Premio Racconti nella Rete 2013 “La fine del buio” di Antonello Giovenzana (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013
La bambina piangeva disperata davanti ad una porta chiusa. Uno scorpione uscì da sotto la soglia e le chiese:
“Perché fai tutto questo chiasso?”.
“Mia nonna è morta” rispose Lizy prendendo a calci l’ingresso.
Dietro i vetri della porta si scorgeva solo un buio impenetrabile. Era quello che spaventava Lizy: che la morte fosse solo un vuoto nulla.
“Perché vuoi entrare?”, continuò la bestiolina.
“Cerco dei ricordi”, rispose lei.
“Entra dunque!”.
“La mia mamma non vuole. Ha nascosto la chiave!”, rispose trattenendo le lacrime.
“Tu che abiti là dentro” – chiese ancora a Scorpione – “Sai se è rimasto qualcosa della mia nonna?”
“Hai schiacciato i miei amici e mi hai dato la caccia. Credi davvero che ti voglia aiutare?” disse l’animale andando via.
“Sono uscito solo perché mi hai svegliato. Arrangiati e fai meno rumore!”.
La bambina prese un vaso vuoto e, con una velocità cui nemmeno lei era preparata, imprigionò Scorpione.
“Ti schiaccerò se non mi aiuti!” gridò Lizy, ma Scorpione sembrava aspettarsi queste parole:
“L’unica maniera per varcare questo ingresso è che tu diventi come me” le suggerì con voce suadente.
Lizy ci pensò. Da quando la vecchietta era morta la sua famiglia era cambiata. Erano tutti tristi, scontrosi, si arrabbiavano per niente. Sembravano un albero senza radici che appassiva giorno dopo giorno.
Accettò quindi la proposta di Scorpione e lo liberò: “Fa male cambiare?”.
“Non come credi”, disse la bestiolina correndo verso di lei e pizzicandola a sorpresa sulla caviglia. ZAC!
Il dolore che Lizy provò le tolse il respiro: Scorpione l’aveva tradita. Cercò qualcosa per colpirlo, ma l’aracnide stava già scivolando sotto la porta: “Ci vedremo non appena farà buio, mia cara…”.
“ Oh no! “ pensò Lizy: la notte le faceva terrore.
Le sembrava che l’oscurità che avvolgeva la sua nonna venisse a prendere anche lei. Non riusciva più a dormire e con lei nessuno più in tutta la famiglia. Allora si alzava piena di domande e andava dalla mamma, ma questa la rispediva a letto:
“Meglio dimenticare! Ti risparmi un dolore” le ripeteva.
Quella sera, forse per la puntura, non si sarebbe svegliata se una voce non l’avesse chiamata:
“ALZATI. Dai, muoviti!”.
Lizy aprì gli occhi e scorse la sagoma nera di Scorpione sul suo cuscino: “Non abbiamo tempo da perdere.”, disse. “Ci attende un lavoro faticoso. Seguimi!” le intimò.
Lizy cercò subito qualcosa per schiacciare quel traditore, voleva sentirlo scrocchiare a morte, ma un potere sconosciuto la obbligava a eseguire i suoi ordini.
“Muoviti solo sulla punta dei piedi! Non respirare! Non fare rumore!”.
Mentre Lizy tratteneva il fiato sentiva il respiro dei suoi che dormivano: nessuno si accorgeva di quel che le stava succedendo?
“…striscia sotto il letto… acquattati sul pavimento… arrampicati sulla scrivania…”.
Lizy obbediva prima ancora di pensare, ma quando le chiese di nascondersi dietro l’armadio obiettò:
“Non ci riuscirò mai… è largo meno di un palmo!”.
Scorpione le agitò contro il pungiglione pronto a colpirla: “Non sono qui per ascoltare le tue lamentele” aggiunse ritraendo la coda velenosa.
“Non sei più la bimba che canticchiava andando a scuola. Lo zaino in spalla, i codini fatti con gli elastici colorati. Diventerai uno scorpione come me”, sussurrò prima di sparire nell’oscurità. “Questo è il prezzo dei ricordi…”.
La mattina dopo la mamma trovò Lizy che dormiva dietro l’armadio.
“Un’altra delle tue stranezze? Cosa ti inventerai adesso pur di farci preoccupare?”, le disse dura, strattonandola per un polso. Lizy però si divincolò e le assestò un pizzicotto doloroso sul braccio.
Quello fu il momento in cui smise di parlare e cominciò a pizzicare: suo fratello, i compagni, le maestre. A scuola le bidelle quando la vedevano scappavano infastidite.
Se solo si fossero avvicinate avrebbero visto che la bambina era cambiata. Peli come canne di vetro sottili le erano spuntati sul corpo; le dita delle mani si erano quasi saldate fra di loro a formare due chele; sul busto le erano comparse, sottopelle, quattro paia di zampette.
Se sua madre l’avesse pettinata come al solito, avrebbe scoperto la coda che le stava spuntando sulla nuca.
Questi cambiamenti fisici erano più evidenti quando Scorpione la faceva esercitare nei luoghi che lei detestava: strisciare sotto la caldaia polverosa; arrampicarsi dietro il frigorifero in ripostiglio; nascondersi tra le assi in garage.
Scorpione le comandò anche di camminare in equilibrio sul corrimano del balcone e di strisciare tra le foglie marce nella grondaia.
Una mattina la cercarono a lungo e la trovarono proprio sull’orlo del tetto. Pochi centimetri prima di cadere.
Dopo averla recuperata sua madre la sgridò ferocemente. Lizy non si scusò, ma con tutte e due le mani, ormai dure come il metallo, le pizzicò la faccia.
La donna la guardò come se non la riconoscesse e la spinse via: “Basta! Non sei più la mia bambina”, disse prima di scoppiare a piangere.
Lizy allora capì che la trasformazione era completa: quella notte sarebbe entrata nella casa della nonna.
Aspettò che calasse l’oscurità e sgusciò fuori dal letto prima dell’arrivo di Scorpione: si sentiva in grado di fare da sola.
Zampettò sui suoi nuovi arti nascosta nell’ombra e uscì all’aperto passando per la finestra. Il freddo era intenso, ma la corazza nera appena solidificata la isolava dal mondo.
Quando si trovò davanti alla porta a vetri, si appiattì come aveva bene appreso. Sentì le giunture delle spalle scrocchiare per lo sforzo di slogarsi, le ossa del cranio appiattirsi, le ginocchia snodarsi. Gli occhi invece si spinsero fuori dalle orbite il più possibile perché volevano vedere per primi cosa vi fosse dietro quella soglia.
Quando le chele passarono oltre, il corpo seguì senza altra fatica: era dentro.
Cosa vide? Niente, solo il buio, come tutti le avevano sempre detto. Sentì una tristezza così forte da togliere ogni voglia di vivere: non avrebbe più rivisto la sua nonna, la sua mancanza sarebbe durata in eterno.
La voce di Scorpione però la raggiunse da un angolo nascosto: “…noi possiamo vedere anche nelle tenebre…”.
Lizy allora utilizzò i suoi nuovi occhi e si accesero luci che solo lei vedeva.
Si illuminò il lampadario coi cristalli che riflettevano l’arcobaleno sopra il letto con le coperte fatte all’uncinetto, il tappeto su cui si era rotolata davanti allo specchio che aveva riflesso le sue capriole sul materasso…
Ma i suoi nuovi sensi le fecero anche sentire profumi dimenticati.
I dolci di zucchero, le torte di pane e l’aroma del borotalco. Oh quel profumo! Le sembrava quasi che la nonna si materializzasse in quella polvere. Ed era piccola, rotonda, sorridente. Le somigliava tanto!
E si ricordò di cosa le sussurrava spesso nelle orecchie prima di dormire:
“Chiudi gli occhi e sogna…chiudi gli occhi ed esprimi un desiderio…”.
Accompagnata da quelle parole, l’oscurità non le faceva paura, anzi era dolce e rassicurante come un bacio sulla fronte.
Una voce però la distrasse: “Hai trovato quello che cercavi?”, chiese Scorpione.
Lizy rispose serenamente: “Ho capito che il buio e la morte sono molto simili. Non distruggono le cose. Sono dei luoghi dove possiamo conservare i nostri ricordi perché non si cancellino mai”.
“Non mi intendo di materie umane”, disse Scorpione finalmente gentile, “ ma sono certo che adesso tratterai i miei simili con maggior rispetto”, e poi aggiunse: “Vuoi venire con noi? Sarai felice”.
Lizy gli sorrise. La tristezza delle ultime settimane la stava abbandonando e lasciava spazio ad altre emozioni: “Non sono stata bene a casa mia in questo periodo, ma adesso ho una gran voglia di riabbracciare la mia mamma”.
“Lo capisco” disse l’animaletto mentre si ritraeva nel buio: il sole stava sorgendo. “Ricorda però che chi è stato scorpione una volta lo sarà per sempre”.
Lizy comunque si tolse le chele, la corazza lucida, il pungiglione e li fece scivolare nell’ombra da cui venivano: “Queste cose per adesso non mi servono più. Saprò come ritrovarle se ne avrò bisogno”.
“La scelta è sempre stata tua”, disse Scorpione un po’ commosso. “ A presto Lizy. Arrivederci”.
Si salutarono così.
Di lì a poco la casa fu inondata dalla luce: la sua mamma aveva aperto finalmente la porta. Temeva ancora di essere ferita e non osava avvicinarsi a sua figlia. Questa però le corse incontro e le saltò in braccio.
“ Lizy… Lizy, la mia Lizy”.
Spalancarono poi tutte le finestre e girarono per tutte le stanze. Non aveva mai visto la sua mamma così emozionata, ma ne capì il perché: la nonna che se ne era andata era sua madre. Quanto doveva mancare anche a lei.
Cominciarono poi a parlare, come non facevano da tanto tempo.
Insieme ritrovarono ricordi che da sole avevano perso. L’albero di quella famiglia metteva nuove radici.
Da quel momento Lizy non vedeva l’ora di passare davanti alla porta. Era diventato il suo primo piacere quotidiano.
Adesso il buio dietro i vetri non era più nero e desolato, ma racchiudeva tutte le cose belle della sua vita e della sua vecchietta in particolare.
Sua nonna. Non sapeva se l’avrebbe mai rivista. Ma ci sperava tanto.