa dell’intervallo e il fatto che Iris (o chiunque altro) ci si possa perdere. Credo che a molti servirebbero degli intervalli, forse, paradossalmente, per riprendere un vero contatto con il mondo. Il mondo con intervalli è certo migliore. E non sono d’accordo con chi lega l’intervallo alla sensazione di angoscia. Buon intervallo a tutti. E naturalmente anche a Fiammetta, brava raccontatrice di intervalli. Gaetano Gallitto

  4. Grazie Gaetano!

  5. Il tuo racconto mi è decisamente piaciuto. Molto intrigante, suggestivo e impressivo. E anche poetico! L’uso delle parole è davvero azzeccato e le considerazioni sull’intervallo come non fare offrono spunti interessanti. Mi ha molto colpito l’espressione “..Un ricovero troppo breve per rigenerare, ma sufficiente a decomprimere..”
    Complimenti
    Ciao
    Monica

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